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Consiglio di Stato, Sez. IV, 4/5/2023 n. 4523
Sui requisiti che devono sussistere per sollevare una questione di legittimità costituzionale nel giudizio impugnatorio di legittimità.

Sulla responsabilità civile del legislatore e presupposti della responsabilità per lesione dell'affidamento

La rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel giudizio amministrativo deve essere esaminata tenendo presente la causa petendi ed il petitum, che caratterizzano la domanda spiegata dal ricorrente in primo grado. Pertanto, per superare il vaglio della rilevanza, la questione deve non solo fare riferimento, nel giudizio impugnatorio di legittimità, ai vizi denunciati con il ricorso, che delimitano il thema decidendi, ma anche alla domanda in concreto proposta, che in omaggio al principio del divieto dei nova in appello recepito dall'art. 104, c. 1, c.p.a., non può che essere quella descritta nel ricorso proposto in primo grado. La necessaria corrispondenza tra petitum e decisum fissa i limiti invalicabili, nel cui rispetto deve essere esaminata la rilevanza della questione proposta dalla parte. Pertanto, se è vero che non vi è un limite temporale, anche nel giudizio amministrativo di secondo grado per sollevare la questione di legittimità costituzionale, non possono essere ritenute rilevanti questioni che riguardino norme la cui violazione il proponente non abbia ritualmente evidenziato in primo grado e nei limiti imposti all'effetto devolutivo dai principi di specificità e tempestività dei motivi di appello.

La funzione legislativa, essenzialmente "politica", è per definizione - salvi i limiti costituzionali - "libera nei fini": ne segue la naturale insussistenza di una possibile qualificazione del danno come "ingiusto", perché - diversamente che di fronte all'azione amministrativa - davanti all'attività legislativa non vi sono situazioni soggettive dei singoli protette dall'ordinamento.
Va perciò rimarcata la diversità della fattispecie della responsabilità dello Stato per inadempimento degli obblighi comunitari (peraltro diffusamente qualificata "di natura indennitaria per attività non antigiuridica" in ragione della postulata distinzione tra ordinamento giuridico interno ed ordinamento unionale, ai fini della qualificazione dell'evento lesivo). Solo nel caso di ritardata o mancata attuazione di obblighi comunitari è possibile, invero, rinvenire un'adeguata base legale alla responsabilità dello Stato-legislatore, con correlato diritto del singolo attivabile direttamente dinanzi all'autorità giudiziaria. La diversità di trattamento tra legge incostituzionale e legge anti-europea ha la propria ratio nella necessità di contrastare condotte violative del diritto eurounitario perpetrate dagli Stati membri, prescindendo dalle articolazioni interne allo Stato-apparato (potere legislativo, amministrativo e giudiziario); si tratta, evidentemente, di una ragione non replicabile nel contesto della legge incostituzionale

I limiti entro cui può essere riconosciuto il risarcimento per lesione dell'affidamento sono i seguenti: l'affidamento tutelabile deve essere ragionevole e, quindi, incolpevole; esso deve quindi fondarsi su una situazione di apparenza costituita dall'amministrazione con il provvedimento o con il suo comportamento correlato al pubblico potere e in cui il privato abbia senza colpa confidato; il grado della colpa dell'amministrazione rileva sotto il profilo della riconoscibilità dei vizi di legittimità da cui potrebbe essere affetto il provvedimento; l'aspettativa sul risultato utile o sulla conservazione dell'utilità deve essere ottenuta in circostanze che obiettivamente la giustifichino; la buona fede "non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave". L'affidamento deve quindi fondarsi su una situazione di apparenza costituita dall'amministrazione con il provvedimento o con il suo comportamento correlato al pubblico potere e in cui il privato abbia senza colpa confidato.

Materia: giustizia amministrativa / processo
Pubblicato il 04/05/2023

N. 04523/2023REG.PROV.COLL.

N. 02661/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2661 del 2016, proposto dalla ditta GSF s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Biamonte e Francesco Leo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Nomentana, n. 435;

contro

la Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;

nei confronti

della Provincia di Campobasso, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
del Comune di Bojano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Bernardino Izzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Lo Bosco in Roma, viale della Grande Muraglia, n. 289;
del Comune di Campochiaro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Ruta, Margherita Zezza, con domicilio eletto presso lo studio Michele Lioi in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 32;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise, sezione prima, n. 368 del 25 settembre 2015.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bojano e del Comune di Campochiaro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022 il consigliere Emanuela Loria e dato atto delle istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati Alessandro Biamonte, Francesco Leo, Giuseppe Ruta e Margherita Zezza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I fatti principali, di tipo procedimentale e processuale, utili ai fini del decidere, possono essere così riassunti in ordine cronologico:

a) la Regione Molise ha rilasciato l’autorizzazione n. 23 del 23 giugno 2014 in favore della ditta Di Zio Costruzioni Meccaniche s.p.a. (a cui è succeduta la ditta GSF odierna appellante) per l’insediamento di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (IAFR), segnatamente biomassa – pollina, ovvero da concime organico ottenuto dal riciclaggio a seguito di trattamento industriale delle deiezioni degli allevamenti avicoli;

b) successivamente l’autorizzazione è stata riscontrata negativamente da parte della regione Molise con due provvedimenti, uno di revoca con effetti ex nunc, e uno di autotutela con effetti ex tunc;

c) il provvedimento di autotutela regionale n. 3 del 22 gennaio 2015 (repressivo con effetti ex tunc della autorizzazione regionale n. 23 del 23 giugno 2014) si fonda sull’accertamento di una pluralità di vizi di legittimità, fra cui la violazione dell’art. 2, comma 2, della l.r. n. 22 del 2009 che inibisce nelle zone ZPS (Zone protezione speciale) e IBA (Important Bird Area), l’insediamento di IAFR;

d) con ricorso rubricato sub r.g.n. 365/2014, i Comuni di San Polo Matese, Campochiaro, Spinete, Colle D'Anchise, Roccamandolfi, Sepino, Guardiaregia, San Giuliano del Sannio, Cercepiccola e San Massimo hanno impugnato la determinazione dirigenziale n. 23 del 23 giugno 2014 del dirigente regionale del Molise, con la quale la società Di Zio Costruzioni Meccaniche s.p.a. è stata autorizzata a realizzare ed esercire l’impianto in questione;

e) analogo ricorso, rubricato sub r.g.n. 367/2014, è stato proposto da un gruppo di produttori locali titolari di aziende agroalimentari e da un’associazione di tutela ambientale;

f) la Provincia di Campobasso, con ricorso rubricato sub r.g.n. 383/2014, ha gravato la predetta determinazione per motivi analoghi a quelli fatti valere dai Comuni limitrofi all’area di insediamento della centrale e dai produttori ivi operanti, contestando anche la violazione del divieto di localizzazione, previsto dalla legislazione regionale, in area IBA di impianti di produzione di energia;

g) il Comune di Bojano, con ricorso rubricato sub r.g.n. 395/2014, ha parimenti chiesto l’annullamento della determina regionale in quanto affetta da profili di illegittimità analoghi a quelli già fatti valere con i ricorsi r.g.n. 365, n. 367 e n. 383 del 2014;

h) con ricorso rubricato sub r.g.n. 30/2015 la società Di Zio Costruzioni Meccaniche s.p.a. e la GSF s.r.l. hanno impugnato il decreto n. 5 del 5 novembre 2014, con il quale è stata disposta la revoca della determina dirigenziale n. 23 del 23 giugno 2014;

i) la GSF s.r.l. ha impugnato, con motivi aggiunti, notificati in data 21 marzo 2015 e depositati in data 22 aprile 2015, la determinazione dirigenziale n. 3 del 22 gennaio 2015 con la quale è stato disposto l’annullamento in autotutela della determinazione dirigenziale n. 23 del 23 giugno 2014;

l) con il ricorso introduttivo è stata altresì chiesta la condanna della Regione Molise al risarcimento del danno cagionato dalla inosservanza dolosa e colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo (quantificato prudenzialmente in euro 2.700.000,00 o nella minore somma ritenuta di giustizia) relativo alla autorizzazione revocata nonché dalla illegittimità del decreto di revoca per l’intero periodo di efficacia del medesimo;

m) inoltre, in via subordinata, nell’ipotesi di rigetto della domanda di annullamento in via principale, è stata chiesta la condanna della Regione Molise al pagamento dell’indennizzo dovuto ai sensi dell’art. 21 quinquies della l. n. 241 del 1990 per la revoca dell’autorizzazione unica (quantificato in euro 1.250.000,00 o nella minor somma ritenuta di giustizia) quanto al danno emergente e da quantificarsi in corso di causa, anche in via equitativa, quanto al lucro cessante;

n) in via istruttoria, è stato chiesto che venisse disposta la consulenza tecnica d’ufficio ex art. 67 c.p.a. diretta a quantificare i tempi di realizzazione e messa in esercizio della centrale elettrica oggetto di autorizzazione unica, la redditività della medesima, il livello di incentivi percepibili dalla Di Zio Costruzioni Meccaniche s.p.a. i sensi del d.m. 6 luglio 2012 del Ministero dello Sviluppo economico, il valore attuale dell’autorizzazione unica e il pregiudizio economico subito dalla ricorrente in termini di danno emergente e lucro cessante;

o) con i motivi aggiunti, oltre all’annullamento dei provvedimenti impugnati, sono state reiterate le richieste di condanna al risarcimento del danno e all’indennizzo formulate con il ricorso introduttivo.

2. Con la sentenza impugnata - 368 del 25 settembre 2015 - il T.a.r. per il Molise:

i) ha riunito i cinque ricorsi;

ii) in accoglimento delle censure mosse dalla Provincia e dal Comune di Bojano, ha ritenuto illegittima l’autorizzazione n. 23 per violazione dell’art. 2, comma 2, l.r. n. 22 del 2009 che vieta la localizzazione di IAFR in zona Important Bird Area;

iii) ha ritenuto applicabili i principi di cui alla sentenza della Corte di giustizia UE 21 luglio 2011 C—2/10 e, conseguentemente, ha rilevato la conformità di tale art. 2 alle sopravvenute “linee guida nazionali” del 10 settembre 2010;

iv) ha dato atto che nessuna delle parti ha sollevato questione di legittimità costituzionale della suindicata norma regionale;

v) ha assorbito l’esame degli ulteriori motivi cassatori posti a sostegno dei quattro ricorsi del 2014 (proposti dai soggetti che si oppongono all’intervento) che ha comunque dichiarato improcedibili;

vi) ha in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto il ricorso n.r.g. 30/2015;

vii) ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda di risarcimento del danno da annullamento di provvedimento favorevole (capo non impugnato);

viii) ha compensato fra tutte le parti le spese di lite.

3. La ditta GSF ha interposto appello, affidato a seguenti tre motivi (estesi da pagina 4 a pagina 32 del ricorso) di seguito sintetizzati.

I. Erroneità della sentenza impugnata e/o contraddittoria e/o irragionevole motivazione riguardo alla mancata sollevazione d’ufficio della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge regionale Molise 7 agosto 2009 n. 22 - Necessità di sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge regionale 7 agosto 1999 n. 22 per violazione dell’art. 177, secondo comma, lett. s) Cost. ovvero per violazione dei principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia di cui all’art. 177, terzo comma, Cost. in rapporto all’art. 12, comma 10 del d.lgs. n. 387 del 2003 – Declaratoria di illegittimità costituzionale – Conseguente rilevabilità d’ufficio da parte del Giudice amministrativo della illegittimità derivata degli atti amministrativi oggetto della presente impugnativa ovvero potestà da parte del giudice amministrativo di annullare gli atti amministrativi oggetto della presente impugnativa. Condanna della Regione Molise al pagamento del risarcimento del danno da ritardo e per la mancata percezione degli incentivi conseguenti alla mancata attivazione dell’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonte rinnovabile.

Con tale motivo l’appellante sostiene, sulla base di plurimi richiami alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che in assenza delle “linee guida nazionali” sarebbe precluso alle Regioni: i) provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto insediamento degli impianti alimentati da fonti di energia elettrica rinnovabile; ii) individuare i siti nei quali non è consentita la costruzione dei suddetti impianti.

L’entrata in vigore di disposizioni di legge regionale, indicanti le aree e i siti non idonei all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, prima della emanazione delle “linee guida nazionali”, si porrebbe in contrasto con l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 che prevede la possibilità per le Regioni di procedere alla indicazione di aree e siti ritenuti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili solamente dopo l’emanazione delle “linee guida nazionali”.

Conseguentemente l’appellante afferma che sussisterebbero tutti i presupposti perché il Consiglio di Stato provveda, in via preliminare e pregiudiziale, a sospendere il processo e a sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge regionale del Molise 7 agosto 2009 n. 22 per violazione dell’art. 117, comma 2, lettera s) Cost., ovvero per violazione dei principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia in rapporto all’art. 12, comma 10, d.lgs. n. 387 del 2003, questione rilevante per la definizione del giudizio e non manifestamente infondata.

II. Sul risarcimento del danno ex art. 21 quinquies della l. 7 agosto 1990 n. 241; erronea e/ o contraddittoria ed irragionevole motivazione della sentenza impugnata – Sussistenza dei danni e necessità di provvedere al risarcimento.

Con il secondo motivo l’appellante si duole per il fatto che l’impugnata sentenza non ha riconosciuto la spettanza dell’indennizzo ex art. 21 quinquies della l. n. 241 del 1990 per la revoca dell’autorizzazione unica, violando in tal modo il legittimo affidamento che si sarebbe formato sulla spettanza del bene della vita e comunque essendosi realizzata una situazione di vantaggio assicurata dall’emanato provvedimento amministrativo, a nulla rilevando che lo stesso fosse sub iudice e che vi fosse un orientamento giurisprudenziale specifico negativo del Tar per il Molise.

III. Sul risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale ex art. 1337 e 1338 c.c.; erronea e contraddittoria e/o irragionevole motivazione della sentenza impugnata – Sussistenza di tali danni – Necessità di provvedere al loro risarcimento.

Con tale motivo l’appellante si duole del fatto che la sentenza impugnata non ha ravvisato i presupposti per il riconoscimento della responsabilità extracontrattuale, ex artt. 1337 e 1338 c.c., non avendo nel corso del procedimento la Regione Molise mai richiamato o sollevato la questione dell’applicabilità della legge 7 agosto 2009 n. 22, il cui art. 2 comma 2 ha predeterminato quali siano le aree non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, includendo anche le IBA in questo novero.

3. Si sono costituiti in giudizio per resistere i comuni di Bojano e di Campochiaro.

4. Con deposito del 27 settembre 2021 si è costituito in giudizio il nuovo difensore della ditta GSF s.r.l., avvocato Alessandro Biamonte (in sostituzione dell’avvocato Fontanarosa).

5. Con memoria del 9 settembre 2022 l’appellante ha manifestato il perdurare dell’interesse alla decisione della causa.

6. L’appellante ha depositato una memoria in data 5 novembre 2022 alle ore 12,51.

7. Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Preliminarmente il Collegio osserva:

i) che la memoria difensiva della appellante, depositata in data 5 novembre 2022 alle ore 12,51, è tardiva per violazione del termine perentorio di 30 giorni sancito dal combinato disposto degli artt. 73 comma 2 c.p.a. e 4, comma 4, disp. att. c.p.a. (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1841 del 2021);

ii) che l’eccezione di difetto di integrazione del contraddittorio sollevata dal comune di Campochiaro può essere assorbita ex art. 95, comma 5, c.p.a, in considerazione della inammissibilità dell’appello;

iii) che i motivi di primo grado (da pag. 8 a pag. 22 del ricorso introduttivo e da pag. 4 a pag. 26 del ricorso per motivi aggiunti) posti a sostegno della domanda di annullamento dei provvedimenti regionali di revoca e di autotutela non sono espressamente riproposti nell’atto di appello come imposto dall’art. 101 c.p.a.

9. L’appello è sia inammissibile che infondato e deve essere respinto nella sua globalità.

9.1. Con il primo motivo d’appello, a seguito di articolato ragionamento e di ampia citazione di giurisprudenza della Corte costituzionale, l’appellante chiede che sia sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge regionale del Molise 7 agosto 2009 n. 22 per violazione dell’art. 117, comma II, lettera s) Cost. ovvero per violazione dei principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia in rapporto all’art. 12, comma 10, d.lgs. n. 387 del 2003, questione rilevante per la definizione del giudizio e non manifestamente infondata.

9.1.2. Il motivo viola il divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a. poiché - come stabilito da questa stessa sezione con la sentenza n. 7673 del 2 settembre 2022 - la rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel giudizio amministrativo deve essere esaminata tenendo presente la causa petendi ed il petitum, che caratterizzano la domanda spiegata dal ricorrente in primo grado.

Pertanto, per superare il vaglio della rilevanza, la questione deve non solo fare riferimento, nel giudizio impugnatorio di legittimità, ai vizi denunciati con il ricorso, che delimitano il thema decidendi, ma anche alla domanda in concreto proposta, che in omaggio al principio del divieto dei nova in appello recepito dall’art. 104, comma 1, c.p.a., non può che essere quella descritta nel ricorso proposto in primo grado.

La necessaria corrispondenza tra petitum e decisum fissa i limiti invalicabili, nel cui rispetto deve essere esaminata la rilevanza della questione proposta dalla parte. Pertanto, se è vero che non vi è un limite temporale, anche nel giudizio amministrativo di secondo grado per sollevare la questione di legittimità costituzionale, non possono essere ritenute rilevanti questioni che riguardino norme la cui violazione il proponente non abbia ritualmente evidenziato in primo grado e nei limiti imposti all’effetto devolutivo dai principi di specificità e tempestività dei motivi di appello (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1130 del 2016; sez. V, n. 5865 del 2015; sez. V, n. 5868 del 2015).

Nel caso di specie, la denuncia di incostituzionalità introdotta per la prima volta con l’atto di appello, implicitamente, presuppone la proposizione di una domanda diversa da quella proposta in primo grado giacché riguarda la legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della l.r. Molise 7 agosto 2009 n. 22, che ha anticipato la normazione dello Stato centrale in materia di localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentata da fonti rinnovabili prevedendo, come aree non idonee, anche le aree IBA (“Important bird area”).

In altri termini, la questione di legittimità costituzionale non è stata espressamente proposta in primo grado, mentre è stata semmai adombrata una questione di disapplicazione della normativa comunitaria che peraltro risulterebbe essere stata realizzata in fase autorizzativa dell’impianto.

Sicché, in questa sede, la questione di legittimità costituzionale proposta non può che essere dichiarata irrilevante, perché, se anche la Consulta desse risposta positiva al quesito proposto dall’appellante nell’odierno giudizio, lo stesso non trarrebbe alcuna utilità dalla sentenza del Giudice delle leggi, avendo egli incentrato la domanda originaria su motivi diversi.

9.3. In proposito, giova richiamare quanto ha affermato il Consiglio di Stato (sez. IV, n. 8363 del 2010), raggiungendo un punto di equilibrio tra l’interesse generale alla legalità costituzionale e la natura del giudizio amministrativo (innervato dal principio dispositivo e dunque ancorato ai motivi di ricorso).

In particolare, sono stati fissati i principali passaggi logico-giuridici della questione:

a) dalla carenza in astratto del potere esercitato deriva, per pacifica giurisprudenza civile ed amministrativa, la nullità del provvedimento che ne costituisce estrinsecazione (cfr. da ultimo, Cons. Stato, ad plen., 22 ottobre 2007, n. 12, Cass. ss. uu. 23 gennaio 2006, n. 1207); in tal modo si completa il catalogo delle patologie più radicali per le quali l’ordinamento ha previsto espressamente la massima sanzione della nullità (art. 21 septies, 1^ comma, L. n. 241 del 1990)

b) le sentenze di incostituzionalità producono effetti retroattivi erga omnes, con il limite dei rapporti esauriti; esse non travolgono, pertanto, le situazioni consolidate. Fra le quali è annoverata l’ipotesi della decadenza dall’impugnativa di un provvedimento amministrativo, ovvero della mancata tempestiva proposizione di un motivo di ricorso avente ad oggetto il contenuto precettivo della norma dichiarata incostituzionale;

c) il provvedimento emanato in applicazione di una norma dichiarata incostituzionale dà luogo ad una fattispecie di invalidità “sopravvenuta” o “derivata”, che non attribuisce al giudice amministrativo la indiscriminata disponibilità del provvedimento; in questa ricostruzione si coglie la logica di una precarietà dell’atto (medio tempore legittimo ed efficace), connessa alla precarietà della stessa norma potenzialmente oggetto dello scrutinio di costituzionalità e la configurazione di un vizio originario quanto alla decorrenza, vista la retrodatazione ex tunc delle sentenze del giudice delle leggi, ma sopravvenuto quanto alla riconoscibilità;

d) gli effetti della pronuncia di incostituzionalità sul giudizio amministrativo si diversificano a seconda che la norma scrutinata dal giudice delle leggi attribuisca all’amministrazione il potere ovvero ne regoli i modi di esercizio: nel primo caso il giudice può procedere all’annullamento officioso del provvedimento sottoposto ritualmente al suo sindacato (…) nel secondo caso, invece, potrà farlo solo se il ricorrente abbia articolato, nella sostanza, una censura avente ad oggetto il cattivo esercizio della funzione pubblica regolato dalla norma poi eliminata dalla Consulta (…)”.

In sintesi, l’impatto della dichiarazione di illegittimità costituzionale può mutare in relazione a due variabili:

a) la natura della norma oggetto della dichiarazione di incostituzionalità;

b) la natura del giudizio amministrativo pendente (demolitorio o accertativo dell’inadempimento).

In particolare, l’illegittimità costituzionale di una norma che disciplina il quomodo di esercizio del potere legittima il giudice all’annullamento del provvedimento soltanto qualora il ricorrente abbia articolato uno specifico motivo relativo alla illegittimità costituzionale della norma o almeno qualora abbia utilizzato tale norma come parametro di legittimità dei motivi di ricorso, pur non rilevandone espressamente la costituzionalità.

9.4. Applicando tali principi al caso in esame emerge che l’appellante, ai fini della domanda impugnatoria, non si potrebbe comunque giovare della retroattività di una eventuale declaratoria di incostituzionalità dell’art. 2 l.r. cit., poiché non si profila una situazione di carenza di potere bensì di violazione procedurale e non sono stati riproposti in appello i motivi relativi all’illegittimo esercizio del potere, sicché la questione di legittimità costituzionale non è rilevante (cfr. in termini, Corte cost. n. 106 del 2 maggio 2019).

9.5. Parimenti, da un eventuale accoglimento della questione di legittimità costituzionale l’appellante non trarrebbe neppure vantaggio ai fini risarcitori posto che sarebbe da escludersi la colpa della Pubblica amministrazione (tenuta, a suo tempo, a prestare ossequio a una norma di legge) e non sarebbe comunque configurabile la responsabilità da illecito costituzionale del legislatore.

9.5.1. Su quest’ultimo aspetto si richiamano i principi affermati più di recente, ma coerenti con l’indirizzo tradizionale (Cons. Stato, sez. V, n. 4642 del 2021; Cass civ., sez. I, n. 39534 del 2021), secondo cui “la funzione legislativa, essenzialmente “politica”, è per definizione – salvi i limiti costituzionali - “libera nei fini”: ne segue la naturale insussistenza di una possibile qualificazione del danno come “ingiusto”, perché – diversamente che di fronte all’azione amministrativa – davanti all’attività legislativa non vi sono situazioni soggettive dei singoli protette dall’ordinamento (cfr. Cass., III, 22 novembre 2016, n. 23730, nonché Cons. Stato, V, 14 aprile 2015, n. 18652).

Va perciò rimarcata la diversità della fattispecie della responsabilità dello Stato per inadempimento degli obblighi comunitari (peraltro diffusamente qualificata “di natura indennitaria per attività non antigiuridica” in ragione della postulata distinzione tra ordinamento giuridico interno ed ordinamento unionale, ai fini della qualificazione dell’evento lesivo). Solo nel caso di ritardata o mancata attuazione di obblighi comunitari è possibile, invero, rinvenire un’adeguata base legale alla responsabilità dello Stato-legislatore, con correlato diritto del singolo attivabile direttamente dinanzi all’autorità giudiziaria (Cass., lav., 24 dicembre 2019, n. 34465).”

Invero, la diversità di trattamento tra legge incostituzionale e legge anti-europea ha la propria ratio (che si rinviene in particolare nella sentenza Francovich e nelle successive, fra cui Corte giust. 7 agosto 2018, C-122/17, Smith, 16 maggio 2019, C-509/17, Plessers) nella necessità di contrastare condotte violative del diritto eurounitario perpetrate dagli Stati membri, prescindendo dalle articolazioni interne allo Stato-apparato (potere legislativo, amministrativo e giudiziario); si tratta, evidentemente, di una ragione non replicabile nel contesto della legge incostituzionale.

Peraltro, anche un isolato più recente intervento della Corte di cassazione (24 novembre 2021, n. 36373), con il quale è stata ammessa la responsabilità per il discriminatorio esercizio della potestà legislativa nella materia tributaria, ha comunque ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda relativa ai profili di responsabilità.

10. Anche il secondo e il terzo motivo – che possono essere trattati congiuntamente per la loro intima connessione – sono infondati.

A mezzo di essi l’appellante si duole per il fatto che non è stata riconosciuta la fondatezza della domanda di pagamento dell’indennizzo, ex art. 21 quinquies della l. 7 agosto 1990 n. 241, ovvero di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale ex artt. 1337 e 1338 c.c.

10.1. La domanda di condanna al risarcimento del danno si infrange contro i principi elaborati dalle plenarie nn. 7, 19 e 21 del 2021.

In particolare, con la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 7 del 23 aprile 2021 è stato stabilito che:

a) la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi ha natura di fatto illecito aquiliano e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale;

b) l’affidamento tutelabile nella legittimità dei provvedimenti dell’amministrazione e più in generale sulla correttezza del suo operato è una situazione giuridica soggettiva che trova protezione attraverso il rimedio del risarcimento del danno;

c) i limiti entro cui può essere riconosciuto il risarcimento per lesione dell’affidamento sono i seguenti:

c1) l’affidamento tutelabile deve essere ragionevole e, quindi, incolpevole;

c2) esso deve quindi fondarsi su una situazione di apparenza costituita dall’amministrazione con il provvedimento o con il suo comportamento correlato al pubblico potere e in cui il privato abbia senza colpa confidato;

c3) in tale prospettiva, il grado della colpa dell’amministrazione – da intendersi come la misura in cui l’operato di questa è rimproverabile – rileva sotto il profilo della riconoscibilità dei vizi di legittimità da cui potrebbe essere affetto il provvedimento; “per il danno da lesione dell’affidamento da provvedimento favorevole, poi annullato, la colpa dell’amministrazione è invece un elemento che ha rilievo nella misura in cui rende manifesta l’illegittimità del provvedimento favorevole al suo destinatario, e consenta di ritenere che egli ne potesse pertanto essere consapevole”;

c4) la tutela di tale situazione soggettiva si fonda sui principi di correttezza e buona fede che regolano l’esercizio del pubblico potere e che dunque postulano che l’aspettativa sul risultato utile o sulla conservazione dell’utilità si sia ottenuta in circostanze che obiettivamente la giustifichino;

c5) “secondo una regola di carattere generale in ambito civile la buona fede «non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave» (art. 1147, comma 2, cod. civ.), per cui un affidamento incolpevole non è pertanto predicabile innanzitutto nel caso estremo ipotizzato nell’ordinanza di rimessione, in cui sia il privato ad avere indotto dolosamente l’amministrazione ad emanare il provvedimento. In conformità alla regola civilistica ora richiamata altrettanto è a dirsi se l’illegittimità del provvedimento era evidente ed avrebbe pertanto potuto essere facilmente accertata dal suo beneficiario”;

c6) l’affidamento deve quindi fondarsi su una situazione di apparenza costituita dall’amministrazione con il provvedimento o con il suo comportamento correlato al pubblico potere e in cui il privato abbia senza colpa confidato.

10.2. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie emerge che:

a) alla ditta non spettava il bene della vita agognato ossia l’autorizzazione all’apertura della centrale di produzione di energia elettrica da biomasse, e ciò in applicazione dell’art. 2 della legge regionale n. 22 del 2009; infatti, l’autorizzazione rilasciata in un primo momento e immediatamente impugnata dai soggetti sopra citati, era stata emessa in violazione di legge e pertanto è stata prima revocata e poi annullata;

b) non sussiste una situazione di affidamento incolpevole tale da far ritenere la buona fede della ditta a fronte dell’annullamento in autotutela di un provvedimento favorevole. L’appellante era invero a conoscenza della previsione di legge ostativa alla localizzazione dell’impianto e della giurisprudenza dello stesso T.a.r. sulla sua portata applicativa (sentenze nn. 52 e 53 del 2011), sicché non può riconoscersi un affidamento incolpevole della ditta ed il conseguenziale risarcimento del danno patrimoniale per i costi sostenuti per presentare la domanda di rilascio del titolo autorizzatorio.

10.4. La domanda di pagamento dell’indennizzo non può essere accolta perché il provvedimento di revoca è stato sostituito, nella sua portata lesiva, da quello successivo emanato con effetti ex tunc in sede di autotutela, della cui legittimità non è dato discettare per tutte le ragioni dianzi esposte.

11. Conclusivamente l’appello va dichiarato in parte inammissibile e va in parte respinto.

12. Le spese del giudizio possono essere compensate stante la complessità e la novità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello r.g.n. 2661/2016, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Emanuela Loria Vito Poli
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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