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ORDINANZA N. 35
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 24 aprile 2023, n. 16, recante «Autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente (NCC)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 23 giugno 2023, depositato in cancelleria il 27 giugno 2023, iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31, prima serie speciale, dell’anno 2023.
Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 7 febbraio 2024 il Giudice relatore Luca Antonini;
uditi l’avvocato dello Stato Paola Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Domenico Gullo per la Regione Calabria;
deliberato nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 23 giugno 2023 e depositato il successivo 27 giugno (reg. ric. n. 20 del 2023), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 24 aprile 2023, n. 16, recante «Autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente (NCC)», in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 118, primo e secondo comma, della Costituzione;
che la disposizione impugnata stabilisce, al comma 1: «[a]l fine di fronteggiare l’incremento della domanda e garantire i servizi di trasporto in considerazione dell’aumento dei flussi turistici verso la Calabria, il competente dipartimento, considerata la valenza regionale del servizio, rilascia alla Ferrovie della Calabria S.r.l.», già abilitata allo svolgimento del servizio di noleggio di autobus con conducente, «titoli autorizzatori non cedibili, nell’ambito del territorio della Regione Calabria», ai fini dello svolgimento del servizio di noleggio con conducente (d’ora innanzi: NCC) di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea); al comma 2, che tali autorizzazioni sono rilasciate «nel limite massimo di duecento autovetture, proporzionato alle esigenze dell’utenza, previa verifica del possesso dei requisiti di cui all’articolo 6 della legge n. 21/1992 e nelle more della specifica disciplina normativa, da adottarsi entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge»;
che il ricorrente ritiene che l’impugnato art. 1 – disponendo il rilascio delle suddette autorizzazioni e individuando direttamente il destinatario delle stesse, a prescindere dalla pubblicazione di un bando di «pubblico concorso» – violi, anzitutto, l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla materia «tutela della concorrenza», perché si porrebbe in conflitto, per un verso, con gli artt. 5, comma 1, e 8, comma 1, della legge n. 21 del 1992 e, per altro verso, con l’art. 10-bis, comma 6, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12;
che, quanto al primo profilo della suddetta censura, la difesa statale evidenzia, in particolare, che il legislatore regionale avrebbe individuato direttamente il beneficiario delle autorizzazioni de quibus, precludendo la competizione tra gli operatori economici del settore prevista dalle richiamate norme interposte, secondo cui i comuni, una volta stabiliti i requisiti e le condizioni per il conseguimento delle autorizzazioni all’esercizio del servizio di NCC, le rilasciano previa pubblicazione di un «bando di pubblico concorso»;
che, quanto al secondo profilo della stessa censura, la difesa statale osserva che l’art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, al comma 3 prevede l’istituzione, entro un anno dall’entrata in vigore del medesimo decreto-legge, di un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio di taxi e di quelle titolari di autorizzazione per il servizio di NCC, affidando poi a un apposito decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l’individuazione delle specifiche tecniche di attuazione e delle modalità di registrazione delle suddette imprese; quindi, al comma 6, stabilisce che, «fino alla piena operatività» di detto archivio informatico, non è consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di NCC con autovettura, motocarrozzetta e natante;
che, pertanto, non essendo ancora operativo il registro in discorso, l’impugnato art. 1 della legge reg. Calabria n. 16 del 2023 si porrebbe in aperto contrasto con il divieto posto dal citato art. 10-bis, comma 6;
che sarebbe altresì violato l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in quanto, ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata priverebbe i comuni delle funzioni agli stessi affidate dal citato art. 5, comma 1, della legge n. 21 del 1992, così pregiudicando il principio di sussidiarietà;
che si è costituita in giudizio la Regione Calabria, nella persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, chiedendo di dichiarare inammissibili o, comunque, non fondate le questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri;
che la resistente premette che la ragione ispiratrice della disposizione impugnata andrebbe ravvisata nell’esigenza di ovviare, tramite il potenziamento del servizio di NCC, alla grave carenza dell’offerta del trasporto pubblico non di linea, in considerazione dell’aumento delle richieste turistiche di mobilità, oltre che delle peculiari condizioni territoriali della Regione e delle carenze infrastrutturali che la connotano;
che tale esigenza sarebbe sorta a causa dell’«indiscriminato blocco all’esercizio dell’attività economica in oggetto» disposto dal citato art. 10-bis, commi 3 e 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, stante l’inoperatività del registro informatico da esso contemplato;
che, in ogni caso, secondo la Regione, l’impugnato art. 1 non sarebbe «riconducibile al perimetro di operatività» degli artt. 5, comma 1, e 8, comma 1, della legge n. 21 del 1992;
che il rilascio delle autorizzazioni previsto dal suddetto art. 1, infatti, sarebbe sottoposto a precisi «limiti e condizioni», in particolare in quanto circoscritto nel limite massimo di duecento autovetture e consentito solo nelle more dell’introduzione della disciplina normativa regionale di settore, da adottare entro un anno dall’entrata in vigore della stessa legge reg. Calabria n. 16 del 2023;
che, inoltre, diversamente da quanto stabilito dalla legge n. 21 del 1992, esso avrebbe ad oggetto titoli non cedibili;
che, pertanto, la suddetta normativa regionale sarebbe distinta da quella di cui agli evocati artt. 5, comma 1, e 8, comma 1, della legge n. 21 del 1992, essendo piuttosto riconducibile a quella avente ad oggetto i «titoli autorizzatori temporanei o stagionali, non cedibili», di cui all’art. 6, comma 1, lettera c), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, disposizione vigente al momento dell’adozione della legge reg. Calabria n. 16 del 2023, anche se successivamente abrogata dall’art. 3, comma 10, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104 (Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici), convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2023, n. 136;
che, secondo la resistente, la censura di violazione della competenza statale nella materia «tutela della concorrenza» sarebbe priva di pregio anche nel secondo profilo in cui è articolata, in quanto il divieto di cui all’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, non potrebbe tuttora «ostare al legittimo esercizio d[elle] funzioni legislative» regionali;
che la censura prospettata in riferimento all’art. 118, primo e secondo comma, Cost. sarebbe inammissibile, perché affetta da «tratti di incertezza» e generica, o, comunque, non fondata, giacché l’impugnato art. 1 non inciderebbe sulle attribuzioni comunali previste dall’art. 5, comma 1, della legge n. 21 del 1992, il cui esercizio è tuttora precluso dal suddetto divieto statale di rilascio di nuove autorizzazioni;
che l’Associazione nazionale imprese trasporto viaggiatori (ANITRAV) ha depositato, in qualità di amicus curiae, un’opinione scritta, ammessa con decreto presidenziale del 20 dicembre 2023;
che l’amicus, rilevato preliminarmente come l’intervento del legislatore regionale sia funzionale a porre rimedio al grave squilibrio, riscontrabile anche su scala nazionale, tra la domanda e l’offerta dei servizi pubblici di trasporto non di linea, ritiene che plurimi profili di contrasto con la Costituzione derivino, non dalla disposizione impugnata dal ricorrente, ma dall’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, del quale sollecita, pertanto, l’autorimessione da parte di questa Corte.
Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 16 del 2023, il quale dispone: a) che, allo scopo di far fronte all’incremento della domanda dovuto all’aumento dei flussi turistici e garantire i servizi di trasporto, il competente dipartimento regionale rilascia alla Ferrovie della Calabria srl «titoli autorizzatori non cedibili» per lo svolgimento del servizio di NCC di cui alla legge n. 21 del 1992 (comma 1); b) che tali autorizzazioni sono rilasciate «nel limite massimo di duecento autovetture, proporzionato alle esigenze dell’utenza, previa verifica del possesso dei requisiti di cui all’articolo 6 della legge n. 21/1992 e nelle more della specifica disciplina normativa, da adottarsi entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge» (comma 2);
che il ricorrente muove due ordini di censure all’impugnato art. 1, ritenendo che leda l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla materia «tutela della concorrenza», e l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in riferimento al principio di sussidiarietà;
che, secondo il primo motivo di censura, la disposizione oggetto di doglianza si porrebbe in contrasto, da un lato, con gli artt. 5, comma 1, e 8, comma 1, della legge n. 21 del 1992, alla stregua dei quali i comuni, una volta stabiliti i requisiti e le condizioni per il conseguimento delle autorizzazioni all’esercizio del servizio di NCC, le rilasciano previa pubblicazione di un «bando di pubblico concorso»; dall’altro, con l’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, che preclude la concessione di nuove autorizzazioni all’esercizio del servizio di NCC fino alla «piena operatività» del registro informatico pubblico nazionale introdotto dal precedente comma 3 e non ancora operativo;
che, quanto al secondo motivo di censura, ad avviso del ricorrente la disposizione impugnata priverebbe i comuni delle funzioni affidate loro dal citato art. 5, comma 1, della legge n. 21 del 1992;
che, prendendo le mosse dal dedotto vulnus all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., deve essere in limine invertito l’ordine dei profili di doglianza prospettato nel ricorso;
che, in tale prospettiva, la censura statale di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. deve essere esaminata innanzitutto con riguardo all’asserita violazione della norma parametro di cui all’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, in quanto struttura, in sostanza, un divieto di rilascio di nuove autorizzazioni al servizio di NCC;
che questo divieto, infatti, deriva dal comma 3 del medesimo art. 10-bis – laddove prevede l’istituzione di «un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi […] e di quelle di autorizzazione per il servizio» di NCC e demanda a un decreto «del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» l’individuazione delle «specifiche tecniche di attuazione e [del]le modalità con le quali le predette imprese dovranno registrarsi» – e, in particolare, dal successivo comma 6, secondo cui, «fino alla piena operatività» del medesimo registro, «non è consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio» di NCC;
che la censura in parola è del resto logicamente preliminare rispetto alla prospettata violazione del primo gruppo di norme parametro – artt. 5, comma 1, e 8, comma 1, della legge n. 21 del 1992 – indicate dal ricorso statale, che si pongono a valle di detto divieto, riguardando le modalità di affidamento delle autorizzazioni stesse;
che sussiste un evidente rapporto di necessaria pregiudizialità (ordinanza n. 94 del 2022) tra la questione promossa dal ricorrente in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e quelle derivanti dai dubbi di legittimità costituzionale che suscita la disciplina recata dall’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, le quali si configurano come «logicamente pregiudizial[i] e strumental[i]» alla definizione dell’odierno giudizio (ex plurimis, ordinanze n. 94 del 2022, n. 18 del 2021; nello stesso senso, ordinanza n. 114 del 2014);
che, del resto, «non può […] ritenersi che proprio la Corte […] sia tenuta ad applicare leggi incostituzionali» (ordinanza n. 22 del 1960), giungendosi altrimenti al paradosso che, sino a quando una questione su di esse non sia sollevata in via incidentale dal giudice comune, venga dichiarata l’illegittimità costituzionale di una disposizione legislativa sulla base di un’altra, assunta a parametro interposto, a sua volta in contrasto con la Costituzione;
che è quindi pregiudizialmente necessario, al fine della definizione del presente giudizio, affrontare la questione della legittimità costituzionale del divieto di rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di NCC, stabilito fino alla piena operatività del suddetto registro informatico;
che tale registro non era operativo al momento dell’adozione della disposizione impugnata, dal momento che l’efficacia del decreto ministeriale di cui al comma 3 dell’art. 10-bis, che ne ha stabilito la piena operatività a decorrere dal 2 marzo 2020 (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, decreto del Capo dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, del 19 febbraio 2020, n. 4), è stata, il giorno seguente, sospesa e differita (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, decreto del Capo dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, del 20 febbraio 2020, n. 86) sino all’adozione del decreto previsto dal comma 2 dello stesso art. 10-bis, diretto alla determinazione delle specifiche tecniche del foglio di servizio in formato elettronico, che, tuttavia, non è stato emanato;
che questa Corte ha già esaminato, con la sentenza n. 56 del 2020, proprio in relazione a un ricorso in via principale della Regione Calabria, il divieto stabilito dall’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, escludendo «un’irragionevole restrizione della concorrenza a vantaggio dei titolari di licenze per taxi, per le quali il divieto temporaneo di rilascio non opera», ma solo nella misura in cui «il numero delle imprese operanti nel settore» veniva bloccato «per il tempo tecnico strettamente necessario ad adottare in concreto il nuovo registro»;
che in forza del permanere del blocco all’ingresso di nuovi NCC dopo più di cinque anni dalla entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, si deve ritenere che tale «tempo tecnico» si sia potuto protrarre in modo del tutto ingiustificato, al punto da condurre a dubitare della legittimità costituzionale della modalità con cui il suddetto art. 10-bis, comma 6, ha stabilito il divieto di cui si discute;
che i dubbi di costituzionalità non possono essere esclusi perché riconducibili a «un mero inconveniente di fatto», ovvero a mere «circostanze contingenti attinenti alla […] concreta applicazione» della disposizione (ex plurimis, sentenza n. 170 del 2017), non idonee secondo la giurisprudenza di questa Corte a introdurre il giudizio di legittimità costituzionale di una norma;
che essi, infatti, derivano dalla «stessa struttura» (sentenza n. 132 del 2018) del «meccanismo normativo» previsto dalla disposizione in oggetto e dalla «sua combinazione» (sentenza n. 166 del 2022) con le previste modalità dirette a dare «piena operatività [a]ll’archivio informatico pubblico nazionale»;
che è proprio tale combinazione a consentire la possibilità di bloccare per un tempo indefinito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di NCC, come in effetti è sino a ora avvenuto;
che la non manifesta infondatezza della questione pregiudiziale sull’art.10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, si pone in relazione agli artt. 3, in riferimento ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, 41, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost.;
che, alla luce di «un “apprezzamento di conformità tra la regola introdotta e la ‘causa’ normativa che la deve assistere”» (da ultimo, sentenza n. 195 del 2022), si può dubitare dell’intrinseca razionalità della suddetta norma;
che altresì si può dubitare, in riferimento al principio di proporzionalità, dell’esistenza di una connessione razionale tra il mezzo predisposto dal legislatore e il fine che questi intende perseguire (ex plurimis, sentenza n. 8 del 2024);
che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, non è configurabile una lesione della libertà d’iniziativa economica privata solo «allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda, oltre che alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana, come sancito dall’art. 41, comma secondo, Cost., all’utilità sociale» (sentenza n. 150 del 2022; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 151 e n. 47 del 2018, n. 16 del 2017 e n. 56 del 2015);
che, tuttavia, si può dubitare che la disposizione statale in oggetto, per come strutturata, sia riconducibile a un motivo di utilità sociale o a un interesse della collettività, apparendo piuttosto rispondere a un’istanza protezionistica;
che questa Corte ha chiarito come blocchi o sospensioni delle autorizzazioni funzionali all’esercizio di attività economiche possono tradursi in «una indebita barriera all’ingresso nel mercato», ponendosi «in contrasto, altresì, con la libertà formale di accesso al mercato garantita dal primo comma dell’art. 41 Cost.» (sentenza n. 7 del 2021);
che questa Corte ha anche di recente evidenziato che proprio il mercato del trasporto pubblico non di linea è «caratterizzato, come più volte ha rimarcato l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (da ultimo, mediante segnalazione del 3 novembre 2023, rif. n. S4778), da una inadeguata apertura all’ingresso di nuovi soggetti» (sentenza n. 8 del 2024);
che la necessità di evitare ingiustificate barriere nello specifico settore del trasporto di persone mediante il servizio di NCC è stata di recente precisata anche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, chiarendo che restrizioni alla libertà di stabilimento possono essere ammesse solo a condizione, «in primo luogo, di essere giustificate da un motivo imperativo di interesse generale e, in secondo luogo, di rispettare il principio di proporzionalità, il che implica che esse siano idonee a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedano quanto necessario per conseguirlo» (sentenza 8 giugno 2023, in causa C-50/21, Prestige and Limousine SL);
che si può quindi dubitare della conformità della norma in questione alla libertà di stabilimento di cui all’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), così come interpretata dalla Corte di giustizia;
che, pertanto, questa Corte non può esimersi, ai fini della definizione del presente giudizio, dal risolvere pregiudizialmente le questioni, come sopra prospettate, della legittimità costituzionale del divieto di rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di NCC stabilito all’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 41 primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 49 TFUE.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) solleva, disponendone la trattazione innanzi a sé, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis, comma 6, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, in riferimento agli artt. 3, 41, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea;
2) sospende il presente giudizio fino alla definizione delle questioni di legittimità costituzionale di cui sopra;
3) ordina che la cancelleria provveda agli adempimenti di legge.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Luca ANTONINI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria
il 7 marzo 2024
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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