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Pubblicato il 21/06/2023
N. 06074/2023REG.PROV.COLL.
N. 03657/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3657 del 2023, proposto dalla società Slem S.r.l., con sede in Piano di Sorrento, Via II Traversa Bagnulo, n. 16, in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore Sig. Salvatore Laurenzio, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, giusta allegata procura, dagli Avv.ti Prof. Angelo Clarizia, Prof. Aldo Loiodice, Pasquale Procacci e Giovanni La Fauci, ed elettivamente domiciliata presso lo Studio del Prof. Avv. Angelo Clarizia in Roma, Via Principessa Clotilde n. 2, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo” di Potenza in persona del Direttore Generale nella qualità di legale rappresentante pro tempore, con sede in Potenza (PZ), alla Via Potito Petrone, rappresentata e difesa all’Avv. Domenico Carlomagno, come da procura alle liti depositata in atti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo Studio professionale dell’Avv. Antonio Nicodemo in Roma – 00199, alla Via Dancalia, 21;
nei confronti
della società Serenissima Ristorazione s.p.a., con sede in Vicenza, Viale della Scienza n. 26, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. Mario Putin, rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Manzi del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Andrea Manzi sito in Roma, alla via Alberico II n. 33, giusta procura allegata in calce alla memoria di costituzione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; della Regione Basilicata, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tar Potenza n. 133, pubblicata in data 28.02.2023, con la quale è stato respinto il ricorso n. R.G. 428/2022 proposto dalla SLEM.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo” di Potenza e della società Serenissima Ristorazione s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il Cons. Paolo Carpentieri e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in esame, notificato il 24 aprile 2023, la società Slem s.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza n. 133 del 28 febbraio 2023 con la quale il Tar della Basilicata ha respinto il ricorso (n. R.G. 428/2022) da essa appellante proposto per l’annullamento della determina del Direttore generale dell’AOR Potenza n. 2022/00765 del 4 luglio 2022 emanata in ottemperanza alla sentenza di questa Sezione n. 1283/2022 per riscontrare l’istanza di verifica circa il possesso in capo alla società Serenissima (nella qualità di aggiudicataria) dei requisiti di esecuzione dell’appalto del “Servizio di preparazione e somministrazione pasti veicolati ai degenti e al personale dei presidi dell’ASM, dell’ASP, dell’AOR San Carlo, dell’IRCCS CROB, dell’ARDSU”, gara n. 6747069 - lotto 3 – (CIG. 7083040583)” (nonché per l’annullamento della deliberazione del Direttore generale dell’AOR Potenza n. 2019/00737 del 12 luglio 2019 di presa d’atto della stipula della convenzione con la ditta Serenissima Ristorazione s.p.a. unitamente al verbale di avvio d’urgenza nelle more della contrattualizzazione, dei verbali di affidamento d’urgenza del 27 giugno 2019 e del 15 ottobre 2019, nonché per l’illegittimità sopravvenuta e/o per l’inefficacia della deliberazione di aggiudicazione alla ditta La Serenissima s.p.a. del servizio oggetto di lite e per la dichiarazione di inefficacia del contratto di appalto stipulato tra l’AOR San Carlo e la Serenissima s.p.a. - rep. 2235 del 15 giugno 2020, stante l’assenza in capo a quest’ultima dei requisiti di esecuzione).
2. La società appellante ha così esposto la complessa vicenda litigiosa concernente la sua partecipazione alla procedura aperta per l’affidamento del servizio di preparazione e somministrazione pasti sopra indicato, aggiudicato con determinazione dirigenziale n. 20AB.2018/D.00231 del 19 novembre 2018 alla società controinteressata Serenissima Ristorazione s.p.a.
2.1. Con ricorso iscritto al R.G. n. 555/2018 impugnava dinanzi al Tar Basilicata, in quanto classificata al secondo posto della graduatoria, la predetta aggiudicazione alla società controinteressata, contestando la mancata disponibilità giuridica dei centri di cottura contemplati nell’offerta tecnica della ditta aggiudicataria.
2.2. Il Tribunale adito, con sentenza n. 371/2019, confermata in sede di appello dalla pronuncia n. 249/2020, respingeva l’impugnativa sul presupposto che la disponibilità effettiva dei centri di cottura non integrasse un requisito di partecipazione ma di esecuzione e, in quanto tale, dovesse essere richiesta (e dimostrata) anteriormente alla stipula del contratto.
2.3. Stante la perdurante indisponibilità in capo alla società Serenissima dei centri di cottura (primari e secondari) promessi in sede di offerta, essa esponente, dapprima con nota del 3-6 giugno 2020, poi con ulteriore sollecito del 21 settembre 2020, invitava e diffidava la stazione appaltante ad effettuare la prescritta verifica dei requisiti di esecuzione richiesta dalla lex specialis prima di procedere alla stipula del contratto.
2.4. Essendo la detta diffida rimasta senza riscontro, la ricorrente adiva nuovamente il Tar Basilicata avverso il silenzio serbato dall’Ente, ma tale ricorso (R.G n. 404/2020) veniva dichiarato inammissibile per carenza di interesse con sentenza n. 151 del 2021.
2.5. Tale ultima sentenza, appellata, veniva infine riformata da questa Sezione con sentenza n. 1283 del 2022, che giudicava ammissibile la pretesa della Slem alla verifica dei requisiti di esecuzione dichiarati dall’aggiudicataria in sede di offerta tecnica, statuendo il relativo obbligo per la Stazione appaltante.
2.6. A seguito della sentenza del Consiglio di Stato, l’Azienda Ospedaliera adottava la deliberazione del Direttore generale n. 2022/765 del 4 luglio 2022, avente ad oggetto “ottemperanza sentenza del Consiglio di Stato n. 1283/2022...”, con la quale ha affermato di aver acquisito dalla società Serenissima la documentazione integrativa inerente il possesso dei centri di cottura esterni e di emergenza dichiarati in sede di gara ed ha deliberato di sanare la situazione, dichiarando, ora per allora, che quest’ultima possiede la disponibilità dei centri di cottura dichiarati in data anteriore alla stipula del contratto (avvenuta il 15 giugno 2020). La suddetta delibera è stato oggetto del ricorso n. R.G. 428/2022 respinto dal Tar della Basilicata e gravato con l’appello in trattazione.
3. Con la sentenza n. 133 del 28 febbraio 2023 il Tar della Basilicata ha respinto il ricorso ora detto con le seguenti motivazioni: la verifica dei requisiti di esecuzione in capo all’aggiudicataria, pur avvenuta necessariamente in via postuma rispetto alla stipula del contratto, non si appalesa per ciò solo viziata, poiché tale sopravvenienza non estingue il potere/dovere di controllo che gravava sull’Amministrazione circa il possesso dei requisiti necessari per accedere alla stipula del contratto, non essendo evincibile dalla disciplina di settore una sanzione decadenziale per il mancato esercizio di tali poteri nella tempistica all’uopo fissata, atteso che l’art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che l’aggiudicazione diviene efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti e l’eventuale riscontro dell’illegittimità di tale verifica si ripercuote inevitabilmente sull’aggiudicazione con la possibilità della dichiarazione di inefficacia del contratto; la verifica sub iudice è stata correttamente riferita alla situazione esistente alla data di effettiva contrattualizzazione del servizio e non già, come preteso dalla ricorrente, anticipata a quella di avvio d’urgenza delle prestazioni ovvero a quella, ancora precedente, in cui il servizio avrebbe dovuto essere contrattualizzato, atteso che la verifica dei requisiti di esecuzione va comunque compiuta “ora per allora”, avuto esclusivo riguardo alla data di stipula del contratto, ciò a prescindere dalla non perentorietà del termine previsto dall’art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016; infondate risulterebbero poi anche le censure riguardanti i singoli centri di cottura (centro di cottura principale di Tito, centro di cottura di Rivello, centro di cottura di Rifreddo, centro di cottura di Pescopagano, centri di cottura di Rionero in Vulture, Grumento Nova e Lagonegro).
4. A sostegno del proposto appello la società ricorrente ha articolato i seguenti motivi di censura.
4.1. “Errores in iudicando. Violazione degli artt. 32, 33 e 100 D.LGS. 50/2016; Violazione e falsa applicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 1283/2022. Carenza di istruttoria; illogicità”: con il motivo in esame parte appellante sostiene, contrariamente a quanto opinato dal primo Giudice, che la verifica dei requisiti di esecuzione non poteva essere effettuata nel 2022 sulla scorta della situazione esistente al momento della stipula del contratto, che è stata ritardata di ben due anni, ma andava invece espletata tenendo presente la data di immissione nel servizio o, quantomeno, il termine previsto dalla legge per stipulare il contratto, mentre nella fattispecie tutti i centri di cottura sono stati acquisiti nel 2020 e, dunque, tardivamente sia rispetto al termine codicistico per la stipula del contratto di 60 giorni dall’aggiudicazione, sia rispetto all’immissione anticipata nel servizio come da verbali del 27 giugno e del 15 ottobre 2019; il Tar non avrebbe affrontato il tema fondamentale della controversia, ovvero la mancata disponibilità di quei centri di cottura, autorizzati ed operativi, dichiarati in offerta al momento della immissione in servizio, nel giugno 2019; sarebbe errato il giudizio del Tar lì dove ha attribuito rilevanza al momento della stipula del contratto (intervenuta due anni dopo l’aggiudicazione), anziché al momento, antecedente, dell’avvio anticipato delle prestazioni; tale distinzione sarebbe comunque irrilevante, atteso che, anche a voler valorizzare solo il momento di stipula del contratto (giugno 2020), sarebbe comunque pacifico che a quella data il centro di cottura esterno ordinario di Tito, indicato in offerta quale centro principale per la preparazione dei pasti, non era stato ancora attivato e che nel contempo non era stata nemmeno dimostrata la disponibilità dei centri di cottura alternativi di Potenza (Via della Tecnica), di Melfi (Contrada Santa Abruzzese), di Lagonegro (Piazza Martiri D’Ungheria), ad oggi del tutto assenti dalla proposta esecutiva della controinteressata, ancorché fossero stati dichiarati in sede d’offerta (e ciò ferma restando comunque l’illogicità e non condivisibilità della distinzione operata dal Tar tra avvio anticipato delle prestazioni e successiva stipula del contratto, al fine di imputare solo a tale momento l’effettivo insorgere delle obbligazioni contrattuali).
4.2. “Errores in iudicando. Violazione degli artt. 32, 33 e 100 D.LGS. 50/2016; Carenza di istruttoria; illogicità”: contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, sussisterebbero le criticità inerenti i centri di cottura verificati dall’Azienda Ospedaliera.
5. Si sono costituiti in giudizio per resistere al proposto appello l’Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo” di Potenza e la società Serenissima Ristorazione s.p.a.
6. Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2023 la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e deve essere accolto, nei termini e nei limiti che qui di seguito si precisano.
2. La sentenza di questa Sezione 23 febbraio 2022, n. 1283, con statuizioni ormai passate in giudicato, ha affermato la giurisdizione amministrativa (punto 8.1) sulla considerazione che la verifica richiesta della disponibilità dei centri cottura non costituirebbe “un comportamento da attuare secondo il programma negoziale concordato tra le parti nell’ambito di un rapporto contrattuale già perfezionato e declinabile secondo il binomio diritto/obbligo ma”, in quanto “verifica di un requisito tecnico dell’offerta . . . inciderebbe sulla stessa definitiva possibilità di accedere alla stipula del contratto condizionandone l’an in stretta correlazione ad un potere di sindacato esigibile dall’Amministrazione nell’esercizio delle proprie prerogative pubblicistiche e temporalmente inquadrabile in una fase anticipata rispetto a quella di perfezionamento della fattispecie genetica del rapporto”, sicché “l’accertamento sollecitato e riferito resterebbe funzionale a conferire efficacia all'aggiudicazione definitiva e non riguarderebbe, quindi, una vicenda attinente all'esecuzione del contratto”. Con la conseguenza per cui “8.3. Orbene, così inquadrata la res iudicanda, non può essere revocata in dubbio la configurabilità della giurisdizione del giudice amministrativo, correttamente affermata dal TAR con la decisione appellata e che, per tali profili, va confermata, dovendo per converso respingersi sul punto l’appello incidentale spiegato dalla società Serenissima Ristorazione”.
3. La Sezione ha inoltre aggiunto quanto segue: “9.3. Né può essere revocato in dubbio che, anche dopo la stipula del contratto, restano immutate le prerogative di autotutela in capo all’Amministrazione ove mai la stazione appaltante acclarasse – anche in conseguenza dell’esercizio delle verifiche qui sollecitate - la mancanza ab origine di uno dei requisiti qualificanti l’offerta tecnica, non potendo parimenti dubitarsi del fatto che il relativo esercizio dei poteri di autotutela amministrativa (diversa da quella contrattuale), ancorché intervenuto dopo la stipulazione del contratto, ove contestato, resti soggetto al sindacato del giudice amministrativo. 9.4. È, infatti, evidente come in siffatte evenienze non è di certo il contratto a far da velo all’efficace esercizio di tale potere: l’art. 32 comma 7 del d.lgs. 50 del 2016 stabilisce che l’aggiudicazione diviene efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti e l’eventuale riscontro dell’illegittimità di tale verifica si ripercuote inevitabilmente sull’aggiudicazione con la possibilità della dichiarazione di inefficacia del contratto (cfr. Cons. St., sez. V, n. 4100 del 26.6.2020)”.
4. È dunque acquisita e non più ridiscutibile in questa sede la sussistenza di un interesse qualificato e differenziato e di un interesse pratico-processuale della odierna appellante a ottenere l’annullamento degli atti impugnati in primo grado, atteso che, in base alle statuizioni contenute nella sentenza di questa Sezione n. 1283 del 2022, la pretesa tutelata dell’impresa non aggiudicataria, seconda graduata nella procedura selettiva a vedere annullata l’aggiudicazione alla società vincitrice si prolunga oltre la conclusione della gara proiettandosi anche sulla fase “intermedia” che si sviluppa tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, segnatamente per quanto attiene alla doverosa verifica del possesso, in capo alla ditta vincitrice, non solo dei requisiti di partecipazione e di ammissione alla procedura, ma anche di quelli di esecuzione del contratto (ancorché attinenti, come dice la parola stessa, alla esecuzione e dunque all’adempimento del contratto).
5. Dovendosi acquisire in questa sede per irretrattabile questa indicazione (e l’annessa rivendicazione della cognizione di questo G.A.), ritiene il Collegio che siano fondate e meritino accoglimento le censure mosse in appello alla sentenza di primo grado di rigetto del ricorso introduttivo, non risultando in particolare condivisibile la tesi esposta in quella decisione, secondo la quale “La verifica dei requisiti di esecuzione in capo all’aggiudicataria, pur avvenuta necessariamente in via postuma rispetto alla stipula del contratto, non si appalesa per ciò solo viziata” e (pag. 8 della sentenza appellata) “Per altro verso, la verifica sub iudice è stata correttamente parametrata - dal punto di vista temporale - alla situazione esistente alla data di effettiva contrattualizzazione del servizio e non già, come preteso dalla ricorrente, anticipata a quella di avvio d’urgenza delle prestazioni (peraltro interinale e ormai conclusa) ovvero a quella, ancora precedente, in cui il servizio avrebbe dovuto essere contrattualizzato ex art. 32, co. 8, del D.lgs. n. 50/2016 . . . , tenuto conto di quanto statuito nella predetta sentenza del Consiglio di Stato n. 249/2020, nella quale si è precisato che la piena disponibilità dei centri di cottura “(…) deve essere garantita «al momento della stipula del contratto»”. Parimenti non condivisibile risulta, ad avviso del Collegio, l’ulteriore considerazione svolta nella sentenza appellata, secondo la quale “Né gli eventuali ritardi maturati nella contrattualizzazione del servizio possono riflettersi sulle modalità di espletamento della verifica dei requisiti di esecuzione (che va comunque compiuta “ora per allora”, avuto esclusivo riguardo alla data di stipula del contratto) ovvero integrare vizi di legittimità di detta attività; ciò, a prescindere dalla manifesta non perentorietà del termine sancito dall’art. 32, co. 8, del D.lgs. n. 50/2016”.
6. I passaggi motivazionali della sentenza appellata, ora richiamati, sono criticabili sotto il duplice profilo, da un lato, di una non corretta lettura della sentenza di questa Sezione e, dall’altro lato, della non condivisibile ricostruzione dei termini previsti, nella legge e nel bado di gara, per la stipula del contratto e per la verifica del possesso, in capo all’operatore economico aggiudicatario, dei promessi requisiti di esecuzione del contratto.
6.1. Sotto il primo profilo occorre precisare che, contrariamente alla lettura datane dal Tar e ripresa dalle difese dell’Azienda ospedaliera, la sentenza della Sezione n. 1283 del 2022, lì dove ha affermato che “tale sopravvenienza non estingue di certo il potere/dovere di controllo che gravava sull’Amministrazione circa il possesso dei requisiti necessari per accedere alla stipula del contratto non essendo evincibile dalla disciplina di settore una sanzione decadenziale per il mancato esercizio di tali poteri nella tempistica all’uopo fissata” (par. 9.2, nonché par. 9.4), non ha affatto inteso sostenere che il termine per la stipula del contratto sia un termine “libero”, rinviabile sine die e senza motivazione, e con esso fosse parimenti prorogabile ad libitum il termine per l’aggiudicatario di adempiere alla sua specifica obbligazione di mettere a disposizione della stazione committente i mezzi necessari per il pronto e perfetto adempimento dell’offerta presentata in gara; la frase sopra citata, estrapolata dalla sentenza citata, si limitava semplicemente a dire una cosa diversa (e ovvia), e cioè che l’emersione e l’accertamento della mancanza di un requisito di esecuzione ben può accadere ed essere effettuato dall’amministrazione anche dopo la stipula del contratto, ossia che l’amministrazione non perde il potere di controllare, anche successivamente, il possesso dei requisiti di esecuzione; ma non dice affatto che non ci sia un dovere funzionale dell’amministrazione di effettuare tempestivamente questo controllo, di regola (e salvo motivati casi eccezionali) prima della stipula del contratto e possibilmente nei termini per la stipula previsti nel bando (e, in mancanza, nella legge); sicché non può certo fondarsi su quelle proposizioni l’assunto per cui l’amministrazione può rinviare di circa due anni, come avvenuto nel caso di specie, senza una specifica, stringente motivazione nell’interesse pubblico prevalente, la stipula del contratto e la verifica dei requisiti suddetti.
6.2. Sotto il secondo profilo, il Collegio osserva che se occorre “leggere” in chiave amministrativistica la fase di verifica del possesso dei requisiti di esecuzione del contratto dichiarati in gara, quale adempimento di un dovere funzionale dell’amministrazione ed esercizio di un connesso potere autoritativo, come stabilito nella ripetuta sentenza di questa Sezione n. 1283 del 2022, allora non può accettarsi la tesi, sostenuta dal Tar, secondo la quale tale verifica può ritardarsi anche per anni senza soggiacere ad alcun termine: così argomentando si vanifica indirettamente, ex post, la par condicio dei partecipanti alla procedura selettiva, poiché si consente alla stazione appaltante, ritardando oltremodo la verifica e affidando nelle more in via d’urgenza l’esecuzione anticipata dal contratto, di favorire l’aggiudicatario consentendogli tutto il tempo desiderato per apprestare quei mezzi di esecuzione e di adempimento del contratto che, sì, non dovevano essere posseduti già al momento della partecipazione alla gara e avrebbero potuto essere acquisiti successivamente, ma che certamente non possono essere apprestati in un tempo successivo indeterminato, sine die.
6.3. Occorre pertanto introdurre le seguenti precisazioni, rispetto a quanto statuito nella sentenza appellata, in ordine al tema di quale sia la natura del termine di conclusione del contratto e, quindi, di quale sia il termine ragionevole entro il quale l’operatore economico aggiudicatario deve disporre dei requisiti di esecuzione promessi in gara.
6.3.1. L’art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 è chiaro nel prevedere che “Divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione deve avere luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario, purché comunque giustificata dall'interesse alla sollecita esecuzione del contratto” . Ancor più chiaramente l’art. 18 del nuovo codice dei contratti, approvato con la il decreto legislativo n. 36 del 2023, prevede, nel comma 2, lettera c), che può derogarsi alla regola generale per cui la stipula del contratto ha luogo entro i 60 giorni successivi all’efficacia dell’aggiudicazione “nell’ipotesi di differimento concordato con l’aggiudicatario e motivato in base all’interesse della stazione appaltante o dell’ente concedente, compatibilmente con quello generale alla sollecita esecuzione del contratto”.
6.3.2. Nel caso di specie in esame, conformemente peraltro alla prassi comune e prevalente, la lex specialis della gara (art. 13.1 del capitolato) stabiliva che i requisiti di esecuzione (come irrevocabilmente accertato da questa Sezione con la sentenza 10 gennaio 2020, n. 249, di conferma della pronuncia del Tar n. 371 del 16 aprile 2019) dovevano essere posseduti «al momento della stipula del contratto». Ed è pacifico in atti che la procedura di gara prevedeva la stipula del contratto entro sessanta giorni dall’aggiudicazione, in linea con la regola generale stabilita dal citato art. 32 del codice di settore. La giurisprudenza è peraltro univoca (Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2022, n. 1617) nel ritenere che “Non essendo ovviamente in discussione che il possesso dei requisiti di partecipazione sia richiesto al concorrente sin dal momento della presentazione dell'offerta, merita evidenziare che i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto (cfr. Cons. Stato, V, 30 settembre 2020, n. 5734; 30 settembre 2020, n. 5740; 12 febbraio 2020, n. 1071), pur potendo essere considerati nella lex specialis come elementi dell'offerta, a volte essenziali (cfr. Cons. Stato, V, 3 aprile 2019, n. 2190), più spesso idonei all'attribuzione di un punteggio premiale (cfr. Cons. Stato, V, 29 luglio 2019, n. 5309 e 25 marzo 2020, n. 2090)”, con l’ulteriore considerazione che, per “principio giurisprudenziale - posto a salvaguardia dell'attendibilità delle offerte e della serietà della competizione, nonché dell'efficienza ed economicità dell'azione amministrativa – [che], in caso di incertezza interpretativa, va preferita un'interpretazione delle clausole del bando nel senso che i mezzi e le dotazioni funzionali all'esecuzione del contratto devono essere individuati già al momento della presentazione dell'offerta, con un impegno del concorrente ad acquisirne la disponibilità, a carattere vincolante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090; 23 agosto 2019, n. 5806; 29 luglio 2019, n. 5308) ovvero compiutamente modulato dalla stazione appaltante quanto alla serietà ed alla modalità della sua assunzione o alle condizioni e ai termini di adempimento dell'obbligazione futura (cfr. Cons. Stato, V, n. 8159/2020 citata, laddove richiama Cons. Stato, V, n. 2090/2020, citata)”.
6.3.3. Una volta stabilito che nella fattispecie in esame i requisiti di esecuzione dovevano essere posseduti «al momento della stipula del contratto», si tratta ora di stabilire quale fosse il termine entro il quale il contratto doveva essere stipulato e se tale termine, ordinatorio e non perentorio, potesse legittimamente essere “spostato in avanti”, come nei fatti avvenuto, di circa un anno e sei mesi (dal 19 gennaio 2019, sessantesimo giorno rispetto alla data dell’aggiudicazione, intervenuta il 19 novembre 2018, fino al 15 giugno 2020), con conseguente dilazione del termine per l’appaltatore di dotarsi dei mezzi promessi e necessari per l’adempimento delle obbligazioni assunte.
6.4. Sul primo punto, come detto, la procedura di gara prevedeva la stipula del contratto entro sessanta giorni dall’aggiudicazione, in linea con la regola generale di legge. Ciò posto, se è vero che il termine per la conclusione del contratto non può ritenersi inderogabilmente perentorio, è altresì vero che l’intera normativa nella materia dei contratti pubblici converge univocamente nel senso di ritenere la conclusione del contratto un adempimento da definirsi nel tempo più rapido possibile: l’art. 32, comma 8, del codice dei contratti pubblici, sopra citato, configura chiaramente il predetto termine come derogabile solo in via di eccezione, con conseguenziale obbligo di motivazione, imposto in capo alla stazione appaltante, sul preminente interesse pubblico che giustifica la dilazione, quale deroga alla spedita conclusione del contratto in potenziale contrasto con l’interesse prevalente alla esecuzione puntuale dei connessi adempimenti contrattuali, in una dinamica improntata sempre più a criteri di massima accelerazione.
6.4.1. La procedura di gara serve del resto esattamente a fornire all’amministrazione i mezzi di cui abbisogna per esercitare le sue funzioni ed erogare i servizi di sua competenza, sicché sarebbe paradossale affermare la tesi secondo la quale, fatta la gara e selezionato il fornitore, non vi sia poi alcun termine cogente entro il quale la fornitura debba essere effettivamente e compiutamente prestata sulla base di un regolare contratto (e non in modo provvisorio, incompleto e precario, come avviene nell’anticipo di esecuzione, che deve costituire comunque una molto ben motivata eccezione alla regola, come reso esplicito dall’ultimo periodo del comma 8 dell’art. 32 del d.lgs. n. 50 del 2016, in base al quale “L'esecuzione d'urgenza di cui al presente comma è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio, storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari”). Consentire termini indeterminati e liberi per la piena esecuzione della fornitura, pur dopo esperita la gara, significherebbe negare contraddittoriamente quel bisogno di acquisto di beni, servizi, lavori che ha mosso l’amministrazione a procedere (secondo un dovere funzionale, peraltro, di razionale programmazione degli acquisti) e che ha giustificato l’indizione della procedura selettiva. Il che cozzerebbe frontalmente con il principio di buona amministrazione e con i principi di economicità, efficacia, tempestività ripetutamente richiamati nel codice dei contratti pubblici.
7. Va dunque conseguentemente disattesa la tesi sostenuta nella sentenza appellata, secondo la quale “Né gli eventuali ritardi maturati nella contrattualizzazione del servizio possono riflettersi sulle modalità di espletamento della verifica dei requisiti di esecuzione . . . ovvero integrare vizi di legittimità di detta attività; ciò, a prescindere dalla manifesta non perentorietà del termine sancito dall’art. 32, co. 8, del D.lgs. n. 50/2016”. La non perentorietà del suddetto termine non implica che la sua funzione acceleratoria possa e debba essere vanificata, senza una stringente motivazione sulle ragioni specifiche, preferibilmente legate a sopravvenienze imprevedibili, che ne impongano la dilazione. Il che, d’altra parte, discende pianamente anche dai soli principi del diritto civile in tema di adempimento delle obbligazioni. E se – come irretrattabilmente statuito nella sentenza di questa Sezione n. 1283 del 2022 - la fase di verifica dei requisiti di esecuzione appartiene, nella sostanza, alla procedura di scelta del contraente e soggiace alle sue regole interamente pubblicistiche (anziché ascriversi alla fase dell’adempimento del rapporto obbligatori, devoluta al Giudice civile), allora non potrà negarsi che l’immotivato rinvio dei suddetti adempimenti – stipula del contratto e annessa verifica del possesso dei requisiti di esecuzione – possa riflettersi e ridondare sulla legittimità dell’operato dell’amministrazione integrando vizi di legittimità della sua azione autoritativa (come specificamente dedotti nel ricorso in appello).
8. Orbene, nel caso di specie in esame l’unica giustificazione del rilevato ritardo che si evince dagli atti consisterebbe nel “lungo e travagliato contenzioso giudiziario sulla corretta interpretazione della verifica del possesso dei requisiti di esecuzione del contratto in capo alla soc. Serenissima”, al quale avrebbe “posto fine” la sentenza di questa Sezione n. 1283 del 2022, “riconoscendo, in definitiva, il diritto della soc. SLEM ad avere risposta, con formale provvedimento, assunto ex art. 2 L. 241/1990 ss. mm. e ii., alle istanze rispettivamente del 3.6.2020 e del 21.9.2020 in ordine alla avvenuta verifica da parte della SA- AOR San Carlo della sussistenza in capo alla aggiudicataria soc. Serenissima dei requisiti di esecuzione del contratto . . . . consistenti nel possesso giuridico degli immobili da adibire a centri di cottura emergenziale dei PP.OO. di Potenza, Pescopagano, Lagonegro, Villa D'Agri e Melfi e centri di cottura esterni dei PP.OO Potenza e Lagonegro”. Tale giustificazione risulta invero inadeguata e tale aspetto appare trascurato nella sentenza appellata, che non ha indagato sufficientemente il profilo della violazione immotivata, da parte dell’amministrazione committente, del dovere funzionale di effettuare i predetti controlli con la dovuta solerzia e tempestività, e ciò anche prescindendo dalle sollecitazioni e dalle istanze di accesso della società qui appellante, trattandosi di doveri funzionali incombenti d’ufficio sulla stazione appaltante, per tutte le ragioni sopra esposte, in funzione del buon andamento e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
9. In conclusione, ad avviso del Collegio, nel caso di specie in esame emerge un irragionevole e immotivato ritardo nell’approntamento dei mezzi necessari per l’esecuzione del contratto e le verifiche doverose da parte della stazione appaltante si sono immotivatamente diluite eccessivamente nel tempo. Anche a voler escludere che vi fosse un termine perentorio per la stipula del contratto e/o per la verifica del possesso dei requisiti de quibus, peraltro essenziale per l’esecuzione dell’appalto, tuttavia emerge nel caso concreto un ingiustificato ritardo che, se non attiene alla fase di adempimento contrattuale, ma coinvolge, come statuito dalla sentenza della Sezione, poteri/doveri funzionali e doverosi della stazione appaltante, legittimamente denunciabili (ancora) dal secondo graduato nella procedura di gara, allora si traduce in un vizio di legittimità dell’atto, impugnato in primo grado, di verifica ora per allora dei ripetuti requisiti di esecuzione.
10. L’accoglimento dell’esaminato primo motivo di appello assorbe ogni altra questione e consente di prescindere dall’analisi particolare del possesso dei predetti requisiti – contestato nel secondo motivo di appello – con riferimento ai diversi centri di cottura della società controinteressata, di cui al secondo motivo di appello.
10.1. Non senza il rilievo che dalla copiosa documentazione versata in atti dalle parti è possibile evincere già ictu oculi l’oggettiva sussistenza e consistenza – per taluni aspetti ammessa anche dalle controparti, ancorché variamente giustificata o ritenuta non rilevante o non incidente sul rapporto – di non poche criticità e difficoltà concernenti l’effettiva e regolare disponibilità, in capo alla società aggiudicataria, di uno o più dei centri di cottura promessi in gara, ciò che obiettivamente fornisce un sia pur indiretto supporto ulteriore alla tesi di fondo qui affermata, secondo la quale, in conclusione, lo spostamento del possesso dei requisiti di esecuzione a “dopo la gara” non può e non deve in alcun modo consentire la vanificazione, anche parziale, dell’interesse pubblico fondamentale perseguito e garantito da tutta la disciplina delle procedure selettive, ossia dell’interesse primario alla pronta esecuzione piena e perfetta delle prestazioni di fornitura, servizi e lavori di cui l’amministrazione ha bisogno per poter erogare i suoi servizi ai cittadini.
10.2. Risulta dagli atti - ad esempio e in particolare - che al tempo della stipula del contratto (giugno 2020) il centro di cottura esterno ordinario di Tito, indicato in offerta quale centro principale per la preparazione dei pasti per il presidio dell’AOR “San Carlo” di Potenza, non era stato ancora attivato [nella propria memoria difensiva in data 6 maggio 2023 l’Azienda ospedaliera San Carlo si limita ad affermare l’erroneità della ricostruzione di controparte “in quanto afferma che il requisito del possesso deve essere individuato al 21.07.2021 (All.1.4.1) data dell’acquisto dell’altra parte di immobile già posseduta dalla medesima società a seguito del contratto stipulato il 28.07.2017”, aggiungendo che la società Serenissima Ristorazione s.p.a. aveva già il possesso dell’immobile al momento dell’avvio in urgenza, ma non nega il fatto dell’avvio del centro di cottura successivamente alla data di stipula del contratto, fatto invece ribadito in modo circostanziato dalla parte appellante nella memoria del 23 maggio 2023, dove si afferma che “il centro di cottura esterno ordinario di Tito, indicato in offerta quale centro principale per la preparazione dei pasti, non è mai stato attivato sino al 27.10.2020 (quindi l’attivazione è intervenuta un anno dopo l’avvio delle prestazioni in via anticipata e quattro mesi dopo la stipula del contratto)” e che “che in sostituzione del suddetto centro è stato allestito un centro di cottura sito in Potenza alla Via Rifreddo, che non era previsto in offerta (non risulta presente nemmeno tra i centri di cottura alternativi)”]. Alla stessa stregua, nella stessa memoria difensiva del 6 maggio 2023 dell’Azienda ospedaliera si afferma (pag. 8) che “Il servizio per i presìdi di Lagonegro, Melfi e Villa D’Agri proseguiva, con i precedenti gestori, in virtù di successivi provvedimenti sino a tutto il 24.06.2020”.
11. L’appello, in conclusione, deve essere accolto, con conseguente annullamento, in riforma della sentenza appellata, della determina del Direttore generale dell’AOR di Potenza n. 2022/00765 del 4 luglio 2022.
12. Non possono tuttavia ricevere accoglimento le ulteriori domande proposte in primo grado e qui reiterate. Parte appellante ha difatti chiesto, nel dispositivo dell’atto di appello, “l’accoglimento dell’appello e [per] la conseguente riforma della sentenza di primo grado e l’accoglimento del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti”, ossia l’accoglimento anche delle domande in quella sede avanzate e qui riprodotte alla pag. 3 dell’atto di appello (“per l’annullamento . . . - ove occorra: della deliberazione del Direttore Generale dell’AOR Potenza n. 2019/00737 del 12.07.2019, avente ad oggetto la presa d’atto della stipula della convenzione con la ditta Serenissima Ristorazione S.p.A. unitamente al verbale di avvio d’urgenza nelle more della contrattualizzazione; - ove occorra: dei verbali di affidamento d’urgenza del 27.6.2019 e del 15.10.2019 del Servizio di preparazione e somministrazione pasti veicolati ai degenti e al personale dei presidi dell’ASM, dell’ASP, dell’AOR San Carlo, dell’IRCCS CROB, dell’ARDSU”. SIMOG: GARA n. 6747069 - Lotto 3 – (CIG. 7083040583), nonché di ogni altra determina e deliberazione reiterativa dell’affidamento del servizio a Serenissima S.p.A. alle regole e condizioni di aggiudicazione nelle more della stipula del contratto d’appalto; - ove occorra, per l’illegittimità sopravvenuta e/o per l’inefficacia della deliberazione di aggiudicazione alla Ditta La Serenissima S.p.A. del Servizio di preparazione e somministrazione pasti veicolati ai degenti e al personale dei presidi dell’ASM, dell’ASP, dell’AOR San Carlo, dell’IRCCS CROB, dell’ARDSU”. SIMOG: GARA n. 6747069 - Lotto 3 – (CIG. 7083040583), ovvero ove occorra della deliberazione commissariale dell’AOR San Carlo n. 2018/01415 del 13.12.2018, nonché della determina dirigenziale dell’ufficio centrale di committenza e soggetto aggregatore del Dipartimento SUA-RB n. 20AB.2018/D.00231 del 19.11.2018 e della relativa nota di trasmissione; nonché - per la dichiarazione di inefficacia del contratto di appalto stipulato tra l’AOR San Carlo e la Serenissima S.p.A. (rep. 2235 del 15 giugno 2020), stante l’assenza in capo a quest’ultima dei requisiti di esecuzione”).
12.1. Tali domande sono in parte inammissibili, in parte non accoglibili. Sono inammissibili per carenza d’interesse le domande di annullamento degli atti attinenti all’avvio d’urgenza e di affidamento d’urgenza nelle more della contrattualizzazione, trattandosi di atti già eseguiti al tempo della proposizione dell’azione, rispetto ai quali l’annullamento non porterebbe alcun vantaggio alla ricorrente.
12.2. Non sono accoglibili le domande di annullamento e di accertamento dell’illegittimità sopravvenuta e/o dell’inefficacia della deliberazione di aggiudicazione del servizio oggetto di lite alla società controinteressata e di declaratoria di inefficacia del contratto di appalto stipulato tra l’AOR San Carlo e la società Serenissima s.p.a. (rep. 2235 del 15 giugno 2020), stante l’assenza in capo a quest’ultima dei requisiti di esecuzione. Ai sensi e per gli effetti dell’art. 122 c.p.a., ritiene il Collegio, tenendo conto dello stato di esecuzione del contratto e delle oggettive difficoltà di subentro, anche sul piano della continuità dei servizi erogati, che nella fattispecie non si debba dare corso alla declaratoria di inefficacia del contratto nelle more stipulato.
13. Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo accoglie in parte, nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla la determina del Direttore generale dell’AOR di Potenza n. 2022/00765 del 4 luglio 2022.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:
Michele Corradino, Presidente
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Paolo Carpentieri |
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Michele Corradino |
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IL SEGRETARIO
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