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Consiglio di Stato, Sez. VI, 1/12/2023 n. 10415
Sulla compatibilità col diritto dell’Ue delle disposizioni che prevedono la gara per l’assegnazione delle radio frequenze digitali

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) sottopone alla Corte di Giustizia dell'Ue i seguenti quesiti:

1) Se il diritto dell’Unione e, in particolare, gli art. 6 e 19, par. 1, seconda parte, del T.U.E., interpretati alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentale dell’Unione europea, l’art. 4, par. 1, co. 1, della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), e l’art. 31 della Direttiva (UE) 2018/1972, deve essere interpretato nel senso che ostano ad una normativa nazionale, quale quella rilevante nell’ordinamento italiano (art. 1, comma 1037, della L. n. 205/2017) che, in una situazione di rilevanza comunitaria, limita gli effetti dell’azione di annullamento, impedendo la reintegrazione o esecuzione in forma specifica, e circoscrive la tutela cautelare al pagamento di una provvisionale, compromettendo la tutela giurisdizionale effettiva.

2) Se il diritto dell’Unione e, in particolare, gli artt. 3, paragrafi 3 e 3-bis, e 8 e 9 della direttiva 2002/21/CE (c.d. “direttiva quadro”), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE, nonché gli artt. 5, 6, 8, 9 e 45, della Direttiva (UE) 2018/1972, deve essere interpretato nel senso che osta ad un sistema del tipo di quello introdotto nella Repubblica Italiana dall’art. 1, comma 1031-bis Legge di Bilancio 2018 come introdotto dall’art. 1 comma 1105 Legge di Bilancio 2019, che, priva o, comunque, limita in modo significativo l’autorità amministrativa indipendente delle sue funzioni di regolamentazione, stabilendo l’assegnazione di ulteriore capacità trasmissiva mediante procedura onerosa con aggiudicazione all’offerta economica più elevata e con la partecipazione degli incumbent.

3) Se il diritto dell’Unione, e, in particolare, gli artt. 8 e 9 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), gli artt. 3, 5, 7, e 14 della Direttiva 2002/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), gli artt. 2 e 4 della Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, i consideranda n. 11 e n. 20 della Decisione UE 2017/899 e i principi di equità, non discriminazione, tutela della concorrenza e del legittimo affidamento, deve essere interpretato nel senso che osta ad un sistema come quello introdotto dalla normativa nazionale rilevante (art. 1, commi 1030, 1031, 1031-bis, 1031-ter, 1032, della L. n. 205/2017), nonché dalle delibere dell’A.G.Com n. 39/19/CONS, 128/19/CONS, 564/2020/Cons e dai relativi provvedimenti di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze per il servizio televisivo digitale, che ai fini della conversione “dei diritti d’uso delle frequenze” in “diritti d’uso della capacità trasmissiva” non disponga una conversione per equivalente ma riservi parte della capacità ad una procedura onerose, imponendo all’operatore ulteriori costi per assicurarsi la conservazione delle prerogative legittimamente acquisite nel corso del tempo;

4) Se il diritto dell’Unione e, in particolare, gli artt. 8 e 9 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), gli artt. 3, 5, 7, 14 della Direttiva 2002/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), gli artt. 2 e 4 della Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, i consideranda n. 11 e 20 della decisione UE 2017/899, i principi di equità, non discriminazione, tutela della concorrenza e del legittimo affidamento, nonché i principi di proporzionalità ed adeguatezza, osta come quello introdotto dalla normativa nazionale rilevante (art. 1, commi 1030, 1031, 1031-bis, 1031-ter, 1032, della L. n. 205/2017), nonché dalle delibere dell’A.G.Com n. 39/19/CONS, 128/19/CONS, 564/2020/CONS, e dai relativi provvedimenti di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze per il servizio televisivo digitale, che non adotta misure di carattere strutturale per ristorare la situazione di disparità in precedenza determinatasi anche in considerazione delle irregolarità in precedenza accertate dalla giurisprudenza interna e sovranazionale, e non differenzia la posizione dell’operatore che ha acquisito una frequenza all’esito di procedura onerosa competitiva con previsione del diritto di conservazione della stessa o se invece siano adeguate e proporzionate le misure non strutturali adottate da Agocom a carico delle imprese in posizione di incumbent originariamente titolari delle c.d. reti eccedenti .

5) Se il diritto dell’Unione e, in particolare, gli artt. 8 e 9 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), gli artt. 3, 5, 7, 14 della Direttiva 2002/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), gli artt. 2 e 4 della Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, i consideranda n. 11 e 20 della decisione UE 2017/899, i principi di equità, non discriminazione, tutela della concorrenza e del legittimo affidamento, nonché i principi di proporzionalità ed adeguatezza, osta come quello introdotto dalla normativa nazionale rilevante (art. 1, commi 1030, 1031, 1031-bis, 1031-ter, 1032, della L. n. 205/2017), nonché dalle delibere dell’A.G.Com n. 39/19/CONS, 128/19/CONS, 564/2020/CONS, e dai relativi provvedimenti di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze per il servizio televisivo digitale, che non tiene conto del legittimo affidamento maturato da un operatore che ha acquisito il diritto d’uso della frequenza all’esito di procedura competitiva onerosa nella quale era stato espressamente previsto il diritto a una frequenza di analoga copertura e per una durata equivalente del diritto d’uso.

Materia: concorrenza / disciplina
Pubblicato il 01/12/2023

N. 10415/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04334/2021 REG.RIC.           

N. 04335/2021 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 4334 del 2021, proposto da:


Cairo Network s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Raffaello Perfetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


contro

Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

- Rai - Radiotelevisione Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe De Vergottini, Marco Petitto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Persidera s.p.a. a socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto e Annalisa D'Urbano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Mediaset s.p.a. e Elettronica Industriale s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Damiano Lipani, Gian Michele Roberti, Giuseppe Rossi, Marco Serpone, Carlo Edoardo Cazzato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Premiata Ditta Borghini & Stocchetti di Torino S.r.l., Europa Way S.r.l., Prima Tv S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 4335 del 2021, proposto da:
Cairo Network s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Raffaello Perfetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

- Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe De Vergottini, Marco Petitto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Persidera s.p.a. a socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto e Annalisa D'Urbano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Premiata Ditta Borghini & Stocchetti di Torino S.r.l., Associazione di Categoria Aeranti-Corallo, Prima Tv s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma:

A) Quanto al ricorso n. 4334 del 2021:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sede di Roma (Sezione Terza) n. 01205/2021, resa tra le parti;

B) Quanto al ricorso n. 4335 del 2021:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sede di Roma (Sezione Terza) n. 01204/2021, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione nei giudizi in epigrafe del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, di Rai - Radiotelevisione Italiana s.p.a., di Persidera s.p.a. a socio unico, di Mediaset s.p.a., e di Elettronica Industriale s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023 il Consigliere Lorenzo Cordì e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Maria Letizia Guida e Maria Luisa Spina, gli avvocati Annalisa D'Urbano, Marco Serpone, Giuseppe Rossi anche per l'avvocato Carlo Edoardo Cazzato, Jacopo Polinari in dichiarata delega dell'avvocato Damiano Lipani, e Marco Petitto;


A. LA CONTROVERSIA NELLE CAUSE PRINCIPALI.

A.1. PREMESSA E SINTESI PRELIMINARE DELLE CONTROVERSIE.

1. Cairo Network s.r.l. (di seguito solo “Cairo” o “l’appellante”) è un operatore di rete nazionale che, dal 2014, risulta assegnatario dei diritti d’uso ventennali su 1 multiplex di tecnologia DVB-T (corrispondente ai canali 25 e 59).

2. Cairo ha adito il T.A.R. per il Lazio – sede di Roma con due ricorsi (Sezione A.2 e A.3 della presente ordinanza) chiedendo l’annullamento dei provvedimenti regolamentari e amministrativi adottati nel procedimento volto alla conversione delle attuali frequenze in DVB-T destinate alla televisione digitale terrestre e all’assegnazione delle frequenze in DVB-T2, a seguito del refarming della banda 700 MHz necessario allo sviluppo dei servizi 5G (Decisione UE 2017/899 del Parlamento e del Consiglio del 17 maggio 2017, relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHz nell'Unione).

3. Tali provvedimenti sono stati adottati dalle Autorità nazionali in applicazione della normativa di cui all’art. 1, comma 1030 ss., della L. n. 205/2017, che ha regolato il procedimento di refarming. In particolare, tale normativa ha attribuito all’A.G.Com il potere di adottare un nuovo Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre (di seguito “P.N.A.F.”), nonché di adottare i criteri di conversione dei diritti d’uso di frequenze degli operatori di rete nazionali che ne fossero già titolari in diritti d’uso di capacità trasmissiva, garantendo il passaggio da multiplex nazionali in tecnologia DVB-T a nuovi multiplex nazionali in tecnologia DVB-T2. La normativa interna ha, invece, conferito al Ministero delle Imprese e del Made in Italy la definizione della “roadmap” per l’attuazione della Decisione UE/2017/899, e l’indizione di una procedura onerosa senza rilanci competitivi per l’assegnazione della capacità trasmissiva residuale. In forza di tali previsioni, l’Autorità ha redatto il P.N.A.F. 2019 (approvato con delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 39/19/CONS), con il quale sono state pianificate complessivamente n. 12 nuove frequenze nazionali DVB-T2, e sono stati fissati parametri di configurazione sulla base dei quali è stata prevista la conversione/assegnazione diretta di soli 10 multiplex DVB-T2 in conversione delle 20 reti nazionali DVB-T. Cairo ha dedotto l’illegittimità di tali provvedimenti anche per contrarietà al diritto dell’Unione europea e, in particolare, per non aver considerato la propria specifica posizione, convertendo i diritti d’uso

assegnati (a seguito di procedura competitiva ed onerosa indetta nel 2014 e per la durata di 20 anni) su 1 multiplex con tecnologia DVB-T in diritti d’uso di capacità trasmissiva con nuova tecnologia DVB-T2 su 0,5 multiplex.

A.2. IL RICORSO DI PRIMO GRADO DI CAIRO AVVERSO GLI ATTI DELL’AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI (R.G. N. 6740/2018 DEL TA.R. PER IL LAZIO – SEDE DI ROMA).

4. Con il ricorso indicato in epigrafe Cairo ha impugnato dinanzi al T.A.R. per il Lazio vari atti adottati dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nell’ambito del procedimento di refarming. In particolare, con il ricorso introduttivo ha impugnato le delibere n. 137/18/CONS e n. 182/18/CONS, con cui ha preso avvio il procedimento per la definizione del P.N.A.F. e per la definizione dei criteri per la conversione dei diritti d’uso delle frequenze in diritti d’uso di capacità trasmissiva. Dopo aver illustrato le criticità del sistema televisivo italiano e, in particolare, le vicende relative al passaggio dall’analogico al digitale, Cairo ha evidenziato la peculiarità della propria posizione, trattandosi di operatore che aveva partecipato ad una procedura competitiva onerosa, all’esito della quale si era aggiudicata – per un importo pari a quasi 32 milioni di euro - il diritto d’uso definitivo delle frequenze per la radiodiffusione televisiva in tecnica digitale, di cui al lotto 3, per la durata di 20 anni.

4.1. Gli atti adottati dall’Autorità nell’ambito del procedimento di refarming avrebbero, quindi, determinato un pregiudizio per la posizione di Cairo e sarebbero stati illegittimi: i) per non aver garantito la conversazione dei diritti in precedenza acquisiti (escludendo Cairo dall’applicazione della L. n. 205/2017, relativa al refarming) determinando, in tal modo, una violazione del principio di eguaglianza che impone trattamenti differenziati in presenza di situazioni diverse; ii) per aver leso il legittimo affidamento maturato da Cairo in ragione della precedente assegnazione dei diritti, con conseguente ulteriore violazione dell’art. 3 della Costituzione italiana; iii) per aver contraddetto quanto stabilito nella precedente delibera del 2013, con la quale era stata indetta la procedura per l’affidamento del diritto d’uso ventennale; iv) per aver violato i principi costituzionali e unionali di autonomia e indipendenza delle Autorità amministrative indipendenti, avendo la L. n. 205/2017 inciso sulla determinazione dei criteri che solo l’Autorità avrebbe dovuto stabilire; v) per violazione dell’art. 4 del T.U.E., risultando la normativa interna contrastante con i principi affermati dalla Commissione europea nella procedura di infrazione avviata contro la Repubblica italiana per la contrarietà del sistema televisivo a regole unionali; vi) per violazione del principio dell’efficienza dello spettro televisivo affermato dal diritto unionale; vii) per violazione del diritto di rinegoziazione delle condizioni di aggiudicazione, stabilito dal diritto unionale.

5. Con un primo ricorso per motivi aggiunti Cairo ha impugnato la delibera dell’A.N.R. n. 290/2018/CONS, relativa al P.N.A.F. del 2018, richiamando le precedenti censure e deducendo l’illegittimità di tale provvedimento: i) per aver previsto di pianificare, per il servizio televisivo digitale terrestre, 10 mux nazionali (in banda UHF) e 4 mux locali (in banda UHF), e 1 mux regionalizzato in banda VHF, determinando dunque una drastica riduzione del 50% degli attuali mux nazionali (da 20 a 10), in violazione del principio dell’efficienza dello spettro televisivo; ii) per insussistenza di un obbligo di riserva delle reti alle emittenze locali; iii) per erroneità della valutazione tecnica.

6. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti Cairo ha impugnato il P.N.A.F 2019 deducendo l’illegittimità delle previsioni di cui all’art. 1, comma 1031-bis e comma 1031-ter della L. n. 205/2017: i) in quanto ritenuti non applicabili ad un soggetto che si era aggiudicato le frequenze all’esito di un’asta pubblica, non garantendo, quindi, la conservazione dei precedenti diritti; ii) per insussistenza delle condizioni per disporre una procedura ad evidenza pubblica non essendovi nuove frequenze da assegnare; iii) per violazione dell’autonomia e indipendenza dell’A.N.R., avendo fissato criteri e parametri che andavano determinati solo dall’Autorità; iv) per violazione dei principi unionali in materia di concorrenza e parità di trattamento per aver favorito gli operatori di maggiori dimensioni, con conseguente vantaggio discriminatorio per gli altri operatori, stante i criteri di aggiudicazione previsti; v) per violazione del principio di efficienza dello spettro radiotelevisivo essendo la procedura calibrata sulla metà di un multiplex, potendosi, quindi, determinare l’assegnazione di un diritto d’uso in condivisione con conseguente irrealizzabilità del meccanismo; vi) per insufficienza delle risorse, anche in ragione della previsione di assegnare un multiplex a R.A.I.

7. Con un terzo ricorso per motivi aggiunti Cairo ha impugnato la delibera n. 129/2019 dell’Autorità che ha previsto, per la conversione dei diritti d’uso degli operatori di rete già presenti, dieci multiplex DVB-T2, in luogo dei dodici complessivamente pianificati, riservando n. 2 multiplex DVB-T2 alla procedura competitiva onerosa, prevista dall’art. 1, comma 1031-bis, della L. n. 205/2017. Dal P.N.A.F. 2019 sarebbe derivata l’applicazione di un fattore di conversione pari a 0,5 ai fini della transizione delle reti nazionali al nuovo standard tecnologico (DVB-T2), stabilito sull’assunto che il diritto d’uso esercito dagli operatori nazionali in standard DVB-T corrispondesse alla metà (50%) della capacità trasmissiva totale resa disponibile da un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2.

7.1. Cairo ha dedotto l’illegittimità del P.N.A.F. 2019 in quanto: i) avrebbe determinato un fattore di conversione illegittimo, previsto esclusivamente per la procedura onerosa di assegnazione della ulteriore capacità trasmissiva e non destinato ad operare, quindi, per la conversione dei diritti d’uso già assegnati; ii) avrebbe determinato un criterio discriminatorio per gli operatori di minori dimensioni, che avrebbero perso tutta la propria capacità trasmissiva, a vantaggio di quelli di maggiori dimensioni, che avrebbero, comunque, conseguito 2,5 mux ciascuno; iii) avrebbe comportato l’assegnazione dei diritti d’uso per i nuovi mux secondo tempistiche e modalità differenti tra gli operatori di rete, in quanto sarebbe stato stabilito che gli operatori destinatari di un mux di nuova pianificazione ottenessero subito e in via prioritaria rispetto ai titolari di mezzo mux, un diritto d’uso di frequenze per l’esercizio di uno specifico multiplex nazionale dei 12 pianificati con conseguente precedenza agli operatori di maggiori dimensioni nella assegnazione di risorse scarse; iv) avrebbe imposto agli operatori ai quali era stato assegnato mezzo mux di associarsi o di ricorrere alla procedura onerosa per ottenere la necessaria capacità trasmissiva; v) avrebbe determinato la durata della capacità trasmissiva assegnata in dieci anni, tempo non congruo in ragione della necessità di ammortizzare gli investimenti.

A.2.1. LA SENTENZA DEL T.A.R. PER IL LAZIO N. 1204/2021.

8. Il T.A.R. per il Lazio ha dichiarato improcedibili il ricorso introduttivo del giudizio e il primo ricorso per motivi aggiunti in quanto relativi a provvedimenti “superati” dai successivi atti adottati dall’Autorità.

9. Il T.A.R. per il Lazio ha, invece, respinto, il secondo e il terzo ricorso per motivi aggiunti osservando che: i) la legittimità delle delibere dell’A.G.Com n. 39/19 e n. 129/19 era stata decretata da questo Consiglio di Stato con la sentenza n. 6919/2019, resa su ricorso di altro operatore (Persidera), dopo l’intervento di codesta Corte di Giustizia (sentenza del 26 luglio 2017, in C-112/16), osservandosi come non fosse fondata la richiesta di differenziare la posizione di quell’operatore che aveva preteso l’assegnazione di 0,5 multiplex aggiuntivi rispetto a quanto deciso dall’A.G.Com; ii) la posizione di Cairo non poteva ritenersi differenziabile in quanto l’evoluzione giurisdizionale, amministrativa e normativa del refarming avrebbe escluso la possibilità di radicare un affidamento incolpevole al mantenimento delle medesime posizioni; iii) gli interessi pubblici alla liberazione della banda 700 dovevano ritenersi prevalenti alle posizione dei privati e non poteva differenziarsi Cairo dagli altri operatori; iv) doveva ritenersi legittima la scelta di assegnare la capacità ulteriore mediante procedura onerosa, atteso che la stessa Decisione UE 889/2017 aveva consentito agli Stati membri di autorizzare il trasferimento o l’affitto dei diritti secondo procedure aperte e trasparenti conformemente al diritto dell'Unione applicabile; v) non era stata lesa l’indipendenza delle A.N.R. atteso che la normativa nazionale non aveva investito aspetti di carattere ordinamentale ma solo indicato i criteri per l’attività dell’Autorità; vi) non erano stati lesi i principi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità essendo stata prevista, comunque, una procedura pubblica - nell’ambito di una decisione tecnica e politica discrezionale – che garantiva la possibilità di completare il ½ mux ritenuto necessario; vii) la durata dell’assegnazione doveva ritenersi conforme al quadro normativo unionale di riferimento.

A.3. IL RICORSO DI PRIMO GRADO DI CAIRO AVVERSO GLI ATTI DEL MINISTERO DELLE IMPRESE E DEL MADE IN ITALY (R.G. N. 6740/2018 DEL TA.R. PER IL LAZIO – SEDE DI ROMA).

10. Con il ricorso in epigrafe Cairo ha impugnato gli atti del Ministero relativi alla procedura di refarming. In particolare, con il ricorso introduttivo Cairo ha impugnato la c.d. “roadmap” ministeriale per il processo di liberazione della banda di frequenza dei 700 Mhz per i medesimi motivi di cui al punto 4.1 della presente ordinanza, a cui si rinvia. Ha, inoltre, dedotto la violazione del principio del contraddittorio per non essersi tenuto conto dei contributi presentati dagli operatori.

11. Con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 31.7.2019 Cairo ha impugnato l’avviso per la conversione/assegnazione della capacità trasmissiva adottato dal Ministero deducendone l’illegittimità in quanto: i) avrebbe imposto agli operatori minori di associarsi o partecipare alla procedura onerosa per ottenere la capacità trasmissiva necessaria, applicando un fattore di conversione ritenuto non operante per la conversione dei diritti d’uso già assegnati e discriminatorio per gli operatori di minori dimensioni, che avrebbero perso tutta la propria capacità trasmissiva, a vantaggio di quelli di maggiori dimensioni; ii) avrebbe imposto di stipulare intese con altri operatori, restringendo le autonome scelte imprenditoriali e configurandosi come una indebita prestazione imposta in violazione dell’art. 23 della Costituzione italiana; iii) avrebbe applicato a Cairo regole che non potevano operare, essendosi Cairo aggiudicato le frequenze all’esito di un’asta pubblica onerosa e avendo avuto garanzie di conservazione dei propri diritti; iv) avrebbe disposto una procedura ad evidenza pubblica in difetto dei necessari presupposti; v) avrebbe violato l’autonomia e l’indipendenza dell’A.N.R., avendo fissato criteri e parametri che andavano determinati solo dall’Autorità; vi) avrebbe violato i principi unionali in materia di concorrenza e parità di trattamento per favorire gli operatori di maggiori dimensioni, con conseguente vantaggio discriminatorio per gli altri operatori, stante i criteri di aggiudicazione previsti; v) avrebbe previsto una durata dell’assegnazione non congrua, tenuto conto dei tempi necessari per l’ammortamento degli investimenti.

12. Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti Cairo ha impugnato il provvedimento di assegnazione del “diritto d’uso senza specificazione delle frequenze, corrispondente alla metà di un multiplex nazionale in tecnologica DVB-T2” (prot. n. 80230390587), riproponendo quattro motivi già articolati in precedenza (pp. 17-18 della sentenza del T.A.R.).

13. Con un quarto ricorso per motivi aggiunti Cairo ha impugnato il decreto del Ministero dello sviluppo economico, contenente la nuova “roadmap” per il rilascio delle frequenze. L’odierna appellante ha dedotto l’illegittimità di tale atto in quanto non avrebbe tenuto conto della necessità di escluderla dalla procedura di assegnazione, dovendo conservare i precedenti diritti.

A.3.1. LA SENTENZA DEL T.A.R. PER IL LAZIO N. 1205/2021.

14. Il T.A.R. per il Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio (in quanto relativo ad atto privo di capacità lesiva) e improcedibile il primo ricorso per motivi aggiunti (in quanto relativo alla c.d. “roadmap”, successivamente rivista dal Ministero).

15. Il T.A.R. per il Lazio ha, invece, respinto gli altri ricorsi per motivi aggiunti richiamando, in sostanza, le motivazioni contenute nella sentenza n. 1204/2021, alla cui esposizione si rinvia (punto 9 della presente ordinanza).

A.4. I RICORSI IN APPELLO DI CAIRO.

16. Cairo ha impugnato le sentenze del T.A.R. per il Lazio dinanzi a questo Consiglio di Stato, con i ricorsi in appello R.G. n. 4334/2021 (relativo alla sentenza n. 1205/2021) e R.G. n. 4335/2021 (relativo alla sentenza n. 1204/2021), dalla cui esposizione occorre, per ragioni logiche, prendere l’abbrivio.

A.4.1. IL RICORSO IN APPELLO R.G. N. 4335/2021.

17. Cairo ha impugnato la sentenza n. 1204/2021 del T.A.R. deducendone l’erroneità: i) nella parte in cui ha fatto riferimento alla sentenza n. 6910/2019 di questo Consiglio (successivo alla sentenza di codesta Corte del 27 luglio 2017, in C-112/16), in quanto relativa ad una fattispecie del tutto diversa da quella oggetto del giudizio, e come tale ad essa non sovrapponibile; ii) nella parte in cui ha escluso la sussistenza di una posizione differenziata di Cairo e, in particolare, il legittimo affidamento alla conservazione di diritti acquisiti mediante procedura onerosa e per una durata ventennale; iii) nella parte in cui ha ritenuto che tali circostanza non comportassero l’obbligo di esclusione di Cairo dal procedimento di refarming o, comunque, non imponessero di modulare tale procedimento tenendo conto della necessità di preservare posizioni legittimamente acquisite; iv) nella parte in cui ha ritenuto di non condividere la tesi di Cairo secondo cui la procedura di gara onerosa non doveva essere indetta stante l’impossibilità di affermare la sussistenza di una capacità trasmissiva residua da assegnare, per l’appunto, tramite una gara; v) nella parte in cui ha escluso la violazione del principio di indipendenza e autonomia dell’A.N.R. da parte delle previsioni di cui all’art. 1, comma 1031-bis, della L. n. 205/2017, avendo tale previsioni dettato criteri da utilizzare per la procedura onerosa; vi) nella parte in cui ha escluso la violazione dei principi di concorrenza e parità di trattamento da parte nella normativa nazionale che, nel disciplinare la procedura onerosa, avrebbe imposto criteri discriminatori ed ingiustificati; vii) nella parte in cui ha escluso l’illegittimità delle scelte adottate in ordine al fattore di conversione e alla procedura onerosa (in particolare con riferimento agli elementi discriminatori tra operatori) indetta per l’ulteriore capacità trasmissiva; viii) nella parte in cui ha escluso l’illegittimità della durata dell’assegnazione che non avrebbe tenuto conto delle caratteristiche del servizio offerto, dei costi e nel tempo necessario per l’ammortamento.

18. Cairo ha dedotto, inoltre, l’omessa pronuncia del T.A.R. su alcuni motivi che sono stati, quindi, riproposti dinanzi a questo Consiglio. In particolare, Cairo ha dedotto: i) la violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e non discriminazione per aver il legislatore e le Autorità nazionali non tenuto conto della differente posizione dell’appellante; ii) la violazione dei principi di certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento; iii) la contraddittorietà tra provvedimenti delle Autorità nazionali e, in particolare, tra la procedura all’attenzione del Collegio e i provvedimenti con i quali erano stati assegnati a Cairo i diritti d’uso delle frequenze; iv) la violazione dell’art. 4 del T.U.E. per violazione dei principi affermati dalla Commissione europea e dalla Corte di Giustizia sulla contrarietà del sistema radiotelevisivo italiano al diritto unionale.

A.4.2. IL RICORSO IN APPELLO DI CAIRO R.G. N. 4334/2021.

19. Cairo ha impugnato la sentenza n. 1205/2021 del T.A.R. per il Lazio deducendone l’erroneità per i medesimi otto motivi già indicati al punto 17 della precedente ordinanza a cui si rinvia. Cairo ha articolato, poi, un ulteriore motivo con il quale ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha escluso che fosse possibile individuare posizioni differenziate tra gli operatori.

20. Cairo ha dedotto, inoltre, l’omessa pronuncia del T.A.R. su alcuni motivi che sono stati, quindi, riproposti dinanzi a questo Consiglio e, in particolare, i motivi già illustrati al punto 18 della presente ordinanza a cui si rinvia.

A.5. I SUCCESSIVI SVILUPPI DEL PROCEDIMENTI DI REFARMING E LE ORDINANZA ISTRUTTORIE N. 5773/2023 E N. 5779/2023 DI QUESTO CONSIGLIO DI STATO.

21. Nelle more dei giudizi di appello sono stati adottati ulteriori atti relativi al procedimento di refarming. In particolare, l’Autorità ha adottato la delibera n. 564/20/CONS, con la quale ha indetto le “Procedure per l’assegnazione dell'ulteriore capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale e delle frequenze terrestri, ai sensi dell’articolo 1, comma 1031 – bis, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, così come introdotto dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145”. Il Ministero ha, invece, indetto la procedura competitiva onerosa ex art. 1, comma 1031-bis della L. n. 205/2017, finalizzata all’assegnazione di 2 multiplex DVB-T2, e suddivisi in tre lotti (P1, P2 e P3). Entrambi tali provvedimenti sono stati impugnati da Cairo con ricorsi dinanzi al T.A.R. per il Lazio – sede di Roma, ancora pendenti alla data di discussione in camera di consiglio dei presenti ricorsi in appello.

22. La delibera n. 562/20/CONS dell’Autorità ha definito la procedura competitiva onerosa. Senza prestare acquiescenza ai provvedimenti e senza rinuncia, quindi, ai ricorsi Cairo ha partecipato alla procedura onerosa e ha conseguito un diritto d’uso generico per ½ mux di nuova generazione, completando, in tal modo, il diritto d’uso per ½ multiplex assegnato per effetto della conversione.

in tecnologia DVB-T2 (Reti nazionali “4”, “5”, “6”). A tale procedura hanno, inoltre, partecipato RAI, Elettronica Industriale e Persidera aggiudicandosi ciascuno un lotto ( ½ multiplex) e completando così il diritto d’uso generico e senza specificazione di frequenza assegnato in conversione diretta.

22.1. All’esito di questo procedimento sono state, quindi, allocate, n. 11 reti nazionali (sulle 12 DVBT2 pianificate dalla delibera 39/19/CONS). In particolare: i) RAI è risultata assegnataria delle Reti nazionali “8”, “7” e “2”; ii) Elettronica Industriale è risultata assegnataria delle Reti nazionali “1”, “9” e “3”; iii) Persidera è risultata assegnataria delle Reti nazionali “4”, “5” e “6”; iv) Cairo è risultato assegnatario della Rete nazionale “10”; v) Elettronica e Prima Tv sono risultate assegnatarie, ante gara e in forza di un’intesa, della Rete nazionale “11”.

23. Sul piano processuale si evidenzia, in ultimo, come con le ordinanze indicate nell’epigrafe di questo paragrafo la Sezione ha chiesto all’Autorità e al Ministero delle Imprese e del Made in Italy di depositare una relazione illustrativa nella quale indicare: i) se e con quali modalità l’Autorità avesse (al di là dell’azione di ottemperanza promossa a suo tempo da Persidera) in via generale adempiuto al giudicato di cui alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 26 luglio 2017, nella causa C- 112 /16 che aveva imposto - sia pure nella diversa vicenda del passaggio dall’analogico al digitale - la preventiva esclusione delle frequenze illegittimamente esercite dagli “incumbent” del mercato televisivo italiano (frequenze dalle quali, dunque, gli operatori non possono trarre vantaggio in sede di redistribuzione delle frequenze in occasione di passaggi tecnologici) e, inoltre, se questo fosse avvenuto in sede di redazione del P.N.A.F. attualmente a giudizio o antecedentemente o successivamente; ii) se, al contrario, non vi avesse adempiuto, quali fossero le ragioni del mancato adempimento e, inoltre, se erano stati adottati in occasione del refarming per la banda larga e dell’adozione del PNAF altri interventi di tipo compensativo per riportare fra gli operatori la parità di trattamento ed eliminare situazioni di privilegio e quali siano stati tali interventi; iii) quale valutazione tecnica aveva condotto al criterio di conversione dei MUX nel passaggio dalla tecnologia DVB -T a DVB-T2 pari a 0,5; iv) se si fosse tenuto conto in modo differenziato e in che termini dei soggetti che avevano ottenuto una concessione con clausola nel bando del 2014 la quale aveva previsto che, all’atto della liberazione delle frequenze per il programmato “refarming”, sarebbe stata assicurata una frequenza di analoga copertura e durata; v) se si fosse tenuto conto in modo differenziato e in che termini dei soggetti già esercenti in DVB-T2 o se questi erano stati trattati come gli altri e per quali ragioni tecniche; vi) se la conversione con il criterio 0,5 garantisca in via generale e per quali ragioni una equivalenza, nonché la neutralità tecnologica e la continuità di trasmissione.

24. L’Autorità e il Ministero hanno adempiuto all’ordine istruttorio depositando le relazioni richieste. Le parti hanno depositato memorie finali e insistito nelle rispettive conclusioni.

25. All’udienza del 28.9.2023 le cause sono state trattenute in decisione dopo la discussione.

B. RIUNIONE DEI GIUDIZI.

26. Preliminarmente va disposta la riunione la riunione dei giudizi in epigrafe ex art. 70 c.p.a. (operante in grado di appello ex art. 38 c.p.a.), stante la connessione oggettiva dei giudizi, afferenti al complessivo procedimento di refarming e incentrati su questioni in gran parte omologhe.

C. SULLA SUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI PER IL RINVIO PREGIUDIZIALE EX ART. 267 T.F.U.E.

27. Con la sentenza del 6 ottobre 2021, resa a definizione della causa pregiudiziale C–561/19, codesta Corte di Giustizia ha precisato le condizioni che devono sussistere perché, ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E., il giudice nazionale di ultima istanza possa risolvere la controversia interna senza investire la Corte di Giustizia della soluzione di quesiti pregiudiziali relativi alla corretta interpretazione del diritto unionale.

27.1. In particolare, secondo quanto rilevato dalla Corte, il giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno – quale deve intendersi il Consiglio di Stato italiano, organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante il codice del processo amministrativo (v. Corte di Giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, 21 dicembre 2021, in C-497/2020) – quando è chiamato a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione, può essere esonerato dall’obbligo di rinvio ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE solo quando abbia constatato che la questione sollevata non è rilevante, o che la disposizione del diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte, oppure che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (punto 33 della sentenza).

27.2. In primo luogo, la questione pregiudiziale afferente alla corretta interpretazione del diritto unionale deve ritenersi irrilevante nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull’esito della controversia (punto 34).

27.3. In secondo luogo, la questione pregiudiziale può ritenersi già oggetto di interpretazione da parte della Corte qualora sia materialmente identica ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia già stata decisa in via pregiudiziale o nell’ambito del medesimo procedimento nazionale ovvero qualora una giurisprudenza consolidata della Corte risolva il punto di diritto di cui trattasi, quale che sia la natura dei procedimenti che hanno dato luogo a tale giurisprudenza, anche in mancanza di una stretta identità delle questioni controverse (punto 36); trattasi di circostanze idonee ad escludere l’obbligo di rinvio pregiudiziale, ma tali da non impedire al giudice nazionale di esercitare comunque la facoltà di adire la Corte qualora ritenuto opportuno.

27.4. In terzo luogo, l’interpretazione corretta del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi qualora il giudice nazionale maturi il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe altresì ai giudici di ultima istanza degli altri Stati membri e alla Corte (punto 40).

28. Sulla base di tali precisazioni devono ritenersi sussistenti nella specie le condizioni che impongono a questo Consiglio di Stato il rinvio pregiudiziale sui quesiti interpretativi.

28.1. Le questioni di diritto unionale rilevanti nelle presenti controversie riguardano provvedimenti normativi, regolatori ed amministrativi adottati al fine di dare attuazione dalla decisione (UE) 2017/899, del 17 maggio 2017. In particolare, le controversie si inseriscono nell’ambito del complessivo processo di refarming, che ha imposto il rilascio della banda di frequenza 694-790 MHz («dei 700 MHz») per i servizi mobili di quinta generazione. L’Italia ha dato attuazione alla decisione unionale e, al contempo, ha previsto il passaggio dalla tecnologia DVB-T alla tecnologia DVB-T2, nel processo di riassetto del sistema del sistema radiotelevisivo nazionale e locale, nella banda rimasta a disposizione del broadcasting a seguito della destinazione delle frequenze a 700 MHz (694 - 790 MHz) ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili. Pertanto, rilevano nelle presenti controversie sia le disposizioni della decisione (UE) 2017/899, del 17 maggio 2017, che il quadro normativo che fa da cornice alla stessa decisione e che detta regole generali valevoli per la regolazione dei servizi media nei Paesi dell’Unione.

28.2. In secondo luogo, la rilevanza del diritto unionale deve affermarsi in considerazioni sia delle peculiari vicende relative al sistema radio-televisivo italiano che delle pronunce rese da codesta Corte di Giustizia sul tema, tra cui la sentenza di codesta Corte, 26 luglio 2017, causa C-112/16, alla quale ha fatto riferimento il Giudice di primo grado e concernente la pur diversa posizione di Persidera, esaminata da questo Consiglio nella medesima camera di consiglio del 28 settembre 2023.

28.3. In considerazione della novità del procedimento non si registrano pronunce di codesta Corte sul punto e, di conseguenza, le questioni non sono identiche ad altre decise da codesta Corte, né vi è una giurisprudenza consolidata della Corte anche in considerazione della già decretata peculiarità della vicenda.

28.4. In ultimo, i quesiti pregiudiziali in esame pongono problemi interpretativi, in relazione ai quali non sembra possa ritenersi che “l’interpretazione corretta del diritto dell’Unione s’imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi”, alla luce dei chiarimenti forniti dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 6 ottobre 2021, citata nei punti iniziali del presente paragrafo.

D. SUI QUESITI RIMESSI A CODESTA CORTE DI GIUSTIZIA.

29. Con la presente ordinanza questo Consiglio di Stato rimette a codesta Corte di Giustizia plurimi quesiti relativi all’interpretazione della normativa e dei principi euro-unitari. In ragione della pluralità dei quesiti, l’esposizione delle disposizioni unionali ed interne verrà effettuata in corrispondenza di ciascun quesito, al fine di calibrare puntualmente le questioni rilevanti alla luce del quadro normativo di riferimento.

D.1. PRIMO QUESITO: SUGLI ARTT 6 e 19, PAR. 1, DEL T.U.E., INTERPRETATI ALLA LUCE DELL’ART. 47 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA, E SUGLI ARTT. 4, PAR. 1, CO. 1, DELLA DIRETTIVA QUADRO E 31 DELLA DIRETTIVA (UE) 2018/1972, E SULLA COMPATIBILITA’ RISPETTO A TALI DISPOSIZIONI DELLA NORMATIVA NAZIONALE.

30. Con il primo quesito questo Consiglio chiede alla Corte se gli art. 6 e 19, par. 1, seconda parte, del T.U.E., interpretati alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentale dell’Unione europea, l’art. 4, par. 1, co. 1, della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), e l’art. 31 della Direttiva (UE) 2018/1972, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, quale quella rilevante nell’ordinamento italiano (art. 1, comma 1037, della L. n. 205/2017) che, in una situazione di rilevanza comunitaria, limita gli effetti dell’azione di annullamento, impedendo la reintegrazione o esecuzione in forma specifica, e circoscrive la tutela cautelare al pagamento di una provvisionale, compromettendo la tutela giurisdizionale effettiva.

D.1.1. LA NORMATIVA UNIONALE RILEVANTE.

31. L’art. 6 del Trattato sull’Unione europea prevede: “1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. 2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati. 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.”.

31.1. L’art. 19, par. 1, seconda parte, del T.U.E. prevede: “Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione.

31.2. L’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (rubricato: “Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”), prevede: “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia”.

31.3. L’art. 4, par. 1, co. 1, della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) ha previsto: “Gli Stati membri prevedono, a livello nazionale, meccanismi efficienti che permettano a qualunque utente e a qualunque impresa che fornisce reti e/o servizi di comunicazione elettronica, che siano interessati dalla decisione di una autorità nazionale di regolamentazione, di ricorrere contro detta decisione dinanzi ad un organo di ricorso, indipendente dalle parti coinvolte. Tale organo, che può essere un tribunale, è in possesso di competenze adeguate tali da consentirgli di assolvere le sue funzioni in maniera efficace. Gli Stati membri garantiscono che il merito del caso sia tenuto in debita considerazione e che vi sia un efficace meccanismo di ricorso”.

31.4. L’art. 31 della Direttiva (UE) 2018/1972 prevede: “1. Gli Stati membri prevedono, a livello nazionale, meccanismi efficienti che permettano a qualunque utente e a qualunque impresa che fornisce reti o servizi di comunicazione elettronica o risorse correlate, che siano interessati dalla decisione di una autorità competente, di ricorrere contro detta decisione dinanzi a un organo di ricorso, indipendente dalle parti coinvolte e da qualsiasi intervento esterno o pressione politica che possa comprometterne l’imparzialità di giudizio nelle questioni che è chiamato a dirimere. Tale organo, che può essere un organo giurisdizionale, è in possesso di competenze adeguate tali da consentirgli di assolvere le sue funzioni in maniera efficace. Gli Stati membri garantiscono che il merito del caso sia tenuto in debita considerazione. In attesa dell’esito del ricorso, resta in vigore la decisione dell’autorità competente, a meno che non siano concesse misure provvisorie conformemente al diritto nazionale. 2. Le decisioni degli organi competenti a conoscere dei ricorsi, di cui al paragrafo 1 del presente articolo, che non siano di natura giurisdizionale sono sempre motivate per iscritto. In tal caso, inoltre, le decisioni sono impugnabili dinanzi a una giurisdizione ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Gli Stati membri provvedono affinché il meccanismo di ricorso sia efficace. 3. Gli Stati membri raccolgono informazioni sull’argomento generale dei ricorsi, sul numero di richieste di ricorso, sulla durata delle procedure di ricorso e sul numero di decisioni di concedere misure provvisorie. Gli Stati membri forniscono tali informazioni e comunicano le decisioni o le sentenze alla Commissione e al BEREC su loro richiesta motivata”.

D.1.2. LA NORMATIVA NAZIONALE RILEVANTE.

32. L’art. 24, comma 1, della Costituzione della Repubblica italiana prevede: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”.

32.1. L’art. 103, comma 1, della Costituzione della Repubblica italiana prevede: “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi”.

32.2. L’art. 113 della Costituzione della Repubblica italiana prevede: “1. Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa”.

32.3. L’art. 1 (rubricato: “Effettività”) del D.lgs. n. 104/2010 (recente il Codice del processo amministrativo), prevede: “1. La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo.”.

32.3. L’art. 29 del D.Lgs. n. 104/2010 prevede: “L'azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di sessanta giorni”.

32.4. L’art. 30 del D.Lgs. n. 104/2010 prevede: “1. L'azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma. 2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica. […].”.

32.5. L’art. 2058 del codice civile italiano prevede: “Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile. Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta

eccessivamente onerosa per il debitore.”.

32.6. L’art. 1, comma 1037, della L. n. 205/2017 prevede: “I giudizi riguardanti l'assegnazione di diritti d'uso delle frequenze, la gara e le altre procedure di cui ai commi da 1026 a 1036, con particolare riferimento alle procedure di rilascio delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e sono devoluti alla competenza funzionale del TAR del Lazio. In ragione del preminente interesse nazionale alla sollecita liberazione e assegnazione delle frequenze, l'annullamento di atti e provvedimenti adottati nell'ambito delle procedure di cui ai commi da 1026 a 1036 non comporta la reintegrazione o esecuzione in forma specifica e l'eventuale risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente. La tutela cautelare e' limitata al pagamento di una provvisionale.”.

D.1.3. IL QUESITO RIMESSO A CODESTA CORTE DI GIUSTIZIA.

33. Le previsioni dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (che ai sensi dell’art. 6, par. 1, prima parte, del T.U.E. ha lo stesso valore giuridico dei Trattati) conferiscono alla garanzia della tutela giurisdizionale la valenza di principio fondamentale e generale di diritto dell’Unione. Inoltre, l’art. 19, par. 1, seconda parte, del T.U.E. obbliga gli Stati membri a stabilire i rimedi giurisdizionali necessari ad assicurare ai singoli, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (cfr.: C.G.U.E, IX Sezione, sentenza del 7 luglio 2022, in C-261/21, punto 43; C.G.U.E. sentenza del 26 marzo 2020, in C558/18 e C563/18, EU:C:2020:234, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Al contempo, secondo la giurisprudenza di codesta Corte, fatta salva l’esistenza di norme dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in forza del principio dell’autonomia procedurale, stabilire le modalità processuali di tali rimedi giurisdizionali, a condizione, tuttavia, che tali modalità, nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’Unione (principio di effettività) (C.G.U.E., sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C497/20, EU:C:2021:1037, punto 58; C.G.U.E., sentenza del 10 marzo 2021, Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N., C-949/19, EU:C:2021:186, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

34. Nel caso all’attenzione di questo Consiglio non si pone un problema di equivalenza tra situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione e situazioni disciplinate dal diritto interno in quanto la disposizione di diritto nazionale rilevante (art. 1, comma 1037, della L. n. 205/2017) opera per tutti “i giudizi riguardanti l'assegnazione di diritti d'uso delle frequenze, la gara e le altre procedure di cui ai commi da 1026 a 1036, con particolare riferimento alle procedure di rilascio delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre”.

35. Si pone, invece, un problema di effettività della tutela giurisdizionale assicurata dall’ordinamento interno in una situazione sicuramente coperta dal diritto dell’Unione europea, trattandosi, come spiegato in precedenza, di controversia relative all’attuazione della Decisione (UE) 2017/899 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017, relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHZ nell'Unione, nonché dalla disciplina attualmente contenuta nella Direttiva (UE) 2018/1972 che ha proceduto alla rifusione delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, e dalla Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica.

35.1. In relazione al principio di effettività occorre ricordare che il diritto dell’Unione non produce l’effetto di obbligare gli Stati membri a istituire mezzi di ricorso diversi da quelli già contemplati dal diritto interno, a meno che, tuttavia, dall’impianto sistematico dell’ordinamento giuridico nazionale in questione risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione, o che l’unico modo per poter adire un giudice da parte di un singolo sia quello di commettere violazioni del diritto (C.G.U.E., sentenze del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Foigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C924/19 PPU e C925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 143; del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C497/20, EU:C:2021:1037, punto 62; del 13 luglio 2023, in C-363/2021 e C-364/2021).

36. Nel caso all’attenzione di questo Consiglio opera la disposizionale nazionale sopra ricordata (art. 1, comma 1037, della L. n. 205/2017) che, come esposto, preclude al Giudice amministrativo italiano l’annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati nell’ambito delle procedure di cui ai commi da 1026 a 1036, tra cui rientra anche la procedura oggetto di giudizio. In sostanza, la tutela giurisdizionale conferita dall’ordinamento interno non comporta, in alcun modo, “la reitegrazione o l’esecuzione in forma specifica” e, quindi, in termini generali, il conseguimento del bene della vita finale al quale la parte – lesa illegittimamente da un provvedimento amministrativo – anela, ma, esclusivamente, un risarcimento per equivalente monetario.

36.1. Dubita il Collegio che simile disposizione possa ritenersi conforme alla normativa unionale e al principio di effettività della tutela giurisdizionale in relazione a situazione soggettive conferite e regolate dal diritto dell’Unione europea. Infatti, la disposizione nazionale non consente al Giudice amministrativo di annullare provvedimenti interni che risultino contrari ai parametri normativi di riferimento, ivi comprese le regole del diritto unionale e i principi a tutela della concorrenza, della parità di trattamento e della tutela del legittimo affidamento che pure – come si esporrà – vengono in gioco nella controversia all’attenzione del Collegio. La tutela accordata dal legislatore nazionale è, infatti, una sola tutela risarcitoria per equivalente che, tuttavia, costituisce un succedaneo non idoneo a ristorare l’operatore economico del pregiudizio arrecato da provvedimenti illegittimi. Infatti, il bene della vita al quale l’operatore anela consiste nell’assegnazione di diritti d’uso delle frequenze, situazione che impone l’impiego di ingenti risorse economiche e la realizzazione di strutture aziendali complesse e munite di peculiari strumenti tecnologici, funzionali alla realizzazione dell’attività di impresa. Inoltre, questa attività realizzano, oltre all’interesse dell’operatore, l’interesse generale della collettività garantendo sia la coesione sociale che l’innalzamento culturale della società, garantendo ai consociati l’accesso ad informazioni e programmi ulteriori e, pertanto, determinando la crescita sociale e culturale del Paese.

36.2. Del resto, come evidenziato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, il servizio audiovisivo ha un carattere essenziale per la democrazia degli Stati membri; infatti, la C.E.D.U. ha osservato che non vi è democrazia senza pluralismo e che in una società democratica non basta, per garantire un vero e proprio pluralismo nel settore audiovisivo, prevedere l’esistenza di più canali o la possibilità teorica per i potenziali attori di accedere al mercato audiovisivo, a tutela della sola concorrenza, ma “bisogna anche permettere un accesso effettivo a tale mercato”, sicché in un settore delicato come quello dei media audiovisivi al dovere negativo di non ingerenza nell’esercizio delle frequenze e nella trasmissione dei programmi si aggiunge, per lo Stato, “l’obbligo positivo di realizzare un quadro legislativo e amministrativo adeguato per garantire un pluralismo effettivo” (Corte europea dei Diritti dell’Uomo, Grande Camera, Centro Europa 7 e Di Stefano c. Italia, 7 giugno 2012, § 130 e § 134).

36.3. Una disposizione come quella in esame termina, quindi, per non consentire un’adeguata tutela della situazione soggettiva degli operatori economici, e, in ultimo, non garantisce un accesso effettivo al mercato, e, quindi, un pluralismo effettivo. La sola misura del risarcimento del danno per equivalente ristora, in ipotesi, l’operatore ma dei soli pregiudizi economici patiti privandolo, al contempo, della possibilità di ottenere il bene della vita primario al quale l’attività svolta e lo stesso ricorso giurisdizionale proposto aspirano, e, inoltre, priva, in ogni caso, la collettività della possibilità di veder realizzato un sistema effettivamente pluralistico incidendo, in ultimo, sulla democraticità del sistema.

36.4. Le peculiarità evidenziate differenziano il caso in esame da altre situazioni, nelle quali si è, invece, affermato – da parte degli organi giurisdizionali nazionali – la legittimità di sistemi che escludessero la possibilità di garantire una tutela “reale”, conferendo una mera tutela risarcitoria.

36.4.1. E’ il caso, ad esempio, delle recenti pronunce della Corte Costituzionale italiana (sentenze n. 49/2011 e n. 160/2019), con le quali si è ritenuta costituzionalmente legittima una previsione nazionale che consente al Giudice amministrativo di concedere la sola tutela risarcitoria per equivalente. Tuttavia, la prima pronuncia (n. 49/2011) ha riguardato un caso relativo all’impugnazione - proposta da persona tesserata, in qualità di dirigente sportivo, presso la Federazione italiana pallacanestro (FIP) - della sanzione disciplinare della inibizione allo svolgimento di ogni attività endofederale per la durata di anni 3 e mesi 4, irrogata nei suoi confronti con decisione della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI). La pronuncia ha, quindi, riguardato una fattispecie ben diversa da quelle in esame ed afferente ai rapporti tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria e, in particolare, ai limiti per il Giudice amministrativo di annullare decisioni assunte dalla Giustizia sportiva. Si tratta, quindi, di decisione che involge situazioni non interessate, comunque, da principi come quelli in precedenza indicati in relazione al sistema audiovisivo e nella quale vi è, comunque, una tutela garantita dall’ordinamento sportivo e, quindi, da un ordinamento diverso da quello degli Stati membri, e una successiva limitata tutela offerta dall’ordinamento nazionale.

36.4.2. Stesse considerazioni valgono per la successiva sentenza n. 160/2019, emessa in relazione ad un giudizio promosso da un dirigente sportivo tesserato della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC) per l’annullamento della decisione del 14 febbraio 2017 con cui il Collegio di garanzia dello sport istituito presso il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), quale organo di giustizia sportiva di ultima istanza, ha confermato l’irrogazione nei suoi confronti della sanzione disciplinare dell’inibizione per tre anni, disposta dalla Corte federale di appello della FIGC. Anche in tale ipotesi si è controverso, quindi, in materia di rapporti tra giustizia sportiva e giustizia statale e la norma è risultata legittima nella parte in cui ha, comunque, realizzato – secondo la Corte Costituzionale italiana – un non irragionevole bilanciamento “fra il menzionato principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale e le esigenze di salvaguardia dell’autonomia dell’ordinamento sportivo” (punti 3.2, 3.2.1, 3.2.2 della sentenza), escludendo “la possibilità dell’intervento giurisdizionale maggiormente incidente sull’autonomia dell’ordinamento sportivo” (punto 3.2.2 della sentenza).

36.5. Nel caso di specie, non vi in gioco un bilanciamento tra ordinamento sportivo (e relativa autonoma) e ordinamento statale, né, invero, appare ragionevole la scelta legislativa ove giustificata dal “preminente interesse nazionale alla sollecita liberazione e assegnazione delle frequenze” (come indicato dall’art. 1, comma 1037, della L. n. 205/2017), considerato che le esigenze di celerità nell’assegnazione delle frequenze non paiono risultare tali da poter comprimere in modo assoluto la tutela reale, precludendo al Giudice di offrire integrale ed effettivo ristoro a situazioni illegittimamente lese. E ciò, a maggior ragione, ove si consideri che il sistema audiovisivo italiano è risultato caratterizzato per lungo tempo da situazioni di irregolarità e anomalia, note anche a codesta Corte di Giustizia (cfr., ex multis, C.G.U.E., 27 luglio 2017, in C-112/16), e che, una regola come quella in esame preclude la possibilità di rimediare effettivamente a situazioni di violazione della concorrenza e del pluralismo che verranno esaminate anche nel prosieguo della presente ordinanza. Deve, altresì, osservarsi come le esigenze di celerità indicate dal legislatore interno sarebbero state adeguatamente tutelate dallo specifico rito abbreviato previsto - per controversie come quelli principali - dall’art. 119, comma 1, lett. b), del codice del processo amministrativo, che prevede termini dimezzati e, quindi, la celere decisione della causa, nonché dal ricorso allo strumento cautelare che, invece, è stato anch’esso limitato dalla disposizione in esame, essendo stato previsto esclusivamente il pagamento di una provvisionale.

36.6. Inoltre, non può omettersi di considerare come esigenze di offrire una tutela giurisdizionale efficace ed effettiva emergano dalle disposizioni di cui all’art. 4, par. 1., comma 1, della Direttiva quadro, e dal successivo art. 31 della Direttiva (UE) 2018/1972 “codice europeo delle comunicazioni elettroniche”, che impongono agli Stati membri di garantire “meccanismi efficienti per la tutela giurisdizionale degli utenti e delle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica o risorse correlate, e un “meccanismo di ricorso efficace”, e, quindi, a parere del Collegio, in grado di consentire una tutela piena e reale delle situazioni lese mediante tutti gli strumenti garantiti dall’ordinamento nazionale, senza possibilità, quindi, di comprimere la tutela giurisdizionale consentendo di ottenere un mero risarcimento per equivalente.

37. In ultimo, questo Consiglio intende precisare come il quesito esposto assuma rilevanza nelle controversie principali in quanto Cairo non ha rinunciato alla domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati e pur avendo ottenuto la capacità trasmissiva mediante la procedura onerosa ha, comunque, precisato che la partecipazione a tale gara e l’acquisizione della risorse non avrebbero costituito acquiescenza ai provvedimenti e rinuncia alle azioni giurisdizionali proposte, né avrebbero comportato la limitazione della domanda al solo ristoro economico dei costi e dei danni, diversamente da quanto dichiarato dal diverso operatore Persidera, le cui cause sono state decise alla stessa udienza in camera di consiglio del 28.9.2023.

D.2. SECONDO QUESITO: SUGLI ARTT. 3, PARAGRAFI 3 E 3-BIS, E 8 DELLA DIRETTIVA 2002/21/CE (C.D. "DIRETTIVA QUADRO"), COME MODIFICATA DALLA DIRETTIVA 2009/140/CE (CORRISPONDENTI AGLI ARTT. 3, 4, 6, 8 PAR. 1, 25 E CONSIDERANDO 34, 37 DELLA DIRETTIVA (UE) 2018/1972 “CODICE EUROPEO DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE”) E SULLA COMPATIBILITA’ RISPETTO A TALI DISPOSIZIONI DELLA NORMATIVA NAZIONALE.

38. Con il secondo quesito questo Consiglio chiede a codesta Corte di Giustizia dell’Unione europea se il diritto dell’Unione - in particolare gli artt. 3, paragrafi 3 e 3-bis, e 8 e 9 della direttiva 2002/21/CE (c.d. “direttiva quadro”), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE, nonché gli artt. 5, 6, 8, 9 e 45, della Direttiva (UE) 2018/1972, debba essere interpretato nel senso che osta ad un sistema del tipo di quello introdotto nella Repubblica Italiana dall’art. 1, comma 1031-bis Legge di Bilancio 2018 come introdotto dall’art. 1 comma 1105 Legge di Bilancio 2019, che, come si esporrà, priva o, comunque, limita in modo significativo l’Autorità amministrativa indipendente delle sue funzioni di regolamentazione, stabilendo l’assegnazione di ulteriore capacità trasmissiva mediante procedura onerosa con aggiudicazione all’offerta economica più elevata e con la partecipazione degli incumbent.

D.2.1. LA NORMATIVA UNIONALE RILEVANTE.

39. In relazione al presente quesito si osserva come vengano in rilievo alcune della Direttiva quadro che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica che ha costituito il quadro normativo di riferimento al momento di inizio del procedimento di refarming. Molte di tali disposizioni sono riprese dalla Direttiva (UE) 2018/1972 che ha proceduto alla rifusione delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE. Pertanto, si provvede anche ad indicare le corrispondenti disposizioni di tale Direttiva.

40. Il considerandum n. 11 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), ha enunciato: “In conformità al principio della separazione delle funzioni di regolamentazione dalle funzioni operative, gli Stati membri sono tenuti a garantire l'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione in modo da assicurare l'imparzialità delle loro decisioni. Il requisito dell'indipendenza lascia impregiudicata l'autonomia istituzionale e gli obblighi costituzionali degli Stati membri, come pure il principio della neutralità rispetto alla normativa sul regime di proprietà esistente negli Stati membri sancito nell'articolo 295 del trattato. Le autorità nazionali di regolamentazione dovrebbero essere dotate di tutte le risorse necessarie, sul piano del personale, delle competenze e dei mezzi finanziari, per l'assolvimento dei compiti loro assegnati” (considerandum n. 34 della Direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche).

40.1. Il considerandum n. 18 della Direttiva quadro ha enunciato: “L'obbligo per gli Stati membri di garantire che le autorità nazionali di regolamentazione tengano nel massimo conto l'opportunità di una regolamentazione tecnologicamente neutrale, ossia che non imponga l'uso di un particolare tipo di tecnologia né che operi discriminazioni tra particolari tecnologie, non preclude l'adozione di provvedimenti ragionevoli volti a promuovere taluni servizi specifici, ove opportuno, per esempio la televisione digitale come mezzo per aumentare l'efficienza dello spettro” (considerandum n. 25 della Direttiva (UE) 2018/1972);

40.2. Il considerandum n. 21 della Direttiva quadro ha enunciato: “Gli Stati membri possono utilizzare, tra l'altro, sistemi di offerte concorrenti oppure di selezione comparativa per l'assegnazione delle radiofrequenze nonché di numeri aventi eccezionale valore economico. Nel gestire tali sistemi, le autorità nazionali di regolamentazione devono tener conto delle disposizioni dell'articolo 8” (considerandum n. 136 della Direttiva (UE) 2018/1972).

40.3. L’art. 2, par. 1, lett. g), della Direttiva quadro ha previsto che si intende per «autorità nazionale di regolamentazione», “l'organismo o gli organismi incaricati da uno Stato membro di svolgere le funzioni di regolamentazione fissate dalla presente direttiva e dalle direttive particolari”;

40.4. L’art. 3 della Direttiva quadro ha previsto: “1. Gli Stati membri provvedono affinché le singole funzioni attribuite alle autorità nazionali di regolamentazione dalla presente direttiva e dalle direttive particolari vengano esercitate da un organismo competente. 2. Gli Stati membri garantiscono l'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione provvedendo affinché esse siano giuridicamente distinte e funzionalmente autonome da tutti gli organismi che forniscono reti, apparecchiature o servizi di comunicazione elettronica. Gli Stati membri che mantengono la proprietà o il controllo di imprese che forniscono reti e/o servizi di comunicazione elettronica provvedono alla piena ed effettiva separazione strutturale delle funzioni di regolamentazione dalle attività inerenti alla proprietà o al controllo. 3. Gli Stati membri provvedono affinché le rispettive autorità nazionali di regolamentazione esercitino i loro poteri in modo imparziale, trasparente e tempestivo. Gli Stati membri assicurano che le autorità nazionali di regolamentazione dispongano di risorse finanziarie e umane adeguate per svolgere i compiti a loro assegnati. 3 bis. Fatto salvo il disposto dei paragrafi 4 e 5, le autorità nazionali di regolamentazione responsabili della regolamentazione ex ante del mercato o della risoluzione delle controversie tra imprese conformemente agli articoli 20 o 21 della presente direttiva operano in indipendenza e non sollecitano né accettano istruzioni da alcun altro organismo nell’esercizio dei compiti loro affidati ai sensi della normativa nazionale che recepisce quella comunitaria. Ciò non osta alla supervisione a norma del diritto costituzionale nazionale. Solo gli organi di ricorso istituiti a norma dell’articolo 4 hanno la facoltà di sospendere o confutare le decisioni prese dalle autorità nazionali di regolamentazione. […]” (v., inoltre, artt. 5, 6, 8 e 9 della Direttiva (UE) 2018/1972)

40.5. I par. 3 e par 3-bis dell’art. 3 della direttiva quadro sono stati inseriti dalla direttiva 2009/140, il cui considerandum n. 13 ha enunciato: “È opportuno rafforzare l'indipendenza delle [ANR] per garantire un'applicazione più efficace del quadro normativo, rafforzare la loro autorità e assicurare una maggiore prevedibilità delle loro decisioni. A tal fine è opportuno prevedere, nella legislazione nazionale, una disposizione esplicita che garantisca che un'[ANR] responsabile della regolamentazione ex ante del mercato o della risoluzione di controversie tra imprese è al riparo, nell'esercizio delle sue funzioni, da qualsiasi intervento esterno o pressione politica che potrebbe compromettere la sua imparzialità di giudizio nelle questioni che è chiamata a dirimere. Ai sensi del quadro normativo, tale influenza esterna impedisce a un organo legislativo nazionale di deliberare in quanto [ANR]. […]” (considerandum n. 37 della Direttiva (UE) 2018/1972).

40.6. L’art. 8 della direttiva quadro ha previsto: “1. Gli Stati membri provvedono affinché, nello svolgere le funzioni di regolamentazione indicate nella presente direttiva e nelle direttive particolari, le autorità nazionali di regolamentazione adottino tutte le ragionevoli misure intese a conseguire gli obiettivi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4. Le misure sono proporzionate a tali obiettivi. Salvo diversa disposizione dell’articolo 9 relativo alle radiofrequenze, gli Stati membri tengono nella massima considerazione l’opportunità di adottare regolamentazioni tecnologicamente neutrali e provvedono affinché le autorità nazionali di regolamentazione, nell’esercizio delle funzioni indicate nella presente direttiva e nelle direttive particolari, e in particolare quelle intese a garantire una concorrenza effettiva, facciano altrettanto. Le autorità nazionali di regolamentazione possono contribuire nell'ambito delle loro competenze a garantire l'attuazione delle politiche volte a promuovere la diversità culturale e linguistica e il pluralismo dei mezzi di comunicazione. 2. Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono la concorrenza nella fornitura delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, tra l'altro: a) assicurando che gli utenti, compresi gli utenti disabili, gli utenti anziani e quelli che hanno esigenze sociali particolari ne traggano i massimi vantaggi in termini di scelta, prezzi e qualità; b) garantendo che non vi siano distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche per la trasmissione di contenuti; […] d) incoraggiando un uso efficace e garantendo una gestione efficiente delle radiofrequenze e delle risorse di numerazione. 3. Le autorità nazionali di regolamentazione contribuiscono allo sviluppo del mercato interno, tra l'altro: a) rimuovendo gli ostacoli residui che si frappongono alla fornitura di reti di comunicazione elettronica, di risorse e servizi correlati e di servizi di comunicazione elettronica a livello europeo; b) incoraggiando l'istituzione e lo sviluppo di reti transeuropee e l'interoperabilità dei servizi paneuropei e la connettività da utente a utente (end-to-end); […] d) collaborando tra loro, con la Commissione e con il BEREC per garantire lo sviluppo di pratiche normative coerenti e l’applicazione coerente della presente direttiva e delle direttive particolari. 4. Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono gli interessi dei cittadini dell'Unione europea, tra l'altro: a) garantendo a tutti i cittadini un accesso al servizio universale quale specificato nella direttiva 2002/22/CE (direttiva servizio universale); b) garantendo un livello elevato di protezione dei consumatori nei loro rapporti con i fornitori, in particolare predisponendo procedure semplici e poco onerose di composizione delle controversie espletate da un organismo indipendente dalle parti in causa; c) contribuendo a garantire un livello elevato di protezione dei dati personali e della vita privata; d) promuovendo la diffusione di informazioni chiare, in particolare imponendo la trasparenza delle tariffe e delle condizioni di uso dei servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico; e) prendendo in considerazione le esigenze di gruppi sociali specifici, in particolare degli utenti disabili, degli utenti anziani e di quelli che hanno esigenze sociali particolari; f) garantendo il mantenimento dell'integrità e della sicurezza delle reti di comunicazione pubbliche; g) promuovendo la capacità degli utenti finali di accedere ad informazioni e distribuirle o eseguire applicazioni e servizi di loro scelta. 5. Nel perseguire le finalità programmatiche di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 le autorità nazionali di regolamentazione applicano principi regolamentari obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati, tra l’altro: a) promuovendo la prevedibilità regolamentare, garantendo un approccio regolatore coerente nell’arco di opportuni periodi di revisione; b) garantendo che, in circostanze analoghe, non vi siano discriminazioni nel trattamento delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica; c) salvaguardando la concorrenza a vantaggio dei consumatori e promuovendo se del caso la concorrenza basata sulle infrastrutture; d) promuovendo investimenti efficienti e innovazione in infrastrutture nuove e migliorate, anche garantendo che qualsiasi obbligo di accesso tenga debito conto del rischio sostenuto dalle imprese di investimento e consentendo vari accordi di cooperazione tra gli investitori e le parti che richiedono accesso onde diversificare il rischio di investimento, assicurando nel contempo la salvaguardia della concorrenza nel mercato e del principio di non discriminazione; e) tenendo debito conto della varietà delle condizioni attinenti alla concorrenza e al consumo nelle diverse aree geografiche all’interno del territorio di uno Stato membro; f) imponendo obblighi regolamentari ex ante unicamente dove non opera una concorrenza effettiva e sostenibile, e attenuandoli o revocandoli non appena sia soddisfatta tale condizione” (artt. 5 e 6 della direttiva (UE) 2018/1972).

40.7. L’art. 9 della Direttiva quadro ha previsto: “1. Tenendo debito conto del fatto che le radiofrequenze sono un bene pubblico dotato di un importante valore sociale, culturale ed economico, gli Stati membri provvedono alla gestione efficiente delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica nel loro territorio ai sensi degli articoli 8 e 8 bis. Essi garantiscono che l’attribuzione degli spettri ai fini dei servizi di comunicazione elettronica e la concessione di autorizzazioni generali o di diritti d’uso individuali in materia da parte delle autorità nazionali competenti siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati. Nell’applicare il presente articolo gli Stati membri rispettano gli accordi internazionali pertinenti, fra cui i regolamenti radio dell’UIT, e possono tener conto di considerazioni di interesse pubblico. 2. Gli Stati membri promuovono l’armonizzazione dell’uso delle radiofrequenze nel territorio della Comunità europea in modo coerente con l’esigenza di garantirne un utilizzo effettivo ed efficiente e di perseguire benefici per i consumatori, come economie di scala e interoperabilità dei servizi. In tale contesto gli Stati membri agiscono ai sensi dell’articolo 8 bis e della decisione n. 676/2002/CE (decisione spettro radio). 3. Salvo disposizione contraria contenuta nel secondo comma, gli Stati membri assicurano che nelle bande di frequenze dichiarate disponibili per i servizi di comunicazione elettronica possano essere utilizzati tutti i tipi di tecnologie usate per i servizi di comunicazione elettronica nel rispettivo piano di assegnazione delle frequenze nazionali a norma del diritto comunitario. Gli Stati membri possono, tuttavia, prevedere limitazioni proporzionate e non discriminatorie dei tipi di tecnologie di accesso senza fili o rete radiofonica utilizzati per servizi di comunicazione elettronica, ove ciò sia necessario al fine di: a) evitare interferenze dannose; b) proteggere la salute pubblica dai campi elettromagnetici c) assicurare la qualità tecnica del servizio; d) assicurare la massima condivisione delle radiofrequenze; e) salvaguardare l’uso efficiente dello spettro; oppure f) garantire il conseguimento di un obiettivo di interesse generale conformemente al paragrafo 4. 4. Salvo disposizione contraria contenuta nel secondo comma, gli Stati membri assicurano che nelle bande di frequenze dichiarate disponibili per i servizi di comunicazione elettronica possano essere forniti tutti i tipi di servizi di comunicazione elettronica nei rispettivi piani nazionali di attribuzione delle frequenze a norma del diritto comunitario. Gli Stati membri possono, tuttavia, prevedere limitazioni proporzionate e non discriminatorie dei tipi di servizi di comunicazione elettronica che è possibile fornire, anche, se necessario, al fine di soddisfare un requisito dei regolamenti radio dell’UIT. Le misure che impongono la fornitura di un servizio di comunicazione elettronica in una banda specifica disponibile per i servizi di comunicazione elettronica sono giustificate per garantire il conseguimento di un obiettivo di interesse generale definito dagli Stati membri conformemente al diritto comunitario, come, ad esempio e a titolo non esaustivo: a) garantire la sicurezza della vita; b) la promozione della coesione sociale, regionale o territoriale; c) evitare un uso inefficiente delle radiofrequenze; oppure d) la promozione della diversità culturale e linguistica e del pluralismo dei media, ad esempio mediante prestazione di servizi di radiodiffusione o telediffusione. Una misura che vieta la fornitura di qualsiasi altro servizio di comunicazione elettronica in una banda specifica può essere prevista esclusivamente ove sia giustificata dalla necessità di proteggere i servizi di sicurezza della vita. Gli Stati membri possono anche eccezionalmente estendere tale misura al fine di conseguire altri obiettivi di interesse generale quali definiti dagli Stati membri a norma del diritto comunitario. 5. Gli Stati membri riesaminano periodicamente la necessità delle limitazioni di cui ai paragrafi 3 e 4 e rendono pubblici i risultati di tali revisioni. 6. I paragrafi 3 e 4 si applicano agli spettri radio attribuiti ai fini dei servizi di comunicazione elettronica nonché alle autorizzazioni generali e ai diritti d’uso individuali delle radiofrequenze concessi a decorrere dal 25 maggio 2011. Alle attribuzioni degli spettri radio, alle autorizzazioni generali e ai diritti d’uso individuali esistenti al 25 maggio 2011 si applicano le disposizioni dell’articolo 9 bis. 7. Fatte salve le disposizioni delle direttive particolari e tenendo conto delle circostanze nazionali pertinenti, gli Stati membri possono stabilire norme volte a impedire l’accumulo di frequenze, in particolare fissando scadenze rigorose per lo sfruttamento efficace dei diritti d’uso da parte del titolare dei diritti e applicando sanzioni, comprese le sanzioni pecuniarie o la revoca dei diritti d’uso in caso di mancato rispetto delle scadenze. Tali norme sono stabilite e applicate in modo proporzionato, trasparente non discriminatorio” [art. 45 della direttiva (UE) 2018/1972].

41. Il considerandum 11 della Decisione (UE) 2017/899 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017, relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHZ nell'Unione, enuncia: “La condivisione dello spettro in una banda di frequenza comune tra banda larga senza fili bidirezionale per l'uso in zone estese (in uplink e downlink), da una parte, e trasmissione televisiva unidirezionale o apparecchiature PMSE audio senza fili, dall'altra, è problematica dal punto di vista tecnico qualora le loro zone di copertura si sovrappongano o siano vicine. Ciò significa che la ridestinazione della banda di frequenza dei 700 MHz ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri bidirezionali priverebbe gli utenti della DTT e delle apparecchiature PMSE audio senza fili di parte delle loro risorse di spettro. I settori DTT e PMSE necessitano pertanto di prevedibilità della normativa a lungo termine per quanto riguarda la disponibilità di spettro sufficiente, in modo da poter garantire la fornitura e lo sviluppo sostenibili dei loro servizi, in particolare dei servizi televisivi non a pagamento, assicurando nel contempo un contesto adeguato per gli investimenti, in modo da conseguire gli obiettivi della politica audiovisiva dell'Unione e nazionale, quali la coesione sociale, il pluralismo dei media e la diversità culturale. E' possibile che siano necessarie misure a livello dell'Unione e nazionale per garantire risorse di spettro supplementari, al di fuori della banda di frequenza 470-790 MHz, per le apparecchiature PMSE audio senza fili”.

41.1. Il considerandum n. 20 della decisione di cui al punto precedente enuncia: “Gli Stati membri dovrebbero adottare tabelle di marcia nazionali coerenti per agevolare l'uso della banda di frequenza dei 700 MHz per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri, garantendo allo stesso tempo la continuità dei servizi di trasmissione televisiva che liberano la banda. Una volta stabilite tali tabelle di marcia nazionali, gli Stati membri dovrebbero renderle disponibili in modo trasparente nell'Unione. Le tabelle di marcia nazionale dovrebbero riguardare le attività e i tempi previsti per la riprogrammazione delle frequenze, l'evoluzione tecnica della rete e delle apparecchiature degli utenti finali, la coesistenza di apparecchiature radio e non radio, i regimi di autorizzazione esistenti e quelli nuovi, i meccanismi atti a evitare interferenze dannose nei confronti degli utenti dello spettro in bande adiacenti e informazioni sulla possibilità di compensare gli eventuali costi di migrazione, qualora sorgano, al fine di evitare, tra l'altro, costi a carico degli utenti finali o degli emittenti. Se gli Stati membri intendono mantenere la DTT, nelle loro tabelle di marcia nazionali dovrebbero considerare l'opzione di facilitare l'aggiornamento delle apparecchiature di trasmissione e il loro passaggio a tecnologie che utilizzano lo spettro in modo più efficiente, quali formati video (ad esempio HEVC) o tecnologie di trasmissione del segnale (ad esempio DVB-T2) avanzati”.

D.2.2. IL DIRITTO NAZIONALE RILEVANTE.

42. L’art. 1, comma 1030, della L. n. 205/2017, come modificato dall’art. 1, comma 1103, della L. n. 145/2018, prevede: “Entro il 31 maggio 2018, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre, denominato PNAF, considerando le codifiche o standard più avanzati per consentire un uso più efficiente dello spettro ed utilizzando per la pianificazione in ambito locale il criterio delle aree tecniche. Entro il 31 gennaio 2019 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aggiorna il PNAF di cui al periodo precedente. Al fine di escludere interferenze nei confronti di Paesi radioelettricamente confinanti, in ciascuna area di coordinamento definita dagli accordi internazionali sottoscritti dal Ministero dello sviluppo economico e dalle autorità degli Stati confinanti in attuazione della decisione (UE) 2017/899, del 17 maggio 2017, di cui al comma 1026, sono oggetto di pianificazione esclusivamente le frequenze attribuite all'Italia dagli accordi stessi. Le frequenze in banda III VHF sono pianificate sulla base dell’Accordo di Ginevra 2006 e di successivi accordi internazionali sottoscritti dal Ministero dello sviluppo economico, per la radiofonia digitale e, ove necessario, per il servizio televisivo digitale terrestre. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni pianifica per la realizzazione di un multiplex contenente l’informazione regionale da parte del concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale una rete con decomponibilità per macroaree con frequenze in banda UHF. Le frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, in banda III VHF e 470-694 MHz, non attribuite internazionalmente all'Italia nelle aree di coordinamento definite dagli accordi internazionali di cui al primo periodo, non possono essere pianificate nè assegnate”.

42.1. L’art. 1, comma 1031, della L. n. 205/2017, come modificato dall’art. 1, comma 1104, della L. n. 145/2018, prevede: “In linea con gli obiettivi della politica audiovisiva europea e nazionale di coesione sociale, pluralismo dei mezzi di comunicazione e diversità culturale e con la finalità della più efficiente gestione dello spettro consentita dall'impiego delle tecnologie più avanzate, tutte le frequenze assegnate in ambito nazionale e locale per il servizio televisivo digitale terrestre ed attribuite in banda III VHF e 470-694 MHz sono rilasciate secondo il calendario di cui al comma 1032. Per le medesime finalità di cui al primo periodo, i diritti d'uso delle frequenze di cui sono titolari alla data di entrata in vigore della presente legge gli operatori di rete nazionali sono convertiti in diritti d'uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova realizzazione in tecnologia DVB-T2, secondo i criteri definiti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro il 31 marzo 2019 ai fini dell'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro il 31 marzo 2019 stabilisce i criteri per l'assegnazione in ambito nazionale dei diritti d'uso delle frequenze [in banda 470-694 MHz UHF] pianificate ai sensi del comma 1030 per il servizio televisivo digitale terrestre agli operatori di rete nazionali, tenendo conto della necessità di assicurare il contenimento degli eventuali costi di trasformazione e di realizzazione delle reti, la riduzione dei tempi del periodo transitorio di cui al comma 1032 e la minimizzazione dei costi ed impatti sugli utenti finali. Entro il 30 giugno 2019, il Ministero dello sviluppo economico provvede al rilascio dei diritti d'uso delle frequenze di cui al terzo periodo ad operatori di rete nazionali sulla base dei criteri definiti dall'Autorità di cui al medesimo periodo L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dispone le modalità e le condizioni economiche, orientate al costo, secondo cui il concessionario del servizio pubblico nel multiplex contenente l’informazione regionale ha l’obbligo di cedere una quota della capacità trasmissiva assegnata, comunque non inferiore a un programma, nel periodo transitorio, a favore di ognuno dei soggetti legittimamente operanti in ambito locale assegnatari dei diritti d’uso dei canali CH 51 e 53 alla data di entrata in vigore della presente disposizione che rilascino i rispettivi diritti d’uso nel periodo transitorio ai sensi del comma 1032”.

42.2. L’art. 1, comma 1031-bis, della L. n. 205/2017, inserito dall'articolo 1, comma 1105, della Legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede: “L’assegnazione dell’ulteriore capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale e delle frequenze terrestri, aggiuntive rispetto a quelle destinate alla conversione dei diritti d’uso di cui al comma 1031 e pianificate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel PNAF, da destinare al servizio televisivo digitale terrestre per gli operatori di rete nazionali e la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, avviene mediante procedura onerosa senza rilanci competitivi, indetta entro il 30 novembre 2019 dal Ministero dello sviluppo economico, in attuazione delle procedure stabilite entro il 30 settembre 2019 dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dell’articolo 29 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sulla base dei seguenti princìpi e criteri: a) assegnare la capacità trasmissiva e le frequenze sulla base di lotti con dimensione pari alla metà di un multiplex; b) determinare un valore minimo delle offerte sulla base dei valori di mercato individuati dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; c) considerare il valore delle offerte economiche presentate; d) garantire la continuità del servizio, la celerità della transizione tecnologica nonché la qualità delle infrastrutture tecnologiche messe a disposizione dagli operatori di rete nazionali operanti nel settore, ivi inclusa la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale; e) valorizzare le esperienze maturate dagli operatori di rete nazionali nel settore, con particolare riferimento alla realizzazione di reti di radiodiffusione digitale; f) valorizzare la capacità strutturale di assicurare l’efficienza spettrale, le professionalità e le competenze maturate nel settore, l’innovazione tecnologica e l’ottimale, effettivo e tempestivo sfruttamento della capacità trasmissiva e delle frequenze aggiuntive; g) assicurare la miglior valorizzazione dello spettro, tenendo conto dell’attuale diffusione di contenuti di buona qualità in tecnologia televisiva digitale terrestre alla più vasta maggioranza della popolazione italiana. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione degli introiti, versati su apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, ad appositi capitoli di spesa dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per interventi finalizzati a incentivare l’acquisto di apparecchiature di ricezione televisiva di cui alla lettera c) del comma 1039, nel rispetto del principio di neutralità tecnologica, e a favorire la sperimentazione di nuove tecnologie televisive, secondo modalità operative e procedure di erogazione stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze”.

D.2.3. IL QUESITO RIMESSO A CODESTA CORTE DI GIUSTIZIA.

43. Il presente quesito riguarda la conformità al diritto unionale del fattore di conversione individuato dall’Autorità e, in generale, il complessivo meccanismo di determinazione della capacità trasmissiva assegnata agli operatori già presenti sul mercato e della capacità assegnata mediante la procedura onerosa di cui all’art. 1, comma 1031-bis, della L. n. 205/2017. In particolare, il quesito si incentra sulla conformità al diritto dell’Unione europea del meccanismo previsto in relazione ai principi di indipendenza, autonomia e neutralità dell’A.N.R. e delle decisioni da esse adottate.

44. Osserva il Collegio come il tema relativo al criterio di conversione dei mux nel passaggio dalla tecnologia DVB-T a quella DVB-T2 sia stato oggetto di apposito approfondimento istruttorio. Questo Consiglio ha, infatti, chiesto all’Autorità di chiarire quale sia stata la valutazione tecnica che abbia condotto al criterio di conversione dei MUX nel passaggio dalla tecnologia DVB -T a DVB-T2 pari a 0,5.

44.1. L’Autorità ha evidenziato che: “le valutazioni tecniche svolte dall’Autorità ai fini dell’individuazione del criterio di conversione dei MUX nel passaggio da DVB-T a DVBT2 (ai sensi della delibera n. 129/19/CONS20) muovono dal quadro degli obiettivi e delle regole definito dal Legislatore nazionale a disciplina del complesso processo di riassetto del sistema radiotelevisivo nazionale e locale, nella banda rimasta a disposizione del broadcasting a seguito della destinazione delle frequenze a 700 MHz (694 - 790 MHz) ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili (in attuazione della decisione n. 2017/899 del 17 maggio 2017 del Parlamento europeo e del Consiglio), c.d. refarming della banda 700 MHz”. L’Autorità ha fatto, quindi, riferimento al criterio dettato dall’art. 1, comma 1031, della L. n. 205/2017, che ha introdotto la nozione di “diritto d’uso di capacità trasmissiva”, disponendo che “i diritti d’uso delle frequenze di cui sono titolari alla data di entrata in vigore della presente legge gli operatori di rete nazionali sono convertiti in diritti d’uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova realizzazione in tecnologia DVB-T2, secondo i criteri definiti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai fini dell’assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze”. Il legislatore ha, quindi, fatto riferimento ad un concetto che “non trova, tuttavia, diretto riscontro nel quadro legislativo e regolamentare vigente a livello di Unione europea o a livello nazionale. Essa, peraltro, costituirebbe un bene giuridico diverso dal “diritto d’uso delle frequenze radio”, la cui disciplina è ben specificata dal quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica23 e recepita nell’ordinamento interno dal Codice delle comunicazioni elettroniche”. Secondo l’Autorità, in ogni caso, le previsioni della L. n. 205/2017 “trovano coerenza con l’impianto generale della normativa di settore laddove la conversione dei “diritti d’uso delle frequenze” in “diritti d’uso della capacità trasmissiva” sia intesa quale mero passaggio intermedio del più ampio processo di conversione dei “diritti d’uso di frequenze DVB-T”, sulle reti nazionali pianificate prima del refarming (che come riportato nella risposta al quesito precedente erano in numero di 20), in “diritti d’uso di frequenze DVB-T2” sulle reti nazionali pianificate a valle del refarming (in numero di 12)”. Tenendo presente, quindi, la “capacità trasmissiva”, l’Autorità ha poi indicato il percorso tecnico seguito per determinare la conversione evidenziando che: i) “in concreto le prestazioni (in termini di capacità trasmissiva) dei multiplex, sia in esercizio (DVB-T) sia di nuova generazione (DVB-T2), risultano tra loro diverse, o potrebbero risultare diverse (giacché, come detto, l’impiego della system variant dipende dalle singole scelte di ogni operatore)”, e, pertanto, non poteva “essere utilizzato, ai fini della conversione dei diritti d’uso delle frequenze assegnate agli operatori nazionali, un criterio che prendesse a riferimento la capacità trasmissiva effettivamente esercita dagli stessi, in quanto si sarebbe pervenuti all’individuazione non di un unico criterio di conversione di sistema, ma di differenti fattori, ciascuno per ogni singola rete degli operatori, destinati a produrre risultati impossibili da gestire in termini di assegnazione concreta delle nuove reti DVB-T2 e della relativa capacità trasmissiva”; ii) si è proceduto ad elaborare uno scenario che ha considerato un valore di capacità trasmissiva nominale unico per tutti gli operatori e corrispondente a quello preso a riferimento dall’Autorità nell’elaborazione dei piani nazionali di assegnazione delle frequenze, ma, “anche in tale ipotesi (che assume valori di capacità trasmissiva uguali per tutti, determinati in via convenzionale), non era possibile determinare un fattore puramente “tecnico” (ossia matematico) di conversione, di applicazione generale, funzionale all’assegnazione dei diritti d’uso di frequenze per i nuovi multiplex DVB-T2, in quanto, considerato che un multiplex DVB-T assicura 20 Mbit/s di capacità trasmissiva (convenzionale da PNAF 2010), mentre un multiplex DVB-T2 assicura 37 Mbit/s di capacità trasmissiva (convenzionale da PNAF 2019), il relativo fattore di conversione matematico sarebbe risultato pari a 0,54”; iii) non era possibile adottare un criterio di conversione pari a 0.6 in quanto non compatibile con la L. n. 205/2017 (corsivo del Collegio), perché “avrebbe richiesto la destinazione di tutte le n. 12 nuove reti DVB-T2 pianificate dal PNAF 2019 al processo di conversione, con la conseguenza che non sarebbero residuate reti e relativa capacità trasmissiva da poter destinare alla procedura onerosa prevista dal comma 1031-bis”; iv) inoltre, il “proposto fattore di conversione 0,6 avrebbe determinato risultati pratici tali da implicare una frammentazione della capacità trasmissiva tra alcuni operatori, difficilmente attuabile sia in termini di concreta assegnazione sui singoli multiplex sia di effettiva possibilità di gestione degli stessi multiplex. Considerata, infatti, l’iniziale distribuzione delle n. 20 reti DVB-T tra gli 8 operatori presenti nello scenario pre-refarming (tre operatori esercivano 5 reti trasmissive, mentre i rimanenti 5 operatori esercivano 1 rete ciascuno), l’applicazione del criterio di conversione 0,6 avrebbe comportato per gli operatori titolati di un solo diritto d’uso una frammentazione della relativa capacità trasmissiva sulle nuove reti, che avrebbe addirittura implicato l’assegnazione di un multiplex a ben tre differenti soggetti (uno titolare del 20% della relativa capacità trasmissiva, uno del 60% e il terzo, infine, del residuo 20%) e la distribuzione della capacità trasmissiva disponibile per due operatori su più multiplex (che sarebbero risultati, quindi, titolari del 20% della capacità trasmissiva di un multiplex e del 40% della capacità trasmissiva di altro multiplex)”; v) “anche in relazione all’opportunità (evidenziata da taluni in fase di consultazione pubblica) di considerare il guadagno derivante dall’adozione di codifiche di sorgente avanzate (MPEG-4 e HEVC) ai fini della definizione del criterio di conversione tra reti DVB-T e nuove reti DVB-T2, occorre osservare che il Legislatore, all’articolo 1, comma 1031 della Legge di Bilancio 2018, nel prevedere la procedura di conversione, ha fatto riferimento alla “capacità trasmissiva” per tracciare una sorta di “equivalenza” tra le attuali reti DVB-T e le nuove reti DVB-T2, senza alcuna considerazione o specificazione in merito al numero dei programmi attualmente trasportati o a quelli trasportabili sulle nuove reti”.

44.2. In sostanza, secondo l’Autorità “i fattori di conversione di cui si è detto (incluso il fattore matematico, pari a 0,54, individuato dall’Autorità sulla base del rapporto tra la capacità trasmissiva dei multiplex DVB-T e quella dei multiplex DVB-T2) non sarebbero risultati neppure compatibili con le scelte operate dal Legislatore con la Legge di Bilancio 2019 in relazione alle modalità di assegnazione dell’“ulteriore capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale e delle frequenze terrestri, aggiuntive rispetto a quelle destinate alla conversione dei diritti d’uso […]” di cui al citato comma 1031-bis, dacché la suddetta disposizione, nel prevedere lo svolgimento di una procedura onerosa per l’assegnazione della capacità aggiuntiva e delle relative frequenze, ha stabilito, tra i princìpi e i criteri cui avrebbe dovuto attenersi l’Autorità nel dettarne la disciplina, che i relativi lotti avessero “dimensione pari alla metà di un multiplex”.

44.3. Tale peculiare previsione non poteva che trovare giustificazione, secondo la prospettiva della stessa Autorità, nella volontà del Legislatore di creare un “collegamento funzionale” tra le due distinte e autonome procedure di assegnazione dei diritti d’uso (rispettivamente, la procedura di conversione di cui alla delibera n. 129/19/CONS di assegnazione dei diritti d’uso per le reti DVB-T2 mediante conversione dei diritti d’uso già detenuti per le reti DVB-T e la procedura di assegnazione onerosa delle frequenze aggiuntive di cui alla delibera n. 564/20/CONS), attribuendo così, sia agli operatori plurirete (che a seguito della conversione sarebbero risultati titolari di diritti d’uso di capacità trasmissiva per 2,5 multiplex DVB-T2) a sia quelli monorete (che a seguito della conversione sarebbero risultati titolari di diritti d’uso di capacità trasmissiva per n. 0,5 multiplex DVB-T2), la possibilità di “completare” il mezzo “diritto mancante” attraverso i lotti oggetto della procedura onerosa, anziché ricorrere necessariamente al meccanismo delle intese volontarie.

45. Dalle considerazioni esposte dalla stessa Autorità si evince come, sulle valutazioni dell’A.N.R., abbia inciso, in modo sostanziale, la normativa di cui alla L. n. 205/2017. Infatti, l’Autorità nazionale ha sì rappresentato le difficoltà tecniche di determinazione del fattore di conversione della relazione depositata in adempimento dell’ordinanza istruttoria, ma ha, altresì, evidenziato la necessità di dover tener conto della previsione di cui all’art. 1, comma 1031-bis della Legge di bilancio del 2019, che è stato considerato “come una sorta di “dividendo esterno” per il comparto nazionale, identificando quell’“ulteriore capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale” che il Legislatore, al citato comma 1031-bis, indicava quale capacità da destinare al mercato attraverso procedure aperte e non discriminatorie” (punto 19 della relazione dell’A.N.R.). In tal modo, sulla determinazione di un fattore di conversione che sarebbe dovuto essere meramente tecnico ha inciso la scelta operata dal legislatore che è, chiaramente, espressione di un’opzione politica.

46. Dubita, tuttavia, il Collegio che la sostanziale incidenza di una decisione politica effettuata dal legislatore nazionale sulle scelte operate dall’Autorità possa ritenersi conforme al diritto euro-unitario e, in particolare, ai principi e alle regole unionali in tema di indipendenza dell’A.N.R. Deve, infatti, considerarsi come il considerandum n. 11 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, e, successivamente, il considerandum n. 34 della della Direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, abbiano enunciato la necessità di garantire la “separazione delle funzioni di regolamentazione dalle funzioni operative”, e di salvaguardare, quindi, l’indipendenza delle A.N.R. e la loro autonomia decisionale. Inoltre, l’art. 3 della direttiva quadro ha imposto agli Stati membri di garantire l’indipendenza delle A.N.R. e di consentire alle stessi di agire in modo imparziale, trasparente e tempestivo (v., inoltre, artt. 5, 6, 8 e 9 della Direttiva (UE) 2018/1972). Tale principio è stato rafforzato con l’introduzione delle previsioni di cui all’art. 3, par. 3 e par 3-bis, della direttiva quadro ad opera della direttiva 2009/140, il cui considerandum n. 13 ha sancito la necessità di rafforzare l'indipendenza delle [A.N.R.] per garantire un’applicazione più efficace del quadro normativo, rafforzare la loro autorità e assicurare una maggiore prevedibilità delle loro decisioni.

47. Da tali disposizioni questo Consiglio ha già ricavato la sussistenza di una riserva di amministrazione indipendente, che mira a garantire alle A.N.R. un ambito di regolamentazione sottratto all’intervento delle autorità politiche proprio per assicurare l’indipendenza della funzione regolarità e la prevedibilità delle relative decisioni (Consiglio di Stato, Sez. III, 16 ottobre 2018, n. 5929).

48. Questo Consiglio ha, altresì, evidenziato che “le autorità indipendenti hanno funzioni di regolazione di determinati settori della vita economica mediante attribuzione di poteri normativi, amministrativi e giustiziali” e che “esperienza tecnica e neutralità pongono i settori economici regolati al riparo da inframettenze politiche, tutte le volte in cui il legislatore decida di istituire un regolatore riconducibile al genus dell’amministrazione indipendente” (Consiglio di Stato, Sez. II, 25 febbraio 2011, n. 872, proprio in relazione alla vicenda del beauty contest).

49. Le statuizioni di questo Consiglio risultano in linea con quanto già affermato da codesta Corte Giustizia, la quale ha già affermato - pronunciandosi in ordine al pur diverso tema relativo alla possibilità per il legislatore nazionale di annullare una procedura per l’assegnazione di radiofrequenze in corso di svolgimento organizzata dall’A.N.R. competente - la necessità di preservare l’autonomia e l’indipendenza dell’A.N.R. (Corte di Giustizia dell’Unione europea, Sez. IV, 26 luglio 2017, nella causa C-560/15). Dalla normativa unionale e dalla statuizione di codesta Corte sembra, quindi, emergere una riserva di amministrazione indipendente che pone un limite ad interventi normativi che possano elidere, limitare o comprimere la sfera di intervento dell’A.N.R.

50. Questo Collegio chiede, quindi, se il diritto unionale osti ad una normativa come quella contenuta all’interno dell’art. 1, commi 1031 e 1031-bis, della L. n. 205/2017, così come interpretata ed applicata dall’Autorità nazionale di regolazione. E’, infatti, indubbio che l’interpretazione ed applicazione di tale normativa abbia, in primo luogo, sottratto risorse alla conversione per destinarla alla procedura onerosa. Così facendo, il legislatore ha, tuttavia, compresso la sfera valutativa discrezionale dell’Autorità terminando per porre un essenziale tassello nel procedimento di determinazione del criterio di conversione da parte dell’Autorità e, in sostanza, del numero di reti da destinare alla conversione.

51. Omologhe considerazioni valgono per i criteri e principi dettati direttamente dalla normativa nazionale. Infatti, la normativa ha, comunque, imposto criteri e principi per la procedura onerosa che, in ragione delle esigenze di autonomia e indipendenza dell’A.N.R., sarebbe stato compito dell’Autorità determinare. In particolare, il legislatore ha previsto i seguenti criteri e principi: “a) assegnare la capacità trasmissiva e le frequenze sulla base di lotti con dimensione pari alla metà di un multiplex; b) determinare un valore minimo delle offerte sulla base dei valori di mercato individuati dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; c) considerare il valore delle offerte economiche presentate; d) garantire la continuità del servizio, la celerità della transizione tecnologica nonché la qualità delle infrastrutture tecnologiche messe a disposizione dagli operatori di rete nazionali operanti nel settore, ivi inclusa la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale; e) valorizzare le esperienze maturate dagli operatori di rete nazionali nel settore, con particolare riferimento alla realizzazione di reti di radiodiffusione digitale; f) valorizzare la capacità strutturale di assicurare l’efficienza spettrale, le professionalità e le competenze maturate nel settore, l’innovazione tecnologica e l’ottimale, effettivo e tempestivo sfruttamento della capacità trasmissiva e delle frequenze aggiuntive; g) assicurare la miglior valorizzazione dello spettro, tenendo conto dell’attuale diffusione di contenuti di buona qualità in tecnologia televisiva digitale terrestre alla più vasta maggioranza della popolazione italiana”.

51.1. In tal modo, sia la dimensione dei lotti che le regole della procedura sono state determinate dal legislatore nazionale, comprimendo, entro tali criteri, le possibilità valutative e le decisioni discrezionali dell’Autorità di regolazione, e consentendo, inoltre, la partecipazione degli incumbent, con una scelta chiaramente espressiva di una linea “politica” e non tecnica. In tal modo, si è compressa la funzione assegnata all’A.G.Com che si fonda sull’esperienza tecnica e la neutralità delle decisioni dell’A.N.R., così dal porre i settori economici al riparo al riparo da inframmettenze politiche, evitando che il mercato sia definito secondo criteri mutevoli, soggetti al variare degli orientamenti delle maggioranze politiche. Comprimendo gli spazi valutativi dell’Autorità, la normativa in esame introduce elementi di eteronomia nel mercato concorrenziale, limitando, con ogni evidenza, quella che autorevole dottrina italiana individua come il compito primario della funzione regolatoria delle Autorità amministrative indipendenti e, cioè, la creazione di una “democrazia economica” che si realizza tramite la pari possibilità di concorrere all’interno del mercato concorrenziale; possibilità che pare al Collegio alterata nel caso di specie sia dall’incidenza della decisione politico-legislativa sulla determinazione del fattore di conversione sia dai criteri-principi dettati per la conversione/assegnazione e per la procedura onerosa, parimenti espressione di una scelta eteronoma rispetto alle determinazioni neutre dell’Autorità, e, per questo preclusa dalle regole e dai principi unionali illustrati che, nel preservare l’autonomia decisionale delle A.N.R., mirano a realizzare quella “democrazia economica” che, nel mercato in esame, è funzionale al pluralismo e, quindi, ad un più ampio e generale concetto di democrazia, come illustrato nelle pagine che precedono.

D.3. TERZO QUESITO: SUGLI ARTT. 8 E 9 DELLA DIRETTIVA QUADRO, SUGLI ARTT. 3, 5, 7, 14 DELLA DIRETTIVA AUTORIZZAZIONE, E SUGLI ARTT. 3 E 4 DELLA DIRETTIVA CONCORRENZA, SUI CONSIDERANDA N. 11 E 20 DELLA DECISIONE UE 2017/899 E SUI PRINCIPI DI EQUITA’, NON DISCRIMINAZIONE, TUTELA DELLA CONCORRENZA E DEL LEGITTIMO AFFIDAMERNTO E SULLA COMPATIBILITA’ RISPETTO A TALI CONSIDERANDA E A TALI PRINCIPI DELLA NORMATIVA NAZIONALE.

52. Con il presente quesito si intende sottoporre all’attenzione di codesta Corte di Giustizia la questione relativa alla portata delle disposizioni di cui agli artt. 8 e 9 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), di cui agli artt. 3, 5, 7, e 14 della Direttiva 2002/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), di cui agli artt. 2 e 4 della Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, e delle enunciazioni contenute nei consideranda n. 11 e n. 20 della Decisione UE 2017/899 e ai principi di equità, non discriminazione, tutela della concorrenza e del legittimo affidamento e sulla compatibilità a tali principi del sistema introdotto dalla Repubblica italiana che non ha determinato una conversione per equivalente delle risorse frequenziali DVB-T al nuovo standard tecnologico DVB-T2, comportando per l’operatore la necessità di ottenere le risorse aggiuntive mediante procedura onerosa.

D.3.1. LA NORMATIVA UNIONALE RILEVANTE.

53. In relazione al presente quesito assumono rilievo gli artt. 8 e 9 della direttiva quadro (già esposti ai punti 40.6 e 40.7 della presente ordinanza a cui si invia evitando inutili duplicazioni) e i consideranda n. 11 e 20 della Decisione UE 2017/899 (v. punti 41 e 41.1 della presente ordinanza a cui pure si rinvia). Assumono rilievo, inoltre, le disposizioni di seguito riprodotte.

54. Il considerandum n. 11 della Direttiva 2002/20/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), enuncia: “Può risultare ancora necessaria la concessione di diritti specifici per l'uso delle frequenze radio e dei numeri, compresi i codici brevi di (pre)selezione, nell'ambito del piano nazionale di numerazione. […] Non è opportuno limitare tali diritti di uso, salvo quando ciò sia inevitabile a causa della penuria di frequenze radio o per motivi di efficienza d'uso delle stesse”.

54.1. Il considerandum n. 23 della direttiva autorizzazioni ha previsto: “Le autorità nazionali di regolamentazione dovrebbero assicurare, nello stabilire i criteri per le procedure di gara o di selezione comparativa, che si ottemperi agli obiettivi di cui all'articolo 8 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Non sarebbe pertanto in contrasto con la presente direttiva se l'applicazione di criteri di selezione obiettivi, non discriminatori e proporzionati per promuovere lo sviluppo della concorrenza avesse l'effetto di escludere alcune imprese da una procedura di selezione competitiva o comparativa per una particolare frequenza radio” [considerandum n. 136 della direttiva (UE) 2018/1972].

54.2. L’art. 3 della direttiva autorizzazione ha previsto: “1. Gli Stati membri garantiscono la libertà di fornire reti e servizi di comunicazione elettronica, fatte salve le condizioni stabilite nella presente direttiva. A tal fine, gli Stati membri non impediscono alle imprese di fornire reti o servizi di comunicazione elettronica, salvo quando ciò si renda necessario per i motivi di cui all'articolo [52, paragrafo 1, TUFE]. 2. La fornitura di reti di comunicazione elettronica o di servizi di comunicazione elettronica può, fatti salvi gli obblighi specifici di cui all'articolo 6, paragrafo 2, o i diritti di uso di cui all'articolo 5, essere assoggettata soltanto ad un'autorizzazione generale. All'impresa interessata può essere imposto l'obbligo di notifica, ma non l'obbligo di ottenere una decisione esplicita o qualunque altro atto amministrativo da parte dell'[ANR] prima di esercitare i diritti che derivano dall'autorizzazione. Dopo la notifica, se necessario, l'impresa può iniziare la propria attività, se del caso, nel rispetto delle disposizioni sui diritti d'uso stabilite negli articoli 5, 6 e 7. […]” [art. 12 della direttiva (UE) 2018/1972].

54.3. L’art. 5 della direttiva autorizzazioni ha previsto: “1. Gli Stati membri facilitano l’uso delle frequenze radio nel quadro di autorizzazioni generali. Ove necessario, gli Stati membri possono concedere diritti individuali di uso per: — evitare interferenze dannose, — assicurare la qualità tecnica del servizio, — assicurare un utilizzo efficiente dello spettro, oppure — conseguire altri obiettivi di interesse generale definiti dagli Stati membri conformemente alla normativa comunitaria. 2. Qualora sia necessario concedere diritti individuali d’uso delle frequenze radio e dei numeri, gli Stati membri attribuiscono tali diritti, a richiesta, ad ogni impresa per la fornitura di reti o servizi in forza di un’autorizzazione generale di cui all’articolo 3, nel rispetto degli articoli 6, 7 e dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera c), della presente direttiva e di ogni altra disposizione che garantisca l’uso efficiente di tali risorse a norma della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Fatti salvi criteri specifici definiti preventivamente dagli Stati membri per concedere i diritti d’uso delle frequenze radio ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo per il conseguimento di obiettivi d’interesse generale conformemente alla normativa comunitaria, i diritti d’uso delle frequenze radio e dei numeri sono concessi mediante procedure aperte, obiettive, trasparenti, non discriminatorie e proporzionate e, nel caso delle frequenze radio, conformemente all’articolo 9 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Una deroga ai requisiti per le procedure aperte può essere applicata quando la concessione di diritti individuali d’uso delle frequenze radio ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo è necessaria per conseguire un obiettivo di interesse generale quale definito dagli Stati membri conformemente alla normativa comunitaria. Al momento della concessione dei diritti d’uso, gli Stati membri specificano se tali diritti possono essere trasferiti dal titolare e a quali condizioni. Nel caso delle radiofrequenze, tali disposizioni sono conformi agli articoli 9 e 9 ter della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Qualora i diritti siano concessi dagli Stati membri per un periodo limitato, la durata della concessione è adeguata al tipo di servizio di cui trattasi, tenuto conto dell’obiettivo perseguito e della necessità di prevedere un periodo adeguato di ammortamento degli investimenti. Quando i diritti individuali d’uso delle frequenze radio sono concessi per un periodo di dieci anni o oltre e tali diritti non possono essere trasferiti o ceduti da un’impresa a un’altra, come permesso a norma dell’articolo 9 ter della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), l’autorità nazionale competente provvede affinché si applichino i criteri per la concessione di diritti individuali d’uso e siano rispettati per la durata della licenza, in particolare su richiesta debitamente motivata del titolare del diritto. Se tali criteri non sono più applicabili, i diritti individuali d’uso sono trasformati in un’autorizzazione generale per l’uso delle frequenze radio, soggetta a un preavviso e trascorso un ragionevole periodo di tempo, oppure in un diritto liberamente trasferibile o cedibile da un’impresa ad un’altra, ai sensi dell’articolo 9 ter della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). 3. Le decisioni in materia di concessione di diritti d’uso sono adottate, comunicate e rese pubbliche quanto prima possibile dopo il ricevimento della domanda completa da parte dell’autorità nazionale di regolamentazione ed entro tre settimane nel caso dei numeri assegnati per scopi specifici nell’ambito del piano di numerazione nazionale ed entro sei settimane nel caso delle frequenze radio assegnate per essere utilizzate da servizi di comunicazione elettronica nell’ambito del piano nazionale delle frequenze. Questo termine non pregiudica l’eventuale applicabilità di accordi internazionali in materia di uso delle frequenze radio o delle posizioni orbitali. 4. Qualora sia stato deciso, previa consultazione delle parti interessate conformemente all’articolo 6 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), che i diritti d’uso dei numeri di valore economico eccezionale debbano essere concessi mediante procedure di selezione competitiva o comparativa, gli Stati membri possono prorogare di altre tre settimane il periodo massimo di tre settimane. Per le procedure di selezione competitiva o comparativa per le frequenze radio si applicano le disposizioni dell’articolo 7. 5. Gli Stati membri non limitano il numero dei diritti d’uso da concedere, salvo quando ciò sia necessario per garantire l’uso efficiente delle frequenze radio a norma dell’articolo 7. 6. Le autorità nazionali competenti assicurano che le frequenze radio siano utilizzate in modo efficiente ed efficace conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, e all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Esse assicurano che eventuali trasferimenti o accumuli dei diritti d’uso delle frequenze radio non provochino distorsioni della concorrenza. A tal fine, gli Stati membri possono adottare misure appropriate, come ad esempio l’obbligo di vendita o di locazione dei diritti d’uso delle frequenze radio” [art. 48 della direttiva (UE) 2018/1972].

54.4. L’art. 7 della direttiva autorizzazioni ha previsto: “Quando valuta se limitare il numero dei diritti d’uso da concedere per le radiofrequenze oppure se prolungare la durata dei diritti d’uso esistenti a condizioni diverse da quelle specificate in tali diritti, uno Stato membro, tra l'altro: a) tiene adeguatamente conto dell'esigenza di ottimizzare i vantaggi per gli utenti e di favorire lo sviluppo della concorrenza; b) concede a tutte le parti interessate, compresi gli utenti e i consumatori, l'opportunità di esprimere la loro posizione sulle limitazioni, conformemente all'articolo 6, della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro); c) pubblica qualsiasi decisione di concedere solo un numero limitato di diritti d’uso o di limitare il rinnovo dei diritti d'uso, indicandone le ragioni; d) invita a presentare domanda per i diritti d'uso, dopo aver deciso la procedura da seguire; e) riesamina tali limitazioni a scadenze ragionevoli o a ragionevole richiesta delle imprese interessate. 2. Qualora decida che è possibile concedere un numero supplementare di diritti d'uso delle frequenze radio, lo Stato membro rende nota tale decisione, invitando a presentare domanda di assegnazione di tali diritti. 3. Qualora sia necessario concedere i diritti d’uso delle radiofrequenze solo in numero limitato, gli Stati membri ne effettuano l’assegnazione in base a criteri di selezione obiettivi, trasparenti, proporzionati e non discriminatori. Tali criteri di selezione devono tenere adeguatamente conto del conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 8 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro) e delle prescrizioni di cui all’articolo 9 della stessa direttiva. 4. Qualora sia necessario ricorrere a procedure di selezione, gli Stati membri possono prorogare il periodo massimo di sei settimane di cui all'articolo 5, paragrafo 3 nella misura necessaria per garantire che tali procedure siano eque, ragionevoli, pubbliche e trasparenti per tutti i soggetti interessati, senza però superare il termine di otto mesi. I termini suddetti non pregiudicano l'eventuale applicabilità di accordi internazionali in materia di uso delle frequenze radio e di coordinamento dei satelliti […]” [art. 55 della direttiva (UE) 2018/1972].

54.5. L’art. 14 della direttiva autorizzazioni ha previsto: “1. Gli Stati membri fanno sì che i diritti, le condizioni, e le procedure relativi alle autorizzazioni generali e ai diritti d’uso o di installare strutture possano essere modificati solo in casi obiettivamente giustificati e in misura proporzionata, tenendo conto, se del caso, delle condizioni specifiche applicabili ai diritti trasferibili d’uso delle frequenze radio. Salvo i casi in cui le modifiche proposte sono minime e sono state convenute con il titolare dei diritti o dell’autorizzazione generale, l’intenzione di procedere a simili modifiche è comunicata nel modo appropriato ai soggetti interessati, ivi compresi gli utenti e i consumatori; è concesso un periodo di tempo sufficiente affinché possano esprimere la propria posizione al riguardo; tale periodo, tranne in casi eccezionali, non può essere inferiore a quattro settimane. 2. Gli Stati membri non limitano, né revocano i diritti d’uso delle radiofrequenze o i diritti di installare strutture prima della scadenza del periodo per il quale sono stati concessi, salvo in casi motivati ed eventualmente a norma dell’allegato e delle pertinenti disposizioni nazionali relative alla compensazione per la revoca dei diritti” [art. 18 della direttiva (UE) 2018/1972].

55. L’art. 2 della direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, prevede: “1. Agli Stati membri è fatto divieto di accordare o mantenere in vigore diritti esclusivi o speciali per l'installazione e/o la fornitura di reti di comunicazione elettronica, o per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a disposizione del pubblico. 2. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché a ciascuna impresa sia garantito il diritto di prestare servizi di comunicazione elettronica o di installare, ampliare o fornire reti di comunicazione elettronica. 3. Gli Stati membri provvedono affinché non siano applicate o mantenute restrizioni relative alla prestazione di servizi di comunicazione elettronica via le reti di comunicazione elettronica installate da fornitori di servizi di comunicazione elettronica, via le infrastrutture messe a disposizione da terzi o attraverso la condivisione delle reti, di altre attrezzature o dei siti, fatte salve le disposizioni delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE. 4. Gli Stati membri provvedono affinché l'autorizzazione generale concessa ad un'impresa per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica o l'installazione e/o fornitura di reti di comunicazione elettronica, nonché le relative condizioni, si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, proporzionati e trasparenti. 5. Qualsiasi decisione presa per i motivi indicati nell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2002/20/CE che impedisca ad un'impresa di fornire servizi o reti di comunicazione elettronica deve essere motivata. Le parti interessate devono avere la possibilità di impugnare tale decisione dinanzi ad un organo indipendente e, in ultima istanza, dinanzi ad un organo giurisdizionale”.

55.1. L’art. 4 della direttiva concorrenza prevede: “Lasciando impregiudicati i criteri e le procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere l'uso di frequenze radio a fornitori di servizi relativi al contenuto delle trasmissioni radiofoniche e televisive al fine di perseguire obiettivi di interesse generale conformemente al diritto comunitario: 1) gli Stati membri si astengono dal concedere diritti esclusivi o speciali di uso di frequenze radio per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica; 2) l'attribuzione delle frequenze radio per i servizi di comunicazione elettronica si fonda su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”.

D.3.2. LA NORMATIVA NAZIONALE RILEVANTE.

56. Le disposizioni nazionali rilevanti sono quelle contenute nell’art. 1, comma 1030, comma 1031, comma 1031-bis, della L. n. 205/2017, già riprodotte ai punti 42-42.2 della presente ordinanza a cui si rinvia. Oltre a tali disposizioni assumono rilievo le seguenti.

56.1 L’art. 1, comma 1031-ter, della L. n. 205/2017, inserito dall’art. 1, comma 1105, della L. n. 145/2018, prevede: “La durata dei diritti d’uso delle frequenze derivanti dalla conversione di cui al comma 1031 nonché di quelle derivanti dall’assegnazione mediante la procedura di cui al comma 1031-bis è stabilita secondo quanto previsto dal codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259”.

56.2. L’art. 1, comma 1032, della L. n. 145/2017, come modificato dall’art. 1, comma 1106, della L. n. 145/2018, prevede: “Entro il 30 giugno 2018, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, è stabilito, previa consultazione pubblica, il calendario nazionale che individua le scadenze della tabella di marcia ai fini dell'attuazione degli obiettivi della decisione (UE) 2017/899, del 17 maggio 2017, di cui al comma 1026, tenendo conto della necessità di fissare un periodo transitorio, dal 1º gennaio 2020 al 30 giugno 2022, per assicurare il rilascio delle frequenze da parte di tutti gli operatori di rete titolari di relativi diritti d'uso in ambito nazionale e locale e la ristrutturazione del multiplex contenente l'informazione regionale da parte del concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, e secondo i seguenti criteri: a) individuazione delle aree geografiche in cui suddividere il territorio nazionale per il rilascio delle frequenze anche al fine di evitare o ridurre problemi interferenziali verso i Paesi radio-elettricamente confinanti che utilizzino la banda 700 MHz per il servizio mobile con scadenze anticipate rispetto all'Italia; b) rilascio, alla scadenza di cui alla lettera f), da parte degli operatori di rete titolari dei diritti d'uso in ambito locale di tutte le frequenze utilizzate alla data di entrata in vigore della presente legge e contestuale attivazione delle frequenze destinate dal PNAF alle trasmissioni in ambito locale; c) rilascio, alla scadenza di cui alla lettera f), da parte del concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, delle frequenze utilizzate alla data di entrata in vigore della presente disposizione dal multiplex del servizio pubblico contenente l’informazione regionale e contestuale attivazione delle frequenze destinate dal PNAF per la realizzazione del nuovo multiplex con decomponibilità per macroaree; d) rilascio, alla scadenza di cui alla lettera f), da parte degli operatori nazionali, delle frequenze che ricadono nella banda 702-734 MHz corrispondenti ai canali dal 50 al 53 e contestuale attivazione di frequenze disponibili che devono essere individuate tenendo conto della necessita' di ridurre i disagi per gli utenti ed assicurare la continuita' d'impresa nonché rilascio, alla scadenza di cui alla lettera f), da parte degli operatori di rete titolari dei diritti d’uso in ambito locale delle frequenze corrispondenti ai canali CH 51 e 53 per successive aree geografiche come individuate alla lettera a), comunque nel periodo transitorio dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2021; e) rilascio delle restanti frequenze e attivazione delle frequenze previste dal PNAF e oggetto dei rimanenti diritti d'uso nazionali; f) individuazione delle scadenze, comunque nel periodo transitorio dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2021, della sequenza di rilasci e contestuali attivazioni di frequenze secondo i criteri e per gli operatori nazionali titolari dei diritti d’uso dei canali CH 50 e 52 di cui alla lettera d), da realizzare per successive aree geografiche come individuate alla lettera a), della sequenza di rilasci di frequenze secondo i criteri e per gli operatori in ambito locale titolari dei diritti d’uso dei canali CH 51 e 53 di cui alla lettera d), da realizzare per successive aree geografiche come individuate alla lettera a), comunque nel periodo transitorio dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2021, nonché delle scadenze per il rilascio delle restanti frequenze e attivazione delle frequenze previste dal PNAF e oggetto dei rimanenti diritti d’uso di cui alle lettere b), c) ed e). Il Ministro dello sviluppo economico, entro il 15 aprile 2019, aggiorna il decreto di cui al periodo precedente”.

D.3.3. IL QUESITO SOTTOPOSTO A CODESTA CORTE DI GIUSTIZIA.

57. Le disposizioni nazionali rilevanti hanno introdotto una procedura per il refarming che è consistita nella conversione delle risorse frequenziali DBV-T già assegnate in precedenza e dell’assegnazione della nuova capacità trasmissiva agli operatori, nonché nel conferimento della capacità trasmissiva residua mediante procedura onerosa. Il Collegio dubita della conformità di tali disposizioni alle regole unionali sopra indicate e dei principi di parità di trattamento, non discriminazione, tutela della concorrenza e del legittimo affidamento in relazione ad una normativa nazionale che, al fine di “preservare” risorse per la procedura onerosa non ha disposto la conversione integrale dei precedenti diritti, svantaggiando, in modo particolare, gli operatori minori. Infatti, le scelte delle Autorità nazionali non hanno considerato la posizione dell’appellante che aveva acquisito i diritti d’uso all’esito di una procedura competitiva ed onerosa e hanno, al contrario, terminato per agevolare gli operatori già titolari di 5 mux – già, comunque, favoriti dalle economie di scala e dalla presenza consolidata – i quali hanno ottenuto due mux in titolarità piena e hanno potuto partecipare alla procedura onerosa per il completamento del terzo mux; con la conseguenza che, come evidenziato da Cairo, l’80% delle risorse assegnate sono state in titolarità piena. Al contrario, gli operatori di minori dimensioni e titolari di un solo mux hanno visto ridurre la risorsa ad ½ mux, e sono stato, per questo, costretti a ricorrere alla procedura onerosa o alle intese tra di loro.

58. Come esposto nel precedente paragrafo la normativa di cui all’art. 1, comma 1031, della L. n. 205/2017, ha imposto, “in linea con gli obiettivi della politica audiovisiva europea e nazionale di coesione sociale, pluralismo dei mezzi di comunicazione e diversità culturale e con la finalità della più efficiente gestione dello spettro consentita dall'impiego delle tecnologie più avanzate” che “tutte le frequenze assegnate in ambito nazionale e locale per il servizio televisivo digitale terrestre ed attribuite in banda III VHF e 470-694 MHz [siano] rilasciate” e che “i diritti d'uso delle frequenze di cui sono titolari alla data di entrata in vigore della presente legge gli operatori di rete nazionali [siano] convertiti in diritti d'uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova realizzazione in tecnologia DVB-T2, secondo i criteri definiti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro il 31 marzo 2019 ai fini dell'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze”. Come evidenziato, l’Autorità ha definito il fattore di conversione, sul quale ha, tuttavia, inciso in modo sostanziale, la disciplina nazionale esaminata nel precedente paragrafo. La determinazione del fattore di conversione effettuata dall’Autorità ha, tuttavia, comportato, da un lato, la mancata conversione per equivalente delle risorse frequenziali DVB-T assegnate al nuovo standard tecnologico DVB-T2, e, dall’altro, ha comportato per operatori come l’odierna la necessità di partecipare alla “procedura onerosa senza rilanci competitivi”, di cui all’art. 1, comma 1031-bis, della L. n. 205/2017, inserito dall'articolo 1, comma 1105, della Legge 30 dicembre 2018, n. 145. In sostanza, il combinarsi di questi due elementi, ha comportato, per un soggetto già titolare di risorse frequenziali DBV-T, la compressione dei precedenti diritti e la necessità di esborso di ulteriori somme per ottenere una capacità trasmissiva che lo stesso soggetto ha ritenuto equivalente solo dopo l’acquisizione onerosa della risorsa aggiuntiva.

59. La situazione sopra descritta si è determinata, in primo luogo, in ragione della ritenuta necessità di “preservare” la procedura onerosa operando una conversione solo parziale delle risorse, così da mantenere ulteriore capacità trasmissiva da destinare alla procedura onerosa. In sostanza, le Autorità italiane hanno applicato le disposizioni interne sopra descritte, ritenendo che “l’ulteriore capacità trasmissiva” non fosse il risultato eventuale del procedimento di conversione (e che, quindi, in ipotesi, avrebbe potuto essere pari a zero), ma un termine da tenere in preventiva considerazione per determinare il fattore di conversione. Così facendo, anche la posizione di un operatore come Cairo (che aveva acquistato i diritti d’uso all’esito di una procedura competitiva ed onerosa) è risultata, chiaramente, incisa dal meccanismo di conversione/assegnazione che è stato, inoltre, strutturato tenendo conto di posizioni già consolidate nel mercato e, tra queste, anche di posizioni non regolari.

60. Inoltre, va considerato quanto esposto dall’A.G.Com. in relazione al quesito somministrato da questo Consiglio, relativo alla capacità della conversione di garantire in via generale una equivalenza, nonché la neutralità tecnologia e la continuità di trasmissione. L’Autorità ha, infatti, espressamente affermato che “la discrezionalità tecnica esercitata dall’Autorità nell’individuare il fattore di conversione tra reti DVB-T e reti DVB-T2 [è risultata] inevitabilmente condizionata e vincolata dalle disposizioni della legge di Bilancio 2018” (pagina 27 della relazione). Affermazione che, da un lato, costituisce una conferma di quanto già esposto nella precedente sezione in ordine all’incidenza della scelta legislativa sulle determinazioni dell’Autorità, e, dall’altro, ha costituito l’emblematico punto di partenza della disamina di A.G.Com che ha interessato, essenzialmente, due aspetti: il principio di neutralità tecnologia e l’equivalenza del fattore garantita dal fattore di conversione e dal complesso di procedure definite dall’Autorità con le delibere nn. 129/19/CONS, 564/20/CONS, 65/22/CONS e 25/23/CONS.

61. Incentrando l’attenzione su quest’ultimo aspetto si osserva come l’Autorità abbia evidenziato: “relativamente alle proposte degli operatori di prevedere un fattore di conversione tra reti DVB-T e nuove reti DVB-T2 diverso rispetto a quello (pari a 0,5) proposto dall’Autorità in sede di consultazione pubblica (delibera n. 232/20/CONS39), occorre osservare, come già argomentato nella delibera n. 129/19/CONS, che le stesse risultano, da un lato, non compatibili con il citato quadro normativo dettato dalle Leggi di Bilancio 2018 e 2019 e, dall’altro, si traducono in soluzioni applicative estremamente complesse e poco efficienti sotto il profilo dell’utilizzo delle risorse spettrali e della relativa capacità trasmissiva. Infatti, considerata la presenza sulla piattaforma DTT di n. 20 reti nazionali i cui diritti d’uso delle frequenze sono assegnati a 8 operatori, l’applicazione di un coefficiente di conversione 0,6 proposto da alcuni rispondenti, in luogo dello 0,5 individuato dall’Autorità avrebbe richiesto la destinazione di tutte le n. 12 nuove reti DVB-T2 pianificate dal PNAF 2019 al processo di conversione, con la conseguenza che non sarebbero residuate reti e relativa capacità trasmissiva da poter destinare alla procedura onerosa prevista dal comma 1031-bis”.

62. La necessità di mantenere reti e relativa capacità trasmissiva per la procedura onerosa è stato, quindi, elemento decisivo nella scelta dell’Autorità. Inoltre, va considerato come la capacità di garantire equivalenza, neutralità tecnologia e capacità di conversione è stata, invero, affermata dall’Autorità avendo riguardo non solo al fattore di conversione ma tenendo conto anche delle risorse acquisite con la procedura onerosa. Dalla relazione depositata dall’Autorità è, infatti, emerso che – sebbene le risorse frequenziali relative a 12 reti nazionali radiodiffusione DVB-T2 in banda UHF (di cui una decomponibile per macroaree e una integrata da frequenze della banda III-VHF) rendevano disponibile una capacità trasmissiva per ciascun multiplex nazionale stimata pari a circa 37 Mbit/s46, incrementabile fino a 40 Mbit/s senza significative perdite di copertura – la distribuzione delle risorse tra gli operatori si è completata anche attraverso il ricorso alla procedura onerosa. L’Autorità ha, infatti, osservato quanto segue: “L’ulteriore destinazione ex-lege al comparto nazionale delle frequenze relative a due reti, ottenute come “dividendo esterno” per effetto del citato superamento della riserva a favore dell’emittenza locale, ha aperto alla possibilità per tutti gli 8 operatori di rete già operanti sulla piattaforma pre-refarming di completare i rispettivi diritti d’uso generici. Le società RAI, Persidera, Cairo Networks ed Elettronica Industriale hanno, infatti, partecipato alla procedura onerosa per l’assegnazione delle suddette frequenze aggiuntive, indetta dal Ministero ai sensi della delibera n. 564/20/CONS, aggiudicandosi ciascuna un diritto d’uso generico per mezzo multiplex di nuova generazione. In tal modo, le società di cui sopra hanno potuto integrare e completare il rispettivo diritto d’uso per mezzo multiplex (diritto d’uso generico), assegnato loro per effetto della conversione dei diritti d’uso di cui alla delibera n. 129/19/CONS, ottenendo ciascuna un diritto d’uso di una rete specifica. Le società Prima TV e 3lettronica Industriale hanno, invece, utilizzato il meccanismo dell’intesa previsto nella delibera n. 129/19/CONS (art. 2, comma 1, lett. b), conferendo, ciascuna, il proprio diritto d’uso generico per mezzo multiplex e ottenendo, congiuntamente, il diritto d’uso delle frequenze per un multiplex specifico DVB-T2”.

63. Osserva il Collegio come l’equivalenza in termini di capacità trasmissiva e la continuità di trasmissione negli scenari pre e post-refarming sia dipesa, quindi, anche – nel caso di specie – dalla procedura onerosa che, tuttavia, ha comportato costi aggiuntivi per gli operatori come Cairo.

64. Operate queste premesse il Collegio dubita della conformità al diritto unionale di una normativa come quella nazionale descritta che, nella sua applicazione concreta, ha comportato la necessità per l’operatore di sostenere ulteriori costi per realizzare una conversione equivalente, senza, quindi, realizzare ex se una conversione equivalente delle risorse digitali.

65. Si chiede, quindi, a codesta Corte se il diritto unionale sopra indicato osti ad una normativa come quella italiana che, al fine di preservare risorse da assegnare mediante la procedura onerosa, abbia, comunque, compresso, nella conversione dalle frequenze DVB-T a quella DVD-T, le risorse e capacità in precedenza concesse.

66. In particolare, si dubita, in primo luogo, della conformità della normativa interna con la Decisione (UE) 2017/899 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017, relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHZ nell'Unione, e, in particolare con i consideranda n. 11 e n. 20. Questi consideranda delineano la necessità di garantire la continuità dei servizi per gli operatori già operanti. Esigenza che, del resto, traspare da ulteriore normativa euro-unitaria indicata nel paragrafo D.3.1. Dal complesso di tali disposizioni unionali [riportate supra] risulta che i procedimenti di conversione debbono, comunque, garantire agli operatori l’assegnazione di risorse idonee ad assicurare la conservazione delle prerogative legittimamente acquisite nel corso del tempo e, in particolare, in forza dei diritti d’uso rilasciati nel 2012 per una durata ventennale, o, in alternativa, garantire indennizzi laddove si determinino perdite patrimoniali conseguenti ai procedimenti di conversione.

67. Nel caso all’attenzione del Collegio, al contrario, l’applicazione delle disposizioni nazionali di cui all’art. 1, comma 1030 ss., della L. n. 145/2017 si è tradotta in una compressione di tale risorse, così da consentire l’assegnazione mediante procedura, comunque, onerosa.

68. Il punto che pare, inoltre, rilevante al Collegio è costituito dal fatto che la non equivalenza delle risorse non è stata, invero, determinata dalla necessità (o dalla sola necessità) di agevolare procedimenti di incremento della dotazione tecnologica degli operatori ma dalla volontà di preservare quel “dividendo esterno” destinato alla procedura onerosa. Del resto, la stessa Autorità, nel rispondere ad uno dei quesiti somministrati da questo Consiglio, ha evidenziato di aver, comunque, limitato il principio della neutralità tecnologica, richiamando, all’uopo, la previsione di cui all’art. 3, comma 4, della Direttiva (UE) 2018/1972, e facendo riferimento ai consideranda n. 114 e 116. Richiami che, tuttavia, non hanno smentito il fatto che l’elemento centrale è stata la necessità di conservare multiplex per la procedura onerosa e che tale necessità ha inciso sulla posizione degli operatori, con garantendo una conversione per equivalente ed onerandoli di ulteriori costi per ottenere, per l’appunto, capacità equivalente.

69. In questo contesto si dubita della legittimità della normativa nazionale anche sotto il profilo del rispetto del principio di equità e di tutela del legittimo affidamento ingenerato dalle pregresse scelte normative; scelte non strumentali ad assicurare un miglioramento delle capacità degli operatori, ma, piuttosto, alla necessità di dar spazio ad una procedura onerosa, secondo una precisa scelta di politica economica.

D.4. SUGLI ARTT. 8 E 9 DELLA DIRETTIVA QUADRO, SUGLI ARTT. 3, 5, 7, 14 DELLA DIRETTIVA AUTORIZZAZIONE, E SUGLI ARTT. 3 E 4 DELLA DIRETTIVA CONCORRENZA, SUI CONSIDERANDA N. 11 E 20 DELLA DECISIONE UE 2017/899 E SUI PRINCIPI DI EQUITA’, NON DISCRIMINAZIONE, TUTELA DELLA CONCORRENZA E DEL LEGITTIMO AFFIDAMERNTO, NONCHE’ DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITA’ ED ADEGUATEZZA E SULLA COMPATIBILITA’ RISPETTO A TALI CONSIDERANDA E A TALI PRINCIPI DELLA NORMATIVA NAZIONALE, ANCHE ALLA LUCE DELLA PROGRESSIVA EVOLUZIONE DEL SISTEMA AUDIOVISIVO ITALIANO.

70. Con il presente quesito questo Consiglio sottopone a codesta Corte di Giustizia un ulteriore profilo di possibile contrarietà della normativa nazionale alla luce delle regole e dei principi unionali indicati in rubrica. In particolare, si chiede se il diritto unionale indicato osti ad una normativa come quella nazionale che, da un lato, non ha tenuto conto nella procedura di conversione/assegnazione della situazione di Cairo (la quale – come esposto in precedenza – aveva già partecipato ad una procedura onerosa per acquisire i diritti detenuti in precedenza), disponendo un fattore di conversione comune per tutti gli operatori e non differenziano con un altro modo adeguato e proporzionale le posizioni, e, dall’altro, non ha tenuto in debito conto delle alterazioni “storiche” delle dinamiche concorrenziale nel settore audiovisivo italiano.

71. Deve, infatti, considerarsi come il procedimento di refarming sia stata anche l’occasione per dare attuazione alle sentenze di codesta Corte di Giustizia dell’Unione europea del 27 luglio 2017, in C-112/16 e in C-569/15. Queste sentenze avevano, in sostanza, imposto di tener conto delle situazioni determinatesi nel passato anche al fine di operare il riequilibrio di un mercato, e hanno rilievo anche per la posizione di Cairo nella parte in cui il mancato adeguamento da parte delle Autorità italiane a tale pronunce ha determinano una “riserva” di risorse per soggetti che non andavano presi in considerazione o, comunque, andavano considerati in modo differente. Da questa constatazione emerge, quindi, la necessità di esaminare partitamente: i) l’evoluzione dell’ordinamento nazionale in materia; ii) gli interventi di codesta Corte di Giustizia; iii) le successive sentenze di questo Consiglio di Stato; iv) le scelte adottate dalle Autorità nazionali dopo le sentenze di questo Consiglio; v) la compatibilità di tali scelte con la normativa euro-unitaria di riferimento.

D.4.1. LA NORMATIVA UNIONALE RILEVANTE.

72. In relazione al presente quesito assumono rilievo le disposizioni unionali di cui ai punti 53, 54-54.5, 55-55.1, della presente ordinanza a cui si rinvia.

D.4.2. LA NORMATIVA NAZIONALE RILEVANTE.

73. In relazione al presente quesito assumono rilievo le disposizioni nazionali di cui ai punti 56-56.2 della presente ordinanza a cui si rinvia.

D.4.2. IL QUESITO RIMESSO A CODESTA CORTE DI GIUSTIZIA.

74. Nell’esporre il quesito rimesso a codesta Corte occorre, in primo luogo, evidenziare come la procedura di conversione/assegnazione abbia interessato anche posizioni che, nel corso del tempo, si erano consolidate a partire da un’originaria illegittimità. Queste posizioni hanno inciso in parte sul complesso delle risorse disponibili e, quindi, anche sulla posizione di Cairo, determinando, quindi, una situazione di disparità di trattamento.

75. Sintetizzando la complessa vicenda in esame si osserva come questo Consiglio abbia già accertato una situazione di anomalia con riferimento alla “posizione di eccedenza di Rete 4 e Rai 3 rispetto ai limiti concentrativi imposti dalla legge 249/1997 – e che avrebbero dovuto indurre la prima all’abbandono della trasmissione analogica e la seconda alla eliminazione della pubblicità dalla programmazione”. Tuttavia, questa anomalia è nata in un contesto più ampio che la Corte Costituzionale italiana ha definito “di mera occupazione di fatto delle frequenze (esercizio di impianti senza rilascio di concessioni e autorizzazioni), al di fuori di ogni logica di incremento del pluralismo nella distribuzione delle frequenze e di pianificazione effettiva dell'etere. Detta occupazione di fatto è stata, peraltro, in varie occasioni per lunghi periodi temporali, legittimata ex post e sanata con il consentire la prosecuzione delle attività delle singole emittenti radiotelevisive private” (Corte Costituzionale, sentenza del 20 novembre 2002, n. 466, per la quale la situazione di fatto non ha garantito “l'attuazione del principio del pluralismo informativo esterno, che rappresenta uno degli "imperativi" ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in materia”).

76. Questa risalente situazione si è, progressivamente, evoluta nei termini che si provvede, pur brevemente, a ricostruire. In particolare: i) a seguito della sentenza n. 420 del 7 dicembre 1994 [con cui la Corte Costituzionale aveva dichiarato incostituzionale l’art. 15, comma 4, L. n. 223/1990 (c.d. legge Mammì), nella parte in cui aveva consentito consentiva ad uno stesso soggetto di essere titolare di tre delle nove concessioni per reti televisive su scala nazionale assentibili ai privati] la disciplina del sistema radiotelevisivo era stata innovata dalla legge 31 luglio 1997 n. 249, con la quale era stato vietato ad uno stesso soggetto di essere titolare di concessioni o autorizzazioni che consentissero di irradiare più del 20 per cento delle reti televisive analogiche in ambito nazionale su frequenze terrestri sulla base del piano delle frequenze; ii) per effetto di questa più rigorosa disciplina, la terza rete televisiva del gruppo Mediaset e la seconda rete ad accesso condizionato (“pay tv”) allora di titolarità del gruppo Telepiù, avrebbero dovuto trasmettere solo via cavo o via satellite, in quanto eccedenti i nuovi limiti di legge (di qui l’espressione “reti eccedenti”); a sua volta, la terza rete della Rai avrebbe dovuto contestualmente rinunziare alla pubblicità; iii) con la stessa legge, tuttavia, è stata introdotta una ulteriore disciplina transitoria delle reti televisive nazionali eccedenti i predetti limiti concentrativi, stabilendosi che dette reti avrebbero potuto continuare a trasmettere in via transitoria, dopo il 30.4.1998 (termine già prorogato rispetto all’originaria data del 31.8.1996), nel rispetto degli obblighi previsti per le emittenti concessionarie, a condizione che le trasmissioni fossero effettuate simultaneamente su satellite o cavo (art. 3, comma 6) ed affidando all'A.N.R. la fissazione del termine entro il quale, in relazione all'effettivo e congruo sviluppo dell'utenza dei programmi via cavo o via satellite, le predette reti eccedenti avrebbero dovuto trasmettere programmi esclusivamente su satellite o cavo, abbandonando le frequenze terrestri (art. 3, comma 7); iv) con la sentenza n. 466/2002 la Corte Costituzionale, sancendo l’incostituzionalità del predetto art. 3 comma 7, ha certificato una situazione di “protrazione della situazione (peraltro aggravata) già ritenuta illegittima dalla sentenza n. 420 del 1994 ed il mantenimento delle reti considerate ancora "eccedenti" dal legislatore del 1997”, rispetto alla quale lo stesso giudice di legittimità del 2002 ha ritenuto ineludibile la fissazione di un “termine finale assolutamente certo, definitivo e dunque non eludibile” onde evitare che “la fase transitoria” potesse “assumere di fatto carattere definitivo”; v) secondo le statuizioni della pronuncia n. 466/2002, “la illegittimità costituzionale non investe il regime transitorio in deroga e nemmeno l'attuale prosecuzione, purché temporaneamente limitata, dell’esercizio delle emittenti in eccedenza rispetto ai limiti anzidetti”; vi) la sentenza n. 466/2002 è stata chiara nel segnalare evidenti anomalie sia nella genesi delle reti eccedenti, sia nel sistema delle reiterate proroghe attraverso il quale è proseguito il loro esercizio; è stata, altresì, univoca sia nel riconoscere la legittimità del regime transitorio [pur subordinando tale valutazione alla individuazione additiva di un termine ultimativo e non eludibile (31.12.2003) per la cessazione della transizione e, conseguentemente, delle trasmissioni via etere terrestre da parte delle reti eccedenti], sia nell’agganciare tale termine finale al compimento delle operazioni necessarie alla conversione o al trasferimento sul cavo o sul satellite delle reti eccedenti, senza conferire alcuna rilevanza al diverso aspetto della “realizzazione […] di altri sistemi alternativi alla diffusione terrestre in tecnica analogica”; vii) la Corte ha precisato che la sua decisione non avrebbe, comunque, pregiudicato “il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili”, ma, secondo questo Consiglio, questa statuizione non sollevava il pianificatore delle frequenze dal dovere di valutare retrospettivamente l’origine e lo sviluppo storico delle reti analogiche per cogliervi eventuali connotati di un loro esercizio, anche pregresso, irregolare o illegittimo; viii) inoltre, sia in considerazione delle ulteriori proroghe normative (decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 352, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2004, n. 43; il c.d. decreto “salva-reti”) che in ragione della l. n. 112/2004, si è determinato un “generale assentimento” alla prosecuzione dell’attività di tutte le emittenti già operanti in tecnica analogica “a qualunque titolo” (e quindi persino se reti eccedenti); ix) queste disposizioni sono state fatte oggetto di censura nella sentenza della Corte di Giustizia in data 31 gennaio 2008, C-380/05, e di rilievi critici nel parere motivato della Commissione in data 18 luglio 2007; tali valutazioni negative hanno anche considerato l’illegittimità della disciplina italiana nella parte in cui ha consentito, anche a transizione conclusa, la conservazione delle frequenze analogiche illegittimamente esercite, e non sono state ritenute giustificate neanche dalla necessità di garantire una rapida evoluzione verso la trasmissione televisiva in tecnica digitale, in quanto il mantenimento delle frequenze in capo alle reti esistenti, anche prive fin dal 1999 di concessione, ha determinato una situazione di privilegio, senza neanche prevedere un obbligo di restituzione delle frequenze eccedenti dopo la transizione alla trasmissione televisiva in tecnica digitale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 gennaio 2009, n. 242).

76.1. Alla luce del quadro tracciato, questo Consiglio ha ritenuto che, per la dimensione storica che il fenomeno delle reti c.d. “eccedenti” aveva assunto nel tempo, l’A.G.Com. fosse tenuta a conferire rilevanza, o comunque a prendere in attenta considerazione anche gli aspetti riguardanti la regolarità della loro genesi e del loro successivo consolidamento nel mercato, operando una valutazione “diacronica” ed “evolutiva” del mercato e delle posizioni concorrenziali determinatesi, anche in considerazione delle altre rilevanti pronunce intervenute (Corte di Giustizia, sentenza in data 31 gennaio 2008, C-380/05; Consiglio di Stato, 20 gennaio 2009, n. 242; Corte Europa dei diritti dell’Uomo, sentenza del 7 giugno 2012, Ricorso n. 38433/09 Centro Europa 7 s.r.l. e Di Stefano c. Italia).

77. La transizione dall’analogico al digitale in Italia è stata segnata, quindi, da queste vicende, nonché iniziata in pendenza di un procedimento per dichiarazione di inadempimento avviato nel 2006 e vertente sulla compatibilità della normativa italiana relativa alla gestione delle radiofrequenze di radiodiffusione televisiva, alla transizione verso il digitale e all'assegnazione delle radiofrequenze digitali con le disposizioni della direttiva quadro nonché delle direttive «autorizzazioni» e «concorrenza».

78. Il Governo italiano ha, quindi, adottato diverse misure al fine di rendere tale normativa compatibile con il diritto dell'Unione. In particolare, in tale contesto, l’A.G.Com ha adottato la delibera 181/09/CONS, del 7 aprile 2009, recepita poi dalla L. n. 88/2009. In tale delibera l'A.G.Com ha fissato i criteri per la digitalizzazione completa delle reti televisive terrestri. Questa delibera ha previsto, in particolare, l'assegnazione di 21 multiplex nazionali, che avrebbero consentito di raggruppare in un flusso di dati comune diversi segnali e di veicolare contemporaneamente più servizi di televisione digitale terrestre. Ai fini della loro ripartizione tra i nuovi operatori (gli operatori che avevano creato reti digitali e quelli che già esercivano reti analogiche) tali multiplex sono stati suddivisi in tre gruppi da attribuirsi secondo criteri differenti. Inoltre, è stato previsto che, al termine della procedura di selezione, nessun operatore potesse ottenere più di cinque multiplex nazionali. Le radiofrequenze disponibili provenienti dal dividendo digitale avrebbero dovuto essere assegnate gratuitamente agli operatori con i requisiti stabiliti all'esito di una procedura di selezione organizzata secondo il cosiddetto modello del «beauty contest». Tale «beauty contest» ha riguardato, inizialmente, cinque multiplex, ossia sistemi di diffusione del segnale ciascuno dei quali consente la trasmissione contemporanea di più servizi di televisione digitale terrestre. Detti multiplex sono stati suddivisi in due parti. I tre multiplex della parte A sono stati riservati ai nuovi entranti e ai piccoli operatori. Non avrebbero potuto essere assegnati alla Radiotelevisione Italiana s.p.a., a Mediaset e alla Telecom Italia Media Broadcasting (successivamente divenuta Persidera). La parte B è stata pari a due multiplex aperti a qualsiasi offerente, con il limite di un solo multiplex per la RAI e Mediaset.

79. Le regole del «beauty contest» sono state definitivamente approvate con la delibera 497/10/CONS dell'A.G.Com., del 22 settembre 2010, in seguito a consultazione pubblica e previa approvazione del piano di assegnazione delle radiofrequenze digitali. In tale fase, il multiplex C1 è stato aggiunto ai cinque multiplex sopra citati, oggetto del «beauty contest». Tale concorso è stato infine annullato dall'articolo 3-quinquies del decreto legge del 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge del 26 aprile 2012, n. 44. Si è inoltre deciso che il «beauty contest» sarebbe stato sostituito da una procedura di selezione pubblica onerosa, basata su un meccanismo di gara secondo le priorità e i criteri definiti dall'A.G.Com, e che gli operatori che avevano partecipato a detto concorso avrebbero ricevuto un indennizzo.

80. L’A.G.Com ha, quindi, adottato la delibera 277/13/CONS, dell'11 aprile 2013, contenente le regole della nuova procedura di selezione. In tale delibera l'A.G.Com ha riconfigurato il piano di assegnazione delle radiofrequenze, riducendo in particolare da 25 a 22 il numero di radiofrequenze destinate alla diffusione televisiva in digitale terrestre, e ha disposto che i multiplex da attribuire fossero tre. Solamente gli operatori nuovi entranti e i piccoli operatori, ad esclusione degli operatori che già disponevano di almeno tre multiplex, potevano candidarsi per tali multiplex.

81. L’incidenza delle criticità del sistema sull’azione dell’A.N.R. sono state evidenti. Lo conferma quanto affermato da questo Consiglio secondo cui questo quadro di criticità di fondo si è sostanzialmente perpetrato nella delibera n. 181/2009 dell’A.G.Com, alla quale potevano muoversi le stesse obiezioni che la Corte Costituzionale del 1994 muoveva al legislatore del 1990, che, secondo la Corte, ben avrebbe potuto “tenendo presente la peculiarità della situazione italiana, che aveva visto di fatto l'insorgenza di una posizione dominante - operare un bilanciamento allo stato tra la necessità di allargare le voci cui assentire l'accesso all'emittenza nazionale privata e l'esigenza di tener conto di una realtà economica comunque esistente”; “ma per essere rispettoso dei principi espressi dalla giurisprudenza [della Corte Costituzionale] doveva comunque muoversi nella direzione di contenere e gradualmente ridimensionare la concentrazione esistente e non già nella direzione (opposta) di legittimarla stabilmente” (par. 14.4 - pag. 18) (Consiglio di Stato, sentenza n. 5929/2018, punto 2.25). Secondo questo Consiglio, inoltre, non poteva condividersi l’argomento per cui le reti “eccedenti” avrebbero esercitato la loro attività in piena e continuativa coerenza con il quadro normativo di riferimento, come conformato dagli interventi del giudice costituzionale, non essendosi mai aperta una “finestra” temporale, né prima e né dopo l’intervento della Corte Costituzionale, in cui il loro esercizio potesse ritenersi privo dei necessari assensi. Al contrario, era corretto affermare che le reti “eccedenti” hanno svolto sì attività conforme alla disciplina transitoria, ma difforme dalle regole “a regime” che anticipavano la fase transitoria; e che le regole dichiarate incostituzionali sono state a tutti gli effetti poste nel nulla salvo che per una fase temporale “ultrattiva”, strettamente funzionale alla definizione di un diverso assetto normativo. In sostanza, nel corso del tempo, vi è stata una “disparità di trattamento determinatasi per effetto della considerazione immotivatamente indifferenziata, da parte di AGCOM, delle posizioni di partenza dei vari operatori plurirete già esercenti in analogico”.

82. In questo contesto si sono inseriti gli interventi di codesta Corte di Giustizia.

82.1. In particolare, con la sentenza del 26 aprile 2017, in causa C-112/16, Persidera, codesta Corte ha affermato che: i) “l’articolo 9 della direttiva quadro, gli articoli 3, 5 e 7 della direttiva «autorizzazioni», nonché gli articoli 2 e 4 della direttiva «concorrenza» devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione nazionale la quale, ai fini della conversione delle reti analogiche esistenti in reti digitali, tenga conto delle reti analogiche illegittimamente esercite, in quanto essa porta a prolungare o addirittura a rafforzare un vantaggio concorrenziale indebito”; ii) “i principi di non discriminazione e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione nazionale la quale, in applicazione di un medesimo criterio di conversione, determini nei confronti di un operatore una riduzione del numero di reti digitali assegnate rispetto al numero di reti analogiche esercite in proporzione più elevata di quella imposta ai suoi concorrenti, a meno che detta disposizione non sia oggettivamente giustificata e proporzionata al suo obiettivo. La continuità dell’offerta televisiva costituisce un obiettivo legittimo idoneo a giustificare una siffatta diversità di trattamento. Tuttavia, una disposizione che portasse ad assegnare, agli operatori già presenti sul mercato, un numero di radiofrequenze digitali superiore al numero che sarebbe sufficiente per assicurare la continuità della loro offerta televisiva andrebbe oltre quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo di cui sopra e sarebbe, dunque, sproporzionata”.

82.2. Con la sentenza 26 luglio 2017, in C-560/16, Europaway, codesta Corte ha affermato che: i) “L'articolo 3, paragrafo 3 bis, della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, dev'essere interpretato nel senso che esso osta all'annullamento, da parte del legislatore nazionale, di una procedura di selezione per l'assegnazione di radiofrequenze in corso di svolgimento organizzata dall'autorità nazionale di regolamentazione competente, in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale, che era stata sospesa da una decisione ministeriale”; ii) “L'articolo 9 della direttiva 2002/21, come modificata dalla direttiva 2009/140, gli articoli 3,5 e 7 della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), come modificata dalla direttiva 2009/140, nonché gli articoli 2 e 4 della direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che una procedura gratuita di selezione per l'assegnazione di radiofrequenze, indetta per rimediare all'illegittima esclusione di taluni operatori del mercato, sia sostituita da una procedura onerosa, fondata su un piano riconfigurato di assegnazione delle radiofrequenze a seguito di una riduzione del numero di queste ultime, purché la nuova procedura di selezione sia basata su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati e sia conforme agli obiettivi definiti all'articolo 8, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2002/21, come modificata. Spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, se le condizioni stabilite dalla procedura di selezione onerosa siano tali da consentire un effettivo ingresso di nuovi operatori sul mercato della televisione digitale senza indebitamente avvantaggiare gli operatori già presenti sul mercato della televisione analogica o digitale”; iii) “il principio della tutela del legittimo affidamento dev'essere interpretato nel senso che esso non osta all'annullamento di una procedura di selezione per l'assegnazione delle radiofrequenze per il solo fatto che taluni operatori, quali i ricorrenti di cui al procedimento principale, erano stati ammessi a detta procedura e, in quanto unici offerenti, si sarebbero visti assegnare diritti d'uso di radiofrequenze per la diffusione terrestre con tecnica digitale di programmi radiofonici e televisivi se la procedura non fosse stata annullata”.

83. Dopo l’intervento di codesta Corte sono intervenute due pronunce di questo Consiglio (sentenze n. 5928/2018 e n. 5829/2018) che hanno annullato vari provvedimenti delle Autorità nazionali e hanno imposto all’Autorità e all’Amministrazione di tener conto nell’ambito della nuova pianificazione delle situazioni di “eccedenza” determinatesi e di valutare se confermare la precedente procedura onerosa di cui alla delibera 277/13/CONS dell'11 aprile 2013 (punto 80 della presente ordinanza), dalla quale erano derivati i provvedimenti di assegnazione a Cairo, non intaccati, comunque, dalle sentenze di questo Consiglio di Stato (v., in particolare, sentenza n. 5829/2018, punto 7.1). Per quanto di rilievo per il presente giudizio tale aspetto è stato confermato anche dalle successive sentenze n. 6622/2019 e n. 6910/2019 di questo Consiglio di Stato.

84. L’Autorità nazionale ha proceduto a dare attuazione alle sentenze di questo Consiglio e, quindi, indirettamente alle sentenze di codesta Corte di Giustizia nei termini che sono di seguito esposti.

84.1. L’Autorità ha dedotto di aver preso le mosse dalle indagini di mercato che, a partire dalla delibera n. 365/00/CONS del 12 giugno 2000, con riferimento al sistema radiotelevisivo analogico, avevano già accertato la posizione di dominanza di RAI e RTI, conseguente alla forte concentrazione di risorse detenuta dai due gruppi sia in termini di infrastrutture che di risorse economiche e audience. L’ulteriore approfondimento condotto nell’ambito del procedimento aveva, comunque, consentito di confermare che la dotazione di una “rete aggiuntiva” (nello specifico RAI 3 e Rete 4), sebbene con un’incidenza relativa inferiore rispetto alle altre due reti, aveva sicuramente contribuito al raggiungimento e al mantenimento della posizione dominante dei gruppi in questione e del relativo vantaggio competitivo conseguito. L’Autorità ha, tuttavia, evidenziato di aver preso in considerazione gli obblighi regolamentari imposti a partire dal 2005, con l’obiettivo di sterilizzare il vantaggio creatosi ed impedire che lo stesso si potesse traslare nel nuovo sistema/mercato della tv digitale terrestre.

84.2. L’Autorità ha, quindi, osservato di aver tenuto in considerazione le misure adottate con la delibera n. 136/05/CONS con cui aveva imposto una serie di misure rimediali. Le misure adottate erano state le seguenti: a) nei confronti di RAI e RTI: 1) Obbligo di accelerare la digitalizzazione delle reti televisive terrestri anche mediante la predisposizione in tecnica digitale di tutti gli impianti operanti in tecnica analogica alle condizioni di cui all’art. 2, comma 1; 2) Obbligo di destinazione di capacità trasmissiva a fornitori indipendenti di contenuti, nell’ambito della quota del 40% della capacità trasmissiva delle reti digitali terrestri di cui all’art. 2-bis, comma 1, quinto periodo, della legge n. 66/2001, alle condizioni di cui all’art. 2, comma 2; b) Nei confronti di RTI: 1) Obbligo di avvalersi, secondo il calendario di cui all’art. 2, comma 3, di una concessionaria di pubblicità diversa da Publitalia per la racconta pubblicitaria per le trasmissioni in tecnica digitale terrestre diverse dal simulcast; 2) Divieto di trasmettere messaggi pubblicitari nella programmazione televisiva digitale terrestre diversa dal simulcast in misura superiore al 12% di ogni ora a partire dal 30 giugno 2005 fino al 31 dicembre 2006; c) Nei confronti di RAI: 1) Obbligo di contribuire alla maggiore diffusione della tecnologia digitale terrestre per il tramite di un nuovo programma generalista attrattivo in termini di audience e privo di pubblicità su reti digitali terrestri secondo le condizioni di cui all’art. 2, comma 4; d) Nei confronti di Publitalia: 1) Fino all’attuazione della misura di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), n. 1, da parte di RTI, obbligo di operare la separazione contabile tra le attività di raccolta pubblicitaria sulle reti analogiche e attività di raccolta pubblicitaria sulle reti digitali terrestri, alle condizioni di cui all’art. 2, comma 5; 2) Obbligo di praticare condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie nella vendita di spazi pubblicitari, dando separata evidenza degli eventuali sconti applicati ai singoli prodotti secondo le modalità definite dall’art. 2, comma 6.

84.3. L’Autorità ha evidenziato di aver preso in considerazione le misure adottate a seguito dell’accertamento della sussistenza della posizione di dominanza congiunta nel mercato in questione da parte di RAI e RTI, e, in particolare, quelle di cui alla delibera n.159/08/CONS del 9 aprile 2008, con la quale - al fine di “neutralizzare le potenziali distorsioni della concorrenza relativamente ai servizi intermedi che sono necessari ai concorrenti per l’installazione e la gestione della propria rete diffusiva” – aveva imposto le seguenti misure individuali: i) obbligo di accesso e uso di determinate risorse; ii) obbligo di trasparenza; iii) obbligo di non discriminazione; iv) obbligo di separazione contabile.

84.4. Inoltre, l’Autorità ha evidenziato di aver tenuto conto delle misure dirette ad incidere sulla posizione di forza detenuta da tali operatori nel mercato radiotelevisivo. Infatti delle 8 reti digitali previste dalla delibera n. 181/09/CONS per la conversione delle reti analogiche (oggetto di spegnimento), 3 erano state destinate ai “piccoli” operatori (Europa 7, Rete Capri e Rete A) in applicazione del criterio del “minimo garantito” e con un fattore di conversione “alla pari” (uno a uno), mentre le restanti 5 erano state destinate alla conversione delle 8 reti esercite dagli operatori plurirete (RAI 3 reti, RTI 3 reti, Telecom 2 reti) in applicazione di un criterio di “approssimazione alla media”, con conseguente decurtazione di una rete per tutti e tre gli operatori (RAI e RTI hanno ottenuto 2 multiplex digitali in luogo delle 3 reti analogiche esercite, Telecom 1 multiplex in luogo delle 2 reti analogiche esercite).

84.5. L’Autorità ha dedotto, altresì, di aver valorizzato – nell’ottica di dar esecuzione alla sentenza di questo Consiglio – le misure relative all’assegnazione del c.d. “dividendo esternorappresentato da 5 nuove reti nazionali digitali. In particolare, l’Autorità aveva articolato i cinque lotti messi a gara in due parti: - Parte A: pari a tre lotti, riservati ai nuovi entranti e ad altri operatori esistenti (esclusi gli operatori che prima della conversione delle reti analogiche e della razionalizzazione dei multiplex digitali esistenti DVB-T avevano la disponibilità di due o più reti televisive nazionali in tecnica analogica); - Parte B: pari a due lotti, aperti a qualsiasi offerente. In ultimo, era stato previsto: i) che le offerte sarebbero state soggette ad un cap di 5 multiplex nazionali DVB-T (nel cui computo rientravano anche le reti nazionali DVB-T esistenti e già assegnate); ii) che, per operatori integrati che esercivano 3 reti nazionali in tecnica analogica (RAI e Mediaset), il cap era stato fissato a un multiplexiii) nel caso dell'operatore integrato che eserciva 2 reti nazionali in tecnica analogica (Telecom) il cap era stato fissato a due multiplex.

85. Dall’indagine “diacronica” condotta l’Autorità ha ritenuto non possibile prendere in considerazione misure strutturali che “per loro natura avrebbero finito per sovrapporsi e duplicare le citate misure già imposte in passato e che avrebbero avuto effetti sull’intero mercato, con una portata ben più ampia dello stesso riequilibrio da perseguire, così come individuato dal dictum giurisdizionale”. Al contrario, l’Autorità ha ritenuto, al fine di realizzare il riequilibrio tra i soli operatori plurirete, “necessario e proporzionato introdurre, quale misura idonea a realizzare tale scopo, regole asimmetriche di partecipazione alla procedura di assegnazione dell’ulteriore capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale e delle frequenze terrestri di cui alla delibera n. 564/20/CONS” (p. 13 della relazione depositata dinanzi a questo Consiglio).

85.1. L’Autorità ha, quindi, ritenuto di poter attuare il riequilibrio delle posizioni mediante regole asimmetriche della procedura a titolo oneroso prevista dal legislatore. In particolare, la procedura ha riguardato le frequenze relative a due reti (multiplex) delle 12 reti DVB-T2 pianificate dal P.N.A.F. per il servizio televisivo nazionale, e la relativa capacità trasmissiva. La procedura è stata suddivisa in quattro lotti, ovvero 4 diritti d’uso delle frequenze generici, ciascuno con dimensione pari alla metà di un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2. I 4 lotti sono stati suddivisi in tre categorie, denominate P1 (un lotto), P2 (un lotto) e P3 (due lotti). Alla categoria P1 ha afferito un lotto; alla categoria P2 ha afferito un lotto; alla categoria P3 hanno afferito due lotti. I lotti sono stati assegnati mediante procedura onerosa senza rilanci competitivi, articolata in tre distinte fasi, effettuati separatamente in sequenza, secondo il seguente ordine: fase I per la categoria P1, fase II per la categoria P2 e fase III per la categoria P3. L’Autorità ha previsto alcune riserve e limitazione al fine di “favorire il pluralismo e la concorrenza nel mercato” (Capo III dell’allegato A alla delibera 564/2020/CONS). In particolare, si è fissato un “cap”, prevedendo che nessun operatore potesse detenere, singolarmente o congiuntamente (mediante la stipula di un accordo commerciale o intesa con altro operatore), diritti d’uso delle frequenze (generici o specifici) ulteriori rispetto a quelli necessari per l’esercizio di 3 reti nazionali delle 12 pianificate dal P.N.A.F. in tecnologia DVB-T2. Inoltre si è previsto che: i) i soggetti nuovi entranti (intesi come i soggetti che, alla data di presentazione della domanda di partecipazione alle procedure di cui al presente provvedimento non risultassero titolari di diritti d’uso di frequenze per l’esercizio di reti di radiodiffusione televisiva terrestre in ambito nazionale; art. 1, comma 1, lett. g), dell’allegato A alla delibera n. 564/20/CONS) e gli operatori di tipo A [categoria relativa a “un operatore di rete di radiodiffusione televisiva terrestre, che, a seguito della procedura di conversione di cui alla delibera n. 129/19/CONS, alla data di presentazione della domanda di partecipazione alle procedure di cui al presente provvedimento, risulta titolare, singolarmente, solo di un diritto d’uso senza specificazione delle frequenze per l’esercizio di una delle reti nazionali pianificate dal PNAF (corrispondente alla metà di un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2) o, congiuntamente, di un unico diritto d’uso di frequenze specifico per l’esercizio di una specifica rete nazionale in tecnologia DVB-T2 pianificata dal PNAF”; art. 1, comma 1, lett. f), dell’allegato A alla delibera n. 564/20/CONS] potessero presentare offerte per tutti i lotti in gara afferenti alle categorie P1, P2 e P3; ii) gli operatori di tipo B [categoria relativa a “un operatore di rete di diffusione televisiva terrestre, che, a seguito della procedura di conversione di cui alla delibera n. 129/19/CONS, alla data di presentazione della domanda di partecipazione alle procedure di cui al presente provvedimento, risulta titolare di due diritti d’uso di frequenze specifici per l’esercizio di due specifiche reti nazionali in tecnologia DVB-T2 pianificate dal PNAF, nonché di un diritto d’uso senza specificazione delle frequenze per l’esercizio di una delle reti nazionali pianificate dal PNAF (corrispondente alla metà di un multiplex nazionale in tecnologia DVB-T2)”; art. 1, comma 1, lett. i), dell’allegato A alla delibera n. 564/20/CONS] potessero presentare offerte per un solo lotto in gara, afferente alla categoria P3; iii) l’operatore di tipo C [inteso come “l’operatore di rete di tipo B che ha promosso innanzi al Consiglio di Stato il giudizio definito con sentenza n. 5928/2018 del 16 ottobre 2018 (Persidera S.p.A.)”; art. 1, comma 1, lett. j), della delibera n. 564/20/CONS], potesse presentare offerte per il lotto in gara afferente alla categoria P2 e per un lotto in gara afferente alla categoria P3.

86. Terminata l’esposizione delle vicende pregresse sul sistema italiano e delle pronunce giurisprudenziali intervenute il Collegio dubita della conformità al diritto unionale delle scelte adottate dal legislatore nazionale e dall’A.N.R.

87. In particolare, si dubita della compatibilità delle misure adottate dal legislatore italiano e dalle Autorità nazionali nella parte in cui hanno comportato anche una conversione non integrale dei diritti acquisiti da Cairo al termine di una procedura onerosa e competitiva e hanno, altresì, determinato un unico criterio valevole anche per tale operatore e suddiviso la capacità trasmissiva tenendo conto, comunque, di situazioni “irregolari”, come sancito dalla giurisprudenza indicata nei precedenti punti.

88. In relazione a quest’ultimo punto la sentenza di codesta Corte del 27 luglio 2017, in causa C-112/16, aveva evidenziato che le A.N.R., nello svolgere le loro funzioni di regolamentazione indicate nella direttiva quadro nonché, in particolare, nella direttiva «autorizzazioni», devono adottare tutte le misure ragionevoli intese a conseguire gli obiettivi definiti nei paragrafi da 2 a 4 del medesimo articolo 8, che consistono nel promuovere la concorrenza nella fornitura delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, nel contribuire allo sviluppo del mercato interno e nel promuovere gli interessi dei cittadini dell’Unione (punto 38, ove sono richiamate anche le sentenze del 19 giugno 2014, TDC, C-556/12, EU:C:2014:2009, punto 39, nonché del 15 settembre 2016, Koninklijke KPN e a., C-28/15, EU:C:2016:692, punto 46). Inoltre, in virtù dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva «concorrenza», dell’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, e dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva «autorizzazioni», nonché dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva quadro, i diritti d’uso delle radiofrequenze devono essere attribuiti sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati. Quest’ultima condizione implica che tali criteri siano idonei a garantire la realizzazione dell’obiettivo che essi perseguono e non vadano oltre quanto è necessario per il suo raggiungimento (punto 39, ove è richiamata la sentenza del 23 aprile 2015, Commissione/Bulgaria, C-376/13, non pubblicata, EU:C:2015:266, punti 65 e 84). Tali criteri devono essere rispettati non soltanto al momento dell’assegnazione iniziale delle radiofrequenze, ma anche in occasione di qualsiasi assegnazione successiva, di una proroga o, come nelle circostanze di cui al procedimento principale, di una conversione delle radiofrequenze nel contesto della transizione verso il digitale (punto 40), e, inoltre, le A.N.R. devono vigilare affinché la concorrenza non sia falsata in ragione, segnatamente, dell’accumulo di diritti d’uso di radiofrequenze (punto 41).

88.1. Secondo codesta Corte le disposizioni del NQNC, e in particolare l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva quadro, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva «autorizzazioni», nonché l’articolo 4, punto 1, della direttiva «concorrenza», ostano a misure nazionali che abbiano come effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su detto mercato, impedendo o limitando l’accesso di nuovi operatori a tale mercato, a meno che le misure suddette non siano giustificate da obiettivi di interesse generale e organizzate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati (punto 43, ove è richiamata la sentenza del 31 gennaio 2008, Centro Europa 7, C-380/05, EU:C:2008:59, punti da 95 a 107); inoltre, occorre considerare che sarebbe parimenti contrario alle disposizioni del NQNC lasciar perdurare o addirittura rafforzare, a profitto di un operatore già presente sul mercato, un vantaggio concorrenziale indebito, ottenuto in violazione dei requisiti di legge e contrario all’obiettivo di una concorrenza effettiva e non falsata, impedendo o limitando al tempo stesso l’accesso di nuovi operatori al mercato (punto 44).

88.2. Nel caso di specie, la scelta dell’A.N.R. – successiva alla decisione di codesta Corte di Giustizia – è quella di non adottare soluzioni di carattere strutturale ma di articolare, diversamente, la procedura onerosa di cui all’art. 1, comma 1031-bis, della l. n. 205/2017. Si chiede, tuttavia, a codesta Corte di Giustizia se una simile modalità di esecuzione possa, effettivamente, ritenersi conforme ai principi dalla stessa affermati, considerato che già codesta Corte aveva osservato come dalla decisione di rinvio fosse risultato che il numero di reti esercite da ciascun operatore era stato convertito in altrettante reti digitali previa sottrazione di una rete, con conseguente disparità di trattamento.

88.3. La procedura onerosa pur differenziata alla quale l’Autorità – in conformità alla normativa nazionale – ha fatto ricorso ha, tuttavia, determinato necessità per un operatore – già sottoposto ad un differente trattamento – di sostenere ulteriori costi per garantirsi la continuità della capacità trasmissiva precedente. E ciò nonostante il sistema italiano fosse stato da tempo caratterizzato da quelle situazioni di anomalia descritte, che dovevano essere valutate da parte dell’Amministrazione e che costituiscono, altresì, un termine essenziale per verificare l’adeguatezza e proporzionalità delle misure all’attenzione di questo Collegio.

88.4. In sostanza, in forza del disposto di cui all’art. 1, comma 1031-bis, della L. n. 205/2017 e delle scelte adottate dall’Autorità: i) si è determinato una conversione non integrale dei precedenti diritti, per “assicurare” – come spiegato nel secondo quesito – il dividendo esterno, destinato alla procedura onerosa; ii) si è imposto anche ad un operatore che aveva acquisito i diritti d’uso delle frequenze di sottostare ad una procedura di conversione/assegnazione che ha, in sostanza, compresso i diritti in precedenza acquisiti; iii) si è utilizzata la sola procedura onerosa come misura di riequilibrio delle varie posizione, articolando regole asimmetriche che, tuttavia, hanno imposto a Cairo, di sostenere ulteriori costi per ottenere il ½ necessario.

D.5. QUINTO QUESITO: SUGLI ARTT. 8 E 9 DELLA DIRETTIVA QUADRO, SUGLI ARTT. 3, 5, 7, 14 DELLA DIRETTIVA AUTORIZZAZIONE, E SUGLI ARTT. 3 E 4 DELLA DIRETTIVA CONCORRENZA, SUI CONSIDERANDA N. 11 E 20 DELLA DECISIONE UE 2017/899 E SUI PRINCIPI DI EQUITA’, NON DISCRIMINAZIONE, TUTELA DELLA CONCORRENZA E DEL LEGITTIMO AFFIDAMERNTO, E SULLA COMPATIBILITA’ RISPETTO A TALI CONSIDERANDA E A TALI PRINCIPI DELLA NORMATIVA NAZIONALE.

89. Con il presente quesito questo Consiglio sottopone a codesta Corte di Giustizia un ulteriore profilo di possibile contrarietà della normativa nazionale alla luce delle regole e dei principi unionali indicati in rubrica, e, in particolare, alla luce del principio del legittimo affidamento di Cairo.

D.5.1. LA NORMATIVA UNIONALE RILEVANTE.

90. In relazione al presente quesito assumono rilievo le disposizioni unionali di cui ai punti 53, 54-54.5, 55-55.1, della presente ordinanza a cui si rinvia.

D.5.2. LA NORMATIVA NAZIONALE RILEVANTE.

91. In relazione al presente quesito assumono rilievo le disposizioni nazionali di cui ai punti 56-56.2 della presente ordinanza a cui si rinvia.

D.5.4. IL QUESITO RIMESSO A CODESTA CORTE DI GIUSTIZIA.

92. Con il presente quesito si chiede se il diritto dell’Unione indicato in rubrica osti ad una normativa nazionale che imponga una procedura di conversione/assegnazione della capacità trasmissiva senza tenere in considerazione il legittimo affidamento derivante dalla precedente assegnazione disposta all’esito di procedura competitiva e onerosa e senza modulare la normativa interna e i provvedimenti delle Autorità nazionali in modo da contemperare le esigenze del refarming con le posizioni soggettive legittimamente acquisite da Cairo.

93. Osserva il Collegio come, per consolidata giurisprudenza di codesta Corte, il principio della tutela del legittimo affidamento fa parte dei principi fondamentali dell’Unione (sentenza del 14 marzo 2013, Agrargenossenschaft Neuzelle, C545/11, EU:C:2013:169, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del 27 luglio 2017, in C-560/15, ECLI:EU:C:2017:593, punti 89 e 89) e dev’essere rispettato dalle istituzioni dell’Unione, ma anche dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive dell’Unione (sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean, C183/14, EU:C:2015:454, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata). Il diritto di avvalersi di detto principio si estende a ogni soggetto di diritto in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate aspettative a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito (sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean, C183/14, EU:C:2015:454, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata). Costituiscono assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative, a prescindere dalla forma in cui vengono comunicate, eventuali informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanino da fonti autorizzate ed affidabili (sentenza del 17 marzo 2011, AJD Tuna, C221/09, EU:C:2011:153, punto 72 e la giurisprudenza ivi citata).

94. Nel caso di specie, il legislatore nazionale non ha imposto alcuna differenziazione della posizione di Cairo, come spiegato anche dall’A.G.Com nella relazione versata a questo Consiglio.

95. Ritiene il Collegio come possano riscontrarsi in relazione alla posizione di Cairo elementi tali da affermare la sussistenza di un legittimo affidamento meritevole di protezione. In particolare, occorre considerare, a tal fine, le seguenti circostanze.

96. A seguito della delibera n. 277/2013 di A.G.Com, il Ministero aveva indetto una procedura onerosa avente ad oggetto l’assegnazione dei diritti d’uso delle nuove frequenze in banda televisiva derivanti dal passaggio analogico a quello digitale (il c.d. dividendo digitale). Tale gara aveva avuto ad oggetto l’assegnazione di 3 diritti d’uso per le frequenze per sistemi DVB (DVB-T o successive evoluzioni tecnologiche, tra le quali il DVB-T2) su base nazionale, corrispondenti a 3 lotti, ognuno riferito a un relativo multiplex: i) il lotto 1, corrispondente ai canali 6 e 23; ii) il lotto 2, relativo ai canali 7 e 11; iii) il lotto 3, corrispondente ai canali 25 e 59. All’epoca dell’indizione della gara era noto che una parte delle frequenze oggetto della procedura doveva essere successivamente “liberata” dagli operatori televisivi per essere assegnata agli operatori di telecomunicazioni, stante il pluriennale programma alla politica in materia di spettro radio («RSPP») istituito dalla decisione n. 243/2012/UE. In relazione a tale circostanza, il bando del Ministero aveva espressamente stabilito che - al momento della liberazione delle frequenze aggiudicate con la gara per l’assegnazione delle stesse agli operatori telefonici - l’aggiudicatario (del lotto 3) avrebbe ottenuto una frequenza di analoga copertura e durata di quella assegnata. Nello specifico, l’art. 2.2, lett. c), del bando, aveva previsto che “l’aggiudicatario, all’atto della liberazione del canale 59, avrà diritto a una frequenza di analoga copertura e per una durata equivalente del diritto d’uso”. Del resto, con la delibera n. 277, l’A.G.Com - consapevole del successivo refarming delle frequenze - aveva anche deciso di non mettere a gara le frequenze del c.d. lotto U, in ragione della scarsa appetibilità delle stesse dovuta alla breve durata di soli 5 anni, in quanto interessate dal refarming e quindi, di fatto, “invendibili” (pp. 16-17 della delibera). Cairo si è aggiudicata il multiplex contenuto nel lotto 3, con riferimento al canale 59, rispetto al quale – come già indicato – il Ministero aveva previsto la sostituzione della frequenza assegnata con una analoga. Pertanto, Cairo aveva ricevuto una rassicurazione precisa e incondizionate da fonte autorevole, come richiesto dalla giurisprudenza di codesta Corte.

97. La partecipazione di Cairo alla gara era avvenuta, quindi, sul presupposto di mantenere i diritti che sarebbero stati eventualmente acquisiti, stante la previsione della sostituzione della frequenza con frequenza analoga, e, quindi, la possibilità di utilizzare le frequenze assegnate senza alcuna limitazione di capacità trasmissiva e di tecnologia e per la durata di 20 anni. Cairo è risultata, poi, vincitrice del lotto 3 della procedura di gara di assegnazione delle frequenze (frequenze 25/59) e, con provvedimento del 31 luglio 2014, il Ministero ha attribuito alla stessa il diritto d’uso definitivo delle frequenze per la radiodiffusione televisiva in tecnica digitale, di cui al lotto 3, per la durata di 20 anni (per un importo pari a quasi 32 milioni di euro). La situazione di Cairo diverge quindi da quella degli altri operatori considerato che: i) si fonda su una pubblica dichiarazione espressa in ordine alla sostituzione della frequenza aggiudicata con un’altra analoga; ii) si tratta di un operatore che ha ottenuto il mux a seguito di procedura competitiva onerosa e, quindi, in modo nettamente diverso da altri operatori, anche alla luce di quanto illustrato nel precedente quesito; iii) ha, comunque, sostenuto costi e rischi di impresa per ottenere il diritto d’uso e ha dovuto, altresì, sostenere costi per la realizzazione e la gestione tecnica del mux e per la realizzazione della rete; iv) si è trattato di un nuovo operatore di mercato che ha iniziato a realizzare la rete televisiva di alta qualità e diffusione sul territorio soltanto a partire dal luglio 2014 e la costruzione della rete con 820 impianti di trasmissione è stata di fatto ultimata nei primi mesi del 2017.

98. In considerazione di tali elementi fattuale sembra al Collegio che Cairo abbia maturato un legittimo affidamento al mantenimento di diritti equivalente che, tuttavia, non è stato preso in considerazione dalla normativa nazionale, né conseguentemente dalle decisioni dell’A.N.R. e dell’Amministrazione statale.

E. I QUESITI RIMESSI A CODESTA CORTE DI GIUSTIZIA.

99. In definitiva, si sottopongono a codesta Corte di Giustizia i seguenti quesiti:

1) Se il diritto dell’Unione e, in particolare, gli art. 6 e 19, par. 1, seconda parte, del T.U.E., interpretati alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentale dell’Unione europea, l’art. 4, par. 1, co. 1, della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), e l’art. 31 della Direttiva (UE) 2018/1972, deve essere interpretato nel senso che ostano ad una normativa nazionale, quale quella rilevante nell’ordinamento italiano (art. 1, comma 1037, della L. n. 205/2017) che, in una situazione di rilevanza comunitaria, limita gli effetti dell’azione di annullamento, impedendo la reintegrazione o esecuzione in forma specifica, e circoscrive la tutela cautelare al pagamento di una provvisionale, compromettendo la tutela giurisdizionale effettiva.

2) Se il diritto dell’Unione e, in particolare, gli artt. 3, paragrafi 3 e 3-bis, e 8 e 9 della direttiva 2002/21/CE (c.d. “direttiva quadro”), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE, nonché gli artt. 5, 6, 8, 9 e 45, della Direttiva (UE) 2018/1972, deve essere interpretato nel senso che osta ad un sistema del tipo di quello introdotto nella Repubblica Italiana dall’art. 1, comma 1031-bis Legge di Bilancio 2018 come introdotto dall’art. 1 comma 1105 Legge di Bilancio 2019, che, priva o, comunque, limita in modo significativo l’autorità amministrativa indipendente delle sue funzioni di regolamentazione, stabilendo l’assegnazione di ulteriore capacità trasmissiva mediante procedura onerosa con aggiudicazione all’offerta economica più elevata e con la partecipazione degli incumbent.

3) Se il diritto dell’Unione, e, in particolare, gli artt. 8 e 9 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), gli artt. 3, 5, 7, e 14 della Direttiva 2002/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), gli artt. 2 e 4 della Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, i consideranda n. 11 e n. 20 della Decisione UE 2017/899 e i principi di equità, non discriminazione, tutela della concorrenza e del legittimo affidamento, deve essere interpretato nel senso che osta ad un sistema come quello introdotto dalla normativa nazionale rilevante (art. 1, commi 1030, 1031, 1031-bis, 1031-ter, 1032, della L. n. 205/2017), nonché dalle delibere dell’A.G.Com n. 39/19/CONS, 128/19/CONS, 564/2020/Cons e dai relativi provvedimenti di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze per il servizio televisivo digitale, che ai fini della conversione “dei diritti d’uso delle frequenze” in “diritti d’uso della capacità trasmissiva” non disponga una conversione per equivalente ma riservi parte della capacità ad una procedura onerose, imponendo all’operatore ulteriori costi per assicurarsi la conservazione delle prerogative legittimamente acquisite nel corso del tempo;

4) Se il diritto dell’Unione e, in particolare, gli artt. 8 e 9 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), gli artt. 3, 5, 7, 14 della Direttiva 2002/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), gli artt. 2 e 4 della Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, i consideranda n. 11 e 20 della decisione UE 2017/899, i principi di equità, non discriminazione, tutela della concorrenza e del legittimo affidamento, nonché i principi di proporzionalità ed adeguatezza, osta come quello introdotto dalla normativa nazionale rilevante (art. 1, commi 1030, 1031, 1031-bis, 1031-ter, 1032, della L. n. 205/2017), nonché dalle delibere dell’A.G.Com n. 39/19/CONS, 128/19/CONS, 564/2020/CONS, e dai relativi provvedimenti di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze per il servizio televisivo digitale, che non adotta misure di carattere strutturale per ristorare la situazione di disparità in precedenza determinatasi anche in considerazione delle irregolarità in precedenza accertate dalla giurisprudenza interna e sovranazionale, e non differenzia la posizione dell’operatore che ha acquisito una frequenza all’esito di procedura onerosa competitiva con previsione del diritto di conservazione della stessa o se invece siano adeguate e proporzionate le misure non strutturali adottate da Agocom a carico delle imprese in posizione di incumbent originariamente titolari delle c.d. reti eccedenti .

5) Se il diritto dell’Unione e, in particolare, gli artt. 8 e 9 della Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), gli artt. 3, 5, 7, 14 della Direttiva 2002/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2020, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), gli artt. 2 e 4 della Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, i consideranda n. 11 e 20 della decisione UE 2017/899, i principi di equità, non discriminazione, tutela della concorrenza e del legittimo affidamento, nonché i principi di proporzionalità ed adeguatezza, osta come quello introdotto dalla normativa nazionale rilevante (art. 1, commi 1030, 1031, 1031-bis, 1031-ter, 1032, della L. n. 205/2017), nonché dalle delibere dell’A.G.Com n. 39/19/CONS, 128/19/CONS, 564/2020/CONS, e dai relativi provvedimenti di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze per il servizio televisivo digitale, che non tiene conto del legittimo affidamento maturato da un operatore che ha acquisito il diritto d’uso della frequenza all’esito di procedura competitiva onerosa nella quale era stato espressamente previsto il diritto a una frequenza di analoga copertura e per una durata equivalente del diritto d’uso.

100. Ai sensi delle “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale”, pubblicate in GUUE del 8 novembre 2019, vanno trasmessi in copia alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione europea, mediante plico raccomandato:

- gli atti ed i provvedimenti impugnati con i ricorsi di primo grado;

- il ricorso di primo grado;

- le sentenze del T.a.r. Lazio, sede di Roma, appellate;

- gli appelli proposti dalla parte ricorrente;

- tutte le memorie difensive depositate dalle parti nei giudizi di appello riuniti;

- la presente ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

101. In applicazione dell’art. 79 cod. proc. amm. e delle predette Raccomandazioni, il presente giudizio rimane sospeso nelle more della definizione del procedimento incidentale di rinvio e ogni ulteriore decisione, anche in ordine al regolamento delle spese processuali, è riservata alla pronuncia definitiva.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta):

i) riunisce i ricorsi in appello in epigrafe;

ii) rimette alla Corte di giustizia dell’Unione europea le questioni pregiudiziali indicate in motivazione;

iii) ordina alla Segreteria della Sezione di trasmettere alla medesima Corte copia conforme all’originale della presente ordinanza, nonché copia integrale degli atti indicati in motivazione e del fascicolo di causa;

iv) sospende il processo nelle more della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Lorenzo Cordi' Giancarlo Montedoro
 
 
 

IL SEGRETARIO


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