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Corte di giustizia dell'Ue, sez. I, 30/11/2023 n. C-270/22
Sull’interpretazione della claus. 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, in allegato alla dirett.999/70/CE del Consiglio

La clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che:
essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell'anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, escluda i periodi di servizio prestati nell'ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio.


Materia: pubblica amministrazione / lavoro

 

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

 

30 novembre 2023 (*)

 

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Settore pubblico – Docenti – Assunzione come dipendenti pubblici di ruolo di lavoratori con contratto a tempo determinato mediante una procedura di selezione per titoli – Determinazione dell’anzianità di servizio»

 

Nella causa C-270/22,

 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale ordinario di Ravenna (Italia), con ordinanza del 21 aprile 2022, pervenuta in cancelleria il 22 aprile 2022, nel procedimento

 

G.D.,

 

A.R.,

 

C.M.

 

contro

 

Ministero dell’Istruzione,

 

Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS),

 

LA CORTE (Prima Sezione),

 

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, T. von Danwitz (relatore), P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

 

avvocato generale: J. Kokott

 

cancelliere: A. Calot Escobar

 

vista la fase scritta del procedimento,

 

considerate le osservazioni presentate:

 

        per G.D., A.R. e C.M., da D. Naso, avvocato;

 

        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Fiandaca e F. Sclafani, avvocati dello Stato;

 

        per la Commissione europea, da D. Recchia e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

 

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).

 

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, G.D., A.R. e C.M. e, dall’altro, il Ministero dell’Istruzione (Italia) e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) (Italia), relativamente al calcolo della loro anzianità al momento della loro immissione in ruolo a tempo indeterminato da parte di tale ministero.

 

 Contesto normativo

 

 Diritto dell’Unione

 

3        Ai sensi del considerando 14 della direttiva 1999/70:

 

«[L]e parti contraenti hanno voluto concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che stabilisce i principi generali e i requisiti minimi per i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato; hanno espresso l’intenzione di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di non discriminazione, nonché di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato».

 

4        Ai sensi del terzo comma del preambolo dell’accordo quadro:

 

«[L’accordo quadro] stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori».

 

5        Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro:

 

«L’obiettivo del presente accordo quadro è:

 

a)      migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

 

b)      creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

 

6        La clausola 2 di tale accordo quadro prevede quanto segue:

 

«1.      Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.

 

2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai:

 

a)      rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;

 

b)      contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici».

 

7        La clausola 3 di detto accordo quadro è così formulata:

 

«1.      Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

 

2.      Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».

 

8        La clausola 4 del medesimo accordo quadro così dispone:

 

«1.      Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

 

2.      Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis.

 

3.      Le disposizioni per l’applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali.

 

4.      I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive».

 

 Diritto italiano

 

9        L’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica del 23 agosto 1988, n. 399 – Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo per il triennio 1988-1990 del 9 giugno 1988 relativo al personale del comparto scuola (supplemento ordinario alla GURI n. 213, del 10 settembre 1988; in prosieguo: il «decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988»), dispone quanto segue:

 

«Al compimento del sedicesimo anno per i docenti laureati della scuola secondaria superiore, del diciottesimo anno per i coordinatori amministrativi, per i docenti della scuola materna ed elementare, della scuola media e per i docenti diplomati della scuola secondaria superiore, del ventesimo anno per il personale ausiliario e collaboratore, del ventiquattresimo anno per i docenti dei conservatori di musica e delle accademie, l’anzianità utile ai soli fini economici è interamente valida ai fini dell’attribuzione delle successive posizioni stipendiali».

 

10      L’articolo 485 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297 – Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (supplemento alla GURI n. 115, del 19 maggio 1994; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 297/1994»), così prevede:

 

«1.      Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all’estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo.

 

2.      Agli stessi fini e nella identica misura, di cui al comma 1, è riconosciuto, al personale ivi contemplato, il servizio prestato presso le scuole degli educandati femminili statali e quello prestato in qualità di docente elementare di ruolo e non di ruolo nelle scuole elementari statali, o parificate, comprese quelle dei predetti educandati e quelle all’estero, nonché nelle scuole popolari, sussidiate o sussidiarie.

 

3.      Al personale docente delle scuole elementari è riconosciuto, agli stessi fini e negli stessi limiti fissati dal comma 1, il servizio prestato in qualità di docente non di ruolo nelle scuole elementari statali o degli educandati femminili statali, o parificate, nelle scuole secondarie ed artistiche statali o pareggiate, nelle scuole popolari, sussidiate o sussidiarie, nonché i servizi di ruolo e non di ruolo prestati nelle scuole materne statali o comunali».

 

11      L’articolo 489 del decreto legislativo n. 297/1994 stabilisce quanto segue:

 

«1.      Ai fini del riconoscimento di cui ai precedenti articoli il servizio di insegnamento è da considerarsi come anno scolastico intero se ha avuto la durata prevista agli effetti della validità dell’anno dall’ordinamento scolastico vigente al momento della prestazione.

 

2.      I periodi di congedo e di aspettativa retribuiti e quelli per gravidanza e puerperio sono considerati utili ai fini del computo del periodo richiesto per il riconoscimento».

 

12      Ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge del 3 maggio 1999, n. 124 – Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico (GURI n. 107, del 10 maggio 1999; in prosieguo: la «legge n. 124/1999»):

 

«Il comma 1 dell’articolo 489 del [decreto legislativo n. 297/1994] è da intendere nel senso che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall’anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale».

 

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

13      I ricorrenti nel procedimento principale hanno svolto attività di insegnamento in forza di plurimi contratti a termine di varia natura e durata e sono stati poi stabilizzati, mediante una procedura di concorso per soli titoli, rispettivamente, il 1° settembre 2015 nel caso di G.D. e C.M., docenti di scuola dell’infanzia, e il 1° settembre 2011 nel caso di A.R., docente laureato di scuola secondaria di secondo grado.

 

14      Nell’ambito del riconoscimento dell’anzianità conseguita con i contratti a termine svolti in precedenza, il Ministero dell’Istruzione ha proceduto alla ricostruzione di carriera dei ricorrenti nel procedimento principale ai sensi dell’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, applicando un’anzianità, rispettivamente, di 5 anni e 4 mesi nel caso di G.D., di 8 anni e 8 mesi nel caso di C.M. e di 13 anni e 4 mesi nel caso di A.R.

 

15      Ritenendo che tale ministero avesse computato un’anzianità inferiore alla loro anzianità effettiva in violazione della clausola 4 dell’accordo quadro, i ricorrenti nel procedimento principale hanno adito il giudice del rinvio, il Tribunale ordinario di Ravenna (Italia), con una domanda diretta a ottenere il riconoscimento di un periodo di anzianità, rispettivamente, di 5 anni, 11 mesi e 8 giorni nel caso di G.D., di 10 anni, 5 mesi e 18 giorni nel caso di C.M. e di 18 anni, 6 mesi e 1 giorni nel caso di A.R., con richiesta di differenze retributive conseguenti e di regolarizzazione della posizione contributiva.

 

16      A sostegno della loro domanda, i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto che, ai fini del calcolo della loro anzianità, fosse computato ogni giorno di lavoro, equiparando ogni giorno lavorato ad un giorno lavorato da un docente a tempo indeterminato, invocando l’applicazione della giurisprudenza risultante dalla sentenza n. 31149 della Corte suprema di cassazione (Italia), del 28 novembre 2019.

 

17      Il giudice del rinvio afferma che, in tale sentenza, la Corte suprema di cassazione ha statuito, sulla base della sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758), che l’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 si poneva in contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro e che tale articolo doveva, di conseguenza, essere disapplicato, nei casi in cui l’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato definitivamente stabilizzati, risultante dall’applicazione dei criteri di cui all’articolo 485, unitamente a quello fissato dall’articolo 489 di detto decreto legislativo, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, fosse inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato.

 

18      Il giudice del rinvio aggiunge, da un lato, che tale giurisprudenza della Corte suprema di cassazione ha dato luogo a un contrasto di giurisprudenza interna e, dall’altro, che, a suo parere, nella sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758), la Corte ha riconosciuto in via definitiva la compatibilità con la clausola 4 dell’accordo quadro di tale articolo 485, che era in discussione nella causa all’origine di tale sentenza, benché taluni punti di detta sentenza possano essere letti in un senso diverso e la Corte non abbia tenuto conto di tutti gli aspetti della normativa nazionale di cui trattasi in tale causa.

 

19      Se così non fosse, il giudice del rinvio ritiene, anzitutto, che il sistema interno relativo alla ricostruzione di carriera dei docenti di cui trattasi nel procedimento principale abbia consentito di realizzare un complesso bilanciamento tra gli interessi contrapposti dei docenti stabili e precari nonché delle varie categorie dei docenti a termine e che tale sistema non conduca sicuramente a risultati discriminatori. In particolare, il recupero dell’anzianità che detto sistema permetterebbe, una volta decorso un certo periodo, vale a dire 16 anni per A.R. e 18 anni per G.D. e C.M., si rivelerebbe spesso, in definitiva, favorevole ai docenti a tempo determinato poi stabilizzati.

 

20      Inoltre, tale giudice si interroga sulla comparabilità, da un lato, dei servizi di insegnamento prestati a tempo indeterminato, oppure a tempo determinato, ma per un lungo periodo, che implicano una continuità didattica, e, dall’altro, dei servizi di insegnamento prestati a tempo determinato in maniera frammentaria, attraverso supplenze brevi e saltuarie per sopperire ad ogni necessità, al pari di taluni incarichi svolti dai ricorrenti nel procedimento principale durante il loro periodo pre-ruolo, che non permetterebbero di maturare, secondo detto giudice, la stessa esperienza.

 

21      Sarebbe altresì necessario verificare la pertinenza di tali elementi al fine di valutare se un eventuale trattamento sfavorevole, ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, possa essere giustificato da «ragioni oggettive», come indicato in tale clausola.

 

22      Infine, poiché il legislatore italiano ha scelto di non prendere in considerazione l’orario di lavoro ai fini del computo dell’anzianità per un anno scolastico, il giudice del rinvio si interroga sull’incidenza del principio del pro rata temporis previsto da detta clausola su tale aspetto favorevole della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale.

 

23      Date tali circostanze, il Tribunale ordinario di Ravenna ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1)      Se la sentenza [del 20 settembre 2018,] Motter [(C-466/17, EU:C:2018:758),] ha imposto di disapplicare le norme interne in tema di ricostruzione di carriera dei docenti laddove, “in concreto”, non siano di miglior favore per il docente ex precario rispetto alla ricostruzione di carriera operata ai sensi dell’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 e delle norme ad esso connesse? Oppure se [la sentenza del 20 settembre 2018,] Motter [(C-466/17, EU:C:2018:758),] ha stabilito in via generale e astratta e, dunque, con previsione applicabile ad ogni ipotesi concreta, la compatibilità della ricostruzione di carriera secondo le norme interne con la clausola 4 [dell’accordo quadro] e, dunque, il giudice interno non dovrà disapplicare l’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 e norme ad esso connesse in quanto accertate come compatibili sul punto con il diritto dell’[Unione]?

 

2)      In via subordinata rispetto al precedente quesito (ossia solo se fosse ritenuta imposta dal diritto dell’Unione una disapplicazione selettiva dell’articolo 485 [del decreto legislativo n. 297/1994] da considerarsi quindi alla stregua di una norma di “maggior favore”) se la clausola 4 dell’[accordo quadro] va interpretata nel senso che impone alla normativa interna di parificare – ai fini del computo dell’anzianità a termine di un docente stabilizzato – le prestazioni temporanee svolte dal docente a termine senza alcuna soglia minima di rilevanza dei giorni lavorati in ciascun anno scolastico? O se, al contrario, risulta conforme alla clausola 4 una normativa interna che escluda la rilevanza delle prestazioni dei docenti a termine caratterizzate da temporaneità (supplenze brevi e saltuarie) laddove le stesse non siano state prestate, in ciascun anno scolastico, per almeno 180 giorni o dal 1° febbraio sino al termine degli scrutini [(articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999)].

 

3)      Sempre in via subordinata rispetto al primo quesito (ossia solo se fosse ritenuta imposta dal diritto dell’Unione una disapplicazione selettiva dell’articolo 485 [del decreto legislativo n. 297/1994] da considerarsi quindi alla stregua di una norma di “maggior favore”), se la clausola 4 citata imponga di riconoscere ai servizi a tempo determinato svolti per un numero di ore inferiore a quello stabilito per gli incarichi a tempo indeterminato lo stesso rilievo in termini di anzianità una volta che il docente si sia stabilizzato; in caso contrario, si chiede alla Corte di giustizia di esprimersi sulla consistenza oraria minima (per esempio part-time di un tempo indeterminato) oltre la quale la clausola 4 citata imporrebbe al diritto interno un tale riconoscimento.

 

Sotto altra e speculare prospettiva si chiede quindi alla Corte di giustizia se sia conforme alla clausola 4 citata un diritto interno che escluda la rilevanza, ai fini del riconoscimento dell’anzianità pre-ruolo ad un docente stabilizzatosi, dei servizi prestatati su spezzoni orari al di sotto della soglia oraria settimanale del part-time fruibile dal docente comparabile.

 

In via di gradato subordine rispetto a tale ultimo sotto-quesito si formula il seguente: si chiede quindi alla Corte di giustizia se sia conforme alla clausola 4 citata un diritto interno che preveda una rilevanza “pro rata temporis”, ai fini del riconoscimento dell’anzianità pre-ruolo ad un docente stabilizzatosi, in relazione ai servizi prestatati su spezzoni orari al di sotto della soglia oraria settimanale del part-time fruibile dal docente comparabile».

 

 Sulla domanda di procedimento accelerato

 

24      Il giudice del rinvio ha chiesto che la causa fosse sottoposta a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte.

 

25      A sostegno della sua domanda, detto giudice ha invocato l’incertezza giuridica esistente circa la portata interpretativa del diritto dell’Unione in seguito alla sentenza n. 31149 della Corte suprema di cassazione, del 28 novembre 2019, nonché la possibilità di frustrazione delle esigenze di uniformità interpretativa di tale diritto e l’elevato numero di controversie interessate dalle questioni sollevate di cui sono investiti gli organi giurisdizionali italiani.

 

26      A tale riguardo, l’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato.

 

27      Per quanto concerne, anzitutto, l’incertezza giuridica esistente relativamente alla portata del diritto dell’Unione in attesa della risposta della Corte alle questioni sollevate, occorre ricordare che il procedimento accelerato previsto da tale articolo 105, paragrafo 1, costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere a una situazione di urgenza straordinaria (ordinanze del presidente della Corte del 31 agosto 2010, UEFA e British Sky Broadcasting, C-228/10, EU:C:2010:474, punto 6; del 20 dicembre 2017, M.A. e a., C-661/17, EU:C:2017:1024, punto 17, nonché del 18 gennaio 2019, Adusbef e a., C-686/18, EU:C:2019:68, punto 11).

 

28      Orbene, il mero interesse dei singoli, indubbiamente legittimo, ad accertare il più rapidamente possibile la portata dei diritti ad essi conferiti dal diritto dell’Unione non è atto a dimostrare l’esistenza di una circostanza eccezionale, ai sensi di detto articolo 105, paragrafo 1 (ordinanza del presidente della Corte dell’8 marzo 2018, Vitali, C-63/18, EU:C:2018:199, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

 

29      Per quanto riguarda, poi, la possibilità di frustrazione delle esigenze di uniformità interpretativa del diritto dell’Unione, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’importanza di garantire l’applicazione uniforme all’interno dell’Unione europea delle disposizioni che fanno parte del suo ordinamento giuridico è insita in ogni domanda presentata ai sensi dell’articolo 267 TFUE e non può essere sufficiente, di per sé sola, a fondare un’urgenza idonea a giustificare che il rinvio pregiudiziale sia sottoposto a procedimento accelerato (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 17 settembre 2018, Lexitor, C-383/18, EU:C:2018:769, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

 

30      Per quanto concerne, infine, il fatto che le questioni sollevate sono oggetto di un abbondante contenzioso in Italia, occorre rammentare che il numero rilevante di soggetti o di rapporti giuridici potenzialmente interessati dalla questione sollevata non costituisce, in quanto tale, una circostanza eccezionale che possa giustificare il ricorso a un procedimento accelerato (ordinanza del presidente della Corte del 17 settembre 2018, Lexitor, C-383/18, EU:C:2018:769, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

 

31      Date tali premesse, il 30 giugno 2022, il presidente della Corte ha deciso, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, di non accogliere detta domanda.

 

 Sulle questioni pregiudiziali

 

 Sulla ricevibilità

 

32      Il governo italiano afferma che le questioni pregiudiziali sono irricevibili. Tale governo sostiene infatti che il problema posto dalla prima questione è di natura ipotetica, in quanto l’unico dubbio del giudice del rinvio relativo all’interpretazione del principio affermato nella sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758), deriverebbe dalla giurisprudenza della Corte suprema di cassazione e, pertanto, da un contrasto giurisprudenziale interno, che troverebbe nell’ordinamento interno i modi di superamento. Detto governo aggiunge che la seconda e la terza questione vanno analizzate solo in ipotesi di risposta a tale prima questione nel senso di un «superamento» di detto principio. La seconda e la terza questione solleverebbero, dunque, anch’esse un problema ipotetico. Infine, la seconda questione verterebbe, inoltre, su un problema di discriminazione non già tra docenti a tempo determinato e docenti a tempo indeterminato, ma tra due categorie di docenti a tempo determinato, a seconda che essi abbiano o meno raggiunto le soglie fissate dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale.

 

33      A tal proposito, va ricordato che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 19 dicembre 2019, Darie, C-592/18, EU:C:2019:1140, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

 

34      Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile soltanto se appare in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 19 dicembre 2019, Darie, C-592/18, EU:C:2019:1140, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

 

35      Nel caso di specie, il giudice del rinvio spiega, nella domanda di pronuncia pregiudiziale, che, nonostante l’interpretazione della clausola 4 dell’accordo quadro fornita dalla Corte nella sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758), sussiste un contrasto giurisprudenziale tra i giudici nazionali relativamente alla conformità a detta clausola della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale. Tale giudice aggiunge che, in detta sentenza, la Corte non ha tenuto presenti tutti gli aspetti normativi interni e che sussistono dubbi sull’interpretazione della clausola di cui trattasi in situazioni come quella dei ricorrenti nel procedimento principale, ragion per cui una risposta alla prima questione sarebbe necessaria ai fini della soluzione della controversia di cui è investito nonché, se del caso, della seconda e della terza questione, sollevate in subordine.

 

36      Il problema posto dalle questioni sollevate non è quindi di natura ipotetica.

 

37      L’interpretazione della medesima clausola richiesta nell’ambito della seconda questione ha inoltre una relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale. Infatti, quest’ultimo verte sulla contestazione, da parte dei ricorrenti nel procedimento principale, del metodo di calcolo dell’anzianità loro applicato, al momento della loro nomina come dipendenti pubblici di ruolo, per il periodo durante il quale hanno lavorato come docenti con contratti a tempo determinato, rispetto al metodo di cui avrebbero beneficiato se fossero stati assunti sin dall’inizio a tempo indeterminato. Inoltre, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene gli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere a tale questione.

 

38      Ne consegue che le questioni pregiudiziali sono ricevibili.

 

 Nel merito

 

39      In via preliminare, come osserva il giudice del rinvio, l’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, che è applicabile ai ricorrenti nel procedimento principale e che, secondo quanto affermato da questi ultimi, viola la clausola 4 dell’accordo quadro, era in discussione nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758).

 

40      In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che detta clausola 4 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale la quale, ai fini dell’inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva al momento della sua assunzione in base ai titoli come dipendente pubblico di ruolo, tenga conto dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, parzialmente, a concorrenza dei due terzi.

 

41      Orbene, il giudice del rinvio rileva che nella causa che ha condotto alla pronuncia della sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758) la Corte non disponeva di tutti gli elementi caratterizzanti la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale. In tale contesto, nell’ordinanza di rinvio si fa riferimento al meccanismo di riallineamento previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988 nonché alla norma risultante dall’articolo 489 del decreto legislativo n. 297/1994, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, secondo la quale periodi di insegnamento prestati da un docente non di ruolo inferiori a un anno scolastico sono equiparati, ai fini del calcolo dell’anzianità, ad un intero anno scolastico, a condizione che il servizio di insegnamento prestato abbia avuto la durata di almeno 180 giorni oppure che sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.

 

42      D’altra parte, nei limiti in cui tale giudice si chiede se, in detta sentenza, la Corte abbia effettuato una valutazione definitiva della compatibilità di tale normativa nazionale con la clausola 4 dell’accordo quadro, di modo che un giudice nazionale non potrebbe più constatare, in un caso concreto, la sua eventuale contrarietà a tale clausola né, se necessario, disapplicare detta normativa nazionale, occorre respingere un tale approccio.

 

43      Infatti, nell’ambito di un procedimento instaurato ai sensi dell’articolo 267 TFUE, l’interpretazione delle disposizioni nazionali incombe ai giudici degli Stati membri e non alla Corte, e non spetta a quest’ultima pronunciarsi sulla compatibilità di norme di diritto interno con le disposizioni del diritto dell’Unione. La Corte è competente soltanto a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto dell’Unione che consentano a detto giudice di valutare la compatibilità di tali norme con la normativa dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, C-817/19, EU:C:2022:491, punto 240 e giurisprudenza ivi citata).

 

44      Inoltre, il principio del primato impone al giudice nazionale che è incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni del diritto dell’Unione, l’obbligo, ove non possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni di tale diritto, di garantire la piena efficacia delle prescrizioni di detto diritto nell’ambito della controversia di cui è investito, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale, anche posteriore, contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto [v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C-205/20, EU:C:2022:168, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

 

45      In considerazione della ripartizione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, quest’ultima si è limitata a fornire elementi interpretativi relativamente alla clausola 4 dell’accordo quadro al giudice del rinvio nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758), alla luce del contesto di diritto e di fatto descritto da tale giudice e fatte salve le verifiche rientranti nella competenza esclusiva di detto giudice, come ricordato ai punti 35, 48, 49 e 53 di tale sentenza. La Corte ha anche utilizzato i termini «in linea di principio» nel dispositivo di detta sentenza.

 

46      Ciò precisato, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che alcuni dei periodi di servizio prestati dai ricorrenti nel procedimento principale nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato non hanno raggiunto le soglie fissate dalla normativa nazionale ricordata al punto 41 della presente sentenza, vale a dire aver avuto la durata di 180 giorni in un anno scolastico oppure essere stati prestati ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, a differenza della ricorrente di cui trattasi nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758), la quale aveva lavorato con contratti a tempo determinato della durata di un anno nel periodo precedente la sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, come indicato al punto 8 di tale sentenza.

 

47      Orbene, detto giudice afferma che, in forza di tale normativa, se le prestazioni fornite dai docenti a tempo determinato raggiungono tali soglie, dette prestazioni sono computate dalla normativa nazionale come annualità complete, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate e anche nel caso in cui il numero di ore settimanali svolte sia inferiore all’orario settimanale del regime di lavoro a tempo pieno o part-time. Per contro, le prestazioni che non raggiungono dette soglie non sarebbero prese in considerazione e, in forza dell’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, quelle che raggiungono le stesse soglie sarebbero prese in considerazione in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, a concorrenza dei due terzi, mentre il rimanente terzo sarebbe accantonato per un certo numero di anni, poi recuperato una volta decorso tale periodo.

 

48      In siffatte circostanze, al fine di fornire a detto giudice una risposta utile, occorre ritenere che, con le sue questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se la clausola 4 dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, escluda i periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio.

 

49      Occorre rammentare che, ai sensi della clausola 1, lettera a), dell’accordo quadro, uno degli obiettivi di quest’ultimo è di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione. Del pari, al suo terzo comma, il preambolo dell’accordo quadro precisa che esso «indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni». Il considerando 14 della direttiva 1999/70 precisa, a tal fine, che l’obiettivo dell’accordo quadro consiste, in particolare, nel miglioramento della qualità del lavoro a tempo determinato, mediante la fissazione di requisiti minimi atti a garantire l’applicazione del principio di non discriminazione (sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos, C-677/16, EU:C:2018:393, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

 

50      L’accordo quadro, in particolare la sua clausola 4, mira a dare applicazione a tale principio nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, al fine di impedire che un rapporto di lavoro di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato (sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos, C-677/16, EU:C:2018:393, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

 

51      Alla luce degli obiettivi perseguiti dall’accordo quadro, come rammentati nei due punti precedenti, la clausola 4 di quest’ultimo dev’essere intesa nel senso che esprime un principio di diritto sociale dell’Unione che non può essere interpretato in modo restrittivo (sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos, C-677/16, EU:C:2018:393, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

 

52      Inoltre, occorre ricordare che la clausola 4 dell’accordo quadro medesimo, che ha effetto diretto, sancisce, al punto 1, il divieto, per quanto riguarda le condizioni di impiego, di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da «ragioni oggettive» (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C-177/10, EU:C:2011:557, punti 56 e 64, nonché del 5 giugno 2018, Montero Mateos, C-677/16, EU:C:2018:393, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

 

53      Il punto 4 di tale clausola 4 sancisce il medesimo divieto per quanto riguarda i criteri di periodi di anzianità relativi a condizioni particolari di impiego (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C-177/10, EU:C:2011:557, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

 

54      Dalla formulazione e dall’obiettivo di detta clausola 4 discende inoltre che quest’ultima non attiene alla scelta stessa di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato al posto di contratti di lavoro a tempo indeterminato, ma alle condizioni di impiego dei lavoratori che hanno stipulato il primo tipo di contratto rispetto a quelle dei lavoratori impiegati in forza del secondo tipo di contratto, in quanto la nozione di «condizioni di impiego» include misure rientranti nel rapporto di lavoro tra un lavoratore e il suo datore di lavoro (v., in tal senso, sentenza dell’8 ottobre 2020, Universitatea «Lucian Blaga» Sibiu e a., C-644/19, EU:C:2020:810, punto 39 nonché giurisprudenza ivi citata).

 

55      A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che norme, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, relative ai periodi di servizio necessari per poter essere classificato in una categoria retributiva rientrano nella nozione di «condizioni di impiego» ai sensi della stessa clausola 4 (sentenza del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

 

56      Pertanto, conformemente a quanto ricordato ai punti 52 e 53 della presente sentenza, e al fine di rispondere al giudice del rinvio, occorre esaminare se la normativa di cui trattasi nel procedimento principale conduca a una differenza di trattamento riguardante situazioni comparabili, prima di determinare, se del caso, se tale differenza possa essere giustificata da «ragioni oggettive».

 

57      È pacifico tra le parti del procedimento e risulta peraltro dal punto 27 della sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C-466/17, EU:C:2018:758), che i docenti a tempo indeterminato assunti mediante concorso possono, ai fini del loro inquadramento in una categoria retributiva, vedersi integralmente riconosciuta la loro anzianità di servizio. In particolare, risulta che a tali docenti ogni giorno di esperienza venga computato ai fini dell’anzianità, indipendentemente, salva verifica del giudice del rinvio, dalle ore effettuate o dalla quantità di lavoro effettivamente prestata. Inoltre, tale giudice non afferma che periodi di congedo o di assenza, ad esempio a causa di malattia, sarebbero sottratti a tale calcolo.

 

58      Per contro, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che i periodi di servizio prestati a tempo determinato in un anno scolastico dai ricorrenti nel procedimento principale, in qualità di docenti a tempo determinato immessi in ruolo mediante un concorso per titoli, non raggiungendo le soglie fissate dall’articolo 489 del decreto legislativo n. 297/1994, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, non vengono computati ai fini del riconoscimento della loro anzianità. Inoltre, i periodi che raggiungono dette soglie vengono computati in misura integrale solo per quattro anni, mentre tale computo è limitato ai due terzi per gli anni successivi, conformemente all’articolo 485 di detto decreto legislativo.

 

59      Al riguardo, il giudice del rinvio sottolinea che il terzo di anzianità non applicato oltre i primi quattro anni e accantonato può, se del caso, una volta decorso un certo periodo, essere recuperato ai fini dell’attribuzione ai docenti a tempo determinato nominati dipendenti pubblici di ruolo delle successive posizioni stipendiali in forza dell’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988. Ciò premesso, tale recupero può avvenire solo dopo un periodo particolarmente lungo, vale a dire tra il sedicesimo e il ventiquattresimo anno di servizio a seconda dei docenti di cui trattasi e, in particolare, 16 anni di servizio per A.R. e 18 anni di servizio per G.D. e C.M., nel caso in cui essi facciano ancora parte dell’organico del Ministero dell’Istruzione.

 

60      Ne consegue che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale istituisce una differenza di trattamento a danno di tali docenti a tempo determinato rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato mediante concorsi generali, ai quali non si applicano tali limitazioni.

 

61      Affinché una siffatta differenza di trattamento costituisca una discriminazione vietata dalla clausola 4 dell’accordo quadro, occorre che essa riguardi situazioni comparabili e che non sia giustificata da ragioni oggettive (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punto 28).

 

62      In primo luogo, per quanto riguarda la comparabilità delle situazioni di cui trattasi, al fine di valutare se i lavoratori svolgano un lavoro identico o simile, ai sensi dell’accordo quadro, occorre stabilire, in conformità alla clausola 3, punto 2, e alla clausola 4, punto 1, del medesimo, se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali lavoratori si trovino in una situazione comparabile (sentenze del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punto 29, nonché del 30 giugno 2022, Comunidad de Castilla y León, C-192/21, EU:C:2022:513, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

 

63      Se è dimostrato che, nell’ambito del loro impiego, i lavoratori a tempo determinato esercitano le medesime mansioni dei lavoratori impiegati dallo stesso datore di lavoro a tempo indeterminato oppure occupano il loro stesso posto, le situazioni di queste due categorie di lavoratori devono, in linea di principio, essere considerate comparabili [v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C-658/18, EU:C:2020:572, punto 144 e giurisprudenza ivi citata].

 

64      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che i ricorrenti nel procedimento principale hanno svolto vari incarichi di insegnamento, talvolta di breve durata e con orario limitato, durante il loro servizio pre-ruolo. Tali incarichi sarebbero stati intesi a rispondere a varie esigenze di supplenza derivanti dalla mancanza di docenti di ruolo sottolineata dal governo italiano.

 

65      Risulta, in particolare, da detta domanda che G.D., docente di scuola dell’infanzia, ha svolto un gran numero di giornate lavorative isolate e che C.M., anch’ella docente di scuola dell’infanzia, ha lavorato, il primo anno, cinque mesi e quattro giorni corrispondenti a 62 contratti diversi, con una media di due giorni lavorati per contratto in scuole diverse. Per quanto riguarda A.R., docente di scuola secondaria, egli non avrebbe dato alcuna dimostrazione sull’entità oraria dei servizi svolti, ma vari contratti tra quelli per i quali sono indicati gli orari sarebbero su spezzoni orari con orario limitatissimo, ad esempio, una serie di contratti nel 2003 per cinque ore settimanali.

 

66      Sembra tuttavia emergere da detta domanda che, nel corso di tali diversi incarichi, i ricorrenti nel procedimento principale esercitavano le stesse mansioni ed occupavano lo stesso posto, presso lo stesso datore di lavoro, dei docenti a tempo indeterminato che essi erano chiamati a sostituire. Al riguardo, il giudice del rinvio non indica che a tali ricorrenti sarebbero state attribuite mansioni sostanzialmente diverse da quelle di detti docenti a tempo indeterminato. Risulta quindi che, alla luce della natura e delle condizioni di impiego, si può ritenere che detti ricorrenti si trovino in una situazione comparabile a quella dei docenti a tempo indeterminato che erano chiamati a sostituire.

 

67      Fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, le mansioni dei ricorrenti nel procedimento principale svolte nell’ambito del loro servizio pre-ruolo devono quindi, in linea di principio, essere considerate comparabili a quelle dei docenti a tempo indeterminato, atteso che il fatto di non aver vinto un concorso amministrativo non mette in discussione la comparabilità delle situazioni dei docenti a tempo determinato e dei docenti di ruolo (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punti da 33 a 35).

 

68      Per quanto riguarda il carattere breve e discontinuo di taluni incarichi svolti dai ricorrenti nel procedimento principale in detto contesto, da un lato, non vi è nulla che indichi che essi siano tali da modificare sostanzialmente le mansioni esercitate o i posti occupati, o anche la natura o le condizioni del lavoro effettuato. Dall’altro lato, nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte tende a dimostrare che il carattere breve e discontinuo di taluni dei servizi prestati, se del caso, da un docente a tempo indeterminato avrebbe l’effetto di escludere l’esperienza in tal modo maturata dal calcolo della sua anzianità. Spetta tuttavia al giudice del rinvio, che è il solo a disporre del complesso degli elementi pertinenti, effettuare una valutazione al riguardo.

 

69      In secondo luogo, per quanto concerne la questione di stabilire se la differenza di trattamento, di cui al punto 60 della presente sentenza, tra le situazioni comparabili individuate al punto 67 di tale sentenza, possa essere giustificata da «ragioni oggettive», ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, occorre ricordare che tale nozione deve essere intesa nel senso che essa non consente di giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato con il mero fatto che essa è prevista da una norma nazionale generale e astratta. Detta nozione richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui essa si inscrive (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punti 36 e 37, nonché del 30 giugno 2022, Comunidad de Castilla y León, C-192/21, EU:C:2022:513, punti 41 e 42 e giurisprudenza ivi citata).

 

70      In base a criteri oggettivi e trasparenti, deve essere possibile verificare che tale disparità risponda a una reale necessità, che la stessa sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e che essa sia necessaria a tal fine. Tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punto 37, nonché del 30 giugno 2022, Comunidad de Castilla y León, C-192/21, EU:C:2022:513, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

 

71      Inoltre, il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme a tali requisiti e non può dunque configurare una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punto 38, nonché del 30 giugno 2022, Comunidad de Castilla y León, C-192/21, EU:C:2022:513, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

 

72      Nel caso di specie, per giustificare la differenza di trattamento di cui trattasi nel procedimento principale, il giudice del rinvio e il governo italiano invocano la necessità, da un lato, di rispecchiare le differenze nell’attività lavorativa tra i docenti di ruolo assunti sin dall’inizio mediante concorsi generali, ai quali la Costituzione della Repubblica Italiana attribuisce un’importanza particolare, e i docenti immessi in ruolo dopo aver acquisito un’esperienza professionale sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato e, dall’altro, di evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia nei confronti dei primi. Essi menzionano, segnatamente, la diversità delle materie, delle condizioni e degli orari in cui i secondi devono intervenire, nonché l’assenza di verifica iniziale delle loro competenze mediante un concorso.

 

73      Secondo la giurisprudenza della Corte, ciascuno di tali obiettivi può configurare una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punti 47 e 51 nonché giurisprudenza ivi citata).

 

74      Ciò premesso, è altresì pacifico che la prevenzione del prodursi di discriminazioni alla rovescia non può costituire una siffatta ragione oggettiva quando la normativa nazionale di cui trattasi esclude totalmente e in ogni circostanza la presa in considerazione di tutti i periodi di servizio compiuti da lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato ai fini della determinazione della loro anzianità in sede di assunzione a tempo indeterminato e, dunque, del loro livello di retribuzione (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C-302/11 a C-305/11, EU:C:2012:646, punto 62 nonché ordinanza del 4 settembre 2014, Bertazzi e a., C-152/14, EU:C:2014:2181, punto 16).

 

75      Nel caso di specie, per quanto riguarda gli obiettivi invocati dal giudice del rinvio e dal governo italiano, la Corte ha ammesso che essi potevano essere legittimamente considerati rispondenti a una reale necessità, il che deve tuttavia essere verificato da detto giudice (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punti 48 e 51).

 

76      La normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, laddove limita, al momento dell’assunzione a tempo indeterminato, il computo dell’anzianità conseguita nell’ambito di servizi di insegnamento temporanei, eterogenei, privi di continuità didattica e di verifica iniziale delle competenze mediante un concorso, può, in linea di principio, essere considerata idonea a conseguire tali obiettivi.

 

77      Quanto alla necessità di tale normativa nazionale per conseguire gli obiettivi perseguiti, dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la norma prevista all’articolo 489 del decreto legislativo n. 297/1994, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, opera automaticamente o a favore o a sfavore dei docenti a tempo determinato di cui trattasi.

 

78      Come infatti rilevato dal giudice del rinvio e dal governo italiano, le prestazioni fornite da questi ultimi per un periodo di almeno 180 giorni in un anno, vale a dire circa due terzi di un anno scolastico, sono computate come annualità complete. Lo stesso vale se tale servizio è stato effettuato dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.

 

79      Per contro, se dette prestazioni non raggiungono tale durata o non sono fornite in modo continuativo tra il 1° febbraio e detta scadenza, esse non sono prese in considerazione, neppure in maniera limitata. Inoltre, tale regola di esclusione si aggiunge a quella secondo cui i periodi computati lo sono soltanto per i primi quattro anni e nei limiti dei due terzi nell’eventualità in cui eccedano i quattro anni, conformemente all’articolo 485 di detto decreto legislativo.

 

80      Al riguardo, è vero che la Corte ha ammesso che non si può ritenere che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale consente di tener conto dell’anzianità eccedente i quattro anni maturata nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato solo nella misura dei due terzi, vada oltre quanto è necessario per conseguire gli obiettivi precedentemente esaminati e raggiungere un equilibrio tra i legittimi interessi dei lavoratori a tempo determinato e quelli dei lavoratori a tempo indeterminato, nel rispetto dei valori di meritocrazia e delle considerazioni di imparzialità e di efficacia dell’amministrazione su cui si basano le assunzioni mediante concorso (sentenza del 20 settembre 2018, Motter, C-466/17, EU:C:2018:758, punto 51).

 

81      Tuttavia, il fatto di tener conto dell’anzianità eccedente i quattro anni maturata nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato solo nella misura dei due terzi, combinato con una tale esclusione, che conduce a privare totalmente il docente a tempo determinato della sua anzianità di servizio quando quest’ultima è inferiore alle soglie di rilevanza individuate dal legislatore italiano, va al di là di quanto è necessario per rispecchiare le differenze tra l’esperienza acquisita dai docenti assunti mediante concorso e quelli assunti in base ai titoli nonché per evitare discriminazioni alla rovescia nei confronti dei primi.

 

82      La circostanza che il numero effettivo di ore lavorate dai secondi, che può essere ridotto e inferiore all’orario settimanale di lavoro del regime a tempo pieno o anche part-time, non sia preso in considerazione ai fini del calcolo della loro anzianità non è tale da mettere in discussione detta constatazione.

 

83      Invero, come rilevato ai punti 57 e 68 della presente sentenza, l’anzianità dei docenti a tempo indeterminato non appare neppure dipendere dalla quantità di lavoro effettivamente prestata da questi ultimi e i servizi di insegnamento che essi prestano possono anche essere soggetti a interruzioni. Il criterio stabilito dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, ai fini del calcolo dell’anzianità di servizio dei docenti, appare quindi basarsi non già sul numero di ore effettivamente svolte da questi ultimi, bensì sulla durata del rapporto di lavoro tra il docente di cui trattasi e il suo datore di lavoro, anche per i docenti di ruolo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 

84      Alla luce di tutto quanto precede, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, escluda i periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio.

 

 Sulle spese

 

85      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,

deve essere interpretata nel senso che:

essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, escluda i periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio.

 

Arabadjiev

 

von Danwitz

 

Xuereb

 

Kumin

 

           

Ziemele

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 novembre 2023.

 

Il cancelliere

 

           

Il presidente di sezione

 

A. Calot Escobar

 

           

A. Arabadjiev

 

*      Lingua processuale: l’italiano.

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