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TAR Lazio, sez. IV, 6/2/2024 n. 2255
Sulla legittimità della sanzione inflitta alla Rai per pubblicità occulta ad Instagram durante il festival di Sanremo

È legittima l’applicazione alla Rai della sanzione, da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per pubblicità occulta ad Instagram durante il festival di Sanremo; infatti, non è possibile negare la natura promozionale del messaggio separando l’obiettivo editoriale (aumento del numero dei telespettatori) dall’effetto promozionale - mascherato al pubblico - che ha assicurato sia alla Rai sia al social Instagram una vicendevole utilità, legata alle finalità tipiche della pubblicità televisiva

Fonte: Focus di giurisprudenza e pareri giustizia-amministrativa.it

Materia: servizi pubblici / disciplina
Pubblicato il 06/02/2024

N. 02255/2024 REG.PROV.COLL.

N. 12597/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12597 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Ottavio Grandinetti, Daniele Majori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Codacons, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano, Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73;

per l'annullamento

della delibera n. 125/23/CSP, adottata dall’AGCOM in data 15.6.2023, avente ad oggetto “ordinanza ingiunzione nei confronti di RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. per la violazione delle disposizioni normative contenute negli artt. 43, comma 1, lett. a), d.lgs. 208/21, 48, comma 3, lett. d) del d.lgs. n. 208/21 e 13, comma 3, D.M. 581/93”; di tutti gli altri atti e provvedimenti comunque connessi, presupposti e consequenziali, ivi compresi, ove occorra: l’atto, adottato il 22.3.2023 dal Direttore della Direzione Servizi di Media dell’Autorità, avente ad oggetto la “contestazione alla RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. (fornitore di servizi di media audiovisivo in ambito nazionale “RAI UNO”) per la presunta violazione della disposizione normativa contenuta negli artt. 43, comma 1, lett. a), 48, comma 3, lett. d), del Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 208, e art. 13 del Decreto Ministeriale n. 581 del 9 dicembre 1993”; la delibera AGCOM n. 162/07/CSP dell’8.11.2007; i verbali delle riunioni del Consiglio dell’Autorità tenutesi, rispettivamente, il 22.2.2023 ed il 16.3.2023, nonché i verbali delle sedute della Commissione Servizi, tenutesi tra il 7.2.2023 ed il 22.6.2023: atti impugnati con ricorso principale e motivi aggiunti depositati in data 6.1.2024.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di AGCOM e di Codacons;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2024 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società RAI – Radiotelevisione Italiana S.p.A. ha adito questo Tribunale per ottenere la dichiarazione di nullità, l’annullamento o la disapplicazione della delibera n. 125/23/CSP, adottata dall’AGCOM in data 15.6.2023, avente ad oggetto “ordinanza ingiunzione nei confronti di RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. per la violazione delle disposizioni normative contenute negli artt. 43, comma 1, lett. a), d.lgs. 208/21, 48, comma 3, lett. d) del d.lgs. n. 208/21 e 13, comma 3, D.M. 581/93”; di tutti gli altri atti e provvedimenti comunque connessi, presupposti e consequenziali, ivi compresi, ove occorra: l’atto, adottato il 22.3.2023 dal Direttore della Direzione Servizi di Media dell’Autorità, avente ad oggetto la “contestazione alla RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. (fornitore di servizi di media audiovisivo in ambito nazionale “Rai Uno”) per la presunta violazione della disposizione normativa contenuta negli artt. 43, comma 1, lett. a), 48, comma 3, lett. d), del Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 208, e art. 13 del Decreto Ministeriale n. 581 del 9 dicembre 1993”; la delibera AGCOM n. 162/07/CSP dell’8.11.2007; i verbali delle riunioni del Consiglio dell’Autorità tenutesi, rispettivamente, il 22.2.2023 ed il 16.3.2023, nonché i verbali delle sedute della Commissione Servizi, tenutesi tra il 7.2.2023 ed il 22.6.2023.

La ricorrente ha chiesto, in ogni caso, la revoca della sanzione pecuniaria di € 175.143,00 irrogata con delibera n. 125/23/CSP o, in subordine, la riduzione della predetta sanzione, con conseguente condanna dell’Autorità alla restituzione delle somme pagate dalla Rai, maggiorate della svalutazione e degli interessi legali dal giorno del pagamento sino all’effettiva restituzione.

In sintesi è accaduto: che nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta dall’AGCOM mediante il monitoraggio della programmazione televisiva è stata inoltrata alla Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A., in data 24.2.2023, un’apposita richiesta di documenti e di informazioni (su “accordi di committenza intercorsi tra la società Meta Platform Inc. titolare del social network Instagram, le società Costa Crociere S.p.A., Eni gas e luce S.p.A., Dyson S.r.l. Suzuki Italia S.p.A., Poltronesofà S.p.A. e Assicurazioni generali S.p.A. - produttrici e fornitrici dei beni e dei servizi a marchio Costa Crociere, Plenitude, Dyson, Poltronesofà, Suzuki e Assicurazioni generali - e codesta concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, anche tramite la propria concessionaria di pubblicità Rai Pubblicità S.p.a.”; su “accordi contrattuali di qualsiasi natura tra la Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A. e la sig.ra Chiara Ferragni e il sig. Amedeo Sebastiani, in arte “Amadeus”, che contemplino la partecipazione di questi ultimi” al 73° Festival di Sanremo); che in esito all’esame di tali documenti è stata “accertata, contestata e notificata, in data 22 marzo 2023, la presunta violazione delle disposizioni normative, di cui agli artt. 43, comma 1, lett. a), d.lgs. 208/21, 48, comma 3, lett. d), d.lgs. 208/21 e 13, comma 3, d.m. 581/93 da parte della RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A., fornitore del servizio media audiovisivo in ambito nazionale “RAI UNO”, dal giorno 7 al giorno 11 febbraio 2023, nel corso della messa in onda dei programmi televisivi denominati “73° Festival della Canzone Italiana di Sanremo” e “Sanremo Start””; che, in particolare, è stato contestato che nel corso del 73° Festival “i telespettatori non sono stati chiaramente informati dell’inserimento di prodotti tramite l’apposita identificazione alla ripresa del programma televisivo stesso dopo l’interruzione pubblicitaria, ai sensi dell’art. 48, comma 3, lett. d) d.lgs. 208/2021”, e ciò in 10 episodi specificamente indicati; e che è stata contestata la violazione dell’art. 43, comma 1, lett. a) del d.lgs. 208/2021 e dell’art. 13, comma 3 del DM 581/1993 sul presupposto che nel corso della trasmissione della puntata dei giorni 7, 8 e 9 febbraio 2023 del 73° Festival e del programma “Sanremo Start”, “le reiterate, insistite citazioni verbali e apparizioni visive del servizio e dello specifico profilo Instagram associato a un personaggio reale, conduttore del programma televisivo, hanno integrato la messa in onda di una vera e propria comunicazione commerciale audiovisiva occulta a favore del predetto social network”; che in relazione alle predette contestazioni ed al procedimento aperto da AGCOM, la società Rai S.p.A. ha presentato proprie deduzioni tematicamente diversificate sia riguardo alla prima violazione (sostenendosi, in particolare, che “tutti e 10 gli eventi sono stati trasmessi nel corso del programma, non in continuità con altre forme di comunicazione commerciale o break pubblicitari”: i primi 5 sarebbero da correlare ad iniziative di comunicazione istituzionale realizzate in collaborazione con l’Agenzia Regionale per la promozione turistica “In Liguria” nell’ambito di una convezione stipulata ai sensi della legge 150/2000 e non soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e offerte al pubblico, mentre gli altri 5 sarebbero da correlare alla diffusione delle telepromozioni della società EniPlenitude, già soggette ad un regime di evidenza grafica), sia riguardo alla seconda violazione (sostenendosi, in questo caso, che non sarebbe intervenuta “alcuna intesa con il cliente con denominazione società Meta Platform Inc. titolare del social network Instagram” e che la condotta ritenuta passibile di sanzione quale pubblicità occulta sarebbe in realtà “riconducibile esclusivamente a scelte di natura artistica ed editoriale - come tali incomprimibili e insindacabili - finalizzate al raggiungimento, come effettivamente è avvenuto, di un target di pubblico giovanile fino a quel momento estraneo al Festival”); che tali deduzioni non sono state ritenute idonee ad evitare l’irrogazione della sanzione di €. 175.143,00.

A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:

1°) Incompetenza dell’AGCOM; violazione degli artt. 18 - 22 e 27 e seguenti del d.lgs. 206/2005; dell’art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

La ricorrente ha, in prima battuta, contestato che l’AGCOM avrebbe “sanzionato l’asserita violazione di disposizioni relative a condotte rientranti a pieno titolo nell’ambito delle c.d. pratiche commerciali scorrette (“PCS”), la cui repressione è tuttavia di competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (“AGCM”)”, essendosi trattato, a tutto concedere, di pratiche commerciali scorrette (cfr. pag. 5).

2°) In subordine, violazione dell’Allegato A alla delibera AGCOM n. 410/14/CONS e s.m.i. e dei principi della separazione tra funzioni inquirenti e giudicanti, nonché violazione dell’art. 1, comma 6, lett. b) della legge 249/1997 e dell’art. 34 del Regolamento di organizzazione e funzionamento dell’AGCOM, approvato con delibera 223/12/CONS e s.m.i.; incompetenza; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

La ricorrente ha lamentato, sul piano procedurale, che “il Direttore competente era quello della Direzione Servizi Media e l’organo collegiale avrebbe dovuto essere la Commissione Servizi e Prodotti (“CSP”), come del resto dimostra il fatto che, ad adottare la delibera sanzionatoria, è stata proprio la CSP e non il Consiglio” (cfr. pag. 7).

Ha soggiunto che sulla scorta del verbale del Consiglio di AGCOM del 22.3.2023 si evincerebbe che si sarebbe “aperta addirittura una discussione – del tutto illegittima – in merito alla possibilità o meno di riscontrare presunti illeciti nelle condotte della Rai e, di conseguenza, in ordine all’opportunità o meno di notificare un atto di accertamento e di contestazione con contestuale apertura del procedimento sanzionatorio” (cfr. pag. 8).

3°) In via ulteriormente subordinata, violazione dell’art. 3, lett. oo), pp), qq), tt), vv) e degli artt. 43 e 44 del d.lgs. 208/2021, dell’art. 1 della legge 150/2000, dell’art. 5 dell’Allegato A alla delibera AGCOM n. 538/01/CSP; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

Con specifico richiamo alla violazione dell’art. 43, comma 1, lett. a) del d.lgs. 208/2021 e dell’art. 13, comma 3 del DM 581/1993, relativa ai dieci episodi contestati, la ricorrente ha posto in rilievo che la “definizione normativa di «interruzione pubblicitaria» è insuscettibile di un’interpretazione (analogica o anche solo estensiva) che conduca ad applicare la nozione a tipologie di comunicazioni commerciali audiovisive diverse dalla «pubblicità televisiva» di cui all’art. 3, lett. pp), del TUSMA o dalle «televendite» di cui alla successiva lett. tt)” (cfr. pag. 12), sottolineandosi che l’attività promozionale che ha interessato la Regione Liguria, assunta quale manifestazione pubblicitaria sanzionata, non sarebbe ascrivibile nel novero delle fattispecie soggette all’obbligo di evidenza grafica, né afferirebbe ad un’attività economica, trattandosi, piuttosto, di attività di informazione e di comunicazione istituzionale (cfr. pag. 13).

4°) Sempre in via subordinata, violazione degli artt. 14 e 18 della legge 689/1981 e del diritto di difesa; degli artt. 21 e 41 della Costituzione; degli artt. 3, lett. uu) e vv), 43 del d.lgs. 208/2021; dell’art. 13 del DM 581/1993; dell’art. 3, comma 3, lett. b), del contratto di servizio 2018-2022; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

Con riferimento, invece, alle citazioni verbali e apparizioni visive del profilo Instagram associato al conduttore del Festival, la ricorrente ha censurato le genericità e, in ogni caso, l’irrilevanza delle condotte poste a fondamento delle contestazioni, laddove, all’opposto, uno degli obiettivi della manifestazione sarebbe stata l’esigenza di promuovere in termini generali un aggiornamento tecnologico della manifestazione canora.

L’assenza di finalità promozionale, inoltre, sarebbe comprovata dalla circostanza che, da parte della RAI, “non risultino investimenti pubblicitari per promozionare il marchio Instagram per il periodo 2019 – gennaio 2023 sui mezzi di cui al c.d. perimetro FCP- Federazione Concessionarie Pubblicità (ossia: TV, radio, stampa, out-of-home, Internet)” (cfr. pag. 19); oltre che dal fatto che “i toni delle frasi contestate, lungi dal riprendere moduli tipici della promozione pubblicitaria, sono invece stati quelli di una kermesse canora di carattere nazional-popolare, tipico del Festival di Sanremo. Toni caratterizzati da velocità, dialoghi serrati, allegri e ricchi di battute, in armonia col momento leggero della trasmissione, che “strizzano l’occhio” al linguaggio giovanile, ma non certo finalizzati a veicolare messaggi promozionali in favore di Instagram” (cfr. pag. 20).

5°) Sempre in via subordinata, violazione degli artt. 14 e 18 della legge 689/1981 e del diritto di difesa; del d.lgs. 205/2006; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

In continuità con il precedente motivo, la ricorrente ha dedotto che “un profilo personale su un social non è un “prodotto” da vendere ai consumatori, né questi ultimi “acquistano” alcunché dal titolare del profilo, prova ne sia che – com’è notorio – vi è una grande infinità di profili e pagine social di cui sono titolari singoli ed associazioni per nulla impegnati in attività commerciali. Lo sfruttamento commerciale del profilo di un personaggio famoso è soltanto una delle innumerevoli possibilità a disposizione del titolare del profilo, alla stessa stregua della mera potenzialità di sfruttare la propria notorietà per fare da testimonial ad un determinato prodotto” (cfr. pag. 24).

6°) In via ancor più gradata, violazione dell’art. 3 della legge 689/1981 e della tutela dell’affidamento; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

Con tale motivo la ricorrente ha, poi, contestato l’assenza dell’elemento psicologico, e ciò in ragione del fatto che l’avviso “è stato inserito ben 54 volte dopo tutti i veri break pubblicitari, con una media di 11 avvisi a puntata, ragion per cui, da un lato l’omissione dell’avviso in occasione delle Cartoline Regione Liguria, nel descritto contesto, non poteva avere la finalità (e tantomeno l’effetto) di indurre in confusione i telespettatori e, dall’altro lato, questi ultimi erano ben consapevoli della presenza di product placement all’interno del Festival” (cfr. pag. 25).

7°) In estremo subordine, violazione degli artt. 8 e 11 della legge 689/1981; della delibera AGCOM n. 265/15/CONS; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

La ricorrente ha, infine, contestato la quantificazione delle sanzioni secondo il “minimo edittale previsto per la singola violazione moltiplicata per n. cinque giornate di programmazione televisiva (n. 5) secondo il principio del cumulo materiale delle sanzioni”; mentre, per la violazione afferente alla pubblicità occulta in favore di Instagram, la ricorrente ha lamentato che “l’Autorità – pur applicando correttamente il cumulo giuridico – ha fissato la sanzione “base” in € 41.316,00 (pari a quattro volte il minimo edittale) maggiorandolo, poi, addirittura del 300%” (cfr. pag. 29), ma in violazione dell’art. 11 della legge 689/1981, dal momento che “per rispettare le proprie Linee guida, l’Autorità avrebbe dovuto esaminare qual era l’esatto importo della perdita rilevabile dal bilancio e specificamente motivare in merito all’irrilevanza di tale perdita al fine di conservare alla sanzione il suo carattere di giusta (nel senso di proporzionata) afflittività, mentre nella delibera tale motivazione manca del tutto” (cfr. pag. 31).

In data 29.9.2023 la ricorrente ha proposto istanza ai sensi dell’art. 116, comma 2 c.p.a., esponendo di aver presentato in data 31.7.2023 un’istanza di accesso difensivo finalizzata ad ottenere l’ostensione di atti e documenti relativi al procedimento conclusosi con l’applicazione dell’ordinanza-ingiunzione oggetto del contendere; un’istanza che sarebbe stata accolta parzialmente, nel senso che “l’Autorità non ha inviato alla Rai il verbale della riunione della Commissione per i servizi e prodotti dell’Autorità del 15 giugno 2023, seduta in cui, come risulta dalle premesse dalla Delibera sanzionatoria, è stato adottato lo stesso provvedimento, né, invero, alcun altro dei richiesti verbali delle sedute della Commissione per i servizi e prodotti tenutesi tra il 7.2.2023 ed il 22.6.2023”, oltre al fatto che il verbale del 22.2.2023 non sarebbe stato reso disponibile in versione integrale (cfr. pag. 3).

Ha, quindi, dedotto i seguenti motivi:

1° motivo accesso) violazione degli artt. 3, 10, comma 1, lett. a), e 24, comma 7 della legge 241/1990; dell’art. 24 della Costituzione e dell’art. 9, comma 1 del DPR 184/2006; eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti, manifesta illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione.

La ricorrente ha sottolineato la strumentalità del richiesto accesso all’esercizio delle proprie prerogative difensive.

2° motivo accesso) Violazione degli artt. 1, 9, 10, 22 e 24 della legge 241/1990; degli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione; dell’art. 6, par. 1, CEDU; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di presupposto, manifesta illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione.

La ricorrente ha stigmatizzato l’assenza di elementi che avrebbero potuto astrattamente giustificare la preclusione ostensiva, richiamando la prevalenza del diritto costituzionale di difesa in giudizio avverso un provvedimento che ha già disposto l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

Si è costituito in giudizio (9.10.2023) il Coordinamento di Associazioni per la Tutela dell’Ambiente e dei Diritti di Utenti e Consumatori (Codacons), chiedendo il rigetto del ricorso, nonché l’AGCOM (12.10.2023).

In vista dell’udienza in Camera di Consiglio del 6 dicembre 2023:

- l’AGCOM ha depositato una memoria (17.11.2023), nella quale ha opposto che in data 17.4.2023 era stata presentata una prima istanza di accesso, il cui soddisfacimento l’Autorità ha ritenuto di differire ai sensi dell’art. 18, comma 1 del regolamento di cui alla delibera 383/17/CONS, in ragione della sussistenza di “una oggettiva necessità di salvaguardia delle esigenze di riservatezza dell’Autorità in relazione a documenti la cui conoscenza potrebbe compromettere l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa”; ha, però, eccepito che successivamente alla (seconda) istanza del 31.7.2023 “tutti i verbali degli organi collegiali, trasmessi alla Rai, sono stati messi a disposizione in forma integrale con la sola omissione delle parti concernenti soggetti terzi e con l’anonimizzazione dei dati personali riferiti ai soggetti presenti alle sedute in questione” (cfr. pag. 4);

- la ricorrente RAI, nella memoria depositata il 20.11.2023, ha dato atto dell’ostensione della documentazione oggetto di accesso, rimarcando, tuttavia, che permarrebbe l’interesse relativamente al resoconto/verbale della riunione del Consiglio tenutasi il 3.5.2023 ed al “testo senza omissis (…) del resoconto/verbale della riunione del Consiglio in data 22.2.2023” (cfr. pag. 3).

Nelle memorie di replica depositate in data 20.11.2023 il Codacons ha chiesto l’accoglimento dell’istanza ai sensi dell’art. 116, comma 2 c.p.a; la ricorrente ha insistito nelle proprie conclusioni e l’Autorità resistente ha ribadito che “il verbale al quale la Rai chiede di accedere ha una funzione meramente notarile e attesta unicamente, in assenza di una decisione assunta dal Consiglio, che nella seduta in rilievo è stata sottoposta all’attenzione dell’organo collegiale la relazione della Direzione competente, che informa sull’andamento del procedimento e della quale, peraltro, è stata anche data integrale ostensione” (cfr. pag. 2).

In esito all’udienza in Camera di Consiglio del 6 dicembre 2023 il Collegio ha emesso l’ordinanza collegiale n. 18732 dell’11 dicembre 2023, nella quale si è rilevato che “in ragione del fatto che il difensore della ricorrente ha comunicato di aver notificato ricorso per motivi aggiunti in procinto di essere depositato, è da ritenere a fortiori prevalente l’interesse – evidenziato dalla predetta plenaria – di assicurare celerità allo svolgimento del processo” e, pertanto, la decisione sull'istanza proposta ai sensi dell’art. 116, comma 2 c.p.a. è stata differita – in applicazione delle statuizioni dell’Adunanza plenaria n. 1 del 24 gennaio 2023 – al “momento di adozione della sentenza, qualora ritenga che quella documentazione non risulti necessaria ai fini della definizione del giudizio”.

Con motivi aggiunti depositati in data 6.12.2023 la ricorrente ha dedotto ulteriori motivi, segnatamente:

8°) violazione dell’Allegato A alla delibera AGCOM n. 410/14/CONS e s.m.i. e dei principi della separazione tra funzioni inquirenti e giudicanti, nonché violazione dell’art. 1, comma 6, lett. b) della legge 249/1997 e dell’art. 34 del Regolamento di organizzazione e funzionamento dell’AGCOM, approvato con delibera 223/12/CONS e s.m.i.; incompetenza; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

La ricorrente, in linea con quanto dedotto nel secondo motivo del ricorso principale, ha rimarcato che “dal verbale della riunione del Consiglio tenutasi in data 22.2.2023 (…) è agevole verificare come, ancor prima prendere in autonomia la decisione di accertare e contestare alla Rai presunti illeciti, non soltanto il Direttore competente ha riferito gli esiti della preistruttoria al Consiglio, ma tra i membri dell’organo collegiale plenario (cui partecipano tutti i componenti, indipendentemente dalla loro appartenenza alla CSP oppure alla Commissione Infrastrutture e Reti – “CIR”) si è aperta addirittura una discussione – del tutto illegittima – in merito alla possibilità o meno di riscontrare presunti illeciti nelle condotte della Rai e, di conseguenza, in ordine all’opportunità o meno di notificare un atto di accertamento e di contestazione con contestuale apertura del procedimento sanzionatorio” (cfr. pag. 7); ha, quindi, lamentato che vi sarebbe stata “una continua interferenza del Consiglio sulle determinazioni che avrebbero dovute essere prese dalla DSM” (cfr. pag. 8) e che la competenza del Consiglio sarebbe prevista soltanto per “questioni di carattere interdisciplinare o d’indirizzo generale” (cfr. pag. 12): un ingerenza che si sarebbe manifestata “al punto che la relazione del caso è stata svolta in sede di Consiglio e che, sempre in sede di Consiglio, sono stati decisi gli aspetti relativi all’an della sanzione; laddove nella CSP si sono discussi solo alcuni aspetti relativi al quantum, per giunta sempre richiamando gli indirizzi emersi nel Consiglio anche a questo proposito” (cfr. pag. 15).

9°) Violazione dell’art. 3, lett. oo), pp), qq), tt), vv) e degli artt. 43 e 44 del d.lgs. 208/2021, dell’art. 1 della legge 150/2000, dell’art. 5 dell’Allegato A alla delibera AGCOM n. 538/01/CSP; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

In linea, questa volta, con quanto dedotto nel terzo motivo del ricorso principale, si è dedotto che “nel corso della discussione che ha portato all’adozione della Delibera sanzionatoria i componenti del Consiglio hanno discusso del fatto (ben diverso) che, in occasione della messa in onda delle Cartoline Regione Liguria, «non c’è stato scritto che era pubblicità», obbligo peraltro previsto (ma per la «pubblicità commerciale», non per i messaggi di comunicazione istituzionale ai sensi della l. n. 150/2000) dall’art. 44, co. 1, del TUSMA e finalizzato a rendere riconoscibile agli spettatori, che l’interruzione del programma contiene pubblicità commerciale” (cfr. pag. 16).

10°) Violazione degli artt. 14 e 18 della legge 689/1981 e del diritto di difesa; degli artt. 21 e 41 della Costituzione; degli artt. 3, lett. uu) e vv), 43 del d.lgs. 208/2021; dell’art. 13 del DM 581/1993; dell’art. 3, comma 3, lett. b), del contratto di servizio 2018-2022; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

La ricorrente, in linea con quanto dedotto nel quarto motivo del ricorso principale, ha contestato “che il vantaggio economico/compenso, affinché possa rilevare ai fini della configurazione di una fattispecie di pubblicità occulta, deve pervenire alla Rai dal presunto beneficiario della pubblicità occulta (l’inserzionista occulto)”; e che “eventuali vantaggi economici per Amadeus o per la Ferragni sono irrilevanti al fine dimostrare l’esistenza di un vantaggio economico/compenso per la Rai e, dall’altro lato, un vantaggio economico generato dalla Rai in suo favore non integra un compenso dell’inserzionista occulto, poiché la Rai non può essere al contempo il mezzo di diffusione e l’inserzionista” (cfr. pag. 20 – 21).

11°) Violazione dell’art. 3 della legge 689/1981 e della tutela dell’affidamento; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

Con tale motivo è stato sostanzialmente riprodotto il sesto motivo del ricorso principale.

12°) Violazione degli artt. 8 e 11 della legge 689/1981; della delibera AGCOM n. 265/15/CONS; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

Con tale motivo la ricorrente ha riprodotto le deduzioni oggetto del settimo motivo del ricorso principale.

In vista della discussione del ricorso nel merito, fissata per il 31 gennaio 2024, le parti hanno depositato le rispettive memorie e repliche.

In particolare, l’AGCOM, nella memoria depositata il 15.1.2024, ha eccepito che il Consiglio avrebbe esercitato le proprie prerogative di indirizzo e controllo dell’attività amministrativa e che, comunque, “il provvedimento sanzionatorio, oggetto di impugnazione, è stato correttamente adottato dalla CSP ai sensi dell’art. 1, comma 6, lett. b), della legge n. 249/1997 e dell’art. 40 del ROF” (cfr. pag. 11); che “ai fini dell’accertamento di una comunicazione commerciale occulta, non occorre la prova documentale del rapporto di committenza intervenuto tra il beneficiario della comunicazione promozionale e il fornitore del servizio di media audiovisivo, né la presenza di elementi estrinseci alla comunicazione commerciale (quali e-mail, corrispondenza varia, etc.) acquisiti in sede istruttoria, dovendosi riscontrare gli indizi gravi, precisi e concordanti nel “contenuto della comunicazione”, nel “tono del messaggio” e nel “contesto generale” in cui questo è inserito” (cfr. pag. 16); che “le reiterate citazioni ed esibizioni visive di Instagram hanno senz’altro rafforzato la “pericolosità” del messaggio pubblicitario, in quanto finiscono coll’attenuare le difese del telespettatore che, non percependo in modo immediato lo scopo promozionale della comunicazione trasmessa, non è messo in condizione di reagire criticamente all’azione persuasiva pubblicitaria” (cfr. pag. 21).

A tale memoria ha replicato la RAI in data 19.1.2024; altra replica è stata depositata in pari data da Codacons, il quale ha eccepito che la sanzione irrogata alla RAI e, pertanto, “la cifra che è chiamata ad impegnare la concessionaria RAI è il frutto di una condotta posta in essere dal Conduttore Amadeus e dell’influencer Chiara Ferragni, autori dell’illecito. È dovere della Rai evitare che la sanzione ricada di fatto sugli utenti, dovendo agire nei confronti di chi ha posto in essere l’illecito e che – questa volta si in via mediata e fermo restando quanto sopra – ha posto in essere una condotta per lo stesso “remunerativa””.

All’udienza pubblica del 31 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, va respinta la domanda, formulata dal Codacons e dichiarata a verbale nel corso dell’udienza di discussione finale, volta ad ottenere l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti (il riferimento sarebbe ai conduttori dell’evento canoro) che potrebbero essere potenzialmente responsabili delle condotte materiali che hanno sostanziato la pubblicità occulta in favore del social Instagram e, per tale ragione, evocabili in giudizio dalla società ricorrente in caso di rigetto del ricorso o, inoltre, sanzionabili dall’AGCOM in distinti procedimenti.

La prospettazione posta a fondamento di tale domanda, infatti, sottende quale prodromo una sorta di pronuncia in prevenzione da parte del Collegio, per giunta travalicando l’oggetto del procedimento sanzionatorio, avente ad oggetto la contestazione di condotte nei soli confronti della società RAI S.p.A., quale fornitore del servizio di media audiovisivo in ambito nazionale “Rai Uno”: non invece nei confronti dei professionisti da questa reclutati per la conduzione del festival né, tantomeno, della società di gestione di Instagram, impregiudicate restando eventuali iniziative che, però, non rientrano nel tema del decidere; né, ancora, la cognizione può ammettersi in merito ai poteri esercitabili dall’Autorità resistente nei confronti dei predetti conduttori o della predetta società di gestione, e ciò in ragione del chiaro disposto di cui all’art. 34, comma 2 c.p.a. (“in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”).

Tanto premesso, il ricorso è parzialmente fondato, nei sensi e nei limiti espressi in motivazione.

Non coglie nel segno il primo motivo, con cui è stata dedotta l’incompetenza dell’AGCOM.

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 11 maggio 2012, n. 11 (e successive sentenze da 12 a 16 del 2012) ha stabilito l’incompetenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ad applicare la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette (artt. 21 e seguenti del d.lgs. 205/2006, c.d. codice del consumo) nei settori in cui la tutela del consumatore è attribuita ad un’autorità regolamentare, secondo lo schema della c.d. specialità “per settori”.

Nella presente fattispecie, invece, è stata contestata la violazione di puntuali e tipizzati obblighi informativi, ossia che “le comunicazioni commerciali audiovisive devono essere prontamente riconoscibili come tali e sono proibite le comunicazioni commerciali audiovisive occulte” (art. 43, comma 1, lett. a), rubricato “principi generali in materia di comunicazioni commerciali audiovisive e radiofoniche”, del d.lgs. 208/2021); che “i telespettatori sono chiaramente informati dell'inserimento di prodotti tramite apposita identificazione all'inizio e alla fine della trasmissione e quando il programma riprende dopo un'interruzione pubblicitaria, per evitare ogni possibile confusione da parte del telespettatore” (art. 48, comma 3, lett. d), rubricato “inserimento di prodotti”, del d.lgs. 208/2021); e che “le telepromozioni devono essere riconoscibili come tali ed essere distinte dal resto del programma mediante la scritta “messaggio promozionale” per tutta la loro durata” (art. 13, comma 3, rubricato “norma in materia di comunicazioni promozionali”, del DM 581/1993).

Non vi è dubbio, pertanto, che nella specie ha trovato applicazione una disciplina (l’attuazione della direttiva (UE) 2018/1808, trasfusa nel “testo unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato”) che si riferisce ad una tutela settoriale e speciale, perfettamente corrispondente a quella disciplinata dalla legge 249/1997, vale a dire la normativa che ha istituito l’AGCOM, la quale, per il tramite della commissione per i servizi e per i prodotti, non a caso “garantisce l’applicazione delle disposizioni vigenti sulla (…) pubblicità” (art. 1, comma 6, lett. b, n. 9): una previsione che trova compendio nell’art. 67 del d.lgs. 208/2021 (rubricato “sanzioni di competenza dell’Autorità”), in cui si prevede che “l’Autorità applica, secondo le procedure stabilite con proprio regolamento, in base a principi di proporzionalità, adeguatezza e rispetto del contraddittorio, le sanzioni per la violazione degli obblighi in materia di programmazione, pubblicità e contenuti radiotelevisivi, ed in particolare quelli previsti: (…) c) dalle disposizioni sulle comunicazioni commerciali audiovisive, pubblicità televisiva e radiofonica, sponsorizzazioni, televendite ed inserimento di prodotti”.

Di converso, l’ambito di intervento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) è identificato, nell’art. 1 della legge 287/1991, nella “tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica” per fronteggiare le intese restrittive della libertà di concorrenza, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni di imprese.

Pertanto, non si pone neppure la questione – vivamente dibattuta tra le parti in occasione della discussione finale, secondo posizioni e argomentazioni diametralmente opposte – sottesa all’esclusione della competenza dell’AGCOM, in favore della competenza dell’AGCM, per un presunto contrasto tra la disciplina settoriale in tema di pubblicità e le norme generali in materia consumeristica, non potendosi, infatti, ravvisare alcuna sovrapposizione e, dunque, rendersi necessaria l’applicazione del principio di prevalenza, dal momento che nel presente giudizio è incontestato che si controverte intorno alla rilevata violazione della disciplina che impone la trasparenza e la riconoscibilità del messaggio pubblicitario.

Pertanto, l’evocazione, nel ricorso, di “condotte rientranti a pieno titolo nell’ambito delle c.d. pratiche commerciali scorrette” (cfr. pag. 5), e non piuttosto nel regime (più propriamente) di regolazione pubblicitaria, ha perseguito l’intendimento di confutare – con sagacia processuale, ma infondatamente – l’esistenza delle disposizioni attributive ad AGCOM del potere di provvedere; ma riesce difficile immaginare che, nell’astratta e puramente teorica ipotesi in cui a sanzionare la condotta della RAI fosse stata l’AGCM, la ricorrente si sarebbe astenuta dal contestare tale competenza per sostenere – in tal caso – che le prerogative di intervento fossero ascrivibili ad AGCOM.

Parimenti infondato è il secondo motivo (nonché, in parte, l’ottavo motivo, proposto con motivi aggiunti), risultando espressamente indicato, nel preambolo della deliberazione impugnata, che l’Autorità ha provveduto nella “riunione della Commissione per i servizi e i prodotti del 15 giugno 2023”, cioè dell’organo collegiale dell’Autorità (art. 1, comma 3 della legge 249/1997) al quale sono attribuite varie funzioni, tra le quali quella di effettuare “il monitoraggio delle trasmissioni televisive, anche avvalendosi degli ispettori territoriali del Ministero delle comunicazioni” (art. 1, comma 6, n. 13), cui logicamente pertiene l’apertura di procedimenti finalizzati all’irrogazione di eventuali sanzioni.

Tale funzione è, ancor meglio, esplicitata nell’art. 12 bis, comma 1, della deliberazione n. 434/22/CONS del 14.12.2022 (“modifiche al regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”), in cui è previsto che “salva la competenza degli Organi collegiali ad adottare gli atti previsti dalla legge e dai regolamenti, spettano ai predetti Organi l’indirizzo e il controllo dell’attività amministrativa”.

Un’analisi oggettiva del contenuto del verbale del 15.6.2023 del Consiglio, del resto, smentisce qualsiasi iniziativa officiosa del medesimo Consiglio, né può cogliersi una sostanza decisoria nelle (autonome) opinioni dei componenti, né, tantomeno, nella dialettica riconducibile alle posizioni espresse dal presidente e dagli altri commissari.

Più semplicemente, nell’ambito di una (mera) “informativa al Consiglio su argomento CSP in merito al procedimento sanzionatorio avviato nei confronti della RAI -Radiotelevisione Italiana per la violazione delle disposizioni normative contenute negli arti. 43, comma 1, lett. a), 48, comma 3, lett. cl), del d.lgs. n. 208/21 e 13, comma 3, del D.M. n. 581/93”, il presidente ha evidenziato di volersi avvalere “di una facoltà consentita dal Regolamento di investire il Consiglio al fine di ottenerne indirizzi in relazione a una questione che è di competenza della CSP. Tuttavia, anche guardando i precedenti, ci sono diversi precedenti sul punto come mi ha debitamente illustrato la Segretaria generale. Proprio perché è un tema su cui il Consiglio aveva discusso unitariamente, ho ritenuto che vi dovesse essere un'informativa preventiva al Consiglio su questo tema. Tra l'altro, proprio per una questione di economia dei lavori, mi pare che, anche per approfittare della presenza del direttore, il punto 23 contiene "Segnalazioni relative all'esibizione del cantante Blanco durante la prima serata del Festival di Sanremo", trattandosi di tutte le questioni connesse con il Festival di Sanremo potremmo esaminarle, se siete d'accordo, congiuntamente” (cfr. verbale del Consiglio del 15.6.2023, pag. 7).

E, sempre nel verbale del 15.6.2023 (cfr. pag. 14), lo stesso presidente ha evidenziato che “qui si tratta di consultare il Consiglio al fine di acquisirne eventuali orientamenti. Poi, ci sono degli orientamenti del Consiglio che è una condivisione di discussione, ma la decisione poi è e resta, come da ripartizione di competenze che è stabilita dalla legge istitutiva e poi integrata da ROF, integralmente della CSP”, acronimo della Commissione per i servizi e i prodotti: il che – a scanso di possibili distorsioni interpretative e a chiarimento di possibili equivoci – trova corrispondenza nella delibera impugnata, che ha come estremi “delibera n. 125/23/CSP” e non, come singolarmente indicato dalla ricorrente nell’epigrafe del ricorso (e, persistentemente, nei motivi aggiunti), “delibera n. 125/23/CONS”.

È, pertanto, rimasta garantita la separazione tra la funzione di indirizzo del Consiglio e le funzioni dispositive della Commissione, così come è stata osservata la disciplina sulla rituale contestazione operata in data 22.3.2023 da parte del Direttore servizi media.

Senza contare, comunque, che ai sensi dell’allegato A alla delibera n. 451/20/CONS “l’Autorità esercita il potere sanzionatorio d’ufficio” (art. 3, comma 1) e che “gli uffici acquisiscono ogni elemento necessario ai fini di un eventuale avvio di procedimento sanzionatorio, anche attraverso ispezioni, richieste di informazioni e documenti, audizioni, indagini conoscitive, istanze e segnalazioni” (art. 3, comma 2).

Dunque, è da respingere l’assunto secondo il quale l’Autorità sarebbe (addirittura) priva di un adeguato potere sanzionatorio: una prerogativa che, del resto, è ascritta a ciascuna Autorità amministrativa indipendente dall’art. 2, comma 20 della legge 481/1995 (in cui, appunto, è previsto che ciascuna autorità “irroga, salvo che il fatto costituisca reato, in caso di inosservanza dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio, alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri, sanzioni amministrative pecuniarie non inferiori nel minimo a euro 2.500 e non superiori nel massimo a lire 300 miliardi”).

È, invece, fondato il terzo motivo (nonché il nono motivo), con cui è stata censurata l’irrogazione della sanzione per violazione dell’art. 48, comma 3, lett. d) del d.lgs. 208/2021 relativamente al mancato inserimento dell’evidenza grafica pubblicitaria in 10 episodi complessivi, 5 dei quali riguardanti le “cartoline” per la promozione della Regione Liguria, oggetto di effettiva sanzione (mentre per i restanti 5 episodi, correlati alla telepromozione “EniPlenitude”, non è stata irrogata alcuna sanzione).

Ritiene il Collegio che, relativamente alla contestazione circa la promozione – ritenuta illegittima – della Regione Liguria, il motivo debba essere accolto.

L’Autorità resistente ha evidenziato, nell’impugnata deliberazione, che “quantunque l’attività di informazione e di comunicazione istituzionale oggetto di esame non dia luogo, di per sé, a una vera e propria comunicazione commerciale e, in specie, a pubblicità televisiva, tuttavia, non può non ritenersi che sia soggetta all’applicazione della disciplina contenuta nell’art. 48, comma 3, lett. d), d.lgs. 208/21”.

Tale conclusione è stata ancorata all’applicazione dell’art. 5 della deliberazione n. 538/01/CSP del 27.7.2021, recante “regolamento in materia di pubblicità televisiva e di televendite”, in cui si è previsto che “fermi restando i limiti di affollamento previsti ai sensi della normativa vigente, le autopromozioni e le attività di informazione e di comunicazione istituzionale di cui alla legge 7 giugno 2000, n. 150, compresi i messaggi di utilità sociale e di pubblico interesse, non sono computati nei limiti di affollamento”.

Ma nella motivazione che ha riguardato il rilievo promozionale sanzionato non risultano essere stati esplicitati gli elementi che fonderebbero una condotta della RAI in contrasto con il predetto art. 48 del d.lgs. 208/2021; né, tantomeno, sulla base del richiamo alla previsione della sopra citata deliberazione n. 538/2001 è possibile avallare un’interpretazione sostanzialmente abrogatrice della norma primaria di cui all’art. 1, comma 6 della legge 150/2000 (“Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”), in cui è previsto che “le attività di informazione e di comunicazione istituzionale di cui alla presente legge non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e offerte al pubblico”.

Ciò comporta l’annullamento della sanzione di €. 51.645,00.

Sono, invece, da respingere il quarto, quinto, sesto e settimo motivo (ed i corrispondenti richiami nel decimo, undicesimo e dodicesimo, proposti con i motivi aggiunti e aventi carattere sostanzialmente riproduttivo di quelli proposti con il ricorso principale), relativi alla contestata violazione dell’art. 43, comma 1, lett. a) del d.lgs. 208/2021 e dell’art. 13, comma 3 del DM 581/1993, connotati da affinità tematica e, per questo, esaminabili in modo congiunto.

Il procedimento avviato dall’Autorità ha mirato ad “accertare la natura commerciale della comunicazione e, in specie, di telepromozione”, cioè “la presenza di uno scopo promozionale, di per sé incompatibile con finalità informative o d’intrattenimento”.

Tale verifica ha implicato la ricerca di una “prova indiretta fondata su elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, dai quali possa desumersi la natura promozionale della comunicazione commerciale audiovisiva”.

Nella specie, sulla base della documentazione in atti non risulta contestato, ai sensi dell’art. 64, commi 2 e 4 c.p.a.:

a) che non è stato stipulato, in ordine allo svolgimento del Festival di Sanremo, alcun accordo commerciale tra la RAI e la società di gestione del social Instagram;

b) che non è stato stipulato, in ordine allo svolgimento del Festival di Sanremo, alcun accordo commerciale tra Chiara Ferragni e la società di gestione del social Instagram;

c) che non è stato stipulato, in ordine allo svolgimento del Festival di Sanremo, alcun accordo commerciale tra il conduttore Amadeus e la società di gestione del social Instagram.

Nondimeno, il procedimento controverso ha inteso analizzare “la riconoscibilità del messaggio promozionale”, dunque ad “accertare se il fornitore del servizio di media audiovisivo abbia effettivamente adottato tutti gli accorgimenti necessari a consentire ai telespettatori di distinguere agevolmente tale comunicazione commerciale dal contenuto editoriale”.

Tali incombenti, nella specie, sono stati espletati dall’AGCOM e, in esito alla relativa istruttoria, la ricorrente è stata posta nelle condizioni di pienamente esercitare le proprie prerogative di partecipazione all’istruttoria e di poter contraddire sulle risultanze delle verifiche condotte dall’Autorità, sfociate nell’atto di contestazione impugnato in via presupposta alla deliberazione n. 125/2023.

Cosicché, sono infondati i rilievi formulati in merito alla legittimità procedimentale che ha condotto all’irrogazione delle sanzioni.

La natura promozionale del messaggio è stata contestata dalla ricorrente, secondo la quale la scelta di eleggere Instagram – e nessun altro social – a strumento di moltiplicazione del numero di telespettatori (il predetto social, nel corso dell’audizione del 30.5.2023 è stato, infatti, definito “il più efficace tra quelli selezionati (es. Facebook e Twitter) per raggiungere il target obiettivo dei 15-24enni”) sarebbe stata avulsa da un fine (o da una ricaduta di carattere) pubblicitario, iscrivendosi, tale opzione, nel più generale obiettivo – che, per paradosso, sarebbe stato evidenziato, a dire della ricorrente, dai vertici di AGCOM nel corso di un’audizione innanzi alla Commissione parlamentare di indirizzo e di vigilanza sulla Rai in data 1.8.2023 – di “aggiornare la missione di servizio pubblico nel nuovo contesto digitale”, in particolare “avvicinando il pubblico più anziano ai nuovi strumenti tecnologici, e abituandolo alle nuove modalità di fruizione del prodotto televisivo”.

La scelta di eleggere Instagram, in sostanza, avrebbe risposto ad un obiettivo squisitamente editoriale (l’ampliamento della platea degli spettatori) e privo di finalità, direttamente o indirettamente, commerciali.

Ad avviso del Collegio, tuttavia, la strategia editoriale rimarcata dalla ricorrente nell’audizione procedimentale del 30.5.2023 (ossia la c.d. strategia cross, “diretta ad ampliare la platea dei telespettatori del programma televisivo del Festival di Sanremo anche all’ambiente digital e a quelle porzioni di pubblico che non fruiscono del mezzo televisivo con le modalità tradizionali (target giovane)”) non può affatto ritenersi isolabile in un ambito editoriale e, quindi, disgiunta dall’effetto più immediato ed evidente che tale scelta ha, in effetti, determinato: ci si riferisce al notevole aumento degli ascolti, che nel caso del 73° Festival di Sanremo hanno superato gli 11 milioni con oltre il 66% di share (ossia il rapporto percentuale tra i telespettatori di un canale televisivo e il totale dei telespettatori che stanno guardando un qualsiasi altro canale).

Un successo di pubblico che ha contribuito a marcare una supremazia delle rete pubblica sulle altre reti nazionali, ma soprattutto a favorire, in via riflessa, notevoli incrementi economici: non a caso l’Autorità, nell’esercizio della funzione di vigilanza ad essa attribuita dall’art. 1 della legge 249/1997, ha chiesto alla ricorrente di acquisire gli eventuali “accordi di committenza” intercorsi o conclusi (anche) con la società Meta Platform Inc., titolare del social network Instagram, nonchè gli accordi commerciali stipulati tra “le società Costa Crociere S.p.A., Eni gas e luce S.p.A., Dyson S.r.l. Suzuki Italia S.p.A., Poltronesofà S.p.A. e Assicurazioni generali S.p.A. - produttrici e fornitrici dei beni e dei servizi a marchio Costa Crociere, Plenitude, Dyson, Poltronesofà, Suzuki e Assicurazioni generali - e codesta concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, anche tramite la propria concessionaria di pubblicità Rai Pubblicità S.p.a., relativi all’acquisto di spazi pubblicitari ovvero specificamente alla sponsorizzazione e inserimento di prodotti in ordine all’esibizione dei servizi, dei prodotti e/o dei marchi succitati nel corso della messa in onda dei suddetti programmi televisivi”.

Non è, pertanto, ignorabile che l’implementazione del bacino degli spettatori (dichiarato obiettivo di carattere editoriale) abbia assicurato notevoli ricadute sia in favore dell’azienda pubblica, sia, ancora, della concessionaria Rai Pubblicità, sia, infine, dello stesso social Instagram.

Tale strategia è stata assicurata dal ragionato e preventivo reclutamento – come ammesso dalla stessa ricorrente in audizione – di “testimonial provenienti dal mondo delle piattaforme social”: il riferimento è alla presenza, in qualità di conduttrice da affiancare al presentatore Amadeus, dell’influencer Chiara Ferragni, la quale – detto per inciso – vanta su Instagram circa 29 milioni di followers.

Dunque, è palese che la strategia in questione non avrebbe che potuto determinare un effetto promozionale (però mascherato al pubblico) che ha assicurato sia alla RAI (nelle sue articolazioni operative: compresa la concessionaria pubblicitaria) che al social Instagram un’utilità vicendevole, naturalmente legata alle finalità tipiche della pubblicità televisiva, quest’ultima definita dal legislatore come “ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero a fini di autopromozione, da un'impresa pubblica o privata o da una persona fisica nell'ambito di un'attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni” (art. 3, comma 1, lett. pp) del d.lgs. 208/2021).

È, allora, manifesta – nella pubblicità – l’intersezione fra il profilo editoriale, connesso alla produzione ed allo scambio di idee, informazioni e sentimenti, ed il profilo economico, connesso ai vantaggi di carattere commerciale e/o promozionale che derivano dal predetto scambio.

Un’ammissione che, peraltro, la stessa ricorrente ha fatto in sede di audizione, laddove ha dichiarato – quasi con carattere confessorio – che “il richiamo a Instagram non presenti carattere strettamente commerciale rispetto alla piattaforma citata, che assurge, infatti, al rango di medium a sé e non di marchio commerciale”.

Ma se, in effetti, un vantaggio promozionale, foriero di varie e possibili utilità, è oggettivamente estrapolabile dalla strategia editoriale posta in essere dalla RAI in occasione del Festival di Sanremo, deve concludersi che l’effetto pubblicitario per il social Instagram, sebbene occultamente, si sia appieno prodotto e, a monte, non potesse essere ignorato da un organismo (di diritto pubblico) – come la RAI – dotato di alte e strutturate competenze professionali nel settore audiovisivo.

Di conseguenza, la decisione di non stipulare – intenzionalmente – un accordo commerciale che avrebbe implicato la promozione di Instagram nelle (ordinarie) forme prescritte dall’art. 13 del DM 581/1993 (ci si riferisce all’evidenza grafica: ossia la scritta in sovrimpressione “messaggio promozionale”) si atteggia come l’espressione di una consapevole condotta professionale dei vertici aziendali, i quali hanno forse fidato che la strategia editoriale di conquista del pubblico più giovane avrebbe potuto giustificare o, addirittura, dissimulare il naturale ed inevitabile effetto pubblicitario collegato alla preferenza esclusiva accordata ad Instagram rispetto a tutti gli altri social networks, ancor più cristallizzata dai ripetuti richiami alla popolarità di tale piattaforma.

Ma la disciplina positiva prevede, senza possibilità di favoritismi o scappatoie, che “le comunicazioni commerciali audiovisive devono essere prontamente riconoscibili come tali e sono proibite le comunicazioni commerciali audiovisive occulte” (art. 43, comma 1, lett. a) del d.lgs. 208/2021).

In più, va sottolineato il carattere ingannevole che è insito nella pubblicità occulta, in merito al quale la società ricorrente non ha allegato alcun elemento o deduzione idonei a superare il rilievo secondo cui il messaggio pubblicitario in sé considerato è strettamente legato ad una funzione che non può risultare estranea all’ambito concorrenziale soltanto per il fatto che la società ricorrente abbia concepito il sistematico riferimento ad Instagram, nel corso del festival, come un semplice espediente per conquistare una più ampia platea di telespettatori.

Sotto tale aspetto, la giurisprudenza ha ben evidenziato che “il carattere insidioso della pubblicità occulta risiede evidentemente nella sua capacità di intaccare le risorse critiche alle quali il pubblico è solito ricorrere dinanzi ad una pressione pubblicitaria palese”; e che “il carattere ingannevole della pratica commerciale deve essere valutato a prescindere dall’esito concretamente lesivo prodotto dalla condotta” in quanto “la ratio della disciplina in materia pubblicitaria è infatti quella di salvaguardare la libertà di autodeterminazione del destinatario di un messaggio promozionale da ogni erronea interferenza che possa, anche solo in via teorica, incidere sulle sue scelte” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 14 settembre 2018, n. 5396): il che spiega la ragione per cui l’art. 43 e seguenti del d.lgs. 208/2021 hanno imposto un obbligo di chiarezza in sede comunicativa, evidentemente violato nella specie mediante una condotta che ha pregiudizialmente eluso l’adozione di un pur minimo accorgimento in grado di consentire ai telespettatori di distinguere tale forma di pubblicità dalle altre forme di comunicazione al pubblico.

Pertanto, la mancata conclusione di un preventivo accordo commerciale – né tra il conduttore e co-conduttori e la società di gestione di Instagram; né tra l’azienda stessa e la società di gestione di Instagram – non può in alcun modo costituire, come sostenuto dalla ricorrente, una giustificazione (preventiva o postuma), in funzione di esimente, per contestare la legittimità dell’irrogazione delle sanzioni pecuniarie da parte di AGCOM.

La realtà oggettivamente constatabile è, quindi, che la RAI ha individuato sin dalla fase organizzativa della manifestazione canora una co-conduttrice che ha consolidato e che identifica la propria popolarità nel social Instagram; e che, non secondariamente, ha incentrato parte delle proprie prestazioni professionali nel corso del Festival alla “pianificata” apertura (in diretta TV, anzi in mondovisione) del profilo Instagram del conduttore Amadeus.

In particolare, nel corso della prima serata del festival l’influencer e co-conduttrice Chiara Ferragni ha aperto il profilo Instagram del conduttore Amadeus.

Subito dopo l’apertura del profilo Instagram di Amadeus, si è verificata l’adesione di migliaia di followers fino a superare la soglia del milione.

In più, nel corso dell’evento sono state realizzate alcune “dirette” su Instagram: ad esempio l’ingresso sul palco nella terza serata o una “gag” dietro le quinte con i tre conduttori (compreso Gianni Morandi).

Non si è trattato, certamente, di improvvisazioni del momento, quanto, piuttosto, di una ragionata ed intenzionale condotta che ha costituito parte integrante dello spettacolo: e che, quindi, ha sì favorito il coinvolgimento del pubblico più giovane, ma ha parimenti determinato un effetto (occultamente) pubblicitario in favore del predetto social network.

Ritenere che specifici momenti dello spettacolo (rectius: della “scaletta”), incentrati sulla generalizzata e sistematica menzione del social Instagram (e di nessun altro social), potesse prescindere da un previo accordo commerciale o dall’osservanza delle disposizioni legislative in tema di pubblicità ha costituito un’evidente sottovalutazione da parte della società RAI, sostanziatasi nella violazione contestata e sanzionata dall’AGCOM.

La finalità pubblicitaria, peraltro, risulta conclamata al punto che neppure la ricorrente ha potuto non considerarla (“si aggiunga che nessun marchio o logo di Instagram è stato diffuso nel corso delle puntate oggetto di contestazione, salvo che nella prima puntata, in cui ciò era inevitabile per l’apertura del profilo di Amadeus e per la pubblicazione del primo selfie dei tre conduttori (Amadeus, Ferragni e Morandi) nonché per la realizzazione della prima diretta social dal nuovo profilo”, cfr. pag. 20).

E parimenti conclamato è stato, di conseguenza, l’effetto sottolineato dal direttore dei servizi media nel verbale del 15.6.2023, ossia che “è stato dimostrato che c'è stato un forte passaggio di contatti tramite interazioni dal profilo Instagram di Amadeus, dal profilo Instagram della Ferragni, fino ai profili social istituzionali della RAI” (cfr. pag. 8).

Un espediente, allora, innestato surrettiziamente nel corso dello spettacolo – indubbiamente si è trattato di una trovata divertente per suscitare un’immediata ilarità nei telespettatori – ma che, proprio a causa dell’intersecazione tra spettacolo e pubblicità, non ha consentito agli stessi telespettatori di distinguere la finalità promozionale e commerciale in favore del social Instagram dalla finalità (ordinaria) dell’intrattenimento televisivo.

L’emersione in chiara luce dell’impropria commistione, nei termini sopra indicati, sostanzia la configurazione – come si legge nella motivazione della deliberazione impugnata – di “specifici elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, valutati nella loro interezza e non estrapolati dal loro contesto, quali il contenuto e il tono del messaggio nonché il contesto generale nel quale il messaggio stesso è stato inserito”.

Né, tantomeno, la promozione sostanziale ed indiretta di Instagram è cessata con l’apertura del profilo del conduttore Amadeus, essendosi, all’opposto, verificate delle “reiterate insistite citazioni verbali e apparizioni visive del servizio e dello specifico profilo Instagram associato a un personaggio reale, conduttore del programma televisivo” (i riferimenti al progressivo aumento dei followers di Amadeus serata per serata; i dialoghi con l’altro conduttore Gianni Morandi su tale performance, solo per citarne alcuni).

È, allora, conseguenziale ritenere, in linea con le conclusioni tratte dall’Autorità, che la strategia editoriale della RAI ha consentito ad Instagram di ottenere, secondo un effetto emulativo facilmente pronosticabile, l’apertura di nuovi e numerosi profili da parte dei telespettatori del Festival.

Il che integra gli estremi della definizione di “comunicazione commerciale audiovisiva occulta”, ossia “la presentazione orale o visiva di beni, di servizi, del nome, del marchio o delle attività di un produttore di beni o di un fornitore di servizi in un programma, quando tale presentazione è compiuta dal fornitore di servizi di media per scopi pubblicitari” e – per quanto più interessa la presente controversia – “può ingannare il pubblico circa la sua natura, con presunzione del suo carattere intenzionale, in particolare [ ma non soltanto ] nei casi di svolgimento a pagamento o dietro altro compenso” (art. 3, comma 1, lett. rr) del d.lgs. 208/2021).

Con puntuale valutazione, pertanto, l’Autorità resistente ha rilevato che il “camuffamento dell’effettivo intento promozionale non può conciliarsi, nella generalità dei casi, con la formalizzazione di un rapporto di committenza che renderebbe palese la finalità commerciale della comunicazione audiovisiva e, quindi, finirebbe per vanificare il perseguimento della finalità pubblicitaria di un’operazione rivolta appunto all’aggiramento e all’elusione del divieto di messa in onda di comunicazioni commerciali audiovisive occulte, l’individuazione del rapporto di committenza non formalizzato nell’acquisto di appositi spazi pubblicitari non può che essere legittimamente affidata alla prudente ricerca di elementi presuntivi, purché risultino gravi precisi e concordanti”.

L’elezione della c.d. strategia editoriale “cross” ha, pertanto, avuto quale fulcro l’elezione – solo e soltanto – del social network Instagram (né Facebook, né Twitter, né altri), il tutto con realizzato obiettivo promozionale, quest’ultimo confermato in sede procedimentale dalla ricorrente, la quale ha dichiarato che gli “esatti minuti dei momenti di confronto interessati tra Amadeus e Ferragni hanno fatto registrare dei picchi di share sui 15 - 24enni sempre superiori al 75% circa (VS 65% circa del totale individui) toccando anche punte a ridosso del 90% dei giovani presenti in platea”.

Nell’impugnata deliberazione si è, perciò, persuasivamente contestato che “non è presente nel corso della trasmissione del programma televisivo, al fine di offrire una informazione il più completa possibile al telespettatore fondata sul loro confronto, la citazione di altri servizi informatici on line appartenenti al medesimo genere forniti da imprese concorrenti rispetto a Instagram, c.d. servizi di rete sociale, che consentono di creare un profilo pubblico o parzialmente pubblico, di formare una lista di contatti, di poter interagire e comunicare con essi, né sono richiamati profili di utenti di altri social network, ma unicamente quelli iscritti ad Instagram”.

Pertanto, il teorizzato ampliamento del Festival di Sanremo al pubblico dei social network è coinciso con il riferimento ai followers di Instagram.

La contestualizzazione del fine promozionale nel corso dello spettacolo in diretta e l’instaurata associazione di Instagram alla figura del conduttore Amadeus hanno, dunque, impedito al pubblico di cogliere la finalità pubblicitaria, comunque conculcata in modo occulto: cosìcchè l’Autorità ha pertinentemente rilevato che “l’apertura dello specifico profilo Instagram è risultata la circostanza chiave per rappresentare fittiziamente agli occhi del pubblico quanto trasmesso come una scelta artistica connaturata al programma televisivo d’intrattenimento, anziché come una vera e propria comunicazione commerciale non trasparente”.

Il tutto, come ammesso dalla stessa ricorrente in sede di audizione, sulla base di una preventiva pianificazione delle condotte da sviluppare sul piano strategico e di quelle, conseguenziali, da porre in essere durante le serate (“la parte sostiene che si sia ricorso a Instagram e non ad altri social media, in quanto nel mercato di riferimento non si rinvengono pari concorrenti in termini di diffusione tra i giovani”); questa strategia ha portato risultati concreti di pubblico e di introiti pubblicitari, rilevati e contestati dall’Autorità, la quale ha ben evidenziato che “le citazioni e l’esibizione del succitato social network non può certamente considerarsi, alla luce del contesto in cui è inserita, meramente casuale o occasionale, essendo, comunque, frutto di una scelta condivisa tra l’impresa che beneficia dell’esposizione del proprio servizio e il fornitore del servizio di media audiovisivo Rai Uno”.

Non pare in astratto escludibile che la scelta di non stipulare un previo accordo a fini di pubblicità, comunque occultamente conseguita dalla società di gestione di Instagram mediante una condotta che ricalca l’ipotesi di c.d. product placement , vale a dire la ripetuta esibizione, in modo apparentemente casuale, di prodotti o di servizi i cui marchi risultano ben riconoscibili (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 30 aprile 2019, n. 2814), abbia potuto provocare alla televisione di Stato la mancata percezione di introiti per mezzo della concessionaria RAI Pubblicità S.p.A., che viceversa altre aziende (citate nella nota AGCOM del 24.2.2023) sembrerebbero aver regolarmente corrisposto.

Con riguardo alla quantificazione della sanzione la ricorrente non ha censurato l’applicazione del criterio del cumulo giuridico (cfr. pag. 29 del ricorso), piuttosto deducendo la violazione dell’art. 11 della legge 689/1981 (“nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”).

Ora, nelle linee guida di cui all’Allegato A della deliberazione AGCOM n. 410/14/CSP si è precisato che “l’obiettivo perseguito tramite l’irrogazione di una sanzione amministrativa è quello di reprimere adeguatamente la condotta illecita e di prevenirne la reiterazione, non soltanto da parte del trasgressore, ma anche di altri soggetti; pertanto, l’attività di quantificazione in concreto della sanzione tramite l’applicazione dei sopra ricordati criteri e le motivazioni ad essa sottese assumono particolare rilevanza nell’esercizio del potere sanzionatorio, poiché servono ad esplicitare, anche a fini di prevenzione generale, il disvalore che l’ordinamento attribuisce ad una determinata condotta illecita, tenuto conto dei suoi molteplici profili, soggettivi ed oggettivi”.

E si è soggiunto, sempre nelle linee guida, che si debba procedere a determinare, in una prima fase, “l’importo “base” della sanzione, tenendo conto dei due criteri “essenziali”, vale a dire ricorrenti in ogni fattispecie (criteri della gravità della violazione e delle condizioni economiche dell’agente)”; e, in una seconda fase, “a calcolare l’importo finale della sanzione, tenendo conto dei due criteri “accidentali” previsti dalla legge (opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione e personalità dell’agente, da intendersi come inclinazione alla violazione di norme)”.

Nella specie la gravità della violazione dev’essere valutata in rapporto all’importanza – nazionale ed internazionale – del Festival di Sanremo, sarebbe a dire, a monte, all’elevato grado di accuratezza nell’organizzazione dell’evento in sé considerato e di diligenza nella stipulazione degli accordi commerciali con gli sponsorizzatori (alcuni effettivamente stipulati, come è emerso nel corso dell’istruttoria) quale preventiva disciplina dei riflessi economico-finanziari, e in particolare pubblicitari, connessi alla manifestazione.

Ad avviso del Collegio, però, tali aspetti sono stati platealmente disattesi – con finalità elusiva della disciplina pubblicitaria – in relazione all’impatto che avrebbe certamente comportato l’elezione di Instagram a volano dell’audience, la radicata associazione di tale social network con il personaggio pubblico di Chiara Ferragni e la pianificata associazione (nel corso del Festival) del medesimo social network con il personaggio pubblico e conduttore Amadeus.

In seconda battuta, occorre considerare che la quantificazione della sanzione in €. 123.498,00 è proporzionata (se non sottodimensionata) al bilancio (evidentemente) multimilionario della RAI (“dalla consultazione della banca dati “Telemaco” del Registro delle Imprese, i dati di cui si dispone sono quelli relativi all’anno 2021, da cui risultano un bilancio in perdita e ricavi pari a euro 2.486.359.107,00”).

La definizione nel merito della controversia comporta il rigetto dell’istanza proposta ai sensi dell’art. 116, comma 2 c.p.a.

In conclusione, il ricorso ed i motivi aggiunti vanno accolti, in parte, e, per il resto, vanno respinti, nei limiti e nei sensi espressi in motivazione.

Si ravvisano i presupposti per trasmettere la presente sentenza alla Procura regionale presso la Corte dei Conti per il Lazio per le valutazioni di rispettiva competenza.

La novità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, in parte li accoglie e, in altra parte, li respinge, nei sensi espressi in motivazione.

Spese compensate.

Manda alla Segreteria per la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale presso la Corte dei Conti per il Lazio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente

Angelo Fanizza, Consigliere, Estensore

Giuseppe Bianchi, Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Angelo Fanizza Roberto Politi
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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