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Consiglio di Stato, Sez. V, 27/10/2023 n. 9298
Sulla procedura di project financing

Contratti pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione - Finanza di progetto – Schema procedimentale – Ambiti di competenza

Nella procedura di project financing occorre distinguere tre fasi:
1) la prima fase, ancorché in qualche misura procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici predeterminati, ma all’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore inerente alla presentazione della proposta di finanza di progetto, in cui si esprime la valutazione dell’interesse pubblico, di competenza dell’organo di governo;
2) la seconda fase è caratterizzata dall’inserimento dell’opera dichiarata di pubblico interesse nella programmazione triennale, con sottoposizione ad approvazione del progetto preliminare, rimessa alla competenza del consiglio;
3) la terza fase prevede l’indizione di una gara sul progetto approvato, rimessa alla competenza della dirigenza e soggetta, come tale, ai principi comunitari e nazionali in materia di evidenza pubblica (1)

Contratti pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione - Finanza di progetto – Rito degli appalti – Affidamento – Necessità

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 119 e 120 c.p.a., la parola affidamento, riferibile ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, deve essere decifrata come relativa all’atto con cui la pubblica amministrazione sceglie il suo contraente e gli attribuisce la titolarità del relativo rapporto.
Laddove la procedura di project financing non abbia superato la prima fase e, pertanto, nessuna procedura competitiva per l’affidamento sia venuta ad esistenza, è inapplicabile alla relativa controversia il rito speciale degli appalti. (2)


Contratti pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione - Finanza di progetto – Responsabilità precontrattuale – Risarcimento del danno

Nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa.
Nel caso in cui venga affermata la sussistenza di una responsabilità precontrattuale, il risarcimento del danno va parametrato non già all'utile che il contraente avrebbe potuto ritrarre dall'esecuzione del rapporto, ma all’interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente (ossia le spese inutilmente sostenute per dare corso alle trattative), sia il lucro cessante (da intendersi come mancato guadagno rispetto a eventuali altre occasioni di contratto che la parte alleghi di avere perduto) (3).


(1) Precedenti conformi: Cons. Stato, Ad. plen. 15 aprile 2010, n. 2155; Cons. Stato, Ad. plen., 28 gennaio 2012, n. 1; Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 22; Cons. Stato, V, 26 maggio 2023; Cons. Stato sez. IV 22 settembre 2014 n. 4762; Cons. Stato sez. IV 19 giugno 2014 n. 3116.
(2) Precedenti conformi: Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 22; Cass. civ., sez. un., 24 novembre 2008, n. 27863; Cons. Stato, V, 26 maggio 2023 n. 5192.
(3) Precedenti conformi: Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio 2021, n. 5274; Ad. plen., 29 novembre 2021, n. 21.

Fonte: giustizia-amministrativa.it

Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 27/10/2023

N. 09298/2023REG.PROV.COLL.

N. 03560/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3560 del 2017, proposto da
Cer Innovation S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Claudio Guccione, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sardegna 50;

contro

Commissario Prefettizio - Ministero dell'Interno, non costituito in giudizio;
Comune Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lucio Perone, con domicilio eletto presso lo studio Rocco Marsiglia in Roma, via delle Milizie n. 38;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 04838/2016, resa tra le parti,


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2023 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Guccione e Perone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con atto notificato in data 21 aprile 2017 e depositato il successivo 17 maggio Cer Innovation S.r.l. ha interposto appello avverso la sentenza del Tar per la Campania, sez. I, 24 ottobre 2016 n. 4838 con cui è stato respinto il ricorso proposto dalla medesima società per il risarcimento dei danni subiti e per l’annullamento della delibera del Commissario straordinario del Comune di Caserta, n.14 del 15 luglio 2015, avente ad oggetto la revoca, rectius annullamento d’ufficio, della deliberazione Giunta comunale n. 104 del 13/6/2014, di proposta di recupero dell'area di quartiere - Parco degli Aranci, nonché il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la deliberazione n. 52 del 21 settembre 2015 di integrazione e rettifica della prima.

2. Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.

2.1. Con nota n. 46484 del 13 giugno 2013, successivamente integrata con nota del 7 agosto 2013 n. 59872, la Cer Innovation s.r.l. presentava al Comune di Caserta una proposta di finanza di progetto per il recupero di un’area in località “167 Falciano-Centurano”, denominata “Parco degli Aranci”, allegando tutta la documentazione prevista dall’art. 153 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, tra cui quella inerente alla progettazione preliminare e di sostenibilità economico- finanziaria dell’iniziativa, il cui valore complessivo era di € 32.198.364,00, per una durata trentennale della concessione.

2.2. All’esito dell’istruttoria, la giunta comunale di Caserta, con deliberazione n. 104 del 13 giugno 2014 condivideva la proposta, individuando quale promotore dell’intervento la società proponente; con il medesimo provvedimento l’organo giuntale, oltre a dichiarare l’opera di pubblico interesse, dava altresì atto che l’iniziativa non avrebbe comportato costi a carico del bilancio comunale, ad eccezione della cessione in proprietà al concessionario dell’area, di proprietà comunale, sulla quale doveva realizzarsi l’intervento. Quanto al regime urbanistico dell’intervento, si procedeva all’approvazione del progetto preliminare in variante al PRG, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs n.327/2001, con inserimento nell’annualità 2014 del programma triennale delle Opere Pubbliche; da ultimo, avuto riguardo all’esistenza di una procedura esecutiva relativa all’area interessata dalla proposta, sebbene ritenuta non influente sulla proprietà comunale, si stabiliva che il perfezionamento della finanza di progetto sarebbe avvenuto solo dopo la sua estinzione.

2.3. Successivamente, il commissario straordinario del Comune di Caserta, con deliberazione n. 14 del 15 luglio 2015, annullava in autotutela il provvedimento della Giunta, su proposta del dirigente, a sua volta, fondata su una valutazione da parte del Collegio dei Revisori dei Conti, secondo cui «la cessione gratuita del terreno non rispetta il proficuo utilizzo dello stesso, anche tenendo conto delle agevolazioni, in termini di esenzione del pagamento dei tributi locali».

2.4. La società, in data 3 agosto 2015, presentava al Comune di Caserta un preavviso di ricorso ai sensi dell’art. 243 bis del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, contestando la legittimità del provvedimento commissariale; l’iniziativa veniva riscontrata dall’amministrazione comunale, con nota n. 64776 del 13 agosto 2015, con cui si evidenziava tra l’altro l’incompetenza della giunta ad approvare il progetto preliminare, trattandosi di competenza consiliare, con conseguente illegittimità derivata anche dei successivi provvedimenti comunali di inserimento dell’iniziativa nella programmazione comunale; incompetenza della giunta inoltre rilevabile anche in ordine all’apprezzamento in sé della proposta di finanza di progetto ai sensi dell’art. 153, comma 19 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, trattandosi anche sotto tale profilo di una prerogativa consiliare.

2.5. Ancora, nella medesima nota, l’amministrazione comunale riteneva che la deliberazione commissariale n. 14/2015 avesse natura di atto di annullamento e non di revoca, attesa la sussistenza di profili di illegittimità, quali la violazione di circolari ministeriali in merito alla proficua cessione gratuita di aree, nonché il difetto di istruttoria e di adeguata valutazione di rilevanza di un contenzioso pendente relativo alle aree interessate dall’iniziativa, che avrebbe potuto esporre il Comune di Caserta a gravi rischi in caso di soccombenza, anche in riferimento alla attuazione del progetto presentato dalla Cer Innovation s.r.l..

2.6. Alla luce di tali premesse il preavviso di ricorso veniva respinto, con contestuale avviso di avvio del procedimento di rettifica/integrazione della deliberazione commissariale n. 14/2015 ed annullamento delle deliberazioni di giunta n. 104/2014 e n.143 del 2014, nonché della deliberazione consiliare n. 80 del 2014, le ultime due nella sola parte in cui avevano inserito il progetto della Cer Innovation s.r.l. nella programmazione annuale del 2014.

2.6.1. Quale parte integrativa della deliberazione commissariale, la nota, oltre a ribadire i quattro vizi di legittimità richiamati in premessa, assumeva la sussistenza dell’interesse pubblico a ripristinare la legalità violata dal punto di vista della competenza consiliare, evidenziando la ragionevolezza dei tempi di intervento dell’autotutela, essendo decorso solo un anno dall’atto che ne costituiva oggetto, tra l’altro ancora in fase preparatoria dell’attuazione dell’intervento; in punto di interesse pubblico prevalente su quello del proponente, si rappresentava non solo l’esigenza di rivalutare il progetto da parte dell’assemblea consiliare, ma anche quella di valutare l’incidenza degli effetti negativi in ipotesi di soccombenza dell’ente nei giudizi risarcitori in cui era convenuto.

2.7. La società in data 15 settembre 2015 con nota n. 69979 faceva pervenire le proprie controdeduzioni.

3. Con il ricorso introduttivo di prime cure, proposto avverso il provvedimento commissariale e la nota 64776 del 13 agosto 2015, la Cer Innovation affidava le proprie doglianze a due motivi di ricorso, il primo volto a contestare l’insussistenza dei presupposti per l’adozione degli atti gravati, il secondo relativo alla richiesta risarcitoria.

3.1. Segnatamente la società deduceva l’intrinseca contraddittorietà del provvedimento commissariale impugnato, che, sebbene definito quale annullamento in autotutela, finiva poi con giustificare la sua adozione su una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, presupposto, quest’ultimo, del diverso istituto della revoca: a tale riguardo, veniva contestata la sussistenza di tale condizione di fatto legittimante, atteso che la cessione gratuita in suo favore della proprietà delle aree interessate dall’intervento costituiva una sorta di controprestazione che il Comune avrebbe eseguito in corrispettivo delle risorse finanziarie da impegnarsi per la realizzazione dell’iniziativa; possibilità, quest’ultima, espressamente contemplata dall’art. 143, comma quinto del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, ratione temporis vigente, relativamente alla finanza di progetto.

3.1.1.Inoltre, secondo la prospettazione attorea, il provvedimento impugnato non si giustificava in punto di motivazione rispetto alle valutazioni degli studi finanziari allegati alla proposta di finanza di progetto, secondo cui, rispetto alla mera alienazione delle aree, il loro utilizzo, così come previsto dalla società ricorrente, avrebbe consentito di ottenere un vantaggio economico complessivo ben superiore, pari a €10,446,000,00, costituito da introiti per tributi locali, gestione diretta delle opere una volta scaduta la concessione, nonché conseguimento di un maggior valore di mercato delle medesime.

3.1.2. Con riferimento, poi, alla nota n. 64776 del 2015, la società ricorrente negava la sussistenza dei presupposti per procedere all’annullamento della delibera giuntale, dal Comune di Caserta identificati nell’incompetenza della Giunta a dichiarare l’interesse pubblico della proposta, nell’incertezza della proprietà pubblica delle aree e nell’insufficiente istruttoria che aveva preceduto la valutazione favorevole all’iniziativa; in ordine al primo profilo, assumeva che la competenza ad esprimersi sulla proposta di finanza di progetto sarebbe della giunta, in quanto ente di governo rispetto ad un compito che la legge non riserva al consiglio o al sindaco e nemmeno alla dirigenza; né poteva validamente sostenersi che la competenza consiliare fosse giustificata dalla necessità di procedere ad una variante al piano urbanistico generale, non essendo stata compiuta alcuna verifica istruttoria al riguardo, anzi avendo le aree interessate destinazione urbanistica di tipo commerciale al minuto, quindi pienamente compatibile con i contenuti della proposta; d’altronde, la variante urbanistica, ove necessaria, avrebbe potuto essere adottata dal consiglio nel prosieguo dell’iter amministrativo, di cui la valutazione dell’interesse pubblico da parte della giunta costituiva momento autonomo e presupposto.

3.1.3. Relativamente al secondo profilo la società contestava la riscontrata carenza di istruttoria, atteso che, quanto alla proprietà comunale delle aree, vi era stato un parere favorevole del dirigente competente, anche alla luce di sentenze che avevano escluso la validità di titoli dominicali in capo a terzi soggetti; avuto riguardo all’insufficiente istruttoria sulla maggiore convenienza dell’intervento rispetto all’ipotesi di mera alienazione delle aree da parte del Comune di Caserta, la ricorrente ribadiva quanto già evidenziato.

3.1.4. Infine, secondo la società ricorrente, la nota gravata era carente di motivazione in ordine al profilo dell’interesse pubblico eccedente il mero ripristino della legalità, rispetto all’interesse della società ricorrente alla realizzazione della proposta di intervento in cui favore ci si era espressi appena un anno prima.

3.2. Quanto all’azionata domanda risarcitoria, la società lamentava la lesione dei principi di legittimo affidamento e di lealtà nella fase delle trattative, chiedendo la reintegrazione dell’interesse contrattuale negativo, sotto il profilo del danno emergente, consistente nelle spese inutilmente sostenute, e del lucro cessante, astrattamente riferite ad altre occasioni di guadagno, salvo poi richiedere l’utile che le sarebbe derivato dall’esecuzione del progetto in quanto promotore abilitato ad esercitare il diritto di prelazione anche nell’ipotesi in cui non fosse risultato aggiudicataria della procedura, oltre al danno curricolare.

4. Si costituiva innanzi al primo giudice l’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta ed il Ministero dell’Interno, chiedendo di essere estromessi dal giudizio per difetto di legittimazione passiva.

4.1. Si costituiva in giudizio anche il Comune di Caserta, concludendo per il rigetto del ricorso; l’amministrazione depositava la deliberazione commissariale n. 52 del 21 settembre 2015 con cui, nel confutare le controdeduzioni procedimentali della società ricorrente, veniva integrata/rettificata la precedente delibera commissariale n.14 del 15 luglio 2015 di annullamento della deliberazione di giunta n. 104 del 13 giugno 2014, nonché annullata la deliberazione consiliare n. 80 del 20 ottobre 2014, recante l’inserimento della finanza di progetto nel Programma Triennale delle Opere Pubbliche e nell’elenco annuale; in particolare, si evidenziava che nulla aveva addotto la società ricorrente riguardo al difetto di istruttoria in seno alla deliberazione di giunta in questione; con rifermento, poi, alle questioni di competenza, veniva riaffermata quella del consiglio in merito all’approvazione di progetti e di valutazione su proposte di finanza di progetto; le argomentazioni difensive venivano poi rigettate quanto alla rilevanza del contenzioso, pendente in Cassazione, che vedeva coinvolto il Comune di Caserta, in ragione dell’esistenza di gravi rischi economici in caso di soccombenza, nonché avuto riguardo all’impossibilità di attuare il progetto; tanto, era anche posto a fondamento della ritenuta prevalenza di un interesse pubblico a procedere in autotutela.

5.Avverso tale deliberazione la Cer Innovation proponeva ricorso per motivi aggiunti, deducendo oltre a profili di illegittimità derivata rispetto agli atti impugnati con il ricorso introduttivo, che venivano pertanto riproposti, anche un’autonoma censura di carenza di istruttoria e di adeguata motivazione in ordine alle deduzioni presentate in sede di contraddittorio procedimentale.

6. Con la memoria di discussione finale il Comune eccepiva l’improcedibilità del ricorso introduttivo per essere stata la delibera impugnata sostituita dalla delibera di rettifica, oggetto del ricorso per motivi aggiunti e l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, per genericità delle censure.

7. Il giudice di prime cure, con la sentenza odiernamente appellata, previo rigetto dell’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo, in ragione del rilievo che la delibera oggetto del ricorso per motivi aggiunti era integrativa e rettificativa della prima – per cui le delibere si inscrivevano in una fattispecie complessa – nonché rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti e qualificazione delle medesime delibere come atti di annullamento d’ufficio, ex art. 21 nonies l. 241/90, ha disatteso le doglianze formulate e la (ritenuta) consequenziale domanda risarcitoria, ascritta alla responsabilità da provvedimento illegittimo/atto illecito “risultando legittimo l’impugnato atto di annullamento e dovendosi attendere, per ogni valutazione in merito all’ingiustizia del pregiudizio subito, le future determinazioni da parte dell’organo assembleare”.

8. Avverso tale sentenza la Cer Innovation, con l’odierno atto di appello ha formulato, in quattro motivi, le seguenti censure:

I. Error in procedendo. Violazione e falsa applicazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 del c.p.c. in relazione all’eccezione di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso introduttivo;

II. Error in iudicando. Sulla mancanza dei presupposti di annullamento in autotutela dei provvedimenti impugnati, illegittimamente riqualificati ex officio dal giudice di prime cure. Violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/90. Violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dell'art. 6 CEDU e dell’art. 112 del c.p.c per omessa pronuncia su fatti decisivi della controversia.

III. Error in iudicando. Omessa pronuncia su un fatto decisivo ai fini del decidere: violazione e/o falsa applicazione del principio di giusto procedimento con particolare riferimento all’art. 10 della L. 241/90. Violazione del principio di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei fatti e carenza d’istruttoria.

IV. Sulla domanda di risarcimento danni. Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1337 c.c. e dei principi di correttezza e buona fede nell’attività precontrattuale della pubblica amministrazione.

9. Si è costituito il Comune di Caserta, eccependo in limine litis l’irricevibilità dell’appello in quanto notificato oltre il termine previsto dal codice di rito in tema di appalti pubblici ed instando nel merito per il rigetto del gravame, eccezione ulteriormente argomentata nella memoria di replica ex art. 73 comma 1 c.p.a..

9.1. Con la memoria di discussione, ex art. 73 comma 1 c.p.a., il Comune ha altresì eccepito l’improcedibilità dell’appello in ragione del rilievo che oggetto di impugnativa in prime cure era stata anche la delibera commissariale n. 19/2015, relativa all’adozione del piano triennale delle oo.pp. 2015/2018 ed elenco annuale lavori pubblici anno 2015, atto questo superato dai successivi piani triennali delle oo.pp. , non oggetto di alcuna impugnativa da parte della società, con la conseguenza che la stessa, in tesi del Comune, non potrebbe ricevere alcuna utilità dall’accoglimento dell’appello e dal conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure.

10. Cer Innovation con la memoria di discussione diretta, oltre a replicare all’eccezione di irricevibilità dell’appello, ha insistito nell’accoglimento dei motivi formulati, replicando alle avverse difese.

10.1. Con la memoria di replica ha inoltre controdedotto in ordine all’eccezione di improcedibilità dell’appello.

10.2. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 15 giugno 2023 sulle conclusioni in tale sede rassegnate dalle parti, come da verbale di udienza.

DIRITTO

11.In limine litis vanno vagliate le eccezioni di rito formulate dal Comune di Caserta.

11.1. Ed invero, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione (Ad. Plen. n. 4 del 2011 e ribadito da Ad. Plen. n. 10 del 2011 e n. 9 del 2014), la norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione.

12. In ordine logico, alla stregua dell’indicata giurisprudenza, va pertanto affrontata prioritariamente la questione di ricevibilità dell’odierno appello, avuto riguardo al rilievo che il Comune di Caserta ritiene applicabile alla fattispecie de qua il rito appalti, ex art. 120 c.p.a., trattandosi di impugnativa di atti riferibili all’approvazione della proposta di project financing avanzata dal privato.

12.1. L’eccezione va disattesa, dovendosi applicare il prevalente orientamento giurisprudenziale in materia secondo il quale nella procedura di project financing occorre distinguere la fase preliminare della individuazione del promotore e la successiva fase selettiva finalizzata all’affidamento della concessione: la prima fase, ancorché in qualche misura procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici predeterminati, ma alla valutazione dell’esistenza stessa di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore, mentre la seconda fase costituisce una vera e propria gara soggetta ai principi comunitari e nazionali in materia di evidenza pubblica (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 15 aprile 2010, n. 2155, richiamata da Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 2012, n. 1).

Segnatamente con la sentenza 15 aprile 2010, n. 2155 il Supremo Consesso ha claris verbis affermato che “All’interno di tale cornice, appaiono chiaramente distinte, anche alla stregua della consolidata giurisprudenza, la fase preliminare della individuazione del promotore e la successiva fase selettiva finalizzata all’affidamento della concessione: mentre quest’ultima nella disciplina innanzi richiamata della legge nr. 109 del 1994, sostanzialmente confluita nell’originario impianto del d.lgs. nr. 163 del 2006, costituisce una vera e propria gara soggetta ai principi comunitari e nazionali in materia di evidenza pubblica (sia pure con le peculiarità e le deroghe previste in materia di affidamento di concessioni, nonché specificamente per il project financing in quanto tale), al contrario la scelta del promotore, ancorché in qualche misura procedimentalizzata e quindi entro certi limiti sindacabile in sede giurisdizionale, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici predeterminati, ma alla valutazione dell’esistenza stessa di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore (cfr. Cons. St., sez. V, 10 novembre 2005, nr. 6287)”.

12.2. Appare al riguardo evidente come la fattispecie concreta oggetto del presente vaglio giurisdizionale, disciplinata dal d.lgs. 163 del 2006, non abbia mai “superato” la prima fase che, pertanto, nessuna procedura competitiva per l’”affidamento” sia mai venuta ad esistenza, con conseguente inapplicabilità delle regole proprie del rito speciale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 119 e 120 c.p.a.. Tale conclusione è, peraltro, corroborata dall’insegnamento di Cons. Stato, Ad. Plen., 27 luglio 2016, n. 22, secondo cui “la disciplina di cui agli artt. 119 e 120 c.p.a. ha carattere derogatorio rispetto alla disciplina processuale comune, e ciò implica, sul piano ermeneutico, l’utilizzo di parametri interpretativi che tengano conto della natura eccezionale delle disposizioni medesime e che precludano all’interprete l’utilizzo di canoni interpretativi estensivi e analogici, ma anche teleologici (sulla necessità di seguire canoni di stretta interpretazione delle norme eccezionali si veda Cass. Civ., SS. UU, 24 novembre 2008, n.27863). L’attitudine delle norme oggetto di indagine a comprimere i diritti di difesa, riducendo i tempi per il loro valido esercizio, impedisce, infatti, di leggere la loro portata precettiva come estesa ad ambiti non direttamente segnati dal significato letterale delle espressioni lessicali utilizzate, così come preclude di ricavare, in esito a un’indagine che valorizzi la ratio della disposizione descrittiva, con valenza tassativa, delle controversie regolate dal rito speciale, effetti prescrittivi diversi da quelli direttamente riferibili al senso delle parole usate.

Accedendo, infatti, a canoni ermeneutici diversi da quello letterale si rischierebbe, invero, di assegnare alle disposizioni in esame, che, si ricorda, conformano, in senso restrittivo, l’esercizio del diritto di difesa, un significato diverso da quello immediatamente percepibile dalla loro lettura.

Ne consegue che l’operazione ermeneutica dev’essere condotta alla stregua del (solo) criterio letterale, al fine di verificare se nel significato dell’espressione testuale descrittiva delle controversie assoggettate al rito speciale rientrino o meno anche le liti relative ai provvedimenti concernenti le concessioni”.

Ed invero come chiarito nella stessa sentenza Cons. Stato, Ad. Plen., 27 luglio 2016, n. 22, la parola “affidamento” (cfr. l’art. 119, comma 1, lett. a), c.p.a. e 120 comma 1 c.p.a.) è riferibile ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture: la stessa dev’essere decifrata come relativa all’atto con cui la pubblica amministrazione sceglie il suo contraente e gli attribuisce la titolarità del relativo rapporto; appare evidente che nessuna “procedura di affidamento” nel caso in esame è stata avviata, con conseguente inapplicabilità delle regole proprie del rito speciale scolpito dagli artt. 119 e 120 c.p.a. (Cons. Stato, V, 26 maggio 2023 n. 5192).

13. Va parimenti disattesa l’eccezione di improcedibilità dell’appello, del pari formulata dal Comune di Caserta, fondata sul rilievo dell’intervenuta adozione di nuovi atti programmatori delle oo.pp. in cui non risulterebbe inclusa l’opera de qua agitur, non oggetto di impugnativa ad opera dell’odierna appellante.

Ed invero, in disparte dall’analisi dell’immediata lesività delle sopravvenute delibere di approvazione dei programmi triennali delle opere pubbliche, è sufficiente evidenziare come l’interesse allo scrutinio del merito del presente appello appaia adeguatamente fondato anche sulla (sola) già formulata domanda risarcitoria; la circostanza che la parte abbia ab initio azionato anche la domanda risarcitoria dispensa pertanto la parte dalla formulazione della richiesta di accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati ai fini risarcitori ex art. 34 comma 3 c.p.a., nei termini intesi dal noto arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2022.

13.1. Ciò fermo restando quanto di seguito precisato in ordine alla qualificazione della spiegata azione risarcitoria nei termini di responsabilità precontrattuale, rispetto alla quale la legittimità dell’agere amministrativo non costituisce necessario presupposto.

14. Nel merito peraltro l’appello è infondato, alla stregua di quanto di seguito precisato.

15. Con il primo motivo parte appellante critica il decisum di prime cure nella parte in cui, onde superare l’eccezione di improcedibilità formulata dal Comune, ha ritenuto che gli atti oggetto del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti integrassero una fattispecie complessa inquadrabile in un atto di annullamento d’ufficio sulla base del rilievo che il giudice si sarebbe pronunciato ultra petita, al di là delle richieste delle parti.

15.1. In disparte dal rilievo della carenza di interesse alla decisione di tale motivo di appello, per essere la pronuncia del giudice di prime cure con cui si è disattesa l’eccezione di improcedibilità formulata dalla parte resistente favorevole alla ricorrente ed odierna appellante, il motivo è infondato, posto che il primo giudice ha analizzato la fattispecie, alla luce del principio iura novit curia, avuto riguardo a quanto dedotto dalle parti per un verso circa l’improcedibilità, per altro verso circa la qualificazione degli atti impugnati, esplicativi di una potestà di autotutela, sub specie di revoca – come ritenuto dalla parte ricorrente – ovvero sub specie di annullamento d’ufficio, come invece ritenuto dal Comune e condiviso dal primo giudice; qualificazione questa senza dubbio necessaria al fine di esaminare le doglianze attoree.

Pertanto in alcun modo la statuizione di prime cure può considerarsi ultra petita, in quanto il primo giudice, onde analizzare le domande e le eccezioni di parte ha dovuto necessariamente qualificare la fattispecie.

15.2. Peraltro ad abundantiam, si osserva come la statuizione di prime cure, oltre a non integrare alcun vizio di ultrapetizione, sia corretta nel merito, posto che la delibera oggetto di impugnativa con il ricorso per motivi aggiunti va chiaramente ad integrare e rettificare la motivazione della delibera oggetto di impugnativa con il ricorso introduttivo, saldandosi ad essa in una fattispecie complessa, qualificabile in termini di convalida con integrazione della motivazione, come peraltro chiaramente evincibile dall’oggetto della delibera medesima “Rettifica e/o integrazione della delibera commissariale n. 14/2015 e conseguente annullamento deliberazione giunta comunale n. 104/2014 nonché della delibera di consiglio comunale n. 89 del 20 ottobre 2014 e della delibera di giunta comunale n. 143 del 17 settembre 2014, nella parte in cui inseriscono l’intervento di recupero del Parco degli Aranci (denominato completamento attrezzature area 167 Leonetti) nella programmazione annuale 2014 per violazione dell’art. 128 comma 8 del d.lgs. 163/2006

Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa “la dottrina pubblicistica ha sempre ritenuto ammissibile il fenomeno della "convalescenza" dell'atto amministrativo. La possibilità per l'Amministrazione di concludere il riesame del proprio operato con una decisione di carattere conservativo trova fondamento nel principio generale di economicità e conservazione dei valori giuridici e nella garanzia del buon andamento dell'agire amministrativo.

A seconda della specie di vizio da emendarsi, è stata nel corso del tempo elaborata una articolata tassonomia di atti ad esito confermativo, dei quali fanno parte: la conferma, la ratifica, la convalida, la rettifica, la conversione e la sanatoria.

Sul piano della ricostruzione sistematica, l'insieme di tali istituti è stato ricompreso nella categoria dell'autotutela, ovvero della potestà generale dell'amministrazione di prevenire o risolvere le controversie sulla legittimità dei propri atti, inquadrandoli fra i procedimenti di secondo grado” (Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n.3385).

15.2.1. Peraltro, inquadrato l’atto di integrazione/correzione della motivazione di un precedente provvedimento amministrativo nell’ambito della convalida, si applicano i princìpi che regolano tale fattispecie: “la convalida non determina una modificazione strutturale del provvedimento viziato (non configurabile neppure logicamente, essendosi la fattispecie stessa già integralmente conclusa), bensì il sorgere di una fattispecie complessa, derivante dalla "saldatura" con il provvedimento convalidato, fonte di una sintesi effettuale autonoma.

L'efficacia consolidativa degli effetti della convalida opera retroattivamente: il provvedimento di convalida, ricollegandosi all'atto convalidato, ne mantiene fermi gli effetti fin dal momento in cui esso venne emanato (si tratta di una opinione risalente quantomeno a Consiglio di Stato, sez. V, 21 luglio 1951, n. 682). La decorrenza ex tunc è connaturale alla funzione della convalida di eliminare gli effetti del vizio con un provvedimento nuovo ed autonomo. È questa la principale differenza rispetto alla rinnovazione dell'atto che invece non retroagisce per conservarne gli effetti fin dall'origine. La retroattività della convalida trova tuttavia un importante limite nelle ipotesi in cui l'esercizio del potere sia sottoposto ad un termine perentorio, scaduto il quale anche il potere di convalida viene necessariamente meno”(Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n.3385 cit.).

15.2.2. La convalida, come evidenziato in tale pronuncia, si distingue pertanto, per struttura e funzione, da altri istituti limitrofi e segnatamente: dall'atto meramente confermativo, enucleato dalla giurisprudenza per impedire l'elusione della perentorietà del termine di ricorso, il quale non modifica forma, motivazione e dispositivo del provvedimento confermato (rimasto generalmente inoppugnato); dalla conferma propria, la quale - sebbene connotata dall'apertura di una nuova istruttoria - non è comunque volta a rimuovere alcun vizio; dalla rettifica, che ha ad oggetto le difformità che non comportano l'invalidità del provvedimento originario ma solo la sua irregolarità; infine, dalla conversione che tiene fermo l'atto originario sussumendolo però sotto una diversa fattispecie legale (così, ancora, questo Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 3385 del 2021, cit.).

Come ulteriormente statuito, del resto, la convalida è il provvedimento con il quale la pubblica amministrazione, nell'esercizio del proprio potere di autotutela decisionale ed all'esito di un procedimento di secondo grado, interviene su un provvedimento amministrativo viziato e, come tale, annullabile, emendandolo dai vizi che ne determinano l'illegittimità e, dunque, l'annullabilità (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 6125 del 2018).

15.2.3. Alla luce di ciò non può dubitarsi che, nel caso di specie, l'amministrazione, all’esito della presentazione del preavviso di ricorso, previa comunicazione di avvio del procedimento di cui alla nota n. 64776 del 2015, abbia inteso integrare e rettificare la motivazione della delibera oggetto di gravame con il ricorso introduttivo, da un lato qualificando expressis verbis l’atto come di annullamento d’ufficio - come del resto identificabile dal dispositivo della medesima delibera del commissario straordinario del comune di Caserta n.14 del 15 luglio 2015, con conseguente irrilevanza di quanto al riguardo indicato nell’oggetto della medesima delibera - dall’altro ad individuare ulteriori vizi della delibera giuntale oggetto di annullamento, indicando in primis il vizio di incompetenza della giunta.

15.2.4. Peraltro, anche avendo riguardo alla motivazione della prima delibera di annullamento oggetto di convalida, era facilmente evincibile la qualificazione della stessa in termini di annullamento d’ufficio ex art. 21 nonies l. 241/90 e non in termini di revoca, ex art. 21 quinquies, non essendosi proceduto, al contrario di quanto lamentato da parte appellante, ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico, ma essendosi ritenuta la delibera giuntale oggetto di autotutela viziata ab origine quanto alla valutazione dell’interesse pubblico, in quanto, come evidenziato dal collegio dei revisori che invitava all’annullamento d’ufficio, «la cessione gratuita del terreno non rispetta il proficuo utilizzo dello stesso, anche tenendo conto delle agevolazioni, in termini di esenzione del pagamento dei tributi locali».

16. In considerazione di tali rilievi va pertanto disatteso anche il secondo motivo di appello, con il quale Cer Innovation lamenta che il giudice di prime cure, oltre a violare il rapporto fra chiesto e pronunciato avesse commesso un palese error in iudicando per aver ritenuto (i) che «la volontà emergente dalla deliberazione n. 14 del 15 luglio 2015 era manifestamente di annullamento» e (ii) che i vizi del primo provvedimento di revoca (delibera n. 14/2015) fossero stati “rettificati” con la seconda delibera di “integrazione” della prima, in quanto l’unica (inconferente) motivazione a supporto della delibera impugnata faceva esclusivo riferimento alla necessità di rispettare il “proficuo utilizzo” del bene e, quindi, ad una (asserita e non dimostrata) rivalutazione dell’interesse pubblico alla corretta ed efficiente gestione di un bene pubblico.

In particolare secondo parte appellante la delibera era viziata:

a) da un evidente travisamento dei fatti, per avere il collegio dei revisori prima ed il commissario prefettizio poi omesso del tutto di considerare che la cessione delle aree di proprietà comunale non era prevista “a titolo gratuito” ma costituiva una forma indiretta di corrispettivo che la delibera di giunta n. 104/2014 aveva legittimamente previsto ex art. 143, comma 5 del D.lgs n. 163/2006 (ora confermato dall’art. 165, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016) a sostegno dell’equilibro economico finanziario della concessione;

b) dalla totale mancanza di istruttoria, atteso che il comune di Caserta, nel limitarsi a ribadire l’erroneo parere emanato dal collegio dei revisori dei conti, aveva omesso del tutto di verificare la sussistenza degli elementi giuridici e fattuali a supporto della revoca della delibera che, solo un anno prima, la giunta comunale aveva adottato all’unanimità a seguito di un lungo e completo iter istruttorio.

In tesi di parte appellante l’operazione logico-giuridica in tal modo compiuta dal giudice di prime cure sarebbe palesemente illegittima per un duplice ordine di motivi:

a) in primo luogo, perché non erano stati neppure esaminati i molteplici vizi che inficiavano il provvedimento di revoca, ciò integrando, in violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dell'art. 6 CEDU e dell’art. 112 del c.p.c., l’errore di omessa pronuncia su un fatto decisivo della controversia di per sé idoneo a legittimare l’accoglimento del presente gravame (cfr. Cons. Stato, VI, 11 luglio 2016, n. 3047);

b) in aggiunta, aveva erroneamente accertato, in via “pregiudiziale ed assorbente”, che la Giunta comunale non fosse competente a dichiarare il pubblico interesse della proposta ritenendo che «la fondatezza di tale rilievo, imponendo la rimessione dell’affare ad altro organo, determinerebbe il superamento di ogni ulteriore questione in merito alle modalità di concreto esercizio del potere da parte dell’organo giuntale».

Secondo la prospettazione di parte appellante poiché la pianificazione e l’approvazione dei progetti delle opere pubbliche rientrano nella funzione di indirizzo politico e poiché, in particolare, assume tale connotazione anche la qualificazione della proposta dei promotori come progetto di interesse pubblico, la competenza a pronunciarsi sulla rispondenza o meno al pubblico interesse della proposta non poteva che essere riconosciuta alla giunta comunale di Caserta, quale organo di governo del comune deputato a compiere tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio comunale e che non ricadono nelle competenze del sindaco.

Né, d’altra parte, in tesi di parte appellante poteva essere sancita la competenza del consiglio comunale sulla base del presupposto, erroneo in fatto e in diritto, che la realizzazione della proposta richiedesse la previa adozione di una variante al PRG.

Il giudice di prime cure avrebbe altresì errato per parte appellante nel ritenere che «né rilevanza può essere riconosciuta alla circostanza di fatto addotta da parte ricorrente in merito alla non necessità di una variante urbanistica rispetto alla progettazione preliminare presentata dalla società» atteso che «l’argomentazione, così come proposta, investe le modalità di esercizio del potere di approvazione di variante urbanistica e non la sua sussistenza nel caso concreto», atteso che la mera lettura del ricorso introduttivo e dei successivi scritti difensivi dimostrava che l’odierna appellante aveva analiticamente contestato, nel merito, la necessità di adottare una variante urbanistica e non le modalità con la quale la stessa avrebbe potuto essere adottata.

Ad avviso di parte appellante inoltre il giudice di prime cure aveva omesso del tutto di motivare in che modo l’Amministrazione avesse soddisfatto gli ulteriori presupposti necessari a legittimare l’adozione della delibera di annullamento e, in particolare, la sussistenza dell’interesse pubblico e la sua prevalenza rispetto a quello del privato.

Infatti, il Comune di Caserta non aveva adeguatamente esposto nel provvedimento le ragioni dello specifico interesse pubblico giustificante il sacrificio imposto all'interesse della parte privata, limitandosi a richiamare, in modo apodittico, il più volte contestato ed erroneo parere del collegio dei revisori dei conti e, quindi, con l’asserita (e, come visto, ampiamente indimostrata) “cessione gratuita del terreno”.

Né, d’altra parte, poteva ritenersi “prevalente” l’interesse pubblico sulla base dell’asserita (ma non dimostrata) necessità di tutelare il Comune dagli eventuali effetti negativi conseguenti ai contenziosi pendenti sulle aree di proprietà comunale da cedere, ai sensi dell’art. 143, comma 5 del d.lgs. 163/2006 al Promotore, in quanto la titolarità del diritto di proprietà delle aree in esame non poteva in alcun modo venir meno per effetto di eventuali soccombenze in giudizi di natura risarcitoria, mentre l’unico contenzioso potenzialmente idoneo ad incidere sulla proprietà dell’area in esame si era concluso con una sentenza che aveva dichiarato la nullità del contratto di cessione volontaria stipulato tra il comune di Caserta ed il Consorzio Infra ed aveva accertato che le aree appartenevano al patrimonio del comune di Caserta.

Anche i riferimenti compiuti dal comune di Caserta agli ulteriori contenziosi pendenti sarebbero in tesi attorea del tutto inconferenti e palesemente pretestuosi, atteso che il giudizio di opposizione alla procedura esecutiva immobiliare avviato dalla S.G.A. contro il comune, dapprima sospeso ex art. 295 c.p.c. in ragione del rapporto pregiudiziale con il summenzionato contenzioso pendente davanti il Tribunale di S.M. Capua Vetere, in considerazione del passaggio in giudicato della relativa sentenza n. 11/12, era stato accolto con sentenza n. 480/15 della Corte d’Appello di Napoli; per cui in tesi di parte appellante, era presumibile anche il rigetto del ricorso in cassazione.

17. I motivi sono nel loro complesso infondati, alla stregua di quanto di seguito evidenziato.

17.1. In disparte dalla circostanza che, come innanzi evidenziato, la qualificazione della delibera commissariale n.14 del 15 luglio 2015 in termini di annullamento d’ufficio era claris verbis enucleata nel dispositivo della medesima delibera (in adesione all’invito del collegio dei revisori che aveva evidenziato il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, nonché per violazione delle prescrizioni ministeriali per far fronte alle necessità dell’OSL, oppure, in ipotesi di mancata vendita, l’adozione di provvedimenti finalizzati a un più proficuo utilizzo degli stessi), come dato atto nella nota 64776 del 2015 e nella delibera di convalida, non si era al cospetto, come innanzi evidenziato di una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico, ma della constatazione dell’erronea valutazione ab origine sulla sussistenza dell’interesse pubblico, avuto riguardo alla disposta cessione gratuita dell’area in favore del concessionario.

17.2. La motivazione di tale prima delibera risulta peraltro integrata in parte qua anche con quanto evidenziato nella delibera di convalida n. 52 del 21 settembre 2015 e nella previa comunicazione di avvio del procedimento di cui alla nota n. 64776 del 13 agosto 2015, in ordine al difetto di istruttoria della delibera giuntale relativamente alla questione della titolarità e/o proprietà del Comune, in quanto la delibera giuntale si era limitata a prendere atto di quanto dichiarato dal dott. Cioffi con nota prot. n. 7974/2013, senza compiere una valutazione approfondita sugli effetti di un eventuale esito negativo del contenzioso pendente in Cassazione, nonché in ordine alla circostanza che non era stato assolutamente presa in considerazione, ai fini della concessione gratuita dell’area, l’astratta possibilità che il comune, in considerazioni delle azioni giudiziarie intraprese da vari privati, avrebbe potuto, nell’immediato futuro, essere esposto ad un risarcimento di circa 7 milioni di euro; circostanze queste ultime che sono state prese in considerazione anche in termini di preminenza dell’interesse pubblico all’annullamento rispetto agli interessi meramente economici della società destinataria dell’atto.

17.3. Pertanto, ferma rimanendo la discrezionalità dell’amministrazione nella valutazione dell’interesse pubblico, la delibera commissariale così come la delibera di convalida che si salda alla prima, nei termini innanzi esposti, appaiono legittime in quanto la giunta non aveva debitamente considerato lo stato finanziario del comune, che poteva essere ulteriormente aggravato dai giudizi pendenti e dalle correlative richieste risarcitorie; pertanto non meritevole di considerazione si presenta la prospettazione di parte appellante secondo la quale nel lungo periodo lo sfruttamento della concessione avrebbe determinato maggiori entrate per il comune rispetto alla semplice alienazione del bene, dovendo la valutazione dell’interesse pubblico essere valutata anche avuto riguardo allo scenario di possibili ed imminenti soccombenze dell’Amministrazione nei giudizi risarcitori pendenti, con necessità eventualmente di farvi fronte con l’alienazione del bene, nonché dalla circostanza che sul bene era comunque pendente una procedura esecutiva.

Qualificata la fattispecie complessa in termini di atto di annullamento della delibera giuntale, correttamente il primo giudice ha ritenuto che vizio assorbente fosse quello di incompetenza, evidenziato nella delibera di convalida/rettifica sotto due distinti profili:

a) in quanto al punto 11 approvava il progetto preliminare in variante del PRG, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 327/2001, laddove tale norma prevede espressamente la competenza del consiglio comunale;

b) in quanto l’art. 153 comma 19 d.lgs dovrebbe interpretarsi in combinato disposto con le norme di cui al D.P.R. 327/2001 ed in primo luogo con l’art. 19 e con il d.l.gs. 267/2000 ed in particolare con l’art. 42 che assegnano al consiglio comunale la competenza in materia di varianti urbanistiche.

Il carattere assorbente del riscontrato vizio è deducibile dalla circostanza che lo stesso commissario ha ritenuto di non doversi pronunciare in via consequenziale, in sostituzione del consiglio comunale, rimettendo la questione all’organo consiliare ritenuto competente.

17.4. Né appare condivisibile la prospettazione di parte appellante secondo cui al riguardo non era necessaria una variante urbanistica, con conseguente radicamento della competenza della giunta, posto che era stata la stessa giunta con la delibera oggetto di annullamento a procedere all’approvazione del progetto preliminare in variante al PRG ai sensi dell’art. 19 del d.lgs n.327/2001 con l’inserimento nell’annualità 2014 del programma triennale delle Opere Pubbliche, violando al riguardo le competenza del consiglio.

Ed invero come correttamente evidenziato dal giudice di prime cure l’art. 153, comma 19 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 stabilisce che «gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilita', incluse le strutture dedicate alla nautica da diporto, non presenti nella programmazione triennale di cui all'articolo 128 ovvero negli strumenti di programmazione approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. La proposta contiene un progetto preliminare, una bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato da uno dei soggetti di cui al comma 9, primo periodo, e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione (…). L'amministrazione aggiudicatrice valuta, entro tre mesi, il pubblico interesse della proposta. A tal fine l'amministrazione aggiudicatrice puo' invitare il proponente ad apportare al progetto preliminare le modifiche necessarie per la sua approvazione. Se il proponente non apporta le modifiche richieste, la proposta non puo' essere valutata di pubblico interesse. Il progetto preliminare, eventualmente modificato, e' inserito nella programmazione triennale di cui all'articolo 128 ovvero negli strumenti di programmazione approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente ed e' posto in approvazione con le modalita' indicate all'articolo 97; il proponente e' tenuto ad apportare le eventuali ulteriori modifiche chieste in sede di approvazione del progetto; in difetto, il progetto si intende non approvato. Il progetto preliminare approvato e' posto a base di gara per l'affidamento di una concessione, alla quale e' invitato il proponente, che assume la denominazione di promotore».

L’art. 97 del medesimo decreto legislativo, richiamato dall’art. 153, comma 9, stabilisce che «l'approvazione dei progetti da parte delle amministrazioni viene effettuata in conformità alle norme dettate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e alle disposizioni statali e regionali che regolano la materia».

L’art. 42 del d.lgs. 8 agosto 2000 n. 267, al secondo comma, lettera b), affida alla competenza del consiglio «programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie».

Infine, l’art. 19 del d.p.r. n. 327 del 2001, ai primi due commi, stabilisce inoltre che «quando l'opera da realizzare non risulta conforme alle previsioni urbanistiche, la variante al piano regolatore può essere disposta con le forme di cui all' articolo 10, comma 1, ovvero con le modalità di cui ai commi seguenti. L'approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte del consiglio comunale, costituisce adozione della variante allo strumento urbanistico».

17.4.1. Dalle citate disposizioni emerge, come ritenuto dal giudice di prime cure, che il modello procedimentale in esame consta di tre fasi: la prima, inerente alla presentazione della proposta di finanza di progetto, in cui si esprime la valutazione dell’interesse pubblico, di competenza dell’organo di governo; la seconda, ove avviene l’inserimento dell’opera dichiarata di pubblico interesse nella programmazione triennale, con sottoposizione ad approvazione del progetto preliminare, sempre a cura dell’organo di governo; l’ultima, che prevede l’indizione di una gara sul progetto approvato, rimessa alla competenza della dirigenza.

Con riferimento all’individuazione dell’organo di governo competente per le prime due fasi, va condivisa la prospettazione della delibera di rettifica (rectius di convalida), ritenuta corretta dal giudice di prime cure, dell’individuazione dello stesso nel consiglio comunale; infatti, ai sensi della normativa del T.U.E.L. è l’assemblea ad essere competente sulla programmazione triennale e sull’elenco annuale delle opere pubbliche, anche in merito all’adozione di pareri, trattandosi, in linea di principio, comunque di un’attività generale e di indirizzo; rispetto a tale ambito non è prevista nessuna eccezione in termini di competenza nella titolarità di altri organi; quindi, in assenza di una norma specifica di attribuzione alla giunta, ogni valutazione destinata ad incidere sulla programmazione in termini di inserimento di specifici interventi, non potrà che appartenere in via esclusiva al Consiglio comunale, quale titolare della funzione generale de qua.

La competenza del consiglio va inoltre riconosciuta anche riguardo al potere di approvazione del progetto preliminare su cui si fonda la proposta di finanza di progetto, essendo così stabilito dall’art. 19 del citato d.p.r. n. 327/2001 rispetto a varianti allo strumento urbanistico, disposizione applicabile al caso sub judice per effetto del rinvio ad essa operato dagli artt. 153, comma 9 e 97 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163. (Consiglio di Stato sez. IV 22 settembre 2014 n. 4762; Consiglio di Stato sez. IV 19 giugno 2014 n. 3116); né, giova rimarcarlo, rileva la circostanza addotta da parte appellante secondo cui nell’ipotesi di specie non occorresse alcuna variante allo strumento urbanistico, posto che era stata proprio la delibera giuntale a procedere all’approvazione del progetto in variante e a disporne l’inserimento nel programma triennale delle opere pubbliche.

18. Va parimenti disatteso il terzo motivo di appello, con cui Cer Innovation lamenta che il Tar aveva omesso di pronunciarsi su un punto decisivo della controversia, ovvero sulla violazione dell’art. 10 della l. 241/90 e dei princìpi del giusto procedimento e del consequenziale difetto di motivazione e di istruttoria, relativamente alle osservazioni presentate dalla società all’esito della comunicazione di avvio del procedimento di cui alla nota prot. 64776 del 13 agosto 2015, avendo ritenuto di pronunciarsi sul solo vizio di incompetenza, ad avviso del giudice di prime cure avente carattere assorbente.

Su tale punto la sentenza di prime cure va confermata con integrazione della motivazione.

18.1. La censura di parte appellante non è infatti idonea a determinare l’accoglimento del ricorso di prime cure, posto che, contrariamente a quanto dalla stessa argomentato, nella delibera di rettifica/integrazione, ovvero di convalida, n. 52 del 21 settembre 2015, si rappresenta che le osservazioni della Cer Innovation, anche se pervenute oltre il termine assegnato, erano state esaminate, approfondite e valutate dagli uffici comunali, con l’esplicitazione analitica ai punti a) e d) della ragioni della loro non decisività; parimenti nella lett. e) si dà atto della sussistenza nell’ipotesi di specie delle condizioni prescritte dall’art. 21 nonies della l. 241/90 per l’esercizio del potere di autotutela, rinviando al riguardo a quanto evidenziato nella comunicazione di avvio del procedimento “non contenendo le osservazioni della Cer contributi tali da determinare la formazione di una diversa volontà dell’amministrazione; in particolare in sede di comparazione degli interessi in gioco e soprattutto in considerazione della concessione gratuita dell’area de qua alla società Cer si ritiene assolutamente prevalente l’interesse pubblico esposto al pericolo di condanne per oltre 7 milioni di euro (in relazione a giudizi già pendenti di cui si è fatto cenno nella comunicazione di avvio del procedimento)”.

Pertanto, fermo rimanendo il carattere assorbente del vizio di incompetenza quanto alla ragione di illegittimità, fra i vari vizi riscontrati, il giudizio di prevalenza dell’interesse pubblico è stato correttamente effettuato dal Comune nell’esercizio del suo potere discrezionale – con i noti limiti di sindacabilità da parte del G.A. - con riferimento all’evidenziata non conformità all’interesse pubblico della cessione gratuita dell’area che avrebbe privato nell’immediato il comune di un bene passibile di eventuale alienazione per far fronte a possibili condanne al risarcimento dei danni in sede giudiziale, avuto riguardo ai numerosi giudizi pendenti.

18.2. Peraltro va richiamata al riguardo la giurisprudenza in materia secondo cui l'obbligo dell'Amministrazione di dare riscontro alle osservazioni procedimentali non va inteso quale obbligo di confutazione puntuale di tutti i singoli rilievi sollevati dall'interessato, essendo sufficiente, affinché la garanzia partecipativa possa dirsi rispettata, che nella motivazione dell'atto si dimostri di aver tenuto in considerazione tali rilievi e si esponga sinteticamente il ragionamento complessivo che ne ha permesso il superamento (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, V, 30 ottobre 2018 n. 6173).

19. Infine da rigettare, con conferma della sentenza sia pure con diversa motivazione, è l’ultimo motivo di appello relativo al capo della sentenza con cui si è rigettata la richiesta risarcitoria.

19.1. In tesi di parte appellante il comune di Caserta aveva posto in essere una condotta complessivamente violativa dei generali principi di buona fede e correttezza di cui all’art. 1337 c.c., a ciò conseguendo il suo diritto ad ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti e provati in primo grado (puntualmente riproposti ai sensi dell’art. 101 C.p.a.) e che, invece, il Tar Campania aveva rigettato ritenendo «legittimo l’impugnato atto di annullamento e dovendosi attendere, per ogni valutazione in merito all’ingiustizia del pregiudizio subito, le future determinazioni da parte dell’organo assembleare».

La statuizione di prime cure, in tesi di parte appellante, sarebbe pertanto erronea non avendo considerato che il comune di Caserta aveva prima ingenerato e poi tradito il legittimo affidamento della Cer Innovation alla finalizzazione del procedimento nel corso del quale, a seguito della presentazione del progetto e della successiva dichiarazione di pubblico interesse della proposta, era stata già nominata (all’unanimità) Promotore.

L’attribuzione di una simile qualifica, secondo parte appellante, sarebbe idonea a far emergere una posizione differenziata e qualificata: in tal senso deporrebbe chiaramente il combinato disposto degli artt. 153, comma 19 del d.lgs. n. 163/2006 e 278 del DPR 207/2010 (applicabili al caso di specie ratione temporis) i quali attribuiscono al Promotore (i) la possibilità di esercitare, qualora non dovesse risultare aggiudicatario della gara indetta dalla pubblica amministrazione, il diritto di prelazione adeguando la propria offerta a quella risultata economicamente più vantaggiosa e (ii) il diritto di ottenere il pagamento delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, in misura pari al 2,5 del valore totale dell’investimento, qualora non intenda esercitare il diritto di prelazione.

Sarebbe pertanto innegabile che la posizione del promotore, a fronte della revoca della dichiarazione di pubblico interesse del progetto, è «assimilata alla posizione delle parti nella fase precontrattuale, regolata ai sensi dell'art. 1337 cod. civ. applicabile anche ad una pubblica amministrazione dal rispetto dei principi della buona fede e della correttezza nei rapporti reciproci”.

19.2. In tesi di parte appellante la responsabilità precontrattuale sarebbe ravvisabile anche nell’ipotesi in cui l’Amministrazione abbia legittimamente proceduto a revocare un titolo che la abilitava ad accedere alla stipula del contratto, venendo in rilievo non una responsabilità da provvedimento, ma da comportamento violativo delle regole della correttezza nello svolgimento delle trattative.

19.3. Quanto alla misura del risarcimento eziologicamente ricollegabile in via esclusiva alla condotta del Comune di Caserta, l’appellante ha ritenuto di dover commisurare la suddetta richiesta risarcitoria al c.d. interesse negativo, cioè (i) alle spese inutilmente sostenute e (ii) alle perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali.

In ordine alla voce sub i), il Promotore ha affermato di avere dovuto sostenere per la redazione della proposta, quantificati già nel piano economico finanziario asseverato (coerentemente a quanto previsto nella normativa), nella complessiva somma di Euro 805.000,00 (ottocentocinquemila/00), oltre interessi legali su tale somma, come emerge da documentazione depositata in atti (cfr. doc. da n. 9 a 10.4 allegati al fascicolo di primo grado, da intendersi espressamente richiamati nel presente giudizio). Quanto alle perdite subite, ha ritenuto di evidenziare che il mancato utile spetterebbe nella misura integrale atteso che, in virtù del disposto di cui all’art. 153, comma 19 del D.lgs. n. 163/2006, il Promotore «se non risulta aggiudicatario, può esercitare (…) il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario» e, quindi, lo stesso può fare affidamento sulla certezza dell'aggiudicazione.

20. Al riguardo è opportuno richiamare i princìpi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in materia di responsabilità precontrattuale.

20.1. Ciò posto, correggendo in parte qua la motivazione della sentenza di prime cure, è opportuno premettere che le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti ed autonomi e non si pongono in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi (sul punto, Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio 2021, n. 5274).

Come noto infatti l’ordinaria possibilità che una responsabilità da comportamento scorretto sussista, nonostante la legittimità del provvedimento amministrativo che conclude il procedimento, è stata a più riprese affermata dalla giurisprudenza, che ha precisato come la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nelle procedure di affidamento di contratti pubblici è una responsabilità da comportamento illecito, che spesso non si traduce in provvedimenti illegittimi, ma presuppone la legittimità dei provvedimenti che scandiscono la parabola procedurale.

20.2. È altresì d’uopo delineare, in tale ambito, l’operatività del principio del legittimo affidamento, il quale viene in rilievo in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività.

Si ritiene al riguardo doveroso richiamare sull’argomento le coordinate ermeneutiche sapientemente fornite da Ad. Plen. Cons. Stato con la nota sentenza del 29 novembre 2021, n. 21.

20.2.1. Pur sorto nei rapporti di diritto civile, con lo scopo di tutelare la buona fede ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata, l’affidamento è ormai considerato principio generale e canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero quelli che si instaurano nell’esercizio del potere pubblico.

20.2.2. A conferma della descritta evoluzione si pone l’art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: “i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”. Tale regola di carattere generale dell’agire pubblicistico trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.) e appare ontologicamente connaturata ad una concezione del procedimento amministrativo inteso quale luogo di composizione del conflitto tra l’interesse pubblico primario e gli altri interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’esercizio del primo.

20.2.3. Concepito in questi termini, il dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede ha quindi portata bilaterale, perché sorge nell’ambito di una relazione che, sebbene asimmetrica, è nondimeno partecipata; da ciò discende l’assoggettamento dell’agire amministrativo al generale dovere di «comportarsi secondo buona fede» enunciato dall’art. 1337 del codice civile (come chiarito dalla stessa Adunanza plenaria nelle precedenti pronunce del 5 settembre 2005, n. 6, e del 4 maggio 2018, n. 5).

20.3. Dirimente diviene l’individuazione del momento idoneo a far sorgere il legittimo affidamento, nonché delle circostanze e delle caratteristiche connaturanti lo stesso, temi su cui si sofferma il citato arresto dell’Adunanza Plenaria.

Quanto al primo aspetto, va evidenziato come la Corte di Cassazione abbia ripetutamente affermato la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante “a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante” (ex multiis, Cass. Civ. Sez. I, n. 15260 del 03/07/2014).

La stessa giurisprudenza amministrativa, rifuggendo da rigidi apriorismi e con criterio elastico, ha negato rilievo dirompente all’intervenuta aggiudicazione definitiva, laddove ha in particolare stabilito che la verifica di un affidamento ragionevole sulla conclusione positiva della procedura di gara va svolta in concreto, in ragione del fatto che “il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell’affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831).

Ed ancora, “nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica i presupposti della responsabilità precontrattuale dell'amministrazione pubblica consistono nell'affidamento ingenerato dal comportamento della stazione appaltante sull'esito positivo della procedura e nell'assenza di una giusta causa per l'inattesa interruzione delle trattative” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26/04/2021, n. 3303).

20.4. Per quanto attiene all’individuazione degli elementi costitutivi dell’affidamento legittimo, occorre tener conto che ciascun contraente assume un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto e che, perciò, non può confidare sempre e comunque sulla positiva conclusione delle trattative, dovendo le stesse aver raggiunto quantomeno un grado di sviluppo tale da rendere ragionevolmente prevedibile la stipula del contratto.

Individuato un primo requisito dell’affidamento tutelabile nella sua ragionevolezza e nel correlato carattere ingiustificato del recesso, (o dell’annullamento d’ufficio della procedura) il secondo consiste nel carattere colposo della condotta dell’amministrazione, nel senso che la violazione del dovere di correttezza e buona fede deve esserle imputabile quanto meno a colpa, secondo le regole generali valevoli in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ. (in questo senso, ancora Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5). A sua volta non deve essere inficiato da colpa l’affidamento del concorrente.

20.5. In conclusione, secondo il principio di diritto affermato nell’esaminata pronuncia, “nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa”.

20.6. Quanto alle poste risarcibili a titolo di responsabilità precontrattuale deve rammentarsi, come più volte affermato dalla giurisprudenza, che “nel caso in cui venga affermata la sussistenza di una responsabilità precontrattuale, il risarcimento del danno va parametrato non già all'utile che il contraente avrebbe potuto ritrarre dall'esecuzione del rapporto, ma al cosiddetto interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente (ossia le spese inutilmente sostenute per dare corso alle trattative), sia il lucro cessante (da intendersi come mancato guadagno rispetto a eventuali altre occasioni di contratto che la parte alleghi di avere perduto” (cfr. tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 12/07/2021, n. 5274).

20.7. Secondo i noti principi in tema di onere della prova ex art. 2967 c.c., che si applicano anche al giudizio amministrativo in tema di responsabilità precontrattuale, colui che chiede il risarcimento deve fornire la prova del danno - conseguenza, che si concretizza nelle perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate.

21. Ciò posto, pur dovendosi ascrivere la richiesta risarcitoria azionata in prime cure in termini di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. – rispetto alla quale, come innanzi evidenziato, può risultare irrilevante la legittimità dell’agere amministrativo, in ciò sostanziandosi uno dei profili qualificanti la differenziazione fra responsabilità da provvedimento illegittimo/atto illecito, ex art. 2043 c.c. e la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. – la pretesa risarcitoria risulta comunque infondata in quanto la società appellante non poteva nutrire un legittimo affidamento in ordine all’aggiudicazione della successiva procedura competitiva, rispetto alla quale la stessa ritiene di trovarsi in una posizione differenziata e qualificata, per essere promotore legittimato ad esercitare il diritto di prelazione.

Ciò in considerazione dei seguenti rilievi:

a) in ragione della circostanza che la delibera giuntale era affetta da un macroscopico vizio di incompetenza, facilmente riscontrabile da un operatore del settore;

b) per il rilievo che il perfezionamento procedura era comunque subordinato, in forza di quanto previsto nella stessa delibera giuntale oggetto di annullamento, alla conclusione della procedura esecutiva sul bene da concedere gratuitamente;

c) per l’ulteriore rilievo che la procedura competitiva non era stata neppure avviata, essendosi arrestato il procedimento alla fase di approvazione del progetto;

d) per la circostanza che si è intervenuti in autotutela a breve distanza di tempo dalla delibera giuntale che ne era oggetto, ovvero a distanza di circa un anno.

22. Peraltro, ferma l’assorbenza di tali rilievi, la domanda è infondata anche relativamente alle poste risarcitorie poste a base della spiegata azione.

22.1. Ed invero, avuto riguardo alla evidenziata risarcibilità a titolo di responsabilità precontrattuale del solo interesse negativo, comprensivo sia del danno emergente che del lucro cessante nei termini innanzi indicati, nel caso di specie:

- quanto al danno emergente - id est spese sostenute - la società appellante alcuna prova ha offerto in prime cure, non avendo prodotto alcuna fattura ma dei progetti di fattura, ovvero documenti inidonei a provare l’effettivo sostenimento della spesa;

- quanto al lucro cessante la società non ha allegato di avere perso altre occasioni di guadagno per l’impegno spiegato nella procedura de qua (in relazione alla quale peraltro non era stata neppure avviata la procedura competitiva) ma ha contraddittoriamente - rispetto alla spiegata azione ex art. 1337 c.c. - richiesto l’utile positivo, ovvero quanto avrebbe conseguito all’esito dell’aggiudicazione della procedura competitiva anche in forza dell’esercizio della prelazione, ovvero una posta non ascrivibile alla responsabilità precontrattuale ma alla responsabilità da illegittimità provvedimentale per mancata aggiudicazione o per ritiro dell’aggiudicazione.

23. L’appello va pertanto rigettato, confermando la sentenza appellata in parte con diversa motivazione.

24. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, data la complessità delle questioni, per compensare le spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Alberto Urso, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere

Diana Caminiti, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Diana Caminiti Rosanna De Nictolis
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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