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TAR Calabria, sez. Reggio Calabria, 25/1/2024 n. 68
Silenzio, aggiornamento dell'interdittiva antimafia e controllo giudiziario

Va affermato il principio secondo cui, attesa l’autonomia per così dire funzionale, recentemente chiarita dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza del 13 febbraio 2023, n. 7, tra la misura amministrativa dell’interdittiva antimafia e quella giurisdizionale del controllo giudiziario, è illegittimo il silenzio opposto dalla prefettura alla richiesta di riesame della misura amministrativa .

Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 25/01/2024

N. 00068/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00526/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 526 del 2023, proposto dall’impresa individuale di -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Ida Leonardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, domiciliataria ex lege in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;
Prefettura di Reggio Calabria, non costituita in giudizio;

per l’accertamento:

- dell’illegittimità del silenzio serbato sull'istanza di aggiornamento e riesame della documentazione antimafia, presentata dalla Ditta -OMISSIS-, ai sensi dell'art. 91, comma 5, del D.lgs. n. 159/2011, in data 12.9.2022;

- nonché dell'obbligo dell'Amministrazione resistente di concludere il procedimento conseguente all'anzidetta istanza;

e per la condanna:

- dell'Amministrazione resistente all'emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento di aggiornamento e di riesame della documentazione antimafia;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2023 la dott.ssa Roberta Mazzulla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso tempestivamente notificato e depositato, l’impresa individuale ricorrente ha chiesto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalla Prefettura di Reggio Calabria a fronte dell’istanza di revisione della valutazione interdittiva di cui all’informativa antimafia n. 75984 del 30/06/2021 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 8926 del 20.10.2022), presentata in data 12.09.2022 e più volte, invano, sollecitata (nelle date del 4.11.2022, 16.01.2023, 28.03.2023, 22.05.2023, 21.08.2023). Più precisamente, l’amministrazione prefettizia, pur avendo informato l’interessata, giusta nota prot. n. 7241 del 18.01.2023, circa la pendenza dell’istruttoria finalizzata all’aggiornamento della suddetta valutazione interdittiva, non avrebbe concluso il procedimento, in violazione delle disposizioni normative appresso indicate.

Nella premessa in fatto, la ricorrente ha, altresì, rappresentato di avere, parallelamente, chiesto ed ottenuto, in data 9.12.2022, dal Tribunale delle Misure di Prevenzione di Reggio Calabria l’ammissione alla misura del controllo giudiziario di cui all’art. 34 bis D.lgs. n. 159/2011, per la durata di un anno, salvo proroga.

2. Il ricorso risulta affidato ad un unico ed articolato motivo di gravame appresso sintetizzato.

- “I. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 2 E 3 L. N. 241/1990. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 82 E SS. E 92 DEL D.LGS. N. 159/2011. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 24, 41 E 97 COST. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DI LIBERA INIZIATIVA ECONOMICA. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA, PROPORZIONALITÀ, LEALE COOPERAZIONE, BUONA FEDE E BUON ANDAMENTO”;

La mancata definizione del procedimento di riesame dell’interdittiva antimafia n. 75984 del 30/06/2021 si porrebbe in contrasto tanto con le disposizioni generali di cui agli artt. 2 e ss. L. n. 241/90, in tema di doveroso riscontro, da parte dell’amministrazione, delle istanze finalizzate a compulsare l’esercizio del potere amministrativo, quanto con la disciplina di settore di cui al D.lgs. n. 159/2011. In particolare, il silenzio della Prefettura di Reggio Calabria violerebbe le disposizioni normative di cui agli artt. 86 comma 2 e 91 comma 5 citato D.lgs. n. 159/2011, le quali, considerata la natura provvisoria e temporanea della misura interdittiva, avente la validità di dodici mesi (art. 86 comma 2), imporrebbero al Prefetto di evadere la richiesta dell’impresa interdetta finalizzata all’aggiornamento dell'informazione antimafia (art. 91 comma 5), pena la frustrazione di valori costituzionali quali il diritto di difesa, la libertà dell’iniziativa economica privata nonché i principi di efficacia ed imparzialità dell’agere pubblico di cui agli artt. 24, 41 e 97 della Costituzione.

3. Il Ministero dell’Interno, costituitosi con memoria di mera forma, ha prodotto corposa documentazione comprovante l’avvio del procedimento di aggiornamento dell’informativa in discussione nonché i numerosi solleciti alla relativa conclusione, inoltrati nel tempo dall’interessata.

4. È stata, altresì, prodotta la nota prot. n. 33083 del 24.11.2023, con la quale il Dirigente Area I della Prefettura di Reggio Calabria ha comunicato all’impresa ricorrente che “quest’Ufficio provvede alla definizione delle istanze di riesame proposte previa necessaria acquisizione della relazione conclusiva predisposta dal controllore giudiziario nominato dal Tribunale”, con conseguente pretesa impossibilità di definire il procedimento di aggiornamento in atto, considerata la pendenza della misura del controllo giudiziario a carico dell’impresa ricorrente.

4.1 In data 30.11.2023, la ricorrente ha depositato la pec di riscontro alla nota summenzionata, inoltrata in data 29.11.2023. Infine, in data 20.12.2023, il Ministero dell’Interno ha depositato il provvedimento del 13.12.2023, acquisito al protocollo di ingresso della Prefettura n. 136588 del 15.12.2023, con cui il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Misure di Prevenzione, ha prorogato di un ulteriore anno il controllo giudiziario.

5. In occasione dell’udienza del 20.12.2023, fissata per la trattazione della causa nel merito, l’avvocatura erariale ha eccepito l'improcedibilità del ricorso per difetto d'interesse, motivandola in ragione della dichiarata insussistenza, da parte della Prefettura di Reggio Calabria, dell’obbligo di definire l’istanza di riesame fino all'esito della misura di cui all’art. 34 bis cd. Codice antimafia, recentemente prorogata. La difesa della ricorrente ha insistito nell’accoglimento del ricorso.

5.1 All’esito della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Preliminarmente, deve essere scrutinata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, formulata oralmente dalla difesa dell’amministrazione.

Orbene, ove l’eccezione in parola fosse ricollegata alla sopravvenuta adozione della nota prot. n. 33083 del 24.11.2023, rimasta inoppugnata - con la quale il Dirigente Area I della Prefettura di Reggio Calabria ha comunicato all’impresa ricorrente che “quest’Ufficio provvede alla definizione delle istanze di riesame proposte previa necessaria acquisizione della relazione conclusiva predisposta dal controllore giudiziario nominato dal Tribunale” - la stessa sarebbe infondata in considerazione della natura meramente soprassessoria di tale nota.

Ed invero, la Prefettura di Reggio Calabria, lungi dal definire, in senso favorevole o sfavorevole all’istante, la richiesta di aggiornamento dell’interdittiva antimafia n. 75984 del 30/06/2021, avanzata in data 12.09.2022, si è limitata, nella sostanza, ad un non liquet ovvero a rinviare la conclusione del procedimento (pur avviato), ad un evento futuro ed incerto nel quando coincidente con la definizione del controllo giudiziario (che può essere disposto “per un periodo non inferiore a un anno e non superiore a tre anni” e che, in ogni tempo, può essere revocato, secondo quanto previsto dall’art. 34 bis commi 2 e 6 D.lgs. n. 159/2011), a cui la ricorrente è sottoposta fin dal dicembre del 2022, con proroga di un ulteriore anno, per come recentemente deciso dall’A.G. penale.

Ci si trova dunque, innanzi ad un atto soprassessorio, ovvero ad un mero rinvio sine die della conclusione del procedimento - in quanto legato alla futura e non prevedibile epoca di definizione del controllo giudiziario - come tale inidoneo a superare la situazione di inerzia in cui ancora versa la Prefettura di Reggio Calabria, con conseguente procedibilità del gravame (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, II quater, 02/05/2020, n. 4557; sez. I, 13/10/2017, n. 10340; T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 04/05/2018, n. 652).

7. Ove, invece, la difesa erariale, con l’eccezione in parola, abbia voluto sostenere che, a prescindere dall’invio della nota prefettizia sopra indicata, le disposizioni normative di cui al cd. Codice antimafia siano tali inibire alla Prefettura la definizione di un procedimento di riesame ex art. 91 comma 5 citato D.lgs. in caso di sopravvenuta ammissione al controllo giudiziario, l’eccezione in parola sarebbe, comunque, infondata.

Ciò in considerazione dell’autonomia per così dire funzionale, recentemente chiarita dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza del 13/02/2023, n. 7, tra la misura amministrativa dell’interdittiva antimafia e quella giurisdizionale del controllo giudiziario di cui all’art. 34 bis comma 6 citato D.lgs.

Ed invero il controllo giudiziario, pur presupponendo una preesistente valutazione prefettizia circa la sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa che sia stata già assoggettata al vaglio del Tribunale Amministrativo, persegue finalità “dinamiche”, avendo l’obiettivo di assicurare il risanamento dell’impresa, nella peculiare ipotesi in cui l’agevolazione sia occasionale e vi siano, pro futuro, concrete possibilità che l’azienda compia un fruttuoso cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi di controlli e sollecitazioni. Da qui la previsione di cui al comma 7 del citato art. 34 bis secondo cui “Il provvedimento che dispone […] il controllo giudiziario ai sensi del presente articolo sospende […] gli effetti di cui all'articolo 94”. Siffatta sospensione degli effetti dell’incapacità a contrarre, derivanti dall’interdittiva antimafia, è invero intimamente connessa alle finalità del controllo giudiziario, inteso dal Legislatore quale strumento giurisdizionale volto a garantire all’impresa la prosecuzione “assistita” della propria attività, nella prospettiva del superamento della situazione di occasionale agevolazione all’attività della criminalità organizzata.

Viceversa, la misura amministrativa della informativa antimafia di cui all’art. 91 D.lgs. n. 159/2011 «svolge la sua funzione preventiva rispetto alla penetrazione nell’economia delle organizzazioni di stampo mafioso di tipo “statico”, e cioè sulla base di accertamenti di competenza dell’autorità prefettizia rivolti al passato» (così Adunanza Plenaria n. 7/2023).

La valutazione prefettizia circa l’esistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, pur costituendo, in presenza di una agevolazione di natura occasionale, il presupposto per l’attivazione del controllo giudiziario di cui all’art. 34 bis D.lgs. n. 159/2011, persegue finalità diverse che non sono quelle di risanamento dell’impresa interdetta bensì di stretta prevenzione dal rischio di infiltrazione mafiosa.

La stessa Corte di Cassazione penale, richiamata dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria, ha chiarito come “un'infiltrazione connotata da occasionalità non sia finalizzata all'acquisizione di un dato statico - consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente: una mera fotografia del passato - bensì alla argomentata formulazione di un giudizio prognostico circa l'emendabilità della situazione rilevata, connotata da condizionamento e/o agevolazione di soggetti o associazioni criminali, mediante l'intera gamma degli strumenti previsti dall'art. 34-bis" (così Cass. pen., VI, 14 gennaio 2021, n. 1590).

8. Ed è proprio in ragione della natura storico/statica degli elementi che sorreggono la valutazione interdittiva antimafia di cui all’art. 91, che il Legislatore ne ha previsto un meccanismo di necessaria attualizzazione ed aggiornamento, da attivarsi, decorso il periodo di efficacia della misura in questione (un anno), mediante un procedimento che il Prefetto deve avviare d’ufficio, ovvero su input dell’interessata, tutte le volte in cui sopravvengono circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa.

In altri termini, la valutazione “statica” di cui all’interdittiva antimafia, pur occasionando, a determinate condizioni, l’avvio del controllo giudiziario di cui all’art. 34 bis cd. Codice antimafia, viaggia, successivamente, su un binario parallelo e necessita, in ragione tanto della storicità degli elementi alla stessa sottesi quanto del carattere prognostico (cd. criterio del “più probabile che non”) del giudizio espresso, di un doveroso aggiornamento, pena l’indebita compressione dei valori costituzionali di libertà di impresa, con inevitabile frustrazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 42 Cost.

La stessa Corte Costituzionale, con la sentenza del 26.03.2020, n. 57, ha dichiarato la legittimità dell’informativa interdittiva antimafia in una necessaria prospettiva anticipatoria della difesa della legalità - essendo tesa a prevenire, a valle di un giudizio prognostico ed indiziario, possibili sbocchi illegali dell’infiltrazione mafiosa - a condizione che sia garantita l’equilibrata ponderazione dei contrapposti valori costituzionali in gioco, ovvero la libertà di impresa, da un lato, e la tutela dei fondamentali beni che presidiano il principio di legalità sostanziale dall’altro.

Ebbene, uno degli strumenti necessari ad assicurare siffatta equilibrata ponderazione coincide con il “carattere provvisorio della misura”, sancito dall’art. 86 comma 2 D.lgs. n. 159/2011, cui fa da contraltare l’obbligo della Prefettura di provvedere all’aggiornamento degli elementi posti a base della stessa, per come espressamente previsto dal successivo art. 91 comma 5.

Così ha, infatti, chiarito la Corte Costituzionale con la sentenza summenzionata: «È questo il senso della disposizione dell'art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, secondo il quale l'informativa antimafia ha una validità limitata di dodici mesi, cosicché alla scadenza del termine occorre procedere alla verifica della persistenza o meno delle circostanze poste a fondamento dell'interdittiva, con l'effetto, in caso di conclusione positiva, della reiscrizione nell'albo delle imprese artigiane, nella specie, e in generale del recupero dell'impresa al mercato. E va sottolineata al riguardo la necessità di un'applicazione puntuale e sostanziale della norma, per scongiurare il rischio della persistenza di una misura non più giustificata e quindi di un danno realmente irreversibile».

9. Le superiori considerazioni, in punto di procedibilità del ricorso - derivante dalla piena autonomia tra le misure di cui al D.lgs. n. 159/2011 sopra esaminate - consentono nel contempo di apprezzarne la fondatezza, nel merito.

Quanto sopra in continuità con quel costante orientamento giurisprudenziale della Sezione, a cui si rinvia, secondo cui, stante la natura temporanea dell’interdittiva antimafia, espressamente sancita dall’art. 86 comma 2 D.lgs. n. 159/2011, il contegno inerte tenuto dalla Prefettura avuto riguardo ad una richiesta di rinnovazione della valutazione interdittiva viola non soltanto il generale principio di cui all’art. 2 L. n. 241/90 – obbligo della p.a. di provvedere con un provvedimento espresso e motivato a fronte dell’istanza del privato, a ciò legittimato – ma anche la disposizione normativa speciale, in tema di interdittive antimafia, di cui all’art. 91 comma 5 D.lgs. n. 159/2011, a norma della quale il “prefetto, anche sulla documentata richiesta dell'interessato, aggiorna l'esito dell'informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa” ( cfr., tra le tante, T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 3.08.2023, n. 661; 23.09.2022, n. 633);

Sussiste, quindi, un vero e proprio obbligo dell’amministrazione di evadere le istanze di aggiornamento dell’informazione antimafia di segno interdittivo.

Tale obbligo, nel caso in esame, è stato violato.

Ed invero, a fronte della richiesta di aggiornamento della informativa di segno interdittivo del 30/06/2021, avanzata dall’impresa ricorrente in data 12.09.2022, e più volte, invano, sollecitata, la Prefettura di Reggio Calabria, pur avendo avviato il relativo procedimento, non l’ha, allo stato concluso, con conseguente illegittimità dell’inerzia fin qui serbata.

10. Né a legittimare siffatta inerzia può valere, in chiave difensiva, la pretesa pendenza del controllo giudiziario ex art. 34 bis D.lgs. n. 159/2011, disposto a carico della ricorrente ed ancora in atto.

Ciò nella misura in cui, per come sopra già evidenziato, l’attuale pendenza del controllo giudiziario ex art. 34 bis D.lgs. n. 159/2011 a carico dell’impresa ricorrente non è in alcun modo ostativa alla prosecuzione e necessaria definizione del procedimento di revisione attivato, ad istanza della medesima impresa, ma non ancora concluso dalla Prefettura di Reggio Calabria, nonostante le numerose diffide.

Anzi, il rapporto di condizionamento tra il controllo giudiziario ed il procedimento amministrativo di revisione ex art. 91 comma 5 cd. Codice Antimafia, entrambi in itinere nei confronti della ricorrente, muove, semmai, nel senso diametralmente opposto a quello preteso dalla Prefettura di Reggio Calabria.

Se è vero, infatti, per come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 7/2023, che “una decisione di accoglimento del ricorso contro l'interdittiva avrebbe in sé l'effetto di riportare l'impresa alla piena e libera concorrenza, sulla base dell'accertamento che essa non è stata mai interessata da fenomeni di inquinamento mafioso» è altrettanto vero che analogo effetto dovrà ricondursi all’eventuale valutazione liberatoria che la Prefettura di Reggio Calabria dovesse operare a valle del procedimento di riesame attualmente pendente che la stessa, per le ragioni sopra esplicitate, ha l’obbligo di concludere.

11. In conclusione, il ricorso è fondato e, come tale, deve essere accolto, con conseguente declaratoria dell’illegittimità del contegno inerte tenuto dalla Prefettura di Reggio Calabria sull'istanza di aggiornamento della ricorrente avanzata in data 12.09.2022, ai sensi e per gli effetti dell'art. 91, comma 5, D.lgs. n. 159/2011, con conseguenziale ordine, alla medesima Prefettura, di provvedere, in maniera espressa e motivata, sulla istanza in parola, entro il termine di 30 giorni, decorrenti dalla data di notificazione o comunicazione, in via amministrativa, della sentenza. Con espressa e formale avvertenza che, in caso di perdurante inerzia, su richiesta della ricorrente, comprovante l’intervenuta infruttuosa notifica della presente decisione, verrà nominato un Commissario ad acta.

12. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:

- dichiara l'illegittimità del silenzio tenuto dalla Prefettura di Reggio Calabria sull'istanza di aggiornamento dell’informazione antimafia inoltrata dall’impresa ricorrente in data 12.09.2022 e successivamente sollecitata;

- ordina alla Prefettura di Reggio Calabria di provvedere in maniera espressa e motivata sull’istanza in parola, entro il termine di 30 giorni dalla data di notificazione o comunicazione, a cura della Segreteria, della presente sentenza;

- condanna il Ministero dell’Interno al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese di lite, che si liquidano in € 1.000,00, oltre rimborso forfettario, IVA, CPA e rimborso del contributo unificato, come per legge, ove versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità della parte ricorrente.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Caterina Criscenti, Presidente

Roberta Mazzulla, Primo Referendario, Estensore

Agata Gabriella Caudullo, Primo Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberta Mazzulla Caterina Criscenti
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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