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Consiglio di Stato, Sez. V, 22/3/2023 n. 2911
Gli istituti di partecipazione popolare non rendono doverosa l’autotutela amministrativa

Proposta e petizione sono atti di natura partecipativa ovvero meccanismi di democrazia diretta che consentono ai cittadini di interloquire con le istituzioni al fine di rappresentare, in un’ottica compositiva, problematiche
particolarmente sensibili per la collettività.
Allorchè queste tipologie di atti vengano regolamentate da una specifica fonte normativa, quale lo statuto comunale, con la previsione di un particolare procedimento per la loro istruzione e la loro trattazione, esse devono necessariamente essere istruite e trattate dall’organo, cui sono diretti secondo l’iter previsto, non potendo essere considerati tamquam non essent.

L’oggetto delle petizioni e proposte nonché l’ambito dell’obbligo di provvedere sulle stesse vanno coordinati con i principi generali del procedimento amministrativo cristallizzati nella legge n. 241 del 1990 e, perciò solo, non derogabili da fonte subordinata.
Salvo eccezioni espressamente previste dalla legge, l’autotutela non è mai doverosa; per cui, anche a fronte di una richiesta di riesame formulata mediante una proposta o petizione avanzata nelle forme regolamentate dallo statuto comunale, non sussiste alcun obbligo di provvedere in capo al Comune, né può formarsi alcun silenzio inadempimento.
La revoca, infatti, si configura, in ragione della sua ampia discrezionalità, alla stregua di un tipico strumento di autotutela decisoria preordinato alla rimozione, con efficacia ex nunc, di un provvedimento all’esito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico alla sua conservazione.
La richiesta, avanzata dai privati nei confronti dell’amministrazione al fine di ottenerne un intervento in autotutela, si atteggia a mera denuncia, con funzione sollecitatoria.

Materia: pubblica amministrazione / attività
Pubblicato il 22/03/2023

N. 02911/2023REG.PROV.COLL.

N. 07474/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7474 del 2022, proposto da
Pierino Pezzi, Andrea De Nevi e Andrea Pezzi, rappresentati e difesi dall'avvocato Daniele Granara, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Varese Ligure, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianemilio Genovesi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 408 del 2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Varese Ligure;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2023 il Cons. Elena Quadri;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto dai Signori Pierino Pezzi, Andrea De Nevi e Andrea Pezzi per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 408 del 2022, che ha respinto il ricorso dagli stessi presentato per l’annullamento del silenzio formatosi sulla petizione e proposta inoltrata ai sensi degli artt. 33 e 34 dello Statuto Comunale del Comune di Varese Ligure dal gruppo “Varese per l’Acqua Pubblica”, depositata il 25 settembre 2021 e acclarata al protocollo del Comune al n. 0010610 del 25 settembre 2021, avente ad oggetto:

- ai sensi dell’art. 33 dello Statuto Comunale del Comune di Varese Ligure, sollecitazione all’intervento dell’Amministrazione Comunale al fine di garantire la gestione pubblica e partecipata del servizio idrico integrato (S.I.I.) nel Comune di Varese Ligure attraverso la continuità nell’affidamento del servizio alla Sviluppo Varese o la reinternalizzazione delle funzioni, con opposizione all’aggregazione con Acam – Iren;

- ai sensi dell’art. 34 dello Statuto del Comune di Varese Ligure, adozione di un atto amministrativo (delibera C.C.) con il quale: 1) si revochi la delibera del Consiglio Comunale n. 26 del 29 giugno 2021; 2) venga costituita una commissione civica partecipata con rappresentanti dei cittadini; 3) insieme a questa, venga effettuata una valutazione su precisi parametri tecnici sull’efficienza del S.I.I. a mente dell’art. 147, comma 2 bis, lett. b, d.lgs. 152/2006 nel Comune di Varese Ligure.

Il ricorso di primo grado era stato proposto, ai sensi dell’art. 31, comma 1, c.p.a., per ottenere la condanna dell’Amministrazione ad adottare i provvedimenti di competenza, ed in difetto affinché venisse nominato un Commissario ad acta che provvedesse in luogo della stessa.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha respinto il ricorso, per la manifesta infondatezza della proposta petizione e del ricorso avverso il silenzio, con la sentenza n. 408 del 2022, appellata dai Signori Pierino Pezzi, Andrea De Nevi e Andrea Pezzi per il seguente, articolato, motivo di diritto:

I) erroneità della sentenza per mancata rilevazione della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 33 e 34 dello Statuto Comunale del comune di Varese Ligure; violazione del principio di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa, di cui all’art. 97 della Costituzione; violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione.

Si è costituito per resistere all’appello il comune di Varese Ligure.

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

Alla camera di consiglio del 2 marzo 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

Per l’appellante, il dettagliato iter procedurale dettato per lo strumento della petizione e per quello della proposta è stato disatteso, atteso che la sola ed unica reazione alla petizione e proposta, che vanta un numero di 940 sottoscrizioni, è stata quella di immettere nella cassetta della posta di alcuni cittadini del Comune una lettera, priva di destinatari, a firma del Signor Giancarlo Lucchetti, su carta intestata del comune di Varese Ligure, priva di data e numero di protocollo.

In contrasto con l’art. 33 dello Statuto del comune di Varese Ligure, la petizione – proposta presentata il 25 settembre 2021, non è stata assegnata da parte del Sindaco all’esame dell’organo competente entro trenta giorni, né inoltrata ai Gruppi consiliari, e l’organo competente non si è pronunciato nel termine di trenta giorni previsto dalla disposizione de qua. In contrasto con l’art. 34 dello Statuto, il Sindaco non ha acquisito il parere dei Responsabili dei Servizi interessati, né del Segretario Comunale, né ha trasmesso l’atto all’organo competente e ai Gruppi consiliari entro il termine di venti giorni previsto dalla disposizione di specie, e l’organo competente non ha adottato, nel termine di trenta giorni dal ricevimento (invero mai avvenuto), a norma del secondo comma dell’art. 34, alcun provvedimento.

Per l’appellante la sentenza impugnata è, innanzitutto, errata e ingiusta nella parte in cui, pur rilevando che relativamente alla proposta e petizione presentata dagli odierni appellanti “formalmente la procedura prevista dall’art. 33 e 34 dello Statuo comunale non sia stata pedissequamente seguita”, giunge a ritenere che “nondimeno l’istanza era da ritenersi manifestamente infondata”. Da tale manifesta infondatezza, la sentenza impugnata avrebbe omesso di accertare il pur sussistente silenzio – inadempimento del Comune appellato e la condanna nei confronti del medesimo a provvedere espressamente secondo l’iter statutariamente previsto.

Per l’appellante, invero, la fondatezza di una pretesa deve essere valutata dall’organo competente a dare soddisfazione alla stessa, il quale potrà rigettare l’istanza diretta a soddisfarla o espressamente o per silentium. Non può invece una proposta/petizione, per la quale lo Statuto comunale prevede specifici destinatari, essere sottratta all’esame di questi ultimi, in quanto, in questo modo, si configura inequivocabilmente il silenzio – inadempimento dell’amministrazione, che sussiste non solo laddove essa non abbia provveduto espressamente, ma, ancor prima, laddove essa neppure abbia avviato l’iter procedimentale normativamente previsto. Quanto sopra varrebbe tanto più nel caso di specie, ove la proposta petizione deve essere inoltrata non solo all’organo competente, ma anche ai Gruppi consiliari, per stimolare sia una puntuale risposta alla stessa, che una discussione in ordine alle pretese avanzate dai cittadini.

Proposta e petizione sono, infatti, atti di natura partecipativa, ossia importanti meccanismi di democrazia diretta che consentono ai cittadini di interloquire con le Istituzioni al fine di rappresentare, nell’auspicio di risolvere, problematiche particolarmente sentite dalla collettività. Allorquando tali particolari atti vengano poi, come nel caso di specie, regolamentati all’interno di una fonte normativa, nella fattispecie lo Statuto comunale, con la previsione di un particolare procedimento per la loro istruzione e la loro trattazione, essi devono necessariamente essere istruiti e trattati dall’organo cui sono diretti secondo l’iter previsto, non potendo essere considerati tamquam non essent.

I consiglieri comunali nemmeno sono stati messi al corrente della presentazione della stessa.

A tal fine, non rileverebbe in alcun modo la missiva ricevuta da alcuni firmatari della proposta, non munita di alcuna formalità e che non può assumere alcun rilievo procedimentale.

L’illegittimità del contegno inerte tenuto dall’amministrazione comunale ed inopinatamente non censurato dalla sentenza gravata si rivelerebbe, altresì, sotto altro profilo, violativo del diritto di difesa ed azione in giudizio dei sottoscrittori della proposta – petizione, i quali, a fronte della legittima richiesta di procedere a nuovi ed ulteriori controlli e verifiche tecnico giuridiche (che non erano state eseguite dall’amministrazione comunale) in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle eccezioni di conferimento della gestione del S.I.I. al gestore unico, si sono visti negare qualsivoglia determinazione espressa dell’amministrazione, con ciò vedendosi impedita ogni possibilità di sottoporre la questione al competente giudice amministrativo. Per gli stessi, invero, sussistevano i presupposti di cui alla lettera b) dell’art. 147, comma 2-bis, lett. b), del d.lgs. n. 152 del 2006 (qualifica di Comune che abbia un approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate, sorgenti ricadenti in aree protette e che vanti un utilizzo efficiente delle proprie risorse idriche).

Per il Comune, invece, la gestione autonoma del S.I.I. di Varese Ligure da parte della società Sviluppo Varese s.r.l. scadeva il 31 dicembre 2021, non sussistendo i requisiti per la sua proroga in deroga alla sua confluenza nella gestione unitaria dell’Ambito Territoriale Ottimale Idrico Est; il 25 settembre 2021, tre consiglieri comunali di opposizione presentavano al comune di Varese Ligure proposta di deliberazione di Consiglio Comunale, volta alla revoca della concessione del S.I.I. alla società Sviluppo Varese s.r.l., alla messa in liquidazione della società ed all’assunzione diretta della gestione del S.I.I. da parte del Comune, con il trasferimento ad esso del personale dipendente della società Sviluppo Varese; sulla suddetta proposta di deliberazione il Comune provvedeva ad acquisire il parere di competenza del Segretario comunale, il quale si esprimeva negativamente; alla luce di tale parere, i consiglieri di opposizione firmatari della proposta di deliberazione (analoga, nel contenuto, alla petizione sottoscritta dai ricorrenti) la ritiravano; a questo punto, il Sindaco inoltrava ai singoli firmatari della petizione-proposta una lettera nella quale evidenziava l’insussistenza dei presupposti giuridici per il suo accoglimento.

Il Comune sostiene che la lettera del Sindaco, rappresentando l’insussistenza dei presupposti giuridici per poter accogliere nel merito la petizione presentata dai ricorrenti nel settembre 2021 (stante il carattere vincolato delle decisioni dell’A.T.O.), costituirebbe l’atto conclusivo del procedimento. In ogni caso, non sussisterebbe un obbligo di provvedere in relazione ad istanze manifestamente infondate per la natura vincolata della gestione del S.I.I. in capo al gestore unico individuato dall’A.T.O., ai sensi dell’art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006, e perché l’accertamento della sussistenza delle condizioni previste dall’art. 147, comma 2-bis, lett. b), del d.lgs. n. 152 del 2006 per la eccezionale salvaguardia – in deroga - delle gestioni in forma autonoma è demandato alla competenza esclusiva dell’Ente di governo d’ambito - che si è già espresso negativamente – e non al Comune di Varese Ligure.

Il Collegio ritiene che l’appello sia infondato per motivazioni differenti da quelle espresse nella sentenza impugnata.

Ed invero, l’oggetto delle petizioni e proposte inoltrate ai sensi degli artt. 33 e 34 dello Statuto del comune di Varese Ligure, nonché l’ambito dell’obbligo di provvedere sulle stesse, vanno coordinati con i principi generali del procedimento amministrativo espressi nella legge n. 241 del 1990, non derogabili da fonte subordinata.

Fra questi, è principio generale quello in base al quale l’autotutela non è doverosa, salvo eccezioni espressamente previste dalla legge.

Nella fattispecie in questione, oggetto di petizione e proposta è la revoca di una delibera già adottata, ossia l’adozione di un atto di autotutela.

L’oggetto della petizione/proposta consiste, invero, nella sostanza, nella richiesta di revoca della delibera del Consiglio Comunale n. 26 del 29 giugno 2021, con la quale è stata conferita alla società Sviluppo Varese s.r.l. la concessione del S.I.I.

Non essendo l’autotutela doverosa, non può essere ravvisato un obbligo di provvedere in capo al Comune in ordine alla richiesta della stessa, né può considerarsi, dunque, formato alcun silenzio inadempimento.

Dall’ambito degli artt. 33 e 34 dello Statuto comunale esulano, quindi, le istanze di autotutela, come quella di specie.

Invero, ai sensi dell’art. 31 c.p.a., il giudizio avverso il silenzio inadempimento presuppone che l’amministrazione abbia posto in essere una violazione del dovere di provvedere, e cioè del dovere di iniziare e concludere il procedimento nel termine previsto dalla legge; pertanto, occorre accertare se tale dovere sussista.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, va escluso l’obbligo di provvedere nel caso in cui l’istanza del privato sia volta a sollecitare il riesame di un atto divenuto inoppugnabile, atteso che l’affermazione di un generalizzato obbligo, in capo all’amministrazione, di rivalutare un proprio provvedimento, anche quando rispetto ad esso siano decorsi i termini per proporre ricorso, sarebbe vulnerata l'esigenza di certezza e stabilità dei rapporti che hanno titolo in atti autoritativi, con elusione del regime di decadenza dei termini di impugnazione (cfr. Cons. Stato, VI, 25 maggio 2020, n. 3277; IV, 11 ottobre 2019, n. 6923). “Il potere di autotutela soggiace alla più ampia valutazione discrezionale dell’amministrazione competente e non si esercita in base ad un’istanza di parte, avente al più portata meramente sollecitatoria e inidonea, come tale, ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere, con la conseguente inutilizzabilità del rimedio processuale previsto avverso il silenzio inadempimento della p.a.” (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 19 aprile 2018, n. 2380; IV, 7 giugno 2017, n. 2751).

Deve, dunque, escludersi la sussistenza di un dovere generalizzato dell’amministrazione di provvedere sulle istanze di autotutela.

Ed invero, la revoca si configura come lo strumento di autotutela decisoria preordinato alla rimozione, con efficacia ex nunc, di un provvedimento all’esito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico alla sua conservazione. I presupposti del valido esercizio dello ius poenitendi sono definiti dall’art. 21 quinquies, l. 7 agosto 1990, n. 241, e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto e in una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico originario.

Risulta evidente che il potere di revoca è connotato da un’ampia discrezionalità, dal momento che, a differenza del potere di annullamento d’ufficio, che postula anche l’illegittimità dell’atto da rimuovere, quello di revoca esige solo una valutazione di opportunità, seppure ancorata alle condizioni legittimanti espresse dalla norma succitata, sicché il valido esercizio dello stesso resta, comunque, rimesso a un apprezzamento ampiamente discrezionale dell’amministrazione procedente, rispetto al quale l'istanza del privato assume solo una valenza sollecitatoria.

Al riguardo, la giurisprudenza ha precisato che la richiesta avanzata dai privati nei confronti dell’amministrazione al fine di ottenerne un intervento in autotutela è da considerarsi “una mera denuncia, con funzione sollecitatoria, che non fa sorgere in capo all'amministrazione alcun obbligo di provvedere” (Cons. Stato, VI, 15 maggio 2012, n. 2774; 11 febbraio 2013, n. 767).

Invero, “i provvedimenti di autotutela sono manifestazione dell'esercizio di un potere tipicamente discrezionale dell'amministrazione che non ha alcun obbligo di attivarlo e, qualora intenda farlo, deve valutare la sussistenza o meno di un interesse che giustifichi la rimozione dell'atto, valutazione della quale essa sola è titolare” (Cons. Stato, IV, 16 settembre 2008, n. 4362).

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata di reiezione del ricorso di primo grado con diversa motivazione.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata di reiezione del ricorso di primo grado con diversa motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Elena Quadri Rosanna De Nictolis
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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