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Consiglio di Stato - Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, 2/10/2023 n. 1254
Schema di D.P.C.M. recante “Regolamento concernente modifiche al regolamento di organizzazione del Ministero della transizione ecologica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 luglio 2021, n. 128”

Materia: ambiente / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 12 settembre 2023


NUMERO AFFARE 00955/2023

OGGETTO:

Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica


Schema di D.P.C.M. recante “Regolamento concernente modifiche al regolamento di organizzazione del Ministero della transizione ecologica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 luglio 2021, n. 128”;

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione prot. n. 18583, in data 11 agosto 2023, con frontespizio firmato dal Ministro, con il quale il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica – Ufficio legislativo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Daniele Cabras;


Premesso:

1. Alla predetta nota di trasmissione dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, oltre allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono allegati:

a) la relazione illustrativa;

b) la relazione tecnica vidimata dalla Ragioneria Generale dello Stato;

c) la Analisi tecnico-normativa;

d) la relazione di esclusione dall’Analisi d’impatto della regolamentazione ai sensi del DPCM 15 settembre 2017, n. 169.

Lo schema di D.P.C.M. in titolo novella il vigente regolamento di organizzazione del Ministero al fine di provvedere alla riorganizzazione del Ministero dell’ambiente e della transizione ecologica. Il provvedimento è adottato in attuazione del decreto legge 11 novembre 2022, n. 173, e successive modificazioni, che ha, tra l’altro, provveduto al mutamento di denominazione del Ministero ed ha altresì disposto, all’articolo 13, che, al fine di semplificare e accelerare le procedure per la riorganizzazione dei Ministeri, sino al 30 ottobre 2023, i relativi regolamenti di organizzazione fossero adottati con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione e del Ministro dell’economia e finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Con nota del Capo ufficio legislativo del Mase, in data 11 agosto 2023, è stata trasmessa la Relazione, vistata dal Ministro, con la richiesta di parere al Consiglio di Stato sul provvedimento in esame.

Sullo schema di D.P.C.M., in merito al quale il 7 agosto 2023 è intervenuta la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, è stato espresso il concerto, d’ordine dei rispettivi Ministri, del Capo Ufficio legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione, con nota in data 7 agosto 2023, e del Capo Ufficio legislativo del Ministro dell’economia e delle finanze, con nota in data 11 agosto 2023.

2. Riferisce l’Amministrazione che, non essendo state modificate le competenze già attribuite al Ministero della transizione ecologica con il decreto legge n. 22 del 2021, non si è proceduto ad un radicale riassetto del Ministero, adesso dell’ambiente e della sicurezza energetica per effetto del richiamato decreto legge n. 173 del 2022. Si è, pertanto, operato attraverso la tecnica della novella, limitandosi a modificare e ad integrare il previgente regolamento di organizzazione (DPCM n. 128 del 2021). È stato, inoltre, confermato il modello interdipartimentale e il numero dei Dipartimenti (3), mentre è stato elevato da 10 a 12 il numero delle direzioni generali (4 per ciascun Dipartimento), tenendo conto che l’articolo 1, comma 2, del decreto legge 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74, ha incrementato di 4 posizioni da dirigente di prima fascia la dotazione organica del MASE. Altre due nuove posizioni di livello dirigenziale generale risultano attribuite al Capo della segreteria tecnica e al Capo della segreteria del Ministro, ai quali in precedenza era riconosciuto una posizione dirigenziale non generale. Il personale degli uffici di diretta collaborazione, in attuazione dell’art. 4, comma 3 bis, del decreto legge n. 173 del 2022, è stato incrementato di 30 unità (il contingente è stato fissato a 140 unità), “In relazione alle accresciute attività connesse agli interventi per la sicurezza energetica nazionale e per la promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili”. Come si evince, in particolare, dalla relazione tecnica, è stato aumentato il trattamento economico accessorio (sino all’80%) del Vice Capo di gabinetto con funzioni vicarie e del Vice Capo dell’Ufficio legislativo con funzioni vicarie nonché del Segretario particolare del Ministro.

3. Venendo all’esame dell’articolato, si richiamano le principali modifiche. L’articolo 1, oltre a modificare la denominazione del Ministero nel senso indicato, incrementa, come accennato, da 10 a 12 le direzioni generali, tenuto conto delle modifiche della dotazione organica - relativa peraltro anche ad altre categorie di personale - disposta dall’art. 1, comma 2, del decreto legge n. 44 del 2023, attribuendo una nuova direzione generale al Dipartimento dello sviluppo sostenibile e al Dipartimento energia, in virtù della rilevanza delle rispettive competenze. Si procede inoltre alla ridenominazione delle restanti direzioni generali, non mutano invece le denominazioni dei dipartimenti che conservano invariati, salvo alcune specificazioni, funzioni e compiti. Viene inoltre precisato che il Ministero, oltre ad avvalersi delle società in house, si giova della collaborazione delle società controllate, degli enti e dei soggetti vigilati.

Per quanto riguarda il Dipartimento amministrazione generale, pianificazione e patrimonio naturale (DiAG), si precisa che lo stesso è competente in materia di programmazione finanziaria sostenibile e bioeconomia, la cui trattazione è attribuita ad un’apposita direzione generale (Direzione generale affari europei, internazionali e finanza sostenibile), a sottolinearne la rilevanza internazionale. Il DiAG, tramite la Direzione generale comunicazione, risorse umane e contenzioso, è titolare della gestione unitaria del contenzioso del Ministero. Presso il DiAG, analogamente a quanto stabilito con riguardo al Dipartimento per lo sviluppo sostenibile (DiSS), è prevista l’istituzione di una Segreteria tecnica dipartimentale. Il DiSS esercita le competenze attribuite al Ministero in tema di politiche per la eco-sostenibilità dei prodotti e dei consumi. Con riferimento al Dipartimento energia (DiE), se ne evidenziano le competenze in materia di sicurezza energetica e si prevede che provveda ad elaborare strategie per la transizione e la competitività del sistema energetico.

Tra le modifiche concernenti le direzioni generali, si segnala come alla Direzione generale innovazione tecnologica (attualmente competente anche in materia di comunicazione) venga assegnata la competenza relativa alla digitalizzazione e alla tracciabilità dei flussi informativi interni al Ministero e la gestione delle procedure di acquisto dei beni e dei servizi riguardanti l’information technology. Alla Direzione generale affari europei, internazionali e finanza sostenibile viene invece attribuita una competenza trasversale che comporta la necessità di collaborare con le direzioni generali competenti per materia nel settore delle politiche europee e nella definizione e gestione di accordi internazionali. La Direzione generale tutela della biodiversità e del mare sostituisce l’attuale Direzione generale patrimonio naturalistico e mare, acquisendo tra le competenze i procedimenti di riconoscimento delle associazioni di protezione ambientale. Con l’istituzione della Direzione generale economia circolare e bonifiche si è inteso consentire di affrontare in modo organico, in un’unica struttura, i temi della gestione dei rifiuti e delle bonifiche. A tal fine, sono state sottratte alla Direzione generale uso sostenibile del suolo e delle acque le competenze in materia di bonifiche e di risarcimento del danno ambientale. Alla Direzione generale valutazioni ambientali non risulta invece più assegnata la competenza riguardante la prevenzione dell’inquinamento atmosferico e la fissazione dei limiti massimi di accettabilità degli inquinanti atmosferici, attribuita alla Direzione generale programmi ed incentivi finanziari afferente al Dipartimento Energia. Con l’istituzione della nuova Direzione generale sostenibilità dei prodotti e dei consumi si conferisce inoltre autonoma rilevanza a tutte le tematiche relative alla sostenibilità dei prodotti e dei consumi, ivi comprese quelle attinenti ai prodotti fitosanitari, biocidi e sostanze chimiche pericolose. Alla Direzione fonti energetiche e titoli abilitativi, che sostituisce l’attuale Direzione infrastrutture e sicurezza, viene in particolare attribuito il compito di garantire la gestione e lo sviluppo delle fonti primarie di energia convenzionale, rinnovabile e nucleare, la diversificazione delle fonti, la sicurezza degli approvvigionamenti, la predisposizione delle scorte energetiche strategiche e dei piani di sicurezza. Alla nuova Direzione generale mercati e infrastrutture energetiche viene affidata la gestione e sviluppo dei vettori energetici e la diversificazione e integrazione degli stessi nel sistema energetico, nonché le politiche di riduzione della CO2. La Direzione generale competitività ed efficienza energetica diventa la Direzione generale domanda ed efficienza energetica, competente tra l’altro in materia di sviluppo della mobilità sostenibile, ivi inclusi i carburanti alternativi, nonché in materia di efficienza energetica. Infine, la Direzione generale incentivi energia diventa la Direzione generale programmi e incentivi finanziari, con compiti trasversali rispetto alle altre tre Direzioni del Dipartimento Energia, competente tra l’altro in materia di programmi nazionali di finanziamento per la decarbonizzazione e in materia di misure di prevenzione dell’inquinamento atmosferico.

Per quanto riguarda le Capitanerie di porto, già poste alle dipendenze funzionali del Ministero per lo svolgimento di funzioni di vigilanza e controllo in materia di tutela dell’ambiente marino e costiero, viene ora previsto che presso il Ministero operi il Reparto ambientale marino, istituito ai sensi dell’articolo 20 della legge 31 luglio 2002, n. 179.

In merito alle dotazioni organiche del Ministero viene disposto che, in seguito al ricordato incremento di quattro posizioni di livello dirigenziale generale, possano essere attribuiti due incarichi con funzioni ispettive, di ricerca, consulenza e studio ai sensi dell’art. 19, comma 10, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ridotti ad uno qualora ci si avvalga della facoltà di nomina di un Direttore di gabinetto. Oltre a recepire il ricordato incremento del contingente di personale degli Uffici di diretta collaborazione, si prevede che possa essere assegnato in aggiunta un contingente di consiglieri, esperti e consulenti a titolo gratuito, in possesso di requisiti di professionalità ed alta specializzazione, nel numero massimo di otto unità. In coerenza con il predetto incremento, il limite massimo di consiglieri ed esperti assegnabili agli Uffici di diretta collaborazione è elevato, rispettivamente, da dieci a quindici e da ventisei a trentuno unità.

L’articolo 2 reca le disposizioni transitorie e finali e prevede, in particolare, l’adozione da parte del Ministro di un decreto per l’individuazione dei compiti delle unità dirigenziali nell’ambito delle direzioni generali e la distribuzione di dette strutture nell’ambito delle medesime direzioni generali. Sino alla definizione delle procedure di conferimento degli incarichi di seconda fascia, è previsto che gli Uffici di livello dirigenziale generale, ivi incluse le direzioni generali di nuova istituzione, si avvalgano dei preesistenti uffici di livello dirigenziale non generale. È altresì disposto che la decadenza degli incarichi dirigenziali di livello dirigenziale generale concernenti le strutture del Ministro oggetto di riordino si determini alla conclusione delle procedure di conferimento dei nuovi incarichi. Si prevede infine che i contratti con il personale degli uffici di diretta collaborazione continuino a produrre effetti sino alla naturale scadenza.

Considerato:

1.La Sezione non può omettere di evidenziare in via preliminare che la “relazione” predisposta per chiarire ed illustrare, nei tratti essenziali e qualificanti, i termini, le modalità e le ragioni della prefigurata “organizzazione” e “disciplina” degli uffici (cfr. articolo 17, comma 4-bis legge 23 agosto 1988, n. 400) risulta formulata, nel suo complesso, con tratto esplicativo scarno e sintetico, ed in termini piuttosto apodittici che realmente “illustrativi”, in quanto sovente meramente ripetitivi, o sostanzialmente riproduttivi, del testo dello schema normativo elaborato. Sul punto, si richiama, in via generale, quanto più volte segnalato (ad es. con i pareri nn. 2213/2018 e 2862/2019) circa l’esigenza che le relazioni illustrative “diano compiutamente conto delle finalità dei provvedimenti normativi, nonché degli strumenti e dei meccanismi giuridici approntati per conseguirle”. Ciò non al fine di svolgere un sindacato sull’eventuale nucleo discrezionale “puro” delle scelte normative-organizzative dell’amministrazione. Al riguardo vale la pena di ribadire che il merito in senso “tradizionale”, a seguito della formulazione, ben nota, dell’art.1 (attuale) della legge n. 241 del 1990 – e, in verità, sviluppando in logica coerenza le previsioni dell’art. 97 della Costituzione (già di per sé sufficientemente precettivo in materia giuridico-organizzativa) – è stato progressivamente, per così dire, assorbito nell’ambito del principio di legalità dell’azione ammnistrativa; e ciò mediante clausole, di indubbia valenza sul piano del riscontro della legittimità, quali quelle di economicità, efficacia, imparzialità e, in complemento dei “principi dell’ordinamento comunitario”, quella di “proporzionalità”, nelle sue varie declinazioni (idoneità dei mezzi rispetto allo scopo perseguito, necessarietà ponderata delle scelte nel senso della minor onerosità da preferire, ed, infine, adeguatezza, che ha il ruolo di guida nella comparazione tra interesse legale, legalmente tipizzato, principalmente perseguito e l’insieme delle altre posizioni giuridicamente protette modificate o, comunque, coinvolte in questo perseguimento).

Dunque, in particolare, l’organizzazione pubblica si fonda sulle previsioni fondamentali di una Costituzione (rigida, cioè limitatamente “disponibile” anche per il Legislatore in sede di procedimento di revisione costituzionale), sicché – anche attraverso le consequenziali irradiazioni sulle leggi ordinarie, proprie della materia organizzativa, delle clausole costituzionali e di quelle cui al citato art. 1 della legge generale sull’azione amministrativa – si perviene ad un quadro dello “Stato di diritto” (costituzionale), per cui l’attività, anche normativa, di strutturazione ed articolazione dei “pubblici uffici”, risulta ormai oggetto di un complesso sistematico (anche di livello comunitario) di norme primarie sufficientemente dettagliate, al punto da costituire dei veri e propri parametri legali.

Questo Consiglio, dunque, in via di opinamento sull’osservanza dell’intero quadro della descritta sfera di legalità, è chiamato a valutare la coerenza logica interna, la “qualità sostanziale”, e la connessa proporzionalità delle soluzioni normative predisposte rispetto agli obiettivi dichiarati dal “titolo” – norma formalmente e materialmente primaria – che, all’interno della sistematica costituzionale e legislativa di settore, legittima l’adozione dell’atto regolamentare (Cons. Stato, n. 2213 del 2018; Cons. Stato, n. 2862 del 2019). Siffatta esigenza, sotto il profilo formale, fonda, del resto, sulla necessaria completezza e specificità della relazione che deve accompagnare la richiesta di parere (cfr., di nuovo, articolo 36 r.d. n. 444/1942), avuto segnato riguardo – relativamente ai regolamenti preordinati alla organizzazione e disciplina degli uffici – alla necessità di una puntuale e circostanziata verifica del rispetto dei criteri di razionalità organizzativa imposti dall’articolo 17, comma 4-bis legge n. 400 cit. e dall’articolo 4 decreto legislativo n. 300/1999.

Alla luce di tali considerazioni – anche in ragione dell’impatto sulle strutture ministeriali che discende, in termini innovativi rispetto all’esistente, dallo schema di regolamento in esame – la relazione dovrebbe illustrare con maggiore puntualità e precisione gli obiettivi perseguiti, la logica sottesa alle opzioni organizzative elaborate e alle modalità prescelte per la loro concreta implementazione. A tal fine, pur dovendo riservare al parere definitivo, all’esito delle disposte integrazioni, l’esame nel dettaglio del contenuto dello schema di regolamento, importa sin d’ora segnalare che, da un complessivo e preliminare esame della proposta regolamentazione organizzatoria, non appare assicurato, sotto vario profilo, il pieno rispetto dei criteri generali che – nella prospettiva della garanzia di razionalità, coerenza, adeguatezza ed efficienza dell’assetto interno del Ministero, imposta dal principio di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione, nella sua primaria e ribadita rilevanza organizzativa – devono orientare l’organizzazione e il riordino degli uffici, ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis lelle n. 400/1988 e degli articoli 1 della legge n. 241/1990 e 2 del decreto legislativo n. 165/2001, espressamente richiamati dall’articolo 4, comma 3 del decreto legislativo n. 300/1999.

Si allude, in particolare:

a)alla necessità di orientare la analitica definizione dell’assetto organizzativo alla (preliminare ed accurata) individuazione delle “funzioni omogenee” di pertinenza del Ministero (cfr. articolo 17, comma 4-bis, lettera b) l. cit.), in guisa da evitare le “duplicazioni funzionali” tra diverse direzioni od uffici, rifuggendo dalla logica (che marca una vera e propria inversione metodologica, sotto il profilo allocativo) di attribuzione dei “compiti” e dei “programmi di attività” quale mero corollario della istituzione dell’organo (cfr. articolo 2, comma 1, lettera a) decreto legislativo n. 165 cit.);

b) all’esigenza di porre una particolare cura nell’enucleazione delle funzioni della unità organizzative alle quali vengono attribuiti compiti di coordinamento, programmazione e pianificazione. Ci si riferisce a quelle funzioni che assumono un carattere trasversale, venendo ad interessare ad ampio raggio l’attività di governo. La configurazione di funzioni di tal genere riguarda in particolare la materia ambientale, alla quale la Corte costituzionale ha da tempo riconosciuto, segnatamente con la giurisprudenza relativa all’articolo 117 Cost., il carattere di competenza trasversale. Nel disciplinare tale genere di funzioni occorre individuare puntualmente la relativa base legale e procedere con grande attenzione nell’assegnare alle strutture amministrative compiti molteplici e diversificati, provvedendo in ogni caso ad attribuirgli le necessarie risorse umane, strumentali e finanziarie. Non vanno inoltre elusi i problemi di coordinamento che la disciplina di tali macro funzioni pone nell’ambito dell’esecutivo, ma anche con istituzioni ed autorità esterne e con i diversi livelli di governo.

c) alla chiara distinzione tra strutture “con funzioni finali” e strutture “con funzioni strumentali”, evitando che a diverse direzioni sia attribuita, senza il necessario momento di coordinamento e con effetto di moltiplicazione, una attività di varia ed irrelata elaborazione di programmi ed obiettivi;

d) alla puntuale perimetrazione delle “competenze di supporto” rimesse, in via esclusiva, agli “uffici di diretta collaborazione” (cfr. articolo 17, comma 4-bis lettera a) l. n. 400 cit.), con puntuale indicazione delle modalità di “raccordo” tra amministrazione e “direzione politica” e di “collegamento delle attività degli uffici” (cfr. articolo 2, comma 1 lettera c) decreto legislativo n. 165 cit.);

e) ad una ragionata “verifica” (di là dagli impatti oggetto di prospettica e programmatica valutazione periodica a posteriori) della potenziale incidenza delle opzioni organizzative sui “risultati” complessivamente attesi in ordine alla attività amministrativa orientata all’esercizio delle funzioni (articolo 17, comma 4-bis, lettera c) legge 400 cit.).


2. Sempre in via preliminare si osserva che la richiesta di parere è accompagnata dalla trasmissione di “atti di concerto” espressi dai Capi degli uffici legislativi, d’ordine del Ministro, privi di qualsiasi osservazione, rilievo e condizione, nonostante i molteplici profili del provvedimento che meriterebbero, invece, come si chiarirà in seguito, puntuali prese di posizione da parte dei ministri interessati e ciò al fine di assicurare l’uniformità e la razionalità dei criteri che presiedono all’organizzazione amministrativa.

Appare opportuno rimarcare, in termini generali, la rilevanza (non formale) di tale significativo momento codecisionale, in ordine al quale la Sezione ha in più occasioni affermato, sotto un profilo dogmatico (da ultimo, cfr. il parere n. 1083 del 3 agosto 2023), che nella relativa manifestazione è implicita (come fatto palese anche dall’etimologia, che evoca un confronto contestuale) la discussione, il confronto tra plurime volontà, che trovano una composizione proprio a seguito ed in virtù del concerto stesso, in un momento in cui la volontà definitiva non sia stata ancora formata.

In tale prospettiva, il “concerto” esprime – in ordine alla proposta elaborata, in via preliminare, dall’autorità concertante – una adesione sostanziale, conseguente al concreto apprezzamento di compatibilità degli interessi pubblici a confronto (anche di ordine organizzativo ed infrastrutturale), che abilita del resto alla formulazione di eventuali suggerimenti e alla elaborazione di proposte di modifica o di integrazione: sicché non a caso, nel conflitto, è prevista la composizione in sede di Consiglio dei ministri (cfr. articolo 5, comma 2 lettera c-bis) legge 23 agosto 1988, n. 400).

Per tal via – pur con l’elevato tasso di politicità e l’ampia discrezionalità che connota l’attività di concertazione a livello ministeriale – la sua manifestazione, ancorché non integri un atto unitario e formalmente complesso, ma si atteggi a mero modulo procedimentale, realizza una effettiva compartecipazione alla elaborazione del provvedimento o dell’atto, per la quale l’autorità concertata esprime sulla proposta elaborata dall’autorità concertante una effettiva valutazione di compatibilità con gli interessi di cui è portatrice, con ciò realizzandosi una forma di concorso nel volere che è, ad un tempo, sostanziale codeterminazione del voluto. Di tal che – benché rientri nell’ordine del possibile che l’autorità concertata nulla abbia da osservare sullo schema di atto – è bene rimarcare che si tratta pur sempre di un caso limite, che non può valere a ridurre il concerto – svilendone importanza, senso e funzione – a mera e vacua formula di stile.

In analoghe situazioni, del resto, la Sezione non ha omesso di evidenziare che neppure l’approvazione in Consiglio dei Ministri con la mera presenza, senza osservazioni, dei Ministeri concertanti è, come tale, sufficiente a integrare la fattispecie, che sollecita piuttosto l’adozione di un atto d’assenso formale (con riguardo alla necessaria previa acquisizione del concerto ministeriale, si vedano i pareri 1° giugno 2018, n. 1450; 7 ottobre 2016, n. 2059; 6 ottobre 2015, n. 2750; 1° settembre 2015, n. 2473; 18 novembre 2011, n. 4228; 8 giugno 2010, n. 2598; 1° giugno 2010, n. 2527).

Ne discende, in termini generali, che il concerto non può essere surrogato: a) né da un mero e “secco” nulla-osta, con il quale il Ministero concertante si limiti, con formula essenzialmente negativa, ad escludere la mera sussistenza di ragioni preclusive alla decisione della autorità procedente; b) né da una (postuma) “approvazione”, in cui la volontà – espressa nell’atto da approvare – risulta già formata, sicché chi approva ben può essere portatore di un interesse diverso rispetto a chi ha compiuto l’atto produttivo di effetti giuridici.


3. Ancora in via preliminare, osserva la Sezione che, sotto un profilo di ordine formale, l’approvazione del regolamento di organizzazione con procedura semplificata e con la forma del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri si inscrive, in effetti, in una ormai consolidata linea di tendenza che, incidendo sul complessivo sistema delle fonti, registra una sostanziale fuga del procedimento ordinario stabilito dall’articolo 17, commi 2 e 4-bis della legge n. 400 del 1988 e dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 300 del 1999, i quali prevedono regolamenti governativi di delegificazione, emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Si tratta di tendenza che, per quanto beninteso avallata dalle disposizioni normative di rango primario (che peraltro, con la loro reiterata concatenazione, hanno di fatto sortito l’effetto di trasformare l’eccezione in regola, finendo per incidere sul sistema delle fonti), non va esente da perplessità.

Come è noto, la Costituzione riserva alla legge l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e la determinazione del numero, delle attribuzioni e dell’organizzazione dei ministeri (art. 95, terzo comma, Cost.). Si tratta, per consolidato intendimento, di una riserva di legge relativa, la quale, come tale, non esclude, nell’ambito della “cornice” delineata dalla fonte legislativa, il ricorso a fonti non legislative. L’organizzazione interna dei ministeri è, infatti, disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dalla legge, e segnatamente dal decreto legislativo n. 300 del 1999, il quale fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto. Nell’ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi del richiamato articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400/1988 (in tal senso, con previsione generale, l’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 300/1999). L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è, poi, demandata al ministro, che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti (articolo 17, comma 4-bis, lettera e) della legge n. 400/1988 e articolo 4, comma 4 del decreto legislativo n. 300/1999). Anche per la disciplina degli uffici di diretta collaborazione del ministro, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, l’assetto ordinario delle fonti ministeriali (articolo 7 del decreto legislativo n. 300/1999) prevede che siano istituiti e disciplinati con regolamento ex articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 cit.

A fronte di tale quadro, negli ultimi anni il legislatore ha fatto ricorso a procedure di semplificazione e accelerazione dei processi di riorganizzazione ministeriale mediante l’adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, in occasione di complessivi riordini degli assetti ministeriali, anche per finalità di spending review, o di singoli dicasteri. Tali modalità sono state sempre autorizzate – in correlazione alla dichiarata attitudine derogatoria – in via transitoria (da ultimo, con riferimento allo schema in esame, con l’articolo 1, comma 5 decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 112).

Appare, allora, evidente che, per effetto del succedersi cadenzato delle reiterate disposizioni derogatorie, si è finito per stabilizzare, trasformandolo in regola, un regime formale (e procedimentale) alternativo a quello ordinario, al segno che pressoché tutti i regolamenti di organizzazione dei Ministeri hanno assunto, all’attualità, la forma del d.P.C.M.

Le maggiori criticità, in una prospettiva di sistema, si incentrano, come è chiaro:

a) sotto un profilo sostanziale, sulla sistematica sottrazione delle scelte organizzative dell’amministrazione centrale al preventivo vaglio delle Commissioni parlamentari, che – se poteva trovare giustificazione, in via di semplificazione, nelle situazioni di ridimensionamento delle piante organiche e dell’assetto degli uffici e di riduzione delle risorse finanziarie – pone complessi problemi nei più recenti casi, tra cui quello in esame, in cui l’assetto organizzativo è strutturato, sulla base di norme primarie di recente approvate, con esito incrementale ed è correlativamente prevista una necessaria provvista economica e personale, il cui controllo finisce per essere sottratto al vaglio parlamentare e, in definitiva, al circuito democratico;

b) sotto un profilo formale, sulla obiettiva incertezza indotta nel (ben ordinato) sistema delle fonti.

Per il primo aspetto, non può non rimarcarsi che – sia pure in piana conformità a previsioni di rango normativo primario e pur prendendo atto della sussistenza della copertura finanziaria, validata dalla bollinatura del Ragioniere generale dello Stato – l’effetto incrementativo sugli assetti organizzativi (anche in termine di risorse umane, reali e finanziarie) non appare trascurabile. A tale ultimo riguardo si rileva la conferma di una tendenza – già presente nel regolamento vigente - a moltiplicare le articolazioni organizzative del Ministero e a dettagliarne le competenze in misura e con modalità tali da determinare intrecci e rischi di sovrapposizioni nel concreto esercizio delle attribuzioni dei dipartimenti e, in particolare, delle direzioni generali. Dalla relazione illustrativa non risulta peraltro che vi sia stata un’attenta valutazione e una corretta individuazione e distribuzione delle risorse necessarie ad esercitare un insieme così nutrito di funzioni che, tra l’altro, in alcuni casi vengono definite rinviando ad ampie ed indeterminate finalità che non è agevole comprendere attraverso quali attività e con quali mezzi dovrebbero essere perseguite dalla struttura organizzativa alla quale ne è attribuita la titolarità. Esemplificando: al Dipartimento amministrazione generale, pianificazione e patrimonio naturale (DiAG) sono state attribuite le materie finanza sostenibile e bioeconomia, sottraendole al Dipartimento per lo sviluppo sostenibile, sicché la materia della sostenibilità risulta ora di competenza di due distinti Dipartimenti. Inoltre, entrambi tali materie rivestono un carattere economico e finanziario e sembrano dover essere esercitate in coordinamento con il Ministero dell’economia e delle finanze. Inoltre, alla Direzione generale affari europei, internazionali e finanza sostenibile, operante nell’ambito del DiAG, nonostante l’esistenza di un apposito Dipartimento per lo sviluppo sostenibile, sono state attribuite le funzioni del Ministero nell’ambito “strategia per lo sviluppo sostenibile in sede nazionale, europea e internazionale”, mentre in precedenza la medesima direzione, oltre ad essere investita di competenze circoscritte all’attività europea e internazionale, doveva limitarsi a verificare l’attuazione di tale strategia. Tra l’altro, la strategia in questione sembrerebbe presupporre, come già rivelato per la finanza sostenibile e la bioeconomia, una qualche forma di coordinamento con il Ministero dell’economia e delle finanze. Ancora, le funzioni in materia di prevenzione e protezione dall’inquinamento acustico e da campi elettromagnetici nonché da radiazioni ionizzanti sono state attribuite alla Direzione generale valutazioni ambientali nell’ambito del DiSS, mentre le funzioni in materia di prevenzione dell’inquinamento atmosferico e fissazione dei limiti massimi di accettabilità della concentrazione e dei limiti massimi di esposizione relativi a inquinamenti di natura, chimica, fisica e biologica spettano invece adesso alla Direzione programmi e incentivi finanziari nell’ambito del Dipartimento energia (DiE). La struttura del Ministero è stata ulteriormente potenziata prevedendo, come si è visto, presso il DiAG e il DiSS una Segreteria tecnica dipartimentale. La relazione illustrativa non chiarisce tuttavia le specifiche ragioni di tale scelta, in che rapporto si pongano tali Segreterie con la Segreteria tecnica del Ministro e perché un’analoga struttura non sia stata prevista presso gli altri due dipartimenti.

A fronte di un’attribuzione di ulteriori risorse, umane e finanziarie, agli uffici di diretta collaborazione non vengono inoltre fornite indicazioni circa il loro impiego. Si prevede genericamente l’attribuzione di due ulteriori incarichi di livello dirigenziale generale con funzioni ispettive, di ricerca, consulenza e studio ai sensi dell’articolo 19, comma 10, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Inoltre, in alternativa all’attribuzione di uno di tali incarichi, viene contemplata la possibilità di creare, presso l’Ufficio di gabinetto, la figura del Direttore di gabinetto e di nominare più dirigenti di livello non generale il cui numero sarà individuato successivamente. Sempre con riferimento alla disciplina degli uffici di diretta collaborazione, è stata già rilevata l’elevazione a livello di dirigente generale dei titolari di alcuni uffici e, segnatamente, del Capo della segreteria tecnica e del Capo della segreteria del Ministro, nonché l’incremento del trattamento accessorio del vice capo di gabinetto, del vice capo dell’ufficio legislativo con funzioni vicarie e del Segretario particolare del Ministro. Si osserva a riguardo come la disciplina degli uffici di diretta collaborazione dovrebbe risultare fondamentalmente ispirata a criteri uniformi e le scelte che si discostano da quelle prevalenti, destinate tra l’altro ad avere effetti emulativi, andrebbero sempre motivate facendo riferimento ad oggettivi elementi peculiari delle singole amministrazioni. In proposito si rileva come una funzione di approfondimento delle scelte compiute dai singoli Ministeri e di armonizzazione dei diversi regolamenti di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione dovrebbe essere esercitata dal Ministro per la pubblica amministrazione attraverso l’espressione del parere obbligatorio su ogni regolamento di organizzazione. Tuttavia nel caso in esame il parere in questione, come peraltro di frequente si verifica, non reca alcun tipo di valutazione, osservazione o condizione. Gli uffici di diretta collaborazione, come ricordato, avranno una dotazione di personale di 140 unità (rispetto alle 110 attuali). Viene prevista, in particolare, la possibilità di nominare fino a 15 consiglieri giuridici, economici e scientifici del Ministro (attualmente sono 10) e fino a 31 esperti e collaboratori (attualmente sono 26). In aggiunta il Ministro potrà avvalersi a titolo gratuito di un contingente di consiglieri, esperti e consulenti di otto unità. Anche di tali incrementi andrebbe fornite esaurienti motivazioni e chiarite le finalità.

Come già accennato, a fronte di un ulteriore sviluppo e diversa articolazione di alcune funzioni nonché di un potenziamento dell’organizzazione, sia della struttura ministeriale che degli uffici di diretta collaborazione, e della previsione di nuove posizioni dirigenziali, la documentazione presentata risulta contenere limitate indicazioni circa le ragioni delle scelte compiute e le ricadute attese sulla concreta operatività del Ministero. Non viene, in particolare, esplicitato l’impatto atteso delle modifiche regolamentari sull’organizzazione e sulle funzioni. Sotto il secondo aspetto prima accennato, relativo ai riflessi sul sistema delle fonti, giova richiamare il parere della Sezione n. 1375/2021, formulato sullo schema di d.P.R. recante modifiche al regolamento di organizzazione degli uffici centrali del Ministero dell’interno, che – avuto riguardo alla diuturna stagione derogatoria e transitoria dei d.P.C.m, di organizzazione dei Ministeri – ha rimarcato le difficoltà derivanti dalla concatenazione di due diverse fonti di regolazione in questa materia (il regolamento governativo emanato con d.P.R. secondo lo schema ordinario e il d.P.C.m. di organizzazione, utilizzato in via eccezionale e provvisoria) evidenziando l'opportunità di ricondurre le norme dei d.P.C.M. nell'alveo della fonte ordinaria del regolamento governativo, anche per mero recepimento testuale e senza la necessità di modificazioni nel contenuto, quando non dovuto a norme di legge sopravvenute o a esigenze di coordinamento. Più in generale, la Sezione, ricordando che la semplificazione dell’ordinamento passa anche attraverso la stabilità della fonte individuata in via ordinaria per l’intervento normativo di volta in volta interessato, auspica l’avvio di una riflessione sistemica e generale per favorire un atteggiamento uniforme sulla questione per tutti i Ministeri. A tal fine ritiene opportuno trasmettere il presente parere al Presidente del Consiglio dei Ministri e al DAGL, per le valutazioni di competenza.

Vale, ancora, soggiungere che la descritta semplificazione procedimentale realizza, in concreto, una deroga implicita alla previsione dell’articolo 1, comma 1 lettera ii) della legge 12 gennaio 1991, n. 13, che prevede l’emanazione con decreto del Presidente della Repubblica di “tutti gli atti per i quali è intervenuta la deliberazione del Consiglio dei Ministri”: il che si pone in contrasto con il principio (articolo 1, comma 2 l. cit.) che ogni modifica, integrazione, sostituzione o abrogazione del tassativo elenco degli atti “di competenza del Presidente della Repubblica” debba operare “in modo espresso”, e non implicito o surrettizio.


4. In correlazione al profilo da ultimo evidenziato, la Sezione prende atto, relativamente alla esenzione dall’analisi di impatto della regolazione (AIR), della circostanza che il Ministero ha indirizzato una nota al DAGL nella quale ha asserito che il provvedimento in esame “parrebbe ascrivibile nell’ambito della tipologia di esclusione dell’AIR prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 settembre 2017, n. 169 che, alla lettera h), individua in maniera espressa, ai fini applicativi della norma stessa … i “provvedimento adottati ai sensi dell’articolo 17, commi 4-bis e 4-ter, della legge 23 agosto 1988., n. 400, e successive modificazioni””. Ciò in quanto, nonostante il provvedimento de quo rivesta la forma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, come previsto dal richiamato articolo 13, del decreto legge n. 173 dl 2022, “la disciplina derogatoria vigente fino al 30 ottobre 2023 diverge dalla lex generalis quanto ad autorità emanante (D.P.C.M. in luogo di D.P.R.) ed omissione del previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, ricalcandone tuttavia la sostanza, a partire dal coinvolgimento obbligatorio del Consiglio di Stato”. A riguardo si ricorda come nella “Guida all'analisi e alla verifica dell'impatto della regolamentazione”, adottata con direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 2018, tra le cause di esclusione dall'AIR si fa riferimento ai “provvedimenti di organizzazione degli uffici e di riordino” (paragrafo 4.2.1, lettera h), omettendo qualsiasi riferimento alla forma dei medesimi provvedimenti, e si conclude nel senso che, in considerazione del suo contenuto di natura prettamente organizzativa, la relativa elaborazione rientri nella fattispecie di esclusione prevista dall'articolo 6, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 settembre 2017, n. 169. La nota, inoltre, è positivamente vistata dal Capo del DAGL. Il procedimento seguito appare pertanto formalmente corretto. Cionondimeno, a prescindere dal dato formale per cui il d.P.C.m. citato indica, fra i casi di esclusione dall’AIR (che il tenore del comma 3 induce a interpretare tassativamente, apparendo opinabile quanto indicato nella successiva direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri) i “provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 17, commi 4-bis e 4-ter, della legge 23 agosto 1988, n. 400”, mentre lo schema in esame è un d.P.C.m., adottato ai sensi dell’art. 13 del citato decreto-legge n. 173 del 2022, la Sezione ritiene di osservare, in linea generale, quanto segue.

Scopo dell’AIR, come è noto, è fornire al decisore “un supporto informativo in merito all’opportunità e ai contenuti dell'intervento normativo”. Come tale, essa “è riservata ad iniziative normative di impatto significativo su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni” (articolo 2, comma 3, d.P.C.M. cit.). L’esenzione per i regolamenti di organizzazione dei Ministeri di cui al citato articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988 è giustificata sull’assunto – normativamente cristallizzato nel suddetto articolo 6 del d.P.C.m., ma di per sé opinabile – che le modalità secondo le quali vengono organizzati i ministeri, con l’allocazione di funzioni e competenze e la conseguente articolazione delle strutture, siano destinate ad avere impatto limitato o nullo su cittadini e imprese.

Orbene, la incisività, ampiezza e frequenza degli interventi di riordino dei ministeri che si vanno succedendo, insieme alla progressiva costante crescita delle funzioni e dei compiti accollati alle pubbliche amministrazioni – anche per il vistoso incremento dei carichi di provenienza eurounitaria – con le correlate problematiche di allocazione nelle strutture organizzative e articolazione di queste e con fenomeni di sovraccarichi, frammentazione e scoordinamento, inducono a sollecitare l’opportunità di ripensare i termini della predetta esenzione.

L’AIR ben potrebbe, del resto, rappresentare lo strumento mediante il quale l’amministrazione sarebbe chiamata a rendere esplicita la ratio di decisioni organizzative che troppo spesso, nelle relazioni illustrative di accompagnamento agli strumenti di riordino, vengono giustificate (come è occorso osservare supra anche nel caso in esame) con argomentazioni troppo generiche, quando non meramente apodittiche.


5. La Sezione conclusivamente ritiene che le lacune sopra evidenziate relative, in particolare, alla relazione illustrativa vadano colmate presentando una documentazione integrativa che approfondisca le scelte operate dall’Amministrazione sul piano dell’articolazione e dello sviluppo delle funzioni e delle relative ricadute di carattere organizzativo sulla struttura ministeriale. Analogamente, per quanto riguarda gli uffici di diretta collaborazione va illustrato il disegno che è all’origine del potenziamento degli stessi e, in particolare, della valorizzazione di alcuni ruoli e dell’incremento di apporti di natura specialistica.

Alla luce delle osservazioni e dei rilievi che precedono, l’espressione del parere deve essere pertanto, in via interlocutoria, sospesa, in attesa delle sollecitate integrazioni.


6. Al fine di accelerare la definizione del provvedimento in esame, nel riservarsi una valutazione definitiva una volta pervenute le integrazioni richieste, si formulano sin d’ora alcune ulteriori puntuali considerazioni sul testo. In merito all’articolo 1, comma 2, lettera c), numero 9), ove si prevede che il Ministro, oltre ad avvalersi delle società in house, si avvalga “della collaborazione delle società controllate, degli enti e dei soggetti vigilati”, va rilevato come l’espressione “avvalersi della collaborazione”, non rivesta un puntuale significato giuridico ed appaia inopportuno introdurla in un regolamento di organizzazione.

Per quanto riguarda la disciplina transitoria di cui all’articolo 2, rispetto al comma 1 si osserva come, l’istituzione di nuove direzione generali e la modifica delle competenze delle attuali direzioni generali, renda estremamente complesso per le stesse direzioni generali continuare ad avvalersi dei preesistenti uffici dirigenziali non generali e appaia quindi opportuno ridurre il più possibile la durata di tale fase transitoria, pervenendo quanto prima alla individuazione dei nuovi uffici di livello dirigenziale non generale e al conferimento dei relativi incarichi.

Con riferimento al comma 2, primo periodo, si suggerisce di renderne più chiara la portata riformulandolo nei termini di cui al primo periodo dell’articolo 30, comma 3, del D.P.C.M. n. 128 del 2021 (“Ferma l’applicazione dell’articolo 2, comma 8, primo periodo del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013n, 125, con riferimento alle strutture organizzative, sono fatti salvi gli incarichi conferiti alla data di entrata in vigore del presente regolamento e la decadenza degli incarichi dirigenziali di livello dirigenziale generale relativi a dette strutture si verifica con la procedura di conferimento dei nuovi incarichi ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”). Riguardo al secondo periodo del medesimo comma 2, si suggerisce di sopprimere le parole “salvo conferma” sino alla fine del comma, in modo da far cessare anche questi incarichi alla data di conferimento dei nuovi incarichi e di evitare che si possa incorrere nella “vacatio” degli stessi.

Si segnala, infine, un refuso al trentatreesimo visto dove, prima delle parole “12 e 13”, è stata omessa la parola “articoli”.

P.Q.M.

La Sezione, in attesa dell’incombente istruttorio di cui in motivazione, sospende l’espressione del parere.


 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Daniele Cabras Luciano Barra Caracciolo
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

Cesare Scimia


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