HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. VII, 24/7/2023 n. 7200
Qualora si verifichino eventi imprevedibili e non imputabili al concessionario, l'art. 165 del d.lgs. n. 50/2016 non garantisce il diritto ad una revisione che riconosca le condizioni pretese dalla parte privata contraente.

Nel corso di un contratto di concessione allorché si verifichino eventi imprevedibili e non imputabili al concessionario, tali da alterare l'equilibrio economico finanziario del contratto, le parti ai sensi dell'art. 165 d.lgs. n. 50/2016 sono tenute ad avviare trattative per la rideterminazione delle condizioni di equilibrio e, in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, possono recedere dal contratto. Pertanto, non esiste, e non sarebbe compatibile con i principi generali della materia, un diritto soggettivo della parte privata ad ottenere la quantità di beneficio perseguito ma impedito dall'avvenuta alterazione dell'equilibrio economico finanziario introdotto dall'evento imprevedibile in questione.
In sostanza, l'ordinamento non garantisce il diritto ad una revisione che riconosca le condizioni pretese dalla parte privata contraente. Impone l'onere in capo ai concedenti di avviare trattative sul punto. Trattative che la pa conduce sempre dovendo avere ben presente oltre all'ordine contrattuale civilistico, l'interesse pubblico in questione. La norma prevede la ricerca di un accordo; la mancanza dell'accordo legittima il recesso dal contratto. Non pare possibile individuare, nei principi di correttezza e buona fede oggettiva nell'interpretazione ed esecuzione dei contratti di durata (artt. 1175,1366 e 1375 c.c.), una base legale per fondare un obbligo di rinegoziazione di rapporti negoziali sperequati per il verificarsi di circostanze imprevedibili, nell'ipotesi di omessa definizione pattizia delle modalità di gestione delle sopravvenienze.



Materia: concessioni / disciplina
Pubblicato il 24/07/2023

N. 07200/2023REG.PROV.COLL.

N. 03395/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3395 del 2022, proposto da
Solano Ristorazioni di Moio Anna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Alberto Reineri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Istruzione, Istituto Istruzione Superiore Giulio Natta - Rivoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 1153/2021


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione e dell’Istituto Istruzione Superiore Giulio Natta - Rivoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e udito l’avvocato Francesco Ioppoli, su delega dell'avvocato Paolo Alberto Reineri, per la parte appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’originario ricorso l’odierna appellante, ditta individuale che esercita l’attività di gestione di bar e servizi di ristorazione presso amministrazioni pubbliche, adiva il TAR Piemonte esponendo, in punto di fatto: - di essere la concessionaria della gestione del servizio di bar interno presso l’Istituto d’Istruzione Superiore “Giulio Natta” di Rivoli (TO), in forza del contratto in data 25 novembre 2017, avente validità triennale dall’1 dicembre 2017 al 30 novembre 2020; - di avere subito, a causa dei noti eventi pandemici, la forzata chiusura dell’attività a partire dal 24 febbraio 2020, perdurata per l’intero anno scolastico 2019/2020; - che, in occasione dell’avvio dell’a.s. 2020/2021, per disposizione della Dirigente Scolastica dell’Istituto Natta veniva mantenuto il divieto agli studenti di accedere ai locali del bar; - di avere proposto, nel settembre 2020, delle modalità organizzative alternative per poter riprendere il servizio, rifiutate dall’Istituto, che ne richiedeva altre sensibilmente onerose; - di aver quindi rappresentato all’Istituto che la riapertura del bar in costanza di divieto di accesso da parte degli studenti avrebbe costretto la concessionaria ad una gestione del servizio in perdita; -di avere successivamente reiterato, con varie note sia proprie che del proprio legale, la richiesta di revisione delle condizioni economiche del contratto, chiedendo una proroga dello stesso in misura pari al periodo di forzata chiusura (38 settimane), con decorrenza dalla fine dell’emergenza sanitaria (coincidente con il ripristino delle normali condizioni di accesso dell’utenza ai locali del bar); - che la Dirigente Scolastica aveva proposto una proroga di 20 settimane, chiedendo tuttavia la ripresa immediata del servizio (pur perdurando il divieto all’utenza di accedere al bar); - di avere rappresentato una disponibilità di massima, purché tale servizio, non essendo consentito l’accesso agli studenti, non fosse computato quale esercizio effettivo dell’attività di ristoro; - che nelle more era comunque continuata l’attività di ristoro mediante distributori automatici, ciclicamente ricaricati da una ditta esterna. In data 1 marzo 2021 veniva però impedito a quest’ultima di provvedere alle ricariche. Alla successiva richiesta di spiegazioni, il Dirigente Scolastico rispondeva contestando la sussistenza di un subappalto non autorizzato e nella medesima nota, datata 2 marzo 2021, comminava la risoluzione del rapporto concessorio.

Impugnava pertanto quest’ultimo provvedimento chiedendo contestualmente la condanna dell’Istituto alla revisione delle condizioni concessorie, sul presupposto che il comportamento fino a quel momento tenuto dall’Amministrazione non fosse stato improntato a buona fede e correttezza.

Il Tar adito, con la sentenza impugnata, respingeva il ricorso.

Appellata ritualmente la sentenza resisteva il Ministero dell’Istruzione.

All’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO


1.Deve essere preliminarmente dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’istruzione.

Tale autorità infatti non entra in alcun modo nel procedimento riferibile alla amministrazione in questione, giacché i relativi provvedimenti sono stati adottati tutti dall’istituto scolastico nell’esercizio della autonomia riconosciuta dall’articolo 21 della legge numero 59 del 1997. Nella specie infatti non vi è alcun comportamento o posto in essere dalla scuola e tra la scuola e l’imprenditore privato che non sia rientrato nei compiti funzionali di gestione degli affari scolastici, tra i quali è incluso quello di approvvigionamento di beni e di servizi oggetto della controversia e la cui prestazione mancata o comunque impedita nel periodo pandemico avrebbe cagionato il preteso danno e la lesione dei diritti di nascenti dal contratto e dunque avrebbe motivato le richieste di cui è causa.

2.Con il motivo di appello l’appellante deduce error in iudicando; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 165, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, nonché degli artt. 1175 e 1375 c.c.; travisamento delle risultanze dell’istruttoria, diritto della concessionaria a una revisione delle condizioni della concessione.

Lamenta che erroneamente il Tar non aveva ritenuto il diritto della ditta appellante alla revisione delle condizioni economiche della concessione e accertato l’inadempimento dell’Istituto Natta alle obbligazioni di buona fede, correttezza e collaborazione, inadempimento che si era concretato nel sostanziale rifiuto di negoziare con la concessionaria un’adeguata e ragionevole proroga del contratto, che decorresse dalla fine dell’emergenza sanitaria.

La censura non è fondata.

Osserva il Collegio che l’appello è sostanzialmente basato, giacché la pretesa è ribadita in ogni suo passo logico, sulla affermazione per la quale l’impresa aveva diritto, sulla base delle norme vigenti e del pattuito, in presenza di un evento del tutto atipico quale la sospensione delle prestazioni per effetto della pandemia, alla proroga della concessione richiesta, ovvero alla proroga di 38 settimane commisurata al periodo che va dal 23 febbraio 2020 al 30 novembre 2020 e dunque includente le settimane nelle quali le attività di somministrazione erano aperte, ma il rapporto sarebbe stato gestito in perdita, atteso il minore accesso ai locali della scuola da parte della popolazione studentesca.

L’Impresa ha richiesto, altresì, una sorta di sospensione delle prestazione ai sensi dell’articolo 107 del codice dei contratti, sino al termine del periodo di emergenza ad onta del fatto che in tale ultima fase sarebbe stato comunque assicurato un servizio di distribuzione automatica e quindi una sorta di esercizio in deroga, in quanto erogato non alle condizioni previste dal contratto ma in considerazione della ripresa, da non imputare al periodo di proroga a partire dalla ripresa delle attività in presenza, dal 2021 e per tutto il periodo di emergenza.

Il fondamento logico della richiesta di riequilibrio delle condizioni economiche finanziarie (con la proroga di 38 settimane) si fonderebbe, per la sua determinazione quantitativa, nel diritto ad ottenere il risultato dell’esercizio della impresa quale sarebbe stato in condizioni operative normali, non inframmezzate o interrotte da eventi non prevedibili.

Il contratto di concessione, secondo le regole generali ben calibrate nella specificità del testo in questione, prevede il trasferimento, in capo all’affidatario di un servizio dato in concessione, del rischio operativo; pertanto, come in condizioni operative normali, non è garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei servizi oggetto della concessione.

In sostanza, il rischio d’impresa che nella specie è il cosiddetto rischio di domanda ovvero la possibilità di non recuperare nemmeno gli investimenti e i costi sostenuti in concreto, per effetto dei diversi volumi di domanda del servizio, grava totalmente in capo al concessionario.

Va da sé che il presupposto per la corretta allocazione di tale rischio nel senso predetto sono le condizioni operative cosiddette normali, e dunque l’assenza di eventi non prevedibili e non imputabili al concessionario, tali da alterare le condizioni di ordinarie che determinano la situazione di equilibrio delle prestazioni negoziate. Ed in questo senso, come ha correttamente riconosciuto il primo giudice, l’emergenza pandemica può essere considerato evento imprevedibile in grado di non garantire l’ottimale allocazione del rischio e l’equilibrio economico finanziario naturalmente ed ordinariamente previsto nel progetto imprenditoriale.

Tuttavia, per tali eventualità, articolo 165 del decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede, al comma sei, che “il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all’operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto…… In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziaria, le parti possono recedere dal contratto”.

Orbene, è del tutto evidente dal testo appena richiamato, a sua volta del tutto conforme ai principi generali della materia e a quelli relativi all’esercizio delle potestà amministrative che non esiste, come pare ritenuto dall’odierna appellante, il diritto ad ottenere una revisione e tanto meno nei termini che la stessa ritiene soddisfacenti per le sue esigenze di imprenditore, giacché la clausola di chiusura ovvero la ultima vera alternativa anche per l’ imprenditore, è il recesso dal contratto.

In sostanza, l’ordinamento non garantisce il diritto ad una revisione che riconosca le condizioni pretese dalla parte privata contraente. Impone l’onere in capo ai concedenti di avviare trattative sul punto. Trattative che la pubblica amministrazione conduce sempre dovendo avere ben presente oltre all’ordine contrattuale civilistico, l’interesse pubblico in questione.

La norma prevede la ricerca di un accordo; la mancanza dell’accordo legittima il recesso dal contratto.

Non pare possibile individuare, nei principi di correttezza e buona fede oggettiva nell'interpretazione ed esecuzione dei contratti di durata (artt. 1175,1366 e 1375 c.c.), una base legale per fondare un obbligo di rinegoziazione di rapporti negoziali sperequati per il verificarsi di circostanze imprevedibili, nell'ipotesi di omessa definizione pattizia delle modalità di gestione delle sopravvenienze.? 

La rivitalizzazione della funzione integratrice di tali principi per riequilibrare le mutate condizioni in cui si trovano a operare le parti, è funzionale a salvaguardare in ottica solidaristica (art. 2 Cost.) la conservazione del negozio proprio per realizzare l'assetto di interessi originariamente prefigurato.? 

Certamente i principi di correttezza, collaborazione e buona fede trovano applicazione anche nella fase esecutiva dei rapporti negoziali tra amministrazione e privati, tuttavia non è sostenibile che in un ambito normativo e culturale caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di interessi pubblici e privati gli stessi possano spingersi sino a integrare specifici obblighi di rinegoziazione in deroga alla specifica disciplina pubblicistica ex art. 106, d.lgs. 50/2016, tanto meno alle condizioni che il privato ritiene soddisfacenti per le sue esigenze di imprenditore.

Del tutto conforme ai principi appena espressi la normativa speciale emanata nel periodo di emergenza pandemica con il D. L. numero 34 del 2020, convertito nella legge numero 77 del 2020 ha previsto ipotesi di avvio delle trattative per la revisione delle concessioni per impianti sportivi individuando, per quelle particolari fattispecie le modalità capaci di favorire il graduale recupero dei proventi non incassati, l’ammortamento degli strumenti effettuati ma non prorogati. Ma, vale la pena di precisare, in alcun caso è previsto che si possa identificare il diritto al procedimento di revisione con quello all’ottenimento del preteso lucro.

L’onere in capo alla pubblica amministrazione è di avviare i percorsi di revisione aventi origine nei periodi di chiusura ed in attività delle strutture; non esiste, e non sarebbe compatibile con i principi generali della materia, un diritto soggettivo ad ottenere la quantità di beneficio perseguito ma impedito dall’avvenuta alterazione dell’equilibrio economico finanziario introdotto dalla pandemia.

Il percorso di revisione è immaginato quale strumento, che la pubblica amministrazione non può evitare, di ricerca di un nuovo equilibrio tra le parti. L’evento imprevedibile è la condizione necessaria a far valere l’esistenza di una alterazione delle originarie condizioni e dunque la opportunità della ricerca di un componimento. Non è, invece, previsto nella logica e nella lettera del legislatore una sorta di diritto soggettivo in capo al contraente ad ottenere il profitto che le condizioni obiettive hanno reso non raggiungibile.

In definitiva ritiene il Collegio di poter concludere per la erroneità della tesi dell’appellante, a parere del quale, sembra di capire, l’evento altamente imprevedibile, per lui dannoso della pandemia, debba essere equiparato ad una sorta di inadempimento del concessionario.

Si deve anche concludere che in alcun modo l’Amministrazione scolastica ha posto in essere un comportamento in violazione dei principi generali di correttezza e buona fede, stabilita dagli articoli 1175, 1375 del codice civile.

In particolare quanto al principio di correttezza esso a parere del collegio impone alle parti contrattuali di tenere ciascuna conto, mentre persegue il proprio interesse, dell’interesse della controparte che ha condotto all’unicum contrattuale. Il che evidentemente confligge con la ratio utilizzata dall’odierno appellante, a parere del quale l’evento imprevedibile del quale sicuramente l’amministrazione non ha colpa, venga equiparata ad una vera e propria fonte di responsabilità, inevitabilmente oggettiva.

Si osservi che l’Istituto ha accordato una proroga corrispondente ai periodi di chiusura forzata della struttura (pari a 20 settimane), senza includere nel computo il periodo che va dal 15.06.2020 al 31.10.2020 poiché l’istituto non era chiuso e l’attività poteva rimanere aperta.

Con il provvedimento impugnato in primo grado, l’istituto, prendendo atto della indisponibilità a riprendere il servizio di bar e ristorazione come da contratto entro i termini già intimati, comunicava che “ogni impegno contrattuale nei suoi confronti da parte di questa istituzione è da considerarsi dunque risolto, di fatto e di diritto”. L’efficacia di tale provvedimento non ha carattere costitutivo e, contrariamente alla prospettazione di parte ricorrente, non dispone la risoluzione del contratto ma si limita a prendere atto della impossibilità di proseguire un rapporto già scaduto (al 30 novembre 2020) stante il mancato accordo sulle condizioni di revisione per il periodo che va dal 24 febbraio 2020 al 30 novembre 2020.

Né nell’adozione del provvedimento ha in alcun modo influito il rilievo circa il subappalto non autorizzato. La dirigente scolastica ha, infatti, soltanto segnalato in relazione ad esso che “la situazione mi sembra assumere aspetti meritevoli di opportuni approfondimenti”.

L’appello deve essere, pertanto, respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Istruzione, respingendolo nel merito.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che liquida in €3000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Giovagnoli, Presidente

Antonio Massimo Marra, Consigliere

Maurizio Antonio Pasquale Francola, Consigliere

Marco Morgantini, Consigliere

Rosaria Maria Castorina, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Rosaria Maria Castorina Roberto Giovagnoli
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici