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Consiglio di Stato, Sez. IV, 29/12/2023 n. 11320
La realizzazione di un impianto fotovoltaico può essere effettuata in un'area percorsa dal fuoco, laddove tale ubicazione risulti compatibile con la destinazione urbanistica antecedente l'incendio.

La realizzazione di un impianto fotovoltaico può essere effettuata in un'area percorsa dal fuoco, laddove tale ubicazione risulti compatibile con la destinazione urbanistica antecedente l'incendio.
Pertanto, la corretta interpretazione dell'art. 10 della legge n. 353/2000 deve essere orientata al rispetto delle direttive comunitarie in materia, che impongono l’obbligo per gli Stati membri di adottare le misure necessarie per far sì che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%.



Materia: energia / disciplina
Pubblicato il 29/12/2023

N. 11320/2023REG.PROV.COLL.

N. 04571/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4571 del 2023, proposto dalla Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Angelo Marzocchella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Poli 29;

contro

Spv Apulia 2002 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Fortunato, Luciano Imparato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Ministero della Cultura, Ministero della Difesa, Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Terna s.p.s, Comunità Montana Calore Salernitano, Autorità di Bacino Distrettuale Appennino Meridionale, Arpac, Provincia di Salerno, Comune di Altavilla Silentina, Comune di Albanella, Comune di Capaccio, Consorzio di Bonifica Paestum – Sinistra Sele, Enav, Enac, Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, Riserva Foce Sele Tanagro, E-Distribuzione s.p.a, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Terza) n. 00642 del 20 marzo 2023, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Spv Apulia 2002 S.r.l., del Ministero della Cultura, del Ministero della Difesa, del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Regione Campania ha interposto appello avverso la sentenza del T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 00642 del 20 marzo 2023 che ha annullato il decreto dirigenziale n. 98 del 23.05.2022 con il quale la Regione Campania ha respinto l’istanza della Spv Apulia 2002 S.r.l. prot. n. 467172 del 07.10.2020, volta al rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR), ex art. 27 bis del d. lgs n. 152/2006, per la “realizzazione e gestione impianto fotovoltaico potenza nominale 78 Mw e potenza in AC alla consegna da 60 Mw con opere di connessione alla RTN in Loc. Montespogliamonaco di Altavilla Silentina” in quanto localizzato in area vincolata in esito ad incendio boschivo, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 353 del 2000.

2. Il T.a.r., nell’accogliere il ricorso, ha ritenuto presupposto giuridico sufficiente a derogare il vincolo imposto dall’art. 10 della legge n. 353/2000, quello dell’astratta compatibilità tra la zona agricola e l’intervento proposto dalla Spv Apulia 2002 S.r.l., secondo quanto previsto dall’art. 12, comma 7, del d. lgs. n. 387 del 2001, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di cassazione penale che, per la deroga al vincolo di inedificabilità in questione, richiede una previsione localizzativa di P.R.G. puntuale, approvata prima dell’incendio e nella specie insussistente, orientamento fatto proprio dall’autorità procedente.

3. La Regione Campania, ritenendo tale interpretazione erronea, ha chiesto la riforma della sentenza del T.a.r.

4. Si è costituita in giudizio la SPV Apulia 2002 s.r.l. per resistere all’appello, concludendo per la sua reiezione, con integrale conferma della sentenza appellata.

Ha anche riproposto i motivi di ricorso non esaminati dal T.a.r., con particolare riferimento a quello con cui ha contestato l’esistenza di un’area boscata o adibita a pascolo, circostanza rilevante ai fini della applicazione del divieto di cui all’art. 10 della legge n. 353 del 2000, reputato ostativo dagli organi regionali.

Ha poi eccepito la violazione dell’art. 14 ter della legge n. 241/1990 in materia di conferenza di servizi, per essere stata la decisione conclusiva assunta sulla base dei soli pareri regionali anziché alla luce delle posizioni prevalenti emerse ed un difetto di istruttoria stante la mancata acquisizione – sebbene sollecitata - di un parere dell’avvocatura regionale sempre in ordine alla contestata natura dei luoghi in relazione alla presenza di un’area boscata o adibita a pascolo.

5. Con ordinanza n. 2610 del 22 giugno 2023 è stata accolta la domanda cautelare al fine di conservare la res adhuc integra nelle more della fissazione dell’udienza pubblica per la decisione di merito, atteso che la società istante aveva sollecitato il riavvio dell’iter procedimentale, in esecuzione della sentenza favorevole del T.a.r..

Alla udienza pubblica del 16 novembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie con le quali le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive.

6. Con il primo motivo di appello la Regione Campania lamenta la violazione dell’art. 9 della Costituzione, del d. lgs. n. 387/2003, della legge n. 353/2000, delle l.r. n. 37/2018 e n. 16/2004, della legge 10/1991 nonché travisamento, motivazione insufficiente e stereotipa, error in judicando.

6.1 Il motivo è infondato.

La proposta progettuale della Spv Apulia 2002 S.r.l. prevede la localizzazione dell’impianto fotovoltaico in area boscata e adibita a pascolo che per la Regione Campania sarebbe stata percorsa da incendio nel 2017 e quindi soggetta a vincolo puntuale di inedificabilità.

È controverso in particolare se la mera astratta compatibilità dell’area - in quanto area agricola - con la localizzazione dell’impianto, già prima dell’incendio, sia circostanza giuridicamente idonea a derogare al vincolo di inedificabilità ex lege.

L’art. 10 della legge n. 353 del 2000 afferma infatti che: “.. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente l'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data.”.

La Regione Campania propugna una interpretazione letterale della deroga e poiché gli strumenti urbanistici vigenti non prevedevano, prima dell’incendio, la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, contesta la decisione del T.a.r. che ha ritenuto sussistenti i presupposti per la deroga al vincolo e ne chiede la riforma.

Aggiunge che, trattandosi di norma di deroga ad un divieto di legge, secondo i principi generali dovrebbe applicarsi un canone di stretta interpretazione letterale, limitando la deroga alle sole opere puntuali, quali strade ed opere di urbanizzazione in generale, previste dagli strumenti urbanistici prima dell’incendio.

La doglianza, come accennato, è infondata.

Il Collegio, infatti, è dell’avviso che debba prevalere una interpretazione della disposizione secondo il canone della interpretazione teleologica-finalistica propugnata dall’appellata ed accolta dal T.a.r., valorizzando la ratio del divieto di legge, in una fattispecie peraltro caratterizzata da un chiaro favor legislativo per la realizzazione di impianti di energia alternativa.

Poiché infatti la realizzazione dell’impianto era astrattamente compatibile, ai sensi dell’art. 12, comma 7, del d. lgs. n. 387 del 2001, con la destinazione agricola del sito prescelto, già prima che si verificasse l’incendio, alla domanda di autorizzazione non può riconnettersi alcuna finalità fraudolenta, non potendo riferirsi l’incendio ad alcuna volontà di modificare lo stato dei luoghi al fine di rendere possibile una edificazione prima non consentita.

La previsione ex lege di astratta compatibilità di questa tipologia di impianti con la destinazione agricola, ai sensi dell’art. 12, comma 7, del d. lgs. 387 del 2003, si ricollega alla medesima ratio derogatoria propria della disposizione di legge in esame, sebbene da questa letteralmente riferita alla necessità della previsione di uno specifico intervento, prima del verificarsi dell’incendio, da parte degli strumenti urbanistici vigenti a quella data.

Diversamente opinando, poiché la realizzazione di siffatta tipologia di impianti, in ragione della loro natura privata, giammai potrebbe essere prevista dagli strumenti urbanistici vigenti al momento dell’incendio, una tale deroga non potrebbe mai operare per la realizzazione di tali impianti, in un momento in cui invece vi è un dichiarato favor legislativo, di sistema (in quanto presente nelle fonti del diritto internazionale, in quelle della UE, e in quelle nazionali), per la loro realizzazione.

E ciò anche in ragione del fatto che poiché gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono ex lege sempre astrattamente localizzabili anche nelle zone classificate come agricole, non v’è ragione di pretendere una loro previsione espressa negli strumenti urbanistici, il che condurrebbe paradossalmente a rendere inoperante l’eccezione al divieto, in fattispecie in cui ricorre la medesima ratio derogatoria.

Del resto appare anche illogico, oltre che sproporzionato, applicare il divieto in questione alla realizzazione di impianti di pubblica utilità in ipotesi in cui l’effetto preclusivo è sostanzialmente privo di una giustificazione, trattandosi di un intervento astrattamente ammissibile già prima dell’incendio, come confermato dal rilascio di altra autorizzazione unica nell’anno 2014 per analogo impianto (sebbene di tipo eolico) da localizzare nell’area.

6.2 Da ultimo il Collegio è dell’avviso che non sia possibile differenziare l’ipotesi della specifica localizzazione dell’area, riservata all’intervento da parte dello strumento urbanistico, rispetto alla fattispecie della generica astratta compatibilità dell’intervento con la destinazione dell’area, proprio in ragione della normativa comunitaria di favore che impone di preferire una interpretazione della deroga prevista dall’art. 10 in senso conforme alle direttive comunitarie in materia, optando pertanto per una interpretazione della deroga in senso estensivo, in forza della medesima ratio.

È infatti consolidato principio di diritto eurounitario secondo cui gli organi giurisdizionali devono, nella misura del possibile, interpretare il diritto interno (a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva) alla luce del testo e della finalità della direttiva da attuare al fine di raggiungere i risultati perseguiti da quest’ultima, privilegiando l’interpretazione delle disposizioni nazionali che è maggiormente conforme a tale finalità, per giungere così ad una soluzione compatibile con le disposizioni della direttiva (cfr. Corte Giust. 4 luglio 2006, C-212/04, Adeneler e altri).

Ai fini del presente giudizio rileva in particolare il d. lgs. n. 199/21 (e segnatamente l’art. 20, comma 8 lett. c-quater, del d. lgs. n. 199/21, introdotto dal d.l. 17 maggio 2022 n. 50) attuativo della direttiva UE 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, che, all’art. 3, rubricato “Obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il 2030”, impone uno specifico obbligo di risultato in capo agli Stati membri, prescrivendo, al comma 1, che “Gli Stati membri provvedono collettivamente a far sì che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %.....” e precisando, al comma 4, che “A decorrere dal 1° gennaio 2021, la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di ciascuno Stato membro non è inferiore alla quota base di riferimento indicata nella terza colonna della tabella riportata nell'allegato I, parte A, della presente direttiva. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire il rispetto di tale quota base di riferimento. Se uno Stato membro non mantiene la sua quota base di riferimento misurata su un periodo di un anno, si applica l'articolo 32, paragrafo 4, primo e secondo comma, del regolamento 2018/1999.”.

Il riferimento all’obbligo per gli Stati membri di adottare le misure necessarie al rispetto del predetto obiettivo, rafforza l’obbligo di interpretazione conforme e, nella specie, conferma la bontà dell’opzione di estendere l’applicazione della deroga anche ai casi di astratta compatibilità ex lege dell’intervento con le previsioni di P.R.G. prima dell’incendio, tenuto conto che tale interpretazione non si pone in contrasto con la ratio del divieto e con la finalità di tutela ambientale alla stessa sottesa (cfr. in tema, tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 11 settembre 2023, n. 8261).

Del resto neanche la giurisprudenza penale richiamata dalla appellante chiarisce quale sarebbe, in caso di incendio, il bene giuridico tutelato dal divieto di realizzare un impianto già ammissibile prima dell’incendio.

Ne discende che il motivo deve essere respinto.

7. Con una seconda doglianza l’appellante lamenta violazione dell’art. 9 della Costituzione, del d.lgs. n. 387/2003, della legge n. 353/2000, della legge n. 765/1967, della legge 10/1977 e del d.p.r. 380/2001; travisamento, motivazione illogica, error in judicando.

Assume che il T.a.r. avrebbe errato nel desumere argomenti a sostegno della interpretazione accolta dal previgente testo della disposizione in esame secondo cui “è inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l'incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione…”.

Contesta, in particolare, la tesi per cui il venir meno della necessità del rilascio del titolo autorizzativo prima dell’incendio, secondo quanto previsto dalla novella introdotta dall’art. 4, comma 173, della legge n. 350/2003, confermerebbe che, ai fini della deroga, possa ritenersi sufficiente la mera astratta compatibilità dell’intervento con le previsioni di P.R.G..

Ciò in quanto il riferimento agli “strumenti urbanistici vigenti”, presente anche nella precedente versione, implicherebbe comunque la necessità di previsioni localizzative puntuali – nella specie assenti - e non di mera astratta compatibilità.

7.1 Il motivo può essere dichiarato assorbito in quanto la sua disamina nulla aggiunge alla interpretazione del vigente disposto normativo nei sensi esplicitati nella trattazione del primo motivo di appello.

8. Con il terzo motivo la Regione deduce: violazione del d.lgs. 387/2003, della legge 353/2000, della legge 241/1990; violazione degli artt. 112 c.p.c., 2699 e 2700 c.c.; motivazione contraddittoria e perplessa; error in judicando.

Assume la erroneità della sentenza del T.a.r. nella parte in cui stigmatizza la pretesa superficialità dell’azione amministrativa condotta.

8.1 Il motivo è improcedibile per sopravvento difetto di interesse poiché la conferma della interpretazione accolta dal T.a.r. sulla astratta compatibilità dell’intervento con la previsione derogatoria del divieto prevista dall’art. 10 della legge n. 353 del 2000, in uno con le precisazioni di cui alla presente motivazione, determina la necessità della integrale rinnovazione dell’attività istruttoria, alla luce del suddetto parametro normativo, interpretato nel rispetto dei criteri esegetici forniti con la presente pronuncia.

In quella sede potranno essere condotti tutti i necessari approfondimenti per ricomporre le risultanze istruttorie anche in ordine all’estensione dell’incendio del 2017 su cui il T.a.r. non ha preso posizione.

Ed infatti è lo stesso T.a.r. ad evidenziare “il carattere assorbente del vizio di violazione di legge in cui è incorsa l’amministrazione procedente nel ritenere che “gli unici casi in cui è possibile superare i vincoli dell’art. 10 della legge n. 353/2000 e s.m.i. è per progetti che, antecedentemente all’incendio erano già assentiti non bastando la mera compatibilità delle opere con gli strumenti urbanistici vigenti prima dell’incendio”, sicché tutte le ulteriori indicazioni fornite ai fini del riesercizio del potere, lungi dal rappresentare prescrizioni di carattere conformativo derivanti dall’accoglimento di motivi di ricorso, vanno interpretate come regole di azione suggerite al fine di prevenire possibili incompletezze od incongruenze istruttorie in ordine alla natura boscata o alla destinazione a pascolo dei luoghi, fermo restando – in relazione alla incongruenza segnalata dal T.a.r. - che la natura dei luoghi ben può condurre la Soprintendenza, ai fini della tutela paesaggistica, ad escludere l’esistenza di un’area boscata che invece può ritenersi sussistente ai fini della applicabilità del vincolo ai sensi dell’art. 10 della legge n. 353 del 2000.

8.2 Ne discende la infondatezza del terzo motivo nella parte in cui la Regione si duole del fatto che il T.a.r. avrebbe disconosciuto la valenza fidefacente degli accertamenti condotti dal Corpo Forestale dello Stato in ordine ai luoghi interessati dall’incendio del 2017, non avendo il T.a.r. rilevato sul punto, in modo espresso, un vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria ma solo sollecitato un approfondimento in sede di riesercizio del potere, per meglio chiarire le incongruenze segnalate dalla ricorrente in primo grado, fermo il carattere assorbente della ritenuta applicabilità al caso di specie della deroga al divieto prevista dall’art. 10 della legge n. 353 del 2000.

9. Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve pertanto essere respinto mentre i motivi non esaminati in primo grado e riproposti dalla appellata con la memoria di costituzione in giudizio vanno dichiarati improcedibili in quanto incentrati sui caratteri dei luoghi (contestando la sussistenza di un’area boscata e adibita a pascolo), laddove la accertata applicabilità della deroga rende superfluo un tale accertamento.

Parimenti improcedibili sono i motivi relativi alla pretesa violazione dell’art. 14 ter della legge n. 241 del 1990 ed alla mancata acquisizione del parere dell’Avvocatura regionale, tenuto conto che la Regione dovrà pronunciarsi nuovamente, facendo applicazione della interpretazione dell’art. 10 della legge n. 353 del 2000 fornita con la presenta pronuncia sicché la riconvocazione di una nuova conferenza di servizi determinerà il superamento dei vizi dedotti in relazione alla precedente fase istruttoria e decisoria.

10. La novità della questione configura un giusto motivo per disporre la compensazione integrale delle spese del grado tra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore

Emanuela Loria, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca Monteferrante Gerardo Mastrandrea
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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