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TAR Lazio, sez. I, 22/1/2024 n. 1176
Sugli obblighi di comunicazione e tutela degli utenti di Amazon Italia Trasporti s.r.l.

L’obbligo, legalmente scandito in capo ai fornitori dei servizi postali di inserire sul sito un numero telefonico contattabile gratuitamente, è soddisfatto attraverso la previsione di un sistema di click-to-call, il cui accesso è di semplice utilizzo analogamente alla chiamata ad un numero verde pubblicato online.
Peraltro, il sistema del click-to-call, rispetto al classico sistema del numero verde, è maggiormente vantaggioso, in quanto è utilizzabile nell’arco di una fascia oraria molto ampia, che copre anche le ore pomeridiane; contempla l’invio, ove necessarie o richieste, di comunicazioni da parte dell’assistenza clienti di Amazon Italia Transport s.r.l., che riepilogano gli esiti della interlocuzione avuta con il cliente nonchè le possibili azioni successivamente implementabili; è particolarmente sicuro per gli utenti, in quanto il previo accesso da parte dell’utente al proprio account (mediante un log-in che prevede anche l’autenticazione a due fattori) consente di scongiurare potenziali rischi da eventuali condotte fraudolente.

Fonte: giustizia-amministrativa.it


Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 22/01/2024

N. 01176/2024 REG.PROV.COLL.

N. 08541/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8541 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da Amazon Italia Transport s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Brunetti, Gilberto Nava e Luca Tomazzoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

– della delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 117/22/CONS del 13 aprile 2022 recante “Ordinanza ingiunzione nei confronti di Amazon Italia Transport S.r.l. (cod. fisc. 09598330968) per la violazione delle disposizioni della direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi di cui alla delibera n. 413/14/CONS (cont. n. 12/21/DSP)”, notificata il 4 maggio 2022;

– per quanto occorrer possa, dell'atto di contestazione n. 12/21/DSP dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, notificato ad Amazon Italia Transport s.r.l. in data 11 ottobre 2021;

– e di ogni altro, quand'anche sconosciuto, atto e provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale, sia antecedente che successivo, ivi inclusa la delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 413/14/CONS del 29 luglio 2014, e la delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 129/15/CONS dell'11 aprile 2015;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Amazon Italia Transport s.r.l. il 14 marzo 2023:

- degli atti impugnati con il ricorso introduttivo;

- del parere reso dal Servizio Giuridico dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in data 8 marzo 2022 nell'ambito del procedimento sanzionatorio avviato con atto di contestazione n. 12/21/DSP del 30 settembre 2021 (prot. 80959 dell'8 marzo 2022);


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2024 la dott.ssa Marianna Scali e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio Amazon Italia Transport s.r.l. (di seguito anche solo “AIT” o la “Società”) ha impugnato la delibera n. 117/22/CONS con la quale l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito anche solo “AGCom” o “Autorità”) ha sanzionato la Società per la violazione dell’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e), e comma 5, della “Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi” di cui alla delibera AGCom n. 413/14/CONS.

Il provvedimento impugnato, in particolare, sanziona AIT con un’ammenda pari a euro 50.000, per la condotta relativa alla mancata pubblicazione di un numero telefonico di assistenza, ritenendo che la presenza sul sito web della Società di un “contatto telematico” che permette agli utenti di accedere telefonicamente al servizio di assistenza in modo gratuito “non può essere considerata una modalità equipollente alla chiamata diretta gratuita fatta dall’utente al numero messo a disposizione sul sito web in quanto, mentre il contatto telefonico è sicuramente di utilizzazione generale, non altrettanto può dirsi del canale telematico”.

Oltre all’accertamento della asserita violazione e all’ingiunzione al pagamento, il provvedimento contiene anche una diffida “dal porre in essere ulteriori comportamenti in violazione degli obblighi inerenti all’autorizzazione generale”. Tale diffida viene indirizzata dall’Autorità alla Società “ai sensi dell’art. 21, comma 7-ter e quater, del d.lgs. n. 261/1999, e dell’art. 12 del Regolamento in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali approvato con la delibera n. 129/15/CONS”; norme, quest’ultime, che prevedono la possibilità per AGCom di richiedere al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (di seguito anche solo “MiMIT” o “Ministero”) l’attivazione di un procedimento per la possibile sospensione o revoca del titolo abilitativo per fornire servizi postali detenuto dal trasgressore.

2. A fondamento del gravame introduttivo AIT ha fatto valere le seguenti censure:

Primo motivo: sulla piena compatibilità dei servizi di assistenza offerti da AIT con la pertinente normativa. Sull’assoluta carenza del presupposto di carattere oggettivo per l’attivazione del procedimento sanzionatorio. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 della Direttiva 97/67/CE, dell’art. 14 del d.lgs. n. 261/1999, dell’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e) e comma 5, della Direttiva Generale di cui alla delibera 413/14/CONS. Violazione artt. 3, 41 e 97 cost. Violazione del principio di legalità. Erronea rappresentazione dei presupposti in fatto. Eccesso di potere per manifesta illogicità ed irragionevolezza”;

Secondo motivo: sui vizi istruttori e sui vizi di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 della Direttiva 97/67/CE, dell’art. 14 del d.lgs. n. 261/1999, dell’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e) e comma 5, della Direttiva Generale. Violazione art. 3 Cost. Violazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione. Erronea rappresentazione dei presupposti in fatto. Eccesso di potere per manifesta illogicità ed irragionevolezza. Motivazione carente e contraddittoria”;

Terzo motivo: sulla violazione del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio. Violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dell’art. 6, comma 1, del Regolamento Sanzioni (delibera n. 697/20/CONS) rubricato “termini del procedimento”; eccesso di potere per consumazione del potere sanzionatorio.”;

Quarto motivo: sulla illegittimità della diffida dal porre in essere ulteriori comportamenti in violazione degli obblighi inerenti all’autorizzazione generale e sulla illegittimità, a monte, delle norme rilevanti del Regolamento titoli di cui alla delibera 129/15/CONS. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 7-quater del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 e dell’art. 8-bis, comma 5, della legge 689/1981”;

Quinto Motivo. In subordine. Sull’erroneità del quantum della sanzione amministrativa. Violazione e falsa applicazione dell’Allegato A alla Delibera AGCcom n. 265/15/CONS e dell’art. 11 e 16 della legge n. 689/1981. Violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza. Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto. Irragionevolezza. Difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia”.

In via subordinata, per l’eventualità del mancato accoglimento dei predetti motivi, parte ricorrente chiede di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267di cui a TFUE, il seguente quesito:

Se sia conforme al diritto europeo e, in particolare, all’art. 19 della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2008, e all’art. 14 del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261 che ne costituisce recepimento, un’interpretazione ed applicazione delle stesse sulla base delle quali deve ritenersi imposto agli operatori postali un obbligo incondizionato di mettere a disposizione degli utenti un numero di telefono, o addirittura di attivare una linea telefonica, pur in presenza di mezzi di comunicazione, diversi da quelli previsti dalla lettera della norma, che siano in grado di soddisfare una comunicazione trasparente, semplice, e non onerosa”.

3. Con l’atto di motivi aggiunti è stato poi impugnato il parere reso dal Servizio Giuridico dell’Autorità (prot. 80959 dell’8 marzo 2022) nell’ambito del procedimento sanzionatorio che ha portato all’adozione del provvedimento impugnato.

Con tale atto AIT, oltre ad insistere sui motivi già formulati nel ricorso introduttivo, ha fatto valere le seguenti ulteriori censure:

Primo motivo aggiunto: sui vizi istruttori dell’istruttoria condotta dall’Autorità e sui vizi di motivazione del Provvedimento, sotto diverso profilo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 della Direttiva 97/67/CE, dell’art. 14 del d.lgs. n. 261/1999, dell’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e) e comma 5, della Direttiva Generale. Violazione art. 3 Cost. Violazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione. Erronea rappresentazione dei presupposti in fatto. Eccesso di potere per manifesta illogicità ed irragionevolezza. Motivazione carente e contraddittoria.”;

Secondo motivo aggiunto: sulla illegittimità, sotto diverso profilo, della diffida dal porre in essere ulteriori comportamenti in violazione degli obblighi inerenti all’autorizzazione generale e sulla illegittimità, a monte, delle norme rilevanti del Regolamento titoli di cui alla delibera 129/15/CONS. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 7-quater del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 e dell’art. 8-bis, comma 5, della legge 689/1981. Erronea rappresentazione dei presupposti in fatto.”.

4. L’Autorità e si è costituita per resistere al gravame chiedendone il rigetto.

5. All’esito dell’udienza pubblica del 17 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il ricorso è fondato.

7. Il primo e il secondo motivo del ricorso introduttivo ed il primo atto dei motivi aggiunti possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione.

7.1. Con il primo motivo AIT denuncia l’illegittimità della delibera n. 117/22/CONS assumendo che il sistema di assistenza clienti click-to-call sia pienamente conforme sia alle previsioni europee e nazionali di rango primario vigenti in materia, sia alle stesse disposizioni della delibera n. 413/14/CONS recante “Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi”; anzi, il sistema click-to-call consentirebbero di raggiungere livelli di tutela e sicurezza per gli utenti anche superiori a quelli richiesti dalla normativa in questione.

Tale conclusione, secondo AIT, sarebbe l’unica conforme al generale divieto di gold plating previsto dall’art. 15 della l. n. 183/2011, ai sensi del quale gli atti nazionali di recepimento delle direttive europee non possono introdurre o mantenere “obblighi e oneri non strettamente necessari per l’attuazione delle direttive”.

7.2. Con il secondo motivo di ricorso e con il primo motivo dell’atto di motivi aggiunti parte ricorrente lamenta, in sintesi, che le motivazioni della delibera impugnata e del presupposto parere del Servizio giuridico sarebbero contraddittorie poichè, secondo l’assunto dell’Autorità, l’utenza di Amazon, pur avvalendosi di servizi di e-commerce, potrebbe essere anche “non digitale, cioè poco esperta sotto il profilo tecnologico”.

AIT contesta altresì la contraddittorietà della motivazione dei predetti atti, laddove, a giustificazione dell’asserita non equivalenza del sistema click-to-call alla chiamata ad un numero verde, valorizzano le esigenze di tutela degli “utenti privi di una connessione internet”, senza però considerare che la pubblicazione su un sito internet di un numero verde implica comunque che l’utente, al fine di reperire il predetto numero, disponga di una connessione internet e sappia usarla.

7.3. Ai fini dello scrutinio delle presenti censure si rende necessario, preliminarmente, richiamare il quadro normativo di riferimento.

- art. 19 della direttiva sui servizi postali n. 97/67/CE: “gli Stati membri assicurano che tutti i fornitori di servizi postali stabiliscano procedure trasparenti, semplici e poco onerose per la gestione dei reclami degli utenti”;

- art. 14 del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261: “1. Il fornitore del servizio postale è tenuto ad adottare procedure trasparenti, semplici e poco onerose per la gestione dei reclami degli utenti, in particolare in caso di smarrimento, furto, danneggiamento o mancato rispetto delle norme di qualità del servizio, ivi comprese le procedure per determinare di chi sia la responsabilità, qualora sia coinvolto più di un operatore, nonché le procedure conciliative in sede locale uniformate ai principi comunitari. È altresì fissato il termine per la trattazione dei reclami medesimi e per la comunicazione del relativo esito all'utente”;

- art. 8, comma 1, delibera AGCom n. 413/14/CONS: “i fornitori di servizi postali garantiscono un servizio di assistenza, adeguato alle esigenze degli utenti, per segnalare disservizi, ottenere informazioni sulle caratteristiche e sui prezzi dei servizi forniti, sulle modalità di fatturazione, sulle procedure di reclamo e di conciliazione. Il servizio di assistenza è accessibile telefonicamente, anche nelle ore pomeridiane, nonché in via telematica tramite un apposito indirizzo di posta elettronica. Il numero telefonico e l’indirizzo email di assistenza clienti sono indicati nel sito web del fornitore, nella carta dei servizi, nonché nei contratti e nella documentazione di fatturazione, laddove previste.”;

- art. 8, comma 3, lett. e), della delibera AGCpom n. 413/14/CONS: “I fornitori di servizi postali rendono disponibile sul proprio sito web, presso tutti i locali propri e dei soggetti di cui si avvalgono:

(…) e) i riferimenti dei servizi gratuiti di assistenza clienti;”.

Premesso tale quadro normativo, poiché la condotta contestata ad AIT è rappresentata dalla mancata pubblicazione, sul sito web della Società, di un canale telefonico gratuito dedicato all’assistenza agli utenti, ai fini dello scrutinio dei motivi, occorre stabilire se la conclusione dell’Autorità secondo cui il descritto sistema di click-to-call non possa considerarsi equivalente, sotto il profilo della tutela dell’utente, alla chiamata ad un numero verde sia sorretta da adeguata istruttoria e motivazione.

7.4. Si impone, a tal fine, esaminare il sistema di click-to-call della Società.

Secondo quanto rappresentato da AIT, anche tramite la produzione di schede grafiche, e non oggetto di contestazione, la modalità di contatto telefonica richiedeva all’utente unicamente di:

(i) accedere alla sezione dedicata al “Servizio Clienti”, raggiungibile sia cliccando sul pulsante “Account” accanto al proprio nome, nella barra in alto a destra della schermata, sia cliccando direttamente sul comando “Servizio Clienti” che compare nel footer riportato nella homepage e in ogni pagina del Sito (sotto la colonna “Bisogno di aiuto?”);

(ii) una volta “atterrati” nella sezione “Servizio Clienti”, l’utente poteva individuare la voce “Contattaci”, contraddistinta da un simbolo che richiama la possibilità di accedere ad un contatto telefonico con un operatore, accompagnata dalla specificazione “Contatta il nostro servizio clienti tramite telefono o chat”. In tale pagina comparivano le diverse opzioni di contatto, ossia il contatto telefonico oppure l’e-mail o la chat.

Nella medesima pagina, l’utente poteva anche indicare il motivo del proprio contatto, e selezionare tra i propri ordini recenti (che vengono visualizzati automaticamente) quello su cui intendeva richiedere assistenza, ferma la possibilità di richiedere assistenza in termini generici e del tutto scollegati da uno specifico ordine. Inoltre, in caso di problematiche nell’accedere all’account era altresì disponibile un numero telefonico dedicato contattabile in ogni momento per risolvere tale problematica mediante una procedura per la verifica dell’identità.

Secondo quanto affermato da Amazon negli atti di causa, e non oggetto di contestazione, nel 2020, il tempo medio di attesa del cliente per essere chiamato al telefono era pari a 26 secondi; nel primo trimestre del 2021 i tempi medi di attesa sono diminuiti ulteriormente e si è passati a 23 secondi.

7.5. È opinione del Collegio che, stante quanto appena evidenziato, la conclusione della non equivalenza del sistema click-to-call alla chiamata al numero verde non sia supportata da adeguata istruttoria e motivazione.

Difatti, se pure è vero che l’articolo 8, comma 1, seconda parte della delibera AGcom n. 413/14/CONS prevede la pubblicazione di un numero telefonico sul sito, in ciò presupponendo che sia l’utente a dover effettuare la chiamata telefonica ad Amazon, cionodimeno non può fare a meno di rimarcarsi che, dal punto di vista della condotta “esigibile” dall’utente, cliccare su un tasto di una pagina web per essere messo in contatto con l’operatore è equivalente a comporre un numero reperito online. Risulta dunque irrilevante, rispetto alle esigenze protettive dell’utente, che il contatto telefonico avvenga, a seguito della digitazione del numero telefonico da parte dell’utente, oppure per effetto di una chiamata dell’operatore che, a seguito del “click”, richiama, pressocché nell’immediatezza, l’utente.

Deve inoltre sottolinearsi che la previsione della pubblicazione di un numero gratuito sul sito dell’operatore, nel contesto del citato articolo 8, va letta alla luce dell’obiettivo, esplicitato dalla predetta norma, che i fornitori di servizi postali garantiscano “un servizio di assistenza, adeguato alle esigenze degli utenti, per segnalare disservizi, ottenere informazioni sulle caratteristiche e sui prezzi dei servizi forniti, sulle modalità di fatturazione, sulle procedure di reclamo e di conciliazione”. Da tale punto di vista è fatto pacifico che AIT fornisca un’assistenza celere e di agevole utilizzo per i propri clienti. Gli esiti dell’istruttoria dell’Autorità, difatti, pongono in luce come il predetto servizio venga reso secondo standard e modalità addirittura più efficaci e veloci rispetto al tradizionale numero verde (che spesso prevede tempi di attesa lunghi e non sempre dall’esito certo) e che tale sistema “se foriero di pratiche più virtuose e moderne potrebbe essere assumibile come modello per un ammodernamento pro futuro delle regole sulle carte dei servizi” (così p. 11 del parere del Servizio Giuridico, ove si “riassume” il quesito espresso dalla Direzione servizi postali al predetto Servizio).

Né, a giudizio del Collegio, possono costituire motivazioni sufficienti e ragionevoli a giustificare la conclusione della non equiparabilità tra i due sistemi le seguenti considerazioni, svolte nei provvedimenti impugnati:

- “mentre il canale telefonico è sicuramente di utilizzazione generale, non altrettanto può dirsi del canale telematico” (p. 8 delibera n. 117/22/CONS);

anche l’utenza poco esperta sotto il profilo tecnologico si avvale dell’e-commerce, ragion per cui tutti gli utenti devono essere messi in grado di fruire di un servizio gratuito di assistenza clienti, agevolmente accessibile anche se non particolarmente evoluto sotto il profilo tecnologico, senza tenere conto poi che il canale telefonico potrebbe essere l’unico concretamente disponibile” (p. 8 delibera n. 117/22/CONS);

non sembra, dunque, che l’assistenza telematica possa ritenersi perfettamente fungibile con quella telefonica, considerando anche che esiste una categoria di utenti non digitali, che può ricorrere solo all’assistenza telefonica. Si evidenzia, inoltre, che non solo gli utenti privi di una connessione internet, ma anche quelli con una connessione internet possono, anzi devono, se lo preferiscono, poter ricorrere all’assistenza telefonica gratuita” (p. 13 del parere del Servizio Giuridico).

Le predette motivazioni, difatti, non resistono ai rilievi di parte ricorrente – condivisibili secondo una massima di esperienza – secondo cui il livello di perizia nell’utilizzo degli strumenti tecnologici richiesto per utilizzare il sistema click-to-call non è dissimile da quello necessario per reperire un numero telefonico sul sito Amazon o sul proprio account (e certamente inferiore a quello necessario per fare un ordine online); è dunque ragionevole ritenere che l’utente così poco esperto nell’utilizzo dei sistemi informatici da non riuscire a cliccare su un link per essere richiamato avrebbe analoghe difficoltà nel reperire il numero telefonico online (modalità che, viceversa, l’Autorità ritiene sufficiente a rispettare le prescrizioni del citato articolo 8).

Allo stesso modo anche ove, in determinati casi, il canale telefonico fosse effettivamente l’unico disponibile, l’assenza di una connessione internet precluderebbe a quel medesimo utente di reperire online il numero di contatto di Amazon; di talché, nemmeno sotto profilo, si coglie la differenza tra i sistemi di accesso al canale telefonico in confronto.

Infine, quanto alla considerazione che gli utenti che dispongono di una connessione potrebbero preferire digitare un numero telefonico, non può non osservarsi che il modello di riferimento della normativa protettiva invocata nel provvedimento impugnato non può che essere un “utente ragionevole” e che opera in modo razionale. Da tale punto di vista, è fatto pacifico che sistema del click-to-call, rispetto al classico sistema del numero verde, offra all’utente i seguenti vantaggi, posti in luce da Amazon nel corso del procedimento e nell’odierno gravame, e non oggetto di contestazione da parte dell’Autorità:

- è raggiungibile nell’arco di una fascia oraria molto ampia e che copre ovviamente anche le ore pomeridiane (dalle ore 6 alle ore 24);

- completato dall’invio, ove necessarie o richieste, di comunicazioni da parte dell’assistenza clienti di Amazon che riepilogano gli esiti della interlocuzione avuta con il cliente e le possibili azioni successivamente implementabili;

- sicuro per gli utenti, in quanto il previo accesso da parte dell’utente al proprio account (log-in che prevede anche l’autenticazione a due fattori) consente di prevenire rischi di condotte fraudolente derivanti dalla fisiologica difficoltà per gli operatori di call center di individuare i soggetti che si fingono un’altra persona rispondendo alle domande di sicurezza (indirizzo, ultime 4 cifre dalla carta di credito).

Anche sotto sotto tale profilo si rivela la fondatezza dei dedotti vizi di difetto di istruttoria e motivazione, in quanto l’Autorità non spiega in alcun modo come il sistema di click-to-call possa in concreto condizionare “l’esercizio del diritto ad ottenere informazioni” più di ogni procedura di contatto mediante call center tradizionale, che, come noto, impone generalmente all’utente di passare attraverso numerosi passaggi in cui vien richiesto di inserire una serie di indicazioni, tramite digitazione sul proprio dispositivo di chiamata dei tasti corrispondenti, aumentando le tempistiche complessive che intercorrono prima di un contatto. È significativo, del resto, che non sia stata evidenziata nel corso dell’istruttoria neanche una segnalazione o reclamo da parte degli utenti in merito alla difficoltà di accesso al sistema click-to-call.

Le presenti conclusioni si pongono in linea anche con le indicazioni fornite da una recente pronuncia della CGUE che, chiamata a valutare gli strumenti di assistenza clienti offerti da Amazon, alla luce del raffronto tra l’assistenza offerta e le tutele che la normativa a tutela dei consumatori richiede ai professionisti, ha avuto modo di affermare come “un obbligo incondizionato di mettere a disposizione del consumatore, in ogni caso, un numero di telefono, o addirittura attivare una linea telefonica, o di fax, o di creare un nuovo indirizzo di posta elettronica per permettere al consumatore di contattare il professionista appare sproporzionato”, occorrendo “garantire un giusto equilibrio tra un livello elevato di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese, come enunciato al considerando 4 della stessa direttiva, rispettando al contempo la libertà di impresa dell’imprenditore, come sancita all’articolo 16 della Carta (v., per analogia, sentenza del 23 gennaio 2019, Walbusch Walter Busch, C-430/17, EU:C:2019:47, punti 41 e 42)” (sentenza del 10 luglio 2019: causa C-649/17, Verbraucherzentrale Bundesverband e.V./Amazon EU Sàrl). Sulla base di tali premesse la CGUE conclude quanto segue: “L’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che impone al professionista, prima di concludere con un consumatore un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali, contemplato all’articolo 2, punti 7 e 8, di tale direttiva, di fornire, in ogni caso, il proprio numero di telefono. Dall’altro lato, detta disposizione non implica un obbligo per il professionista di attivare una linea telefonica, o di fax, o di creare un nuovo indirizzo di posta elettronica per consentire ai consumatori di contattarlo e impone di comunicare tale numero o quello del fax o il suo indirizzo di posta elettronica soltanto nel caso in cui detto professionista già disponga di tali mezzi di comunicazione con i consumatori.

L’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che, sebbene tale disposizione imponga al professionista di mettere a disposizione del consumatore un mezzo di comunicazione atto a soddisfare i criteri di una comunicazione diretta ed efficace, essa non osta a che detto professionista fornisca mezzi di comunicazione diversi da quelli elencati nella medesima disposizione al fine di soddisfare tali criteri. (cfr. pure Consiglio di Stato, sez. VI, 15 ottobre 2020, nn. 6232 e 6233, ove è stata espressamente confermata la necessità di interpretare la predetta norma del Codice del Consumo alla luce dell’impostazione della CGUE – che “offre un’esegesi della norma che contempera un livello elevato di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese”. In tale decisione il giudice amministrativo ha concluso che il modello richiesto dalla disciplina consumeristica “risulta rispettato in ragione del fatto che il professionista strutturi un efficace e tempestivo strumento di comunicazione con il consumatore” (punto 11); cfr. pure Consiglio di Stato, sez. VI, 2 dicembre 2019, n. 8227).

Sebbene tali pronunce siano state rese in relazione ad una diversa disciplina rispetto a quella che viene in applicazione nel caso di specie – si trattava delle norme consumeristiche relative all'assistenza ai clienti prima di concludere contratti a distanza e fuori dai locali commerciali – i principi ivi espressi non possono che rafforzare la conclusione secondo cui, rispetto all’obiettivo di tutela dell’utente, è irrilevante, a parità di semplicità di utilizzo dei sistemi di accesso al canale telefonico, che lo stesso entri in contatto con l’operatore telefonico a seguito di digitazione di un numero verde o di un click cui segue la chiamata dell’operatore.

Occorre, a fini di completezza, osservare che le presenti conclusioni non sono inficiate dal richiamo, effettuato da parte ricorrente, a Consiglio di Stato, 14 settembre 2022, n. 798, in cui è stata confermata la legittimità, già affermata in primo grado da questo Tribunale, di un provvedimento sanzionatorio adottato da AGCom nei confronti di BRT s.p.a. per la violazione delle disposizioni della delibera n. 413/14/CONS, anche qui in esame. La predetta pronuncia, difatti, in relazione al profilo di interesse, si è limitata ad affermare che un “obbligo di mettere a disposizione un numero telefonico gratuito per il servizio di assistenza clienti (…) nasce dalla specifica previsione recata dall'art. 8, comma 1 e dall’ art. 8, comma 3, lett. e) della Direttiva AGCOM” sulle carte dei servizi nel settore postale” e che «la normativa eurounitaria e nazionale “di contesto” (…) ivi comprese le disposizioni regolatorie del settore adottate dall’Autorità debbano essere rispettate dagli imprenditori di detto settore, sicché la loro mancata applicazione non può che essere sanzionata e ciò anche se […] l’imprenditore abbia messo in campo misure alternative che (egli) ritiene essere comunque idonee a tutelare l’utenza».

Nel caso di specie, difatti, non è in discussione l’obbligo per l’operatore di osservare le disposizioni previste dalla normativa AGCom a tutela dell’utenza, e segnatamente la necessità di prevedere un meccanismo di accesso al servizio di assistenza telefonica gratuito per gli utenti, con contatti reperibili sul sito dell’operatore, ma solo la conformità o meno del sistema di click-to-call a quelle previsioni.

Deve inoltre osservarsi che nella fattispecie all’esame del Consiglio di Stato, BRT si era limitata, in relazione al profilo d’interesse, a contestare l’entità della sanzione irrogata per la violazione del richiamato articolo 8, e non aveva, diversamente da quanto fatto da AIT nel caso di specie, dimostrato la sostanziale equipollenza tra il sistema di assistenza dalla stessa previsto a quello della chiamata all’operatore (nel caso di BRT per accedere all’assistenza telefonica gli utenti dovevano compilare un form di contatto, cui sarebbe seguita, con tempistiche non precisate, un ricontatto da parte dell’azienda).

Alla luce di quanto precede deve ritenersi che un’interpretazione conforme al diritto della UE dell’articolo 8, n. 413/14/CONS imponga di ritenere che l’obbligo, previsto da quella norma in capo ai fornitori dei servizi postali, di inserire sul sito un numero telefonico contattabile gratuitamente possa essere soddisfatto attraverso la previsione di un sistema di click-to-call il cui accesso sia di semplice utilizzo quanto alla chiamata ad un numero verde pubblicato online.

A diverse conclusioni, viceversa, si dovrebbe giungere ove il sistema di accesso al servizio clienti telefonico fosse configurato in modo farraginoso o il suo utilizzo fosse di non agevole intuizione per un utente poco “digitalizzato”, elementi che AGCom nell’istruttoria impugnata, tuttavia, non ha dimostrato, con conseguenza fondatezza dei dedotti vizi di difetto di motivazione e istruttoria.

Alla luce dei suesposti motivi il ricorso deve essere accolto in relazione ai vizi denunciati nei primi due motivi del ricorso introduttivo e nel primo motivo dell’atto di motivi aggiunti, nei termini appena precisati.

8. L’accoglimento di tali motivi, in quanto satisfattivo dell’interesse di parte ricorrente all’annullamento della sanzione impugnata, giustifica l’assorbimento del terzo motivo e del quinto motivo del ricorso introduttivo, con cui si contestano, rispettivamente, vizi procedimentali e l’entità della sanzione irrogata.

9. Con il quarto motivo di ricorso principale e con il secondo motivo dell’atto di motivi aggiunti, AIT sostiene che il provvedimento sia illegittimo anche nella parte in cui l’Autorità la ha diffidata “dal porre in essere ulteriori comportamenti in violazione degli obblighi inerenti all’autorizzazione generale”.

Tale diffida è stata formulata, secondo quanto si legge nel provvedimento, ai sensi dell’art. 21, commi 7-ter e 7-quater del d.lgs. 261/1999 e dell’art. 12 del “Regolamento in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali”, approvato con delibera n. 129/15/CONS, che regolano gli effetti della reiterazione, nell’arco di un triennio, di violazioni della disciplina sulla fornitura di servizi postali (ai sensi dell’art. 12 del Regolamento titoli, le violazioni idonee a dare luogo a sospensione o revoca dell’autorizzazione generale possono risultare accertate anche “con atto di contestazione qualora il trasgressore si sia avvalso dell’istituto del pagamento in misura ridotta”).

Ad avviso della ricorrente, che ha visto, anche nel corso del presente procedimento, chiudersi alcune delle contestazioni mosse dall’Autorità attraverso il pagamento di un’oblazione (nell’atto di contestazione n. 12/21/DSP erano 3 le violazioni denunciate), la richiamata diffida sarebbe illegittima per contrasto con quanto previsto dall’art. 8-bis della legge n. 689/1981 che espressamente esclude che possa venire in rilievo la figura della reiterazione ove l’operatore economico si avvalga del beneficio dell’oblazione.

Le predette censure si presentano inammissibili in quanto rivolte avverso statuizioni prive di immediata efficacia lesiva. La diffida impugnata, difatti, non determina l’attivazione del procedimento di sospensione o revoca dell’autorizzazione generale ai sensi dell’art. 12 del Regolamento titoli abilitativi, ma si limita a prospettare tale evenienza per la circostanza, futura e incerta, che AIT ponga in essere violazioni della normativa di settore.

10. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso va accolto nei sensi di cui in motivazione.

11. La complessità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, dispone l’annullamento del provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente

Marianna Scali, Referendario, Estensore

Giuseppe Grauso, Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marianna Scali Roberto Politi
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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