Pubblicato il 19/03/2024
N. 05452/2024 REG.PROV.COLL.
N. 15137/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15137 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da SERVIZI AMBIENTALI PROVINCIA DI RIETI – S.A.PRO.DI.R. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., con domicilio digitale presso gli indirizzi di posta elettronica certificata, come risultanti dai registri di giustizia, degli avvocati Tommaso Marchese e Stefano Colombari che la rappresentano e difendono nel presente giudizio
contro
COMUNE DI FARA IN SABINA, in persona del Sindaco p.t., con domicilio digitale presso gli indirizzi di posta elettronica certificata, come risultanti dai registri di giustizia, degli avvocati Angelo Annibali, Marco Orlando, Andrea Ruffini ed Antonietta Favale che lo rappresentano e difendono nel presente giudizio
per l'annullamento
dei seguenti atti:
per quanto riguarda il ricorso principale
- delibera del Consiglio comunale n. 39 del 03/10/23, pubblicata all’albo pretorio a partire dal 05/10/23, con cui il Consiglio comunale del Comune di Fara in Sabina ha deciso di approvare la relazione, redatta ai sensi dell’art. 14 comma 3 d. lgs. n. 201/22, relativamente all’affidamento del servizio di igiene urbana, di prendere atto che l’affidamento a terzi mediante gara d’appalto del servizio è la scelta più coerente con il perseguimento dell’interesse pubblico, di procedere all’affidamento della gestione servizio di igiene urbana nella forma dell’appalto di servizi, mediante procedura ad evidenza pubblica europea, e di dare atto che, ai sensi dell’art. 204 d. lgs. n. 152/06, nell’ipotesi di istituzione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte dell’Autorità d’Ambito della Regione (ex art. 201 d. lgs. n. 152/06 e l.r. n. 14/22) con l’individuazione del soggetto gestore d’ambito, il contratto con il futuro aggiudicatario potrà essere risolto anticipatamente;
- relazione illustrativa delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti per la forma di affidamento prescelta, redatta ai sensi dell’art. 14 d. lgs. n. 201/22, e relativi allegati con particolare riferimento alla “Relazione tecnica generale – Piano industriale”;
- parere del revisore unico dei conti di cui al verbale n. 25 del 02/10/23;
- proposta n. 1742 del 26/09/23;
- delibera del Consiglio comunale n. 11 del 29/03/22 recante “Approvazione del piano finanziario per l'applicazione del tributo comunale sul servizio di gestione dei rifiuti (TARI) - pluriennale 2022/2025” con allegato piano economico e finanziario pluriennale;
- deliberazione del Consiglio comunale n. 14 del 12/05/23 recante “Approvazione delle tariffe della tassa sui rifiuti (TARI) da applicare per l'anno 2023 e presa d'atto del PEF pluriennale 2022-2025 approvato con DCC. n. 11/2022”;
- atti approvati dalla delibera del Consiglio comunale n. 39/23 ed allegati alla stessa;
per quanto riguarda il ricorso per motivi aggiunti
- deliberazione n. 67 del 29/12/23, recante “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie ex art. 20 e 26 comma 11 del d. lgs. 19 agosto 2016 n. 175 e ss.mm.ii. Ricognizione delle partecipazioni possedute al 31.12.2022 ed individuazione delle partecipazioni oggetto di dismissione”, con cui il Consiglio comunale ha, tra l’altro, deciso di cedere le quote di partecipazione alla società SA.PRO.DI.R.;
- atti approvati dalla predetta delibera e relativi allegati tra cui l’Allegato A recante “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie del Comune di Fara in Sabina al 31/12/2022 – art. 20 D. Lgs. 19 agosto 2016, n. 175”, la “Relazione sui risultati conseguiti in attuazione del Piano di Razionalizzazione periodica ex art. 20 e 26 comma 11 del D. Lgs. n. 175/2016 delle partecipazioni societarie del Comune di Fara in Sabina”, il parere del Revisore Unico dei Conti e la proposta n. 2415 del 27/12/23.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio degli enti in epigrafe indicati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2024 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 02/11/23 e depositato il 14/11/23 la Servizi Ambientali Provincia di Rieti – S.A.PRO.DI.R. s.r.l. (di seguito Saprodir) ha impugnato la delibera n. 39 del 03/10/23, pubblicata all’albo pretorio a partire dal 05/10/23, con cui il Consiglio comunale del Comune di Fara in Sabina ha approvato la relazione, redatta ai sensi dell’art. 14 comma 3 d. lgs. n. 201/22 e concernente l’affidamento del servizio di igiene urbana, ha preso atto che l’affidamento a terzi mediante gara d’appalto del servizio è la scelta più coerente con il perseguimento dell’interesse pubblico, ha deciso di procedere all’affidamento della gestione servizio di igiene urbana nella forma dell’appalto di servizi, mediante procedura ad evidenza pubblica europea, ed ha dato atto che, ai sensi dell’art. 204 d. lgs. n. 152/06, nell’ipotesi di istituzione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte dell’Autorità d’Ambito della Regione (ex art. 201 d. lgs. n. 152/06 e l.r. n. 14/22) con l’individuazione del soggetto gestore d’ambito, il contratto con il futuro aggiudicatario avrebbe potuto essere risolto anticipatamente, la relazione illustrativa delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti per la forma di affidamento prescelta, redatta ai sensi dell’art. 14 d. lgs. n. 201/22, e relativi allegati con particolare riferimento alla “Relazione tecnica generale – Piano industriale”, il parere del revisore unico dei conti di cui al verbale n. 25 del 02/10/23, la proposta n. 1742 del 26/09/23, la delibera del Consiglio comunale n. 11 del 29/03/22 recante “Approvazione del piano finanziario per l'applicazione del tributo comunale sul servizio di gestione dei rifiuti (TARI) - pluriennale 2022/2025” con allegato il piano economico e finanziario pluriennale, la deliberazione del Consiglio comunale n. 14 del 12/05/23 recante “Approvazione delle tariffe della tassa sui rifiuti (TARI) da applicare per l'anno 2023 e presa d'atto del PEF pluriennale 2022-2025 approvato con DCC. n. 11/2022” e gli atti approvati dalla delibera del Consiglio comunale n. 39/23 ed allegati alla stessa.
Il Comune di Fara in Sabina, costituitosi in giudizio con comparsa depositata il 14/12/23, ha concluso per l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame.
Con atto notificato il 29/01/24 e depositato il 09/02/24 la ricorrente ha impugnato con motivi aggiunti la deliberazione n. 67 del 29/12/23, recante “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie ex art. 20 e 26 comma 11 del d. lgs. 19 agosto 2016 n. 175 e ss.mm.ii. Ricognizione delle partecipazioni possedute al 31.12.2022 ed individuazione delle partecipazioni oggetto di dismissione”, con cui il Consiglio comunale ha, tra l’altro, deciso di cedere le quote di partecipazione alla società SA.PRO.DI.R., gli atti approvati dalla predetta delibera e relativi allegati tra cui l’Allegato A recante “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie del Comune di Fara in Sabina al 31/12/2022 – art. 20 D. Lgs. 19 agosto 2016, n. 175” e la “Relazione sui risultati conseguiti in attuazione del Piano di Razionalizzazione periodica ex art. 20 e 26 comma 11 del D. Lgs. n. 175/2016 delle partecipazioni societarie del Comune di Fara in Sabina”, il parere del Revisore Unico dei Conti e la proposta n. 2415 del 27/12/23.
Alla pubblica udienza del 06/03/24 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è inammissibile ed infondato secondo quanto in prosieguo specificato.
Con il ricorso principale la Saprodir impugna la delibera n. 39 del 03/10/23, pubblicata all’albo pretorio a partire dal 05/10/23, con cui il Consiglio comunale del Comune di Fara in Sabina ha approvato la relazione, redatta ai sensi dell’art. 14 comma 3 d. lgs. n. 201/22 e concernente l’affidamento del servizio di igiene urbana, ha preso atto che l’affidamento a terzi mediante gara d’appalto del servizio è la scelta più coerente con il perseguimento dell’interesse pubblico, ha conseguentemente deciso di procedere all’affidamento della gestione servizio di igiene urbana nella forma dell’appalto di servizi, mediante procedura ad evidenza pubblica europea, ed ha dato atto che, ai sensi dell’art. 204 d. lgs. n. 152/06, nell’ipotesi di istituzione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte dell’Autorità d’Ambito della Regione (ex art. 201 d. lgs. n. 152/06 e l.r. n. 14/22) con l’individuazione del soggetto gestore d’ambito, il contratto con il futuro aggiudicatario avrebbe potuto essere risolto anticipatamente, la relazione illustrativa delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti per la forma di affidamento prescelta, redatta ai sensi dell’art. 14 d. lgs. n. 201/22, e relativi allegati con particolare riferimento alla “Relazione tecnica generale – Piano industriale”, il parere del revisore unico dei conti di cui al verbale n. 25 del 02/10/23, la proposta n. 1742 del 26/09/23, la delibera del Consiglio comunale n. 11 del 29/03/22 recante “Approvazione del piano finanziario per l'applicazione del tributo comunale sul servizio di gestione dei rifiuti (TARI) - pluriennale 2022/2025” con allegato piano economico e finanziario pluriennale, la deliberazione del Consiglio comunale n. 14 del 12/05/23 recante “Approvazione delle tariffe della tassa sui rifiuti (TARI) da applicare per l'anno 2023 e presa d'atto del PEF pluriennale 2022-2025 approvato con DCC. n. 11/2022” e gli atti approvati dalla delibera del Consiglio comunale n. 39/2023 ed allegati alla stessa.
La ricorrente espone che:
- è una società a capitale misto pubblico e privato così conformata a seguito di apposita gara a doppio oggetto indetta dalla Provincia di Rieti per la selezione del socio privato operativo e per l’affidamento del servizio pubblico di gestione integrata dei rifiuti urbani nei Comuni soci;
- il bando di gara prevedeva che:
a) l’affidamento alla S.A.PRO.DI.R. “avrà durata pari ad anni 20 (venti) a decorrere dalla data di avvio della nuova gestione ovvero dalla data di sottoscrizione delle contratti di servizio” (art. 5);
b) “per Attività oggetto di partenariato pubblico privato istituzionalizzato (PPPI) della S.A.PRO.DI.R. S.r.l.” si intende “l’erogazione del Servizio Pubblico Locale, ovvero l’erogazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani ed assimilati degli Enti Locali soci di S.A.PRO.DI.R. S.r.l.” (art. 3.6);
c) “Gli Enti locali soci della S.A.PRO.DI.R S.r.l . sono la Provincia di Rieti e n. 43 Comuni della Provincia di Rieti, elencati nell’Allegato A.4 al presente Bando di Gara, che alla data del 1 Settembre 2013 hanno formalizzato la propria adesione alla S.A.PRO.DI.R. S.r.l., con una popolazione complessiva di n. 85.105 abitanti, impegnandosi, alla scadenza dei contratti in essere, a conferire il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani alla S.A.PRO.DI.R. S.r.L.” (art. 3.3);
d) pertanto, “per Bacino Territoriale, si intende il perimetro territoriale costituito dai Comuni aderenti alla società S.A.PRO.DI.R. S.r.l.: i n. 43 Comuni che alla data del 1 Settembre 2013 hanno formalizzato la propria adesione alla S.A.PRO.DI.R. S.r.L sono elencati nell’Allegato A.4 di cui al punto n 18 del presente Bando di Gara” (art. 3.4.);
- a seguito della gara la ricorrente attualmente svolge l’attività di gestione integrata dei rifiuti urbani in 56 Comuni della Provincia di Rieti;
- il Comune di Fara in Sabina era socio della S.A.PRO.DI.R. al momento dell’indizione, da parte della Provincia di Rieti, della predetta gara;
- la gara a doppio oggetto si è conclusa con l’aggiudicazione disposta con determinazione del Dirigente III Settore della Provincia di Rieti n. 500 del 24/11/14 in favore del RTI costituito da Rieco s.p.a., Sager s.r.l., Ciclat Trasporti Ambiente Società Cooperativa. In esecuzione degli atti della gara a doppio oggetto, con atto del Notaio Paolo Gianfelice di Rieti, repertorio n. 12783 raccolta n. 7614 del 03/12/15, è stato sottoscritto l’atto di cessione di quota sociale tra Provincia di Rieti e i soci privati;
- con lettera prot. n. 146U23 del 27/04/23 la S.A.PRO.DI.R. ha rappresentato al Comune di Fara in Sabina di essere disposta ad erogare il servizio di gestione dei rifiuti in favore dell’ente locale;
- con gli atti, in questa sede, impugnati il Comune ha, invece, deciso di affidare all’esterno, tramite appalto con procedura aperta, il servizio in esame.
Con le prime quattro censure del ricorso principale, tra loro connesse, la Saprodir prospetta:
- la violazione degli atti della gara a doppio oggetto per la conformazione di S.A.PRO.DI.R. quale partenariato pubblico e l’eccesso di potere sotto vari profili in quanto l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti a terzi senza acquisire l’offerta della ricorrente violerebbe gli atti della procedura sulla base della quale è stata costituita la società e gli impegni all’epoca assunti dal Comune di Fara in Sabina il quale con deliberazione del consiglio comunale n. 21 del 24/03/21 avrebbe aderito alla Saprodir proprio al fine di affidare ad essa la gestione del servizio (prima doglianza);
- la violazione dei principi del legittimo affidamento, della correttezza e della buona fede ed eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà, illogicità ed irragionevolezza evidenziando che il mancato affidamento del servizio da parte del Comune arrecherebbe un significativo danno alla società ricorrente in ragione del consistente bacino di utenza riferibile all’ente locale. Tale condotta pregiudicherebbe anche i soci della ricorrente, tra cui il Comune stesso, sarebbe in contrasto con la delibera di consiglio comunale n. 21/11 e non terrebbe conto del fatto che la Sindaca del Comune di Fara in Sabina coincide oggi con il Presidente della Provincia di Rieti e che è stata proprio la Provincia di Rieti a promuovere la Saprodir quale società a capitale misto pubblico e privato per la gestione integrata dei rifiuti urbani. In ogni caso, il Comune avrebbe illogicamente disatteso l’impegno assunto con Saprodir senza evidenziare, a carico di quest’ultima, lacune od incongruenze (seconda doglianza);
- la violazione degli artt. 4 e 12 d. lgs. n. 175/16 ed eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità in quanto, in base al citato art. 4, la partecipazione del Comune in Saprodir significherebbe che l’ente locale qualifica la ricorrente come società incaricata di svolgere attività di produzione di beni e servizi “strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali” quale, appunto, la gestione dei rifiuti urbani che costituisce l’unico oggetto del partenariato. Tale qualificazione di Saprodir e la conservazione per dodici anni, da parte del Comune, della partecipazione societaria comporterebbero, per l’ente locale, un vincolo ad affidare il servizio pubblico alla società perseguendo, in tal modo, anche la valorizzazione di tale partecipazione (terza doglianza);
- l’ulteriore violazione degli atti della gara a doppio oggetto e degli artt. 4 e 12 d. lgs. n. 175/16 nonché eccesso di potere sotto vari profili in quanto la sentenza del TAR Lazio – Roma n. 1392/15, richiamata dal Comune, non legittimerebbe l’affidamento a terzi del servizio perchè riferibile ad una fattispecie antecedente alla conformazione della ricorrente come partenariato pubblico (quarta doglianza).
I motivi sono infondati.
Le censure ora indicate sono state dalla ricorrente formulate sul presupposto per cui la partecipazione del Comune nella Saprodir e la gara a doppio oggetto, sulla base della quale la predetta società ha conseguito l'attuale assetto, obbligherebbero l’ente locale ad affidare il servizio di gestione dei rifiuti urbani alla ricorrente e, comunque, renderebbero incongrua ed antieconomica la scelta di affidare a terzi il servizio in esame.
Tale opzione ermeneutica, però, non può essere condivisa.
A livello normativo, il d. lgs. n. 201/22 stabilisce che:
- “1. I servizi di interesse economico generale di livello locale rispondono alle esigenze delle comunità di riferimento e alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini e degli utenti, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.
2. L'istituzione, la regolazione e la gestione dei servizi pubblici di interesse economico generale di livello locale rispondono a principi di concorrenza, sussidiarietà, anche orizzontale, efficienza nella gestione, efficacia nella soddisfazione dei bisogni dei cittadini, sviluppo sostenibile, produzione di servizi quantitativamente e qualitativamente adeguati, applicazione di tariffe orientate a costi efficienti, promozione di investimenti in innovazione tecnologica, proporzionalità e adeguatezza della durata, trasparenza sulle scelte compiute dalle amministrazioni e sui risultati delle gestioni.
3. Nell'organizzazione e nella erogazione dei servizi di interesse economico generale di livello locale è assicurata la centralità del cittadino e dell'utente, anche favorendo forme di partecipazione attiva” (art. 3);
- “1. Tenuto conto del principio di autonomia nell'organizzazione dei servizi e dei principi di cui all'articolo 3, l'ente locale e gli altri enti competenti, nelle ipotesi in cui ritengono che il perseguimento dell'interesse pubblico debba essere assicurato affidando il servizio pubblico a un singolo operatore o a un numero limitato di operatori, provvedono all'organizzazione del servizio mediante una delle seguenti modalità di gestione:
a) affidamento a terzi mediante procedura a evidenza pubblica, secondo le modalità previste dal dall'articolo 15, nel rispetto del diritto dell'Unione europea;
b) affidamento a società mista, secondo le modalità previste dall'articolo 16, nel rispetto del diritto dell'Unione europea;
c) affidamento a società in house, nei limiti fissati dal diritto dell'Unione europea, secondo le modalità previste dall'articolo 17;
d) limitatamente ai servizi diversi da quelli a rete, gestione in economia o mediante aziende speciali di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.
2. Ai fini della scelta della modalità di gestione del servizio e della definizione del rapporto contrattuale, l'ente locale e gli altri enti competenti tengono conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l'ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l'ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati. Nella valutazione di cui al presente comma, l'ente locale e gli altri enti competenti tengono altresì conto dei dati e delle informazioni che emergono dalle verifiche periodiche di cui all'articolo 30” (art. 14);
- “1. Gli enti locali e gli altri enti competenti possono affidare i servizi di interesse economico generale di livello locale a società a partecipazione mista pubblico-privata, come disciplinate dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. In tali casi, il socio privato è individuato secondo la procedura di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 175 del 2016.
2. L'ente locale può cedere in tutto o in parte la propria partecipazione nelle società di cui al comma 1 mediante procedure a evidenza pubblica. Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere” (art. 16);
- “1. I rapporti tra gli enti affidanti e i soggetti affidatari del servizio pubblico, nonché quelli tra gli enti affidanti e le società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenziali, sono regolati da un contratto di servizio che, nei casi di ricorso a procedure a evidenza pubblica, è redatto sulla base dello schema allegato alla documentazione di gara” (art. 24);
- “1. I comuni o le loro eventuali forme associative, con popolazione superiore a 5.000 abitanti, nonché le città metropolitane, le province e gli altri enti competenti, in relazione al proprio ambito o bacino del servizio, effettuano la ricognizione periodica della situazione gestionale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nei rispettivi territori. Tale ricognizione rileva, per ogni servizio affidato, il concreto andamento dal punto di vista economico, dell'efficienza e della qualità del servizio e del rispetto degli obblighi indicati nel contratto di servizio, in modo analitico, tenendo conto anche degli atti e degli indicatori di cui agli articoli 7, 8 e 9. La ricognizione rileva altresì la misura del ricorso agli affidamenti di cui all'articolo 17, comma 3, secondo periodo, e all'affidamento a società in house, oltre che gli oneri e i risultati in capo agli enti affidanti” (art. 30).
L’art. 200 d. lgs. n. 152/06, poi, stabilisce che:
“1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:
a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;
b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;
c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;
d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;
e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;
f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.
2. Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati”.
Dalla normativa ora richiamata emerge che la partecipazione del Comune ad una società mista non può mai obbligare l’ente ad affidare il servizio di gestione dei rifiuti alla società stessa.
Depongono in questo senso le seguenti considerazioni:
- l’art. 3 d. lgs. n. 201/22 prevede che la gestione dei servizi economici di interesse generale debba avvenire nel rispetto di una serie di principi generali (concorrenza, sussidiarietà, anche orizzontale, efficienza nella gestione, efficacia nella soddisfazione dei bisogni dei cittadini, sviluppo sostenibile, produzione di servizi quantitativamente e qualitativamente adeguati, applicazione di tariffe orientate a costi efficienti, promozione di investimenti in innovazione tecnologica, proporzionalità e adeguatezza della durata, trasparenza sulle scelte compiute dalle amministrazioni e sui risultati delle gestioni) che sarebbero sicuramente vulnerati nell’ipotesi in cui si ritenga che il Comune non possa liberamente scegliere tra le varie modalità di affidamento del servizio o sia vincolato dalla partecipazione ad una società mista;
- nello stesso senso va riguardato l’art. 14 comma 1 d. lgs. n. 201/22 laddove parla di “principio di autonomia nell'organizzazione dei servizi” ivi specificamente riferito alla “scelta della modalità di gestione del servizio pubblico locale”. Proprio sulla base di tale principio la disposizione stabilisce che il Comune possa scegliere, ai fini della gestione del servizio, tra una serie di modalità tra cui “l’affidamento a terzi mediante procedura ad evidenza pubblica e l’affidamento ad una società mista”;
- la scelta della società mista, quale modalità di gestione del servizio, qualora effettuata, non è, comunque, irreversibile. Secondo l’art. 14 comma 2 d. lgs. n. 201/22, “ai fini della scelta della modalità di gestione del servizio e della definizione del rapporto contrattuale, l'ente locale e gli altri enti competenti tengono conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l'ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l'ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati”. Tutti i criteri che il legislatore prevede ai fini della scelta hanno ad oggetto dati e caratteristiche che non sono immutabili nel tempo come si evince dall’obbligo di “ricognizione periodica della situazione gestionale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nei rispettivi territori”, aggiornata ogni anno, la quale “rileva, per ogni servizio affidato, il concreto andamento dal punto di vista economico, dell'efficienza e della qualità del servizio e del rispetto degli obblighi indicati nel contratto di servizio, in modo analitico, tenendo conto anche degli atti e degli indicatori di cui agli articoli 7, 8 e 9” (art. 30 d. lgs. n. 201/22). Tale obbligatoria ricognizione annuale ha ad oggetto la verifica della perdurante esistenza delle ragioni che hanno condotto l’ente locale a prescegliere una determinata modalità di gestione del servizio e, in caso di esito negativo, risulta propedeutica alla modifica di tale modalità. Una contraria soluzione sarebbe, per altro, contraria al principio di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost. in quanto imporrebbe al Comune di continuare a gestire il servizio con modalità non convenienti quale conseguenza necessitata della sua partecipazione alla società mista;
- anche l’art. 16 comma 2 d. lgs. n. 201/22 prevede la libera cedibilità della partecipazione dell’ente locale alla società mista prescrivendo, quale unico onere, l’espletamento di procedure ad evidenza pubblica per l’attribuzione di tale partecipazione. Il successivo inciso, secondo cui “tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere”, non costituisce indice dell’indefettibilità del binomio partecipazione/obbligo di affidamento del servizio alla società mista, ma si limita a prevedere che l’eventuale cessione della quota societaria non influisce sugli affidamenti in corso e ciò proprio perché la fonte di tali affidamenti è esclusivamente ravvisabile nel “contratto di servizio” e non già nella partecipazione;
- ed, infatti, l’art. 24 d. lgs. n. 201/22 individua il contratto di servizio come l’unica fonte dell’obbligo per l’ente locale di affidare il servizio alla società mista. Il primo comma della disposizione, in proposito, stabilisce che “i rapporti tra gli enti affidanti e i soggetti affidatari del servizio pubblico, nonché quelli tra gli enti affidanti e le società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenziali, sono regolati da un contratto di servizio che, nei casi di ricorso a procedure a evidenza pubblica, è redatto sulla base dello schema allegato alla documentazione di gara”. Anche il bando della gara a doppio oggetto fa decorrere la durata dell’affidamento del servizio alla Saprodir dalla stipula del contratto di servizio (art. 5). Nella fattispecie il Comune non ha mai stipulato il contratto di servizio con la società ricorrente e, quindi, non ha mai assunto alcun obbligo nei confronti di quest’ultima;
- lo stesso art. 200 d. lgs. n. 152/06 prefigura une modalità di gestione del servizio tramite ambiti territoriali ottimali (c.d. A.T.O.) non compatibile con il modello organizzativo propugnato dalla ricorrente.
Per altro, l’esistenza di un vincolo giuridico, in capo al Comune, di affidamento del servizio di gestione dei rifiuti alla Saprodir è smentita anche dagli atti amministrativi adottati nella vicenda in esame.
In particolare, il bando della gara “finalizzata alla selezione del socio privato partner industriale non stabile della S.A.PRO.DI.R. S.r.l., mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, indetta ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs 163/2006 e s.m.i., la quale ha ad oggetto, al tempo stesso, l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio” (art. 4.1 del bando), è stato emesso dalla Provincia di Rieti che, ivi, è qualificata come soggetto “delegato, quale stazione appaltante, ai sensi dell’art. 30 del TUEL” senza specificare né i nominativi degli eventuali enti deleganti né i riferimenti specifici alle convenzioni a tal fine necessarie ex art. 30 d. lgs. n. 267/00.
A tal fine, non assume significativa rilevanza la delibera di Consiglio comunale n. 21/11 la quale, se da un lato, approva lo statuto della società mista ed il modello di gestone del servizio ad essa correlato, non ha mai delegato alla Provincia di Rieti le funzioni di stazione appaltante per la scelta del socio privato; in ogni caso la scelta del modello di gestione del servizio, operata dalla delibera, non può, per le ragioni anzi dette, considerarsi irreversibile.
Ne consegue l’impossibilità di riferire giuridicamente al Comune di Fara in Sabina eventuali impegni assunti dalla Provincia di Reti nella qualità di amministrazione aggiudicatrice.
Alla luce di quanto fin qui evidenziato, va ritenuta l’infondatezza delle prime tre censure nella parte in cui postulano un obbligo, a carico del Comune di Fara in Sabina, di affidamento del servizio alla Saprodir derivante dalla partecipazione in detta società detenuta dall’ente locale né, in contrario, è ravvisabile, in favore della ricorrente, alcun affidamento meritevole di giuridica tutela a nulla rilevando, in proposito, il numero congruo degli abitanti del Comune ed il danno asseritamente derivante dal mancato affidamento.
La ricorrente, poi, non può ritenersi legittimata a contestare il pregiudizio, per la partecipazione societaria del Comune, derivante dalla scelta di quest’ultimo in quanto tale valutazione è rimessa all’esclusiva competenza dell’ente locale.
Nessuna significatività, poi, in senso favorevole alla ricorrente, assume il prospettato erroneo richiamo alla sentenza del TAR Lazio n. 1392/15 il quale costituisce un profilo della motivazione della delibera di Consiglio comunale n. 39/23 non essenziale ai fini del riconoscimento della possibilità dell’ente locale di affidare il servizio attraverso procedura aperta di appalto, già desumibile dalla normativa vigente citata nella delibera.
Proprio la riconosciuta inesistenza di un vincolo derivante dallo svolgimento della gara a doppio oggetto e la conseguente possibilità ed, anzi, obbligo, per l’ente locale, di effettuare la scelta gestionale tenendo conto, all’attualità, dei criteri normativamente previsti inducono il Tribunale ad escludere che la delibera n. 39/23 si ponga in immotivato contrasto con la precedente deliberazione n. 21/11 dovendosi ritenere che con la delibera del 2023 l’amministrazione comunale abbia effettuato una scelta sulla base delle esigenze esistenti al momento dell’adozione di tale atto.
Con la quinta censura la ricorrente prospetta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 200 d. lgs. n. 152/06 e della l.r. n. 27/98 nonché eccesso di potere sotto vari profili in quanto la gestione monocomunale del servizio non permetterebbe il superamento della frammentazione e non garantirebbe adeguate dimensioni gestionali, obiettivi, questi, perseguiti dalle norme invocate, e sarebbe in contrasto con le finalità di economicità ed efficacia che la relazione ex art. 14 d. lgs. n. 201/22 dichiara di perseguire; in particolare, un eventuale affidamento alla Saprodir sarebbe più conveniente perché consentirebbe di conseguire economie di scala.
Il motivo è infondato.
In attesa dell’entrata in vigore degli ambiti territoriali ottimali di cui agli artt. 200 e ss. d. lgs. n. 152/06 il Comune, come stabilito dall’art. 198 comma 1 d. lgs. n. 152/06, è titolare del potere di organizzare e gestire in autonomia il servizio di gestione dei rifiuti.
Per altro, la “regionalizzazione dell’intera gestione del ciclo dei rifiuti” di cui parla l’art. 3 l.r. n. 27/98, invocato da parte ricorrente, colloca a livello regionale solo la programmazione del ciclo di gestione del servizio e non anche l’ambito territoriale dello stesso.
Posto che, come già detto, la normativa sugli ambiti territoriali ottimali non risulta ancora attuata, la censura si fonda su una generica ed assertiva, ma indimostrata, maggiore convenienza del servizio offerto dalla Saprodir rispetto all’affidamento a terzi tramite procedura aperta.
Con il sesto motivo la ricorrente lamenta l’eccesso di potere sotto i profili della carenza d’istruttoria, della contraddittorietà, del travisamento e dello sviamento e un’ulteriore violazione degli atti della gara a doppio oggetto in quanto non risponderebbe a verità la circostanza, posta dalla delibera del Consiglio comunale n. 39/2023 e dalla relazione ex art. 14 del d.lgs. n. 201/2022 a fondamento dell’impossibilità di attuare la delibera n. 21/11 (che aveva demandato la riscossione del tributo al gestore), per cui con il Regolamento TARI il Comune si sarebbe riservato l’attività di riscossione del tributo.
La censura è inammissibile ed infondata.
La doglianza, infatti, attiene ad un profilo motivazionale della delibera n. 39/23 non essenziale ai fini della decisione dell’ente locale e, comunque, inidoneo a scalfire la logicità e la congruità della scelta dalla delibera stessa riferite, in via primaria, alla maggiore convenienza di tale modalità di gestione del servizio come desumibile dalla relazione ex art. 14 d. lgs. n. 201/22 ivi richiamata.
Per altro, la modalità di riscossione del tributo non attiene ad un aspetto secondario del rapporto, come prospettato dalla ricorrente, in quanto influisce sulla qualificazione del rapporto stesso; la concessione, infatti, prevede la riscossione ad opera del concessionario mentre l’appalto attribuisce tale adempimento al Comune quale stazione appaltante (da ricordare che la gara a doppio oggetto riguardava l’affidamento in concessione del servizio di rifiuti).
Con la settima e l’ottava censura, tra loro connesse, la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 14 e 31 d. lgs. n. 201/22 e 3 l. n. 241/90 ed eccesso di potere per carenza d’istruttoria e sviamento in quanto:
- la relazione ex art. 14 sarebbe priva del riferimento alle “esperienze paragonabili”, richiesto dalla norma, non assumendo, a tal fine, alcuna rilevanza il raffronto tra il costo medio pro capite ed il costo per kg. di rifiuto perché non vi sarebbe la prova che tali dati siano stati confrontati in riferimento a realtà caratterizzate dalle medesime modalità di gestione dei rifiuti (settima doglianza);
- i costi pro capite e per abitante, indicati dalla relazione ex art. 14, non sarebbero corretti in quanto non terrebbero conto del costo medio annuo di trattamento, smaltimento e recupero a carico del Comune quantificato nella relazione tecnica generale – Piano industriale. Il costo pro capite regionale non sarebbe, poi, indicativo perché falsato dalla presenza, per la parte preponderante, del Comune di Roma e perché non riferibile a realtà caratterizzate da omogenee modalità di gestione del servizio. Per altro, non vi sarebbe la prova che i sei Comuni della Provincia di Rieti, assunti quale termine di confronto, siano effettivamente paragonabili alla concreta realtà del Comune di Fara Sabina e che le metodologie di calcolo dei costi stessi siano effettivamente omogenee; tali carenze indurrebbero a ritenere che la relazione non sia in grado di comprovare l’economicità della soluzione prescelta laddove, in realtà, il Comune avrebbe dovuto richiedere un’offerta alla Saprodir la quale offrirebbe condizioni ben più vantaggiose di quelle ottenibili attraverso l’affidamento a terzi (ottava doglianza).
I motivi sono infondati.
Secondo l’art. 14 d. lgs. n. 201/22:
“2. Ai fini della scelta della modalità di gestione del servizio e della definizione del rapporto contrattuale, l'ente locale e gli altri enti competenti tengono conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l'ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l'ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati. Nella valutazione di cui al presente comma, l'ente locale e gli altri enti competenti tengono altresì conto dei dati e delle informazioni che emergono dalle verifiche periodiche di cui all'articolo 30.
3. Degli esiti della valutazione di cui al comma 2 si dà conto, prima dell'avvio della procedura di affidamento del servizio, in un'apposita relazione nella quale sono evidenziate altresì le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell'Unione europea per la forma di affidamento prescelta, nonché illustrati gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovracompensazioni”.
Dalle disposizioni in esame emerge che la scelta dell’amministrazione relativa alle modalità di gestione del servizio deve tenere conto di una pluralità di elementi ivi indicati che vanno compendiati in una valutazione complessiva che costituisce l’espressione di un’ampia sfera di discrezionalità amministrativa sindacabile in questa sede solo per palesi illogicità, incongruenze ed errori di fatto, nella fattispecie non ravvisabili.
Con la settima e l’ottava censura, invece, parte ricorrente mira inammissibilmente a parcellizzare tale valutazione prospettandone l’erroneità sulla base della dedotta illegittimità di singoli elementi della stessa la cui refluenza sull’esito finale della scelta, operata dall’amministrazione, non è in maniera sufficientemente chiara né prospettata né tanto meno comprovata dalla Saprodir.
In ogni caso, anche nel merito, le doglianze sono infondate in quanto:
- il riferimento alle “esperienze paragonabili” costituisce un elemento non necessario della relazione ex art. 14 come emerge in maniera inequivoca dal comma secondo della disposizione con l’utilizzo della locuzione “anche”;
- l’erroneità delle realtà comunali, assunte dalla relazione (pagg. 44 e ss.) quali termine di paragone, è dalla ricorrente prospettata in maniera generica e ciò malgrado la Saprodir, gestendo i servizi di alcuni di questi Comuni (e, precisamente, Antrodoco, Città Ducale, Montopoli in Sabina e Contigliano), sia in grado di indicare specificamente gli elementi di ritenuta dissonanza rispetto alla realtà del Comune di Fara Sabina;
- in realtà, la relazione (si veda la pag. 44) ha preso in considerazione i dati “dei comuni appartenenti alla stessa provincia di Rieti, demograficamente e morfologicamente simili al Comune di Fara in Sabina, che hanno internalizzato il servizio in questione a società miste a maggioranza pubblica”. Nella memoria difensiva depositata il 19/02/24, il Comune di Fara in Sabina ha precisato che detti Comuni sono stati prescelti, quali termini di paragone, in quanto “morfologicamente simili per territorio (collinare, della provincia di Rieti) e per altezza s.l.m. (varia da 331 mt a 525 mt, con Fara posto in mediana a 482 mt), dotati tutti di centro di raccolta comunale per i rifiuti e di un centro storico particolare e quindi di un servizio di raccolta del tutto similare, se non uguale, a quello dell’Amministrazione resistente” (pag. 18 della memoria). Tutte queste specifiche circostanze non sono state adeguatamente e motivatamente confutate da parte ricorrente;
- la Saprodir afferma apoditticamente di potere fornire un servizio a condizioni migliori rispetto a quelle ritenute ottenibili dal Comune tramite l’affidamento a terzi. Trattasi, però, di circostanza sfornita di alcun elemento specifico di prova ed, anzi, smentita dall’analisi comparativa effettuata dalla relazione in riferimento proprio a quei Comuni il cui servizio è gestito dalla Saprodir (pag. 44 della relazione);
- correttamente il Comune non ha tenuto conto, nella valutazione, dei costi di smaltimento, trattamento e recupero, pur quantificati, in quanto tali prestazioni esulano dall’oggetto dell’affidamento a terzi come individuato dalla relazione (pagine 20 e 21 del documento);
- il riferimento al costo pro capite regionale è un elemento che viene inserito ad abundantiam, insieme agli altri parametri, e su cui la realtà del Comune di Roma non incide in maniera significativa (sul punto possono essere condivise le argomentazioni della resistente: pag. 21 della memoria depositata il 19/02/24);
- come emerge dalla relazione, “i costi sono stati desunti dalle tabelle pubblicate sul sito dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nella sezione Catasto Rifiuti Anno 2021” (pag. 44). L’incongruità di tali dati di riferimento non è comprovata da parte ricorrente.
Con la nona censura la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 97 Cost., 3 l. n. 2411/90 e 14 d. lgs. n. 201/22 nonché eccesso di potere sotto vari profili in quanto l’analisi SWOT, posta dal Comune a fondamento della scelta, in realtà non giustificherebbe l’affidamento a terzi. In particolare, l’analisi SWOT non sarebbe utilizzabile ai fini della valutazione richiesta dall’art. 14 d. lgs. n. 201/22 in quanto “nessuno dei parametri definiti nella Relazione approvata dal Comune per valutare i punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce delle diverse modalità di gestione tiene conto “delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare”, come invece esige l’art. 14 del d.lgs. n. 201/2022: l’analisi SWOT considera parametri generici di carattere esclusivamente soggettivo e in alcun modo riferiti sul piano (oggettivo) alle caratteristiche del servizio da affidare” (pag. 23 dell’atto introduttivo). In ogni caso, l’analisi in esame sarebbe impostata in maniera arbitraria in quanto non sarebbero illustrati il procedimento e i criteri motivazionali dei parametri di valutazione dei punti di forza e di debolezza, delle minacce e delle opportunità. Inoltre, tali parametri sarebbero stati definiti da un consulente del Comune il quale non avrebbe mai dato atto della correttezza e della rispondenza all’interesse pubblico degli stessi. A ciò si aggiunga che i parametri di valutazione presenterebbero significative lacune in quanto non valorizzerebbero il superamento della frammentazione, le economie di scala, la capacità di pronto intervento e la partecipazione societaria del Comune.
Il motivo è infondato.
L’impostazione della censura sconta il vizio prospettico, comune alle due precedenti doglianze e a quelle che si andranno in prosieguo a valutare, di parcellizzare una valutazione globale effettuata dall’amministrazione censurando singoli punti della valutazione stessa, nella fattispecie con riferimento all’analisi Swot, senza comprovare in che modo tali presunte carenze possano inficiare l’attendibilità complessiva della scelta effettuata dall’amministrazione.
A ciò si aggiunga che, contrariamente a quanto prospettato dalla ricorrente, i parametri valutativi utilizzati nella fattispecie dal Comune ai fini dell’analisi c.d. Swot sono, comunque, riferibili ai criteri di valutazione previsti dall’art. 14 comma 2 d. lgs. n. 201/22: è il caso, ad esempio, tra i punti di forza, del criterio dell’“efficientamento del servizio in termini qualitativi e innovativi”, della maggiore elasticità di cambiamento alle esigenze di esecuzione del servizio, della prevedibilità di costi di servizio più bassi per la convenuta residualità degli utili di impresa e la possibile riduzione delle spese generali e della possibilità di ottimizzare la vendita della frazione merceologica differenziata ad un mercato più ampio per merito di volumi di rifiuti raccolti maggiori in sinergia con più appalti. Tutti questi elementi, infatti, sono riferibili ai costi e alle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio, menzionati dall’art. 14 comma 2 d. lgs. n. 201/22 ai fini della scelta. Lo stesso vale per gli altri elementi facenti parte dell’analisi quale minuziosamente riportati alle pagine 49-54 della relazione a cui si rinvia.
La dedotta mancata dimostrazione, poi, dei procedimenti di determinazione dei parametri di valutazione e dei criteri di motivazione si risolve nella prospettazione di una carenza meramente formale priva di effettiva significatività se si considera che non risultano comprovate l’incongruità dei parametri utilizzati e la loro estraneità all’ambito applicativo dell’art. 14 comma 2 d. lgs. n. 201/22.
Inoltre, il richiamo, da parte della delibera del Consiglio comunale n. 39/23, alla relazione ex art. 14 e, conseguentemente, all’analisi Swot, ivi contenuta, vale come approvazione dei relativi criteri, elaborata dal consulente esterno, da parte dell’organo consiliare
Da ultimo, va rilevato che la ricorrente pretende di sostituire propri criteri di valutazione dell’analisi (il superamento della frammentazione, la capacità di pronto intervento, le economie di scala riferibili al modello della società mista) a quelli utilizzati dall’amministrazione il che costituisce un’inammissibile sconfinamento nella valutazione del merito dell’azione amministrativa.
Con la decima censura la ricorrente evidenzia ulteriori contraddizioni, carenze ed illogicità che, a suo dire, caratterizzerebbero l’analisi Swot. In particolare:
- “la possibilità di ottimizzare la vendita della frazione merceologica differenziata ad un mercato più ampio per merito di volumi di rifiuti raccolti maggiori in sinergia con più appalti” sarebbe coerente, nella stessa misura, con ogni modalità di gestione del servizio pubblico e non solo con l’affidamento a terzi;
- parimenti, “la possibilità di gestire appieno la società con i canoni di una azienda privata che opera mediante scelte autonome da parte del management basate sull’intuito e sulle convinzioni personali” (premiata con 2 punti) varrebbe anche per la società mista e non solo per l’affidamento esterno;
- sarebbe errato considerare punto di forza esclusivo dell’affidamento a terzi, con attribuzione di 2 punti, “l’obbligo di ribasso sull’importo a base d’asta”: anche la gara a doppio oggetto, infatti, consentirebbe un’offerta economica finalizzata al ribasso. Allo stesso modo anche nella gara a doppio oggetto i concorrenti sarebbero chiamati a proporre migliorie: quindi il punto di forza (con attribuzione di 2 punti) non sarebbe proprio del solo affidamento esterno;
- anche per la società mista e non solo per l’in house dovrebbero essere valorizzati i profili relativi al “supporto operativo e amministrativo a favore dell’Ente socio, anche per gli aspetti di taglio formale tipicamente connessi alla gestione dei rifiuti, nonché - valutando sinergie con l’Ente stesso anche di coordinamento - a favore delle attività non domestiche del territorio per aspetti amministrativi e/o anche operativi dedicati” e “alla sinergia con le molteplici funzioni dell’Ente, non direttamente connesse all’esecuzione del servizio, con conseguente vantaggio e snellimento delle procedure finalizzate al conseguimento degli obiettivi”;
- sarebbero erronei anche i punteggi attribuiti alla società in relazione al terz’ultimo e all’ultimo parametro dei punti di debolezza. Infatti, se è un punto di debolezza l’esigua partecipazione dell’amministrazione al capitale della società mista, la totale mancanza di partecipazione al capitale dovrebbe essere un punto di debolezza ancora maggiore nell’affidamento a terzi. Nello stesso senso, se sono punto di debolezza della società mista “i maggiori costi derivanti dalla necessità di prevedere utili di impresa e spese generali di gestione”, non si vede perché questo non sia un punto di debolezza anche, a maggior ragione, per l’affidamento esterno;
- non sarebbero punti di debolezza della società mista i primi 3 indicati nella tabella di p. 51 della Relazione perché: i) la società mista non incontra particolari limitazioni nell’acquisizione di risorse umane e strumentali; ii) anche nella gara a doppio oggetto è previsto il ribasso; iii) la gestione della società avviene da parte del socio privato e quindi con logica imprenditoriale. Non è vero che la società mista sarebbe un ibrido tra una società di capitali e un ente pubblico: la società mista è un’impresa a tutti gli effetti. Infine, non si vede perché la società mista non dovrebbe permettere sinergie con le funzioni dell’ente: al contrario, proprio il capitale anche pubblico dell’operatore può agevolare tali sinergie;
- in riferimento alle opportunità, sarebbero riferibili anche alla società mista e non solo all’in house anche i seguenti criteri: “Per il soggetto gestore che potrà contare oltre che sulla propria efficienza ed efficacia, anche sul supporto della collettività nel generare innovazioni ritenute utili dalla collettività e che pertanto accrescono le possibilità di sinergie con il soggetto gestore” e “Per il management nella “crescita” professionale e personale, e nell’orgoglio di lavorare per un soggetto efficiente nel quale i cittadini si identificano”;
- in relazione alle minacce, sarebbe manifestamente illogico e irragionevole individuare “la cattiva gestione aziendale che può determinare un maggior costo, anche per l’Amministrazione, rispetto al valore dei servizi offerti” quale minaccia solo per la società e non anche per l’affidamento all’esterno. Inoltre, non sarebbe chiaro in che cosa consisterebbe “l’eccessiva interferenza nelle attività esecutive quotidiane della società, da parte di soggetti interni all’Ente ma diversi dal responsabile del procedimento o dal responsabile dell’esecuzione del contratto” e perché questo debba riguardare solo la società mista;
- inoltre, sarebbe illogico e irragionevole ritenere che potrebbe esservi un rapporto sinergico insufficiente tra il Comune e la società mista in quanto dipende dal Comune conformare il rapporto in maniera da garantire adeguata sinergia con la società partecipata. Peraltro, questo profilo era già presente tra i punti di debolezza e prevederlo anche tra le minacce costituisce un’artificiosa e strumentale duplicazione. Infine, sarebbe manifestamente illogico e irragionevole individuare come minaccia per la società mista e non anche per l’affidamento all’esterno “il dover far fronte ad attacchi strumentali, mediatici e non, con finalità non dirette al miglioramento del servizio”;
- anche le esigenze di maggior controllo sull’esecuzione del servizio affidato e di migliore gestione dei rischi in ragione di un maggior controllo sul servizio, poste dall’amministrazione a fronte della scelta dell’affidamento a terzi, sarebbero riferibili anche alla società mista potendo le stesse trovare soddisfazione attraverso il contratto di servizio.
Il motivo è infondato.
Anche in riferimento alla censura in esame va richiamato quanto in precedenza detto circa l’inammissibilità di contestazioni parcellizzate e di sostituzione nelle valutazioni di merito dell’amministrazione.
In ogni caso, anche nel merito, le contestazioni in cui si articola la decima censura sono infondate in quanto:
- molte delle critiche formulate da parte ricorrente devono tenere conto dell’impossibilità di quest’ultima di partecipare alle gare per l’affidamento di servizi diversi da quelli oggetto della gara a doppio oggetto all’esito della quale è stata costituita la società mista (così TAR Lazio – Roma n. 17846/23);
- in quest’ottica, va riguardata la “possibilità di ottimizzare la vendita della frazione merceologica differenziata ad un mercato più ampio per merito di volumi di rifiuti raccolti maggiori in sinergia con più appalti” che la ricorrente erroneamente riferisce anche alla società mista nella stessa misura rispetto all’affidamento esterno;
- “la possibilità di gestire appieno la società con i canoni di una azienda privata che opera mediante scelte autonome da parte del management basate sull’intuito e sulle convinzioni personali” non assume la stessa valenza per l’operatore totalmente privato rispetto alla società mista atteso che quest’ultima risulta, comunque, condizionata dalla concreta influenza e responsabilità degli enti pubblici ad essa partecipanti;
- contrariamente a quanto prospettato dalla ricorrente, la società mista, a differenza dell’affidamento all’esterno, è soggetta a vincoli quanto all’approvvigionamento del personale (art. 19 d. lgs. n. 175/16) e dei beni, servizi e lavori (in conseguenza della tendenziale applicabilità del codice degli appalti salve le eccezioni previste dall’art. 17 comma 6 d. lgs. n. 175/16);
- il ribasso offerto dall’affidatario tramite appalto è presumibilmente maggiore di quello proposto dal partecipante alla gara a doppio oggetto sul quale incombe anche l’onere economico relativo all’acquisizione della partecipazione societaria. Le migliorie ottenibili attraverso l’appalto, poi, sono specificamente riferite alle esigenze del singolo Comune-stazione appaltante a differenza di quelle offerte nella gara a doppio oggetto;
- in conseguenza dell’autonomia gestionale che caratterizza la società mista, la situazione di quest’ultima è obiettivamente diversa rispetto a quella dell’ente in house per quanto concerne il “supporto operativo e amministrativo a favore dell’Ente socio, anche per gli aspetti di taglio formale tipicamente connessi alla gestione dei rifiuti, nonché - valutando sinergie con l’Ente stesso anche di coordinamento - a favore delle attività non domestiche del territorio per aspetti amministrativi e/o anche operativi dedicati” e “la sinergia con le molteplici funzioni dell’Ente, non direttamente connesse all’esecuzione del servizio, con conseguente vantaggio e snellimento delle procedure finalizzate al conseguimento degli obiettivi”;
- la partecipazione alla società mista espone l’ente pubblico a rischi in termini di cattiva gestione e responsabilità cui l’ente pubblico non è soggetto in caso di affidamento a terzi;
- è condivisibile quanto prospettato dalla resistente circa il fatto che l’affidamento esterno mediante appalto permetta un maggiore controllo sull’esecuzione del servizio e una migliore gestione dei relativi rischi. Infatti, a differenza del modello in house e della società mista, l’ente locale non è coinvolto nella gestione e risulta, pertanto, in grado di analizzare con maggiore obiettività e imparzialità la correttezza dell’attività condotta dal terzo operatore in appalto.
Con atto notificato il 29/01/24 e depositato il 09/02/24 la ricorrente ha impugnato con motivi aggiunti la deliberazione n. 67 del 29/12/23, recante “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie ex art. 20 e 26 comma 11 del d. lgs. 19 agosto 2016 n. 175 e ss.mm.ii. Ricognizione delle partecipazioni possedute al 31.12.2022 ed individuazione delle partecipazioni oggetto di dismissione”, con cui il Consiglio comunale ha, tra l’altro, deciso di cedere le quote di partecipazione alla società Saprodir, gli atti approvati dalla predetta delibera e relativi allegati tra cui l’Allegato A recante “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie del Comune di Fara in Sabina al 31/12/2022 – art. 20 D. Lgs. 19 agosto 2016, n. 175” e la “Relazione sui risultati conseguiti in attuazione del Piano di Razionalizzazione periodica ex art. 20 e 26 comma 11 del D. Lgs. n. 175/2016 delle partecipazioni societarie del Comune di Fara in Sabina”, il parere del Revisore Unico dei Conti e la proposta n. 2415 del 27/12/23.
Con il gravame per motivi aggiunti la ricorrente sostanzialmente contesta la scelta, operata dal Comune con la delibera n. 67/23, di cedere le proprie quote di partecipazione nella Saprodir.
In via pregiudiziale, il Tribunale ritiene che l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune resistente sia infondata e debba essere respinta.
Secondo il giudice di legittimità, “in tema di riparto di giurisdizione, spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l'attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società (provvedendo anche alla scelta del socio) o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa, mentre sono attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, le quali restano interamente soggette alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito, dal contratto di costituzione della società, alla successiva attività della compagine societaria partecipata con cui l'ente esercita, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, le facoltà proprie del socio (azionista), fino al suo scioglimento” (Cass. SS.UU. n. 21588/13).
Nell’interpretare l’orientamento in esame, sia il giudice amministrativo (Cons. Stato n. 3969/2020; TAR Lombardia – Milano n. 2741/23) che la Corte di cassazione (SS.UU. n. 38597/21) ritengono che la cognizione in ordine alla legittimità della delibera consiliare che, ai sensi degli artt. 7 e 10 d. lgs. n. 175/16, dispone la dismissione della partecipazione pubblica nella società mista, sia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
In quest’ottica, il giudice regolatore della giurisdizione (Cass. SS.UU. n. 38597/21) ha affermato che:
“questa Corte ha già avuto modo di precisare, sia nell'ambito di ricorsi per motivi inerenti la giurisdizione sia, con principi analoghi, nell'ambito della giurisprudenza regolatrice delle Sezioni unite, che, nel settore dell'attività negoziale della p.a., tutte le controversie che attengono alla fase preliminare, antecedente e prodromica al contratto, inerenti alla formazione della sua volontà ed alla scelta del contraente privato in base alle regole c.d. dell'evidenza pubblica, appartengono al giudice amministrativo, mentre quelle che radicano le loro ragioni nella serie negoziale successiva, che va dalla stipulazione del contratto fino alle vicende del suo adempimento, e riguardano la disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono, sono devolute al giudice ordinario (Cass., sez. un., 26 giugno 2020, n. 12861; 13 marzo 2020, n. 7219; v. pure Cass., sez. un., 29 gennaio 2018, n. 2144; 10 aprile 2017, n. 9149; 31 maggio 2016, n. 11366; 8 luglio 2015, n. 14188; 20 settembre 2013, n. 21588; 24 maggio 2013, n. 12902; 5 aprile 2012, n. 5446; 13 marzo 2009, n. 6068).
Nella specie, il giudice amministrativo è stato chiamato a decidere non su di una controversia relativa ad atti privatistici del socio pubblico, bensì a stabilire se legittimamente gli enti territoriali abbiano assunto, mediante i rispettivi consigli comunali, le delibere di cessione a terzi delle azioni possedute, con il conseguente avviso di gara.
Tale scelta, atto prodromico alla stipulazione del negozio di diritto privato comportante il trasferimento delle azioni, in quanto relativo ad un momento antecedente all'instaurazione del rapporto civilistico ed attinente al procedimento formativo della volontà dell'ente, è stata adottata nelle forme di una deliberazione consiliare, vale a dire con un tipico atto amministrativo che, in quanto tale, non avrebbe potuto che essere impugnato dai controinteressati davanti al giudice naturale, costituito, per siffatti rapporti, dal T.a.r. competente, cui soltanto era demandato il compito di stabilire se fosse consentito procedere all'alienazione e valutare gli eventuali vizi del procedimento ad evidenza pubblica”.
Nel merito, il ricorso per motivi aggiunti è infondato.
Va, innanzi tutto, respinta la prima censura (pagine 9 – 28 del ricorso per motivi aggiunti) con cui la parte ricorrente prospetta l’illegittimità della delibera n. 67/23 derivata da quella degli atti impugnati in via principale; sul punto si rinvia a quanto in precedenza evidenziato circa l’infondatezza del ricorso principale.
Con la seconda doglianza del gravame per motivi aggiunti la ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 l. n. 241/90 e del principio del giusto procedimento nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria in quanto l’atto di fuoriuscita del Comune dalla società ricorrente avrebbe dovuto essere comunicato alla Saprodir e ai suoi soci; l’omissione di tale formalità procedimentale avrebbe precluso agli interessati di prospettare all’ente locale elementi informativi necessari ai fini della sua decisione.
Il motivo è infondato.
La procedura prevista per la dismissione delle quote di partecipazione dagli artt. 7, 10 e 20 d. lgs. n. 175/16 non attribuisce alcuna rilevanza, ai fini dell’individuazione dei criteri di gestione delle partecipazioni pubbliche in enti societari, alla posizione della società partecipata e ai soci della stessa di talché questi non possono essere considerati quali “interessati” destinatari, in quanto tali, dell’onere partecipativo previsto dall’art. 7 l. n. 241/90.
A ciò si aggiunga che, in ogni caso, il motivo ha ad oggetto un vizio procedimentale che, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 l. n. 241/90, non comporta la caducazione giurisdizionale degli atti impugnati stante la correttezza sostanziale degli stessi.
Con la terza e la quarta censura, tra loro connesse, la ricorrente lamenta:
- la violazione degli atti della gara a doppio oggetto per la conformazione di S.A.PRO.DI.R. quale PPPI, l’eccesso di potere sotto vari profili e la violazione dei principi di correttezza, buona fede ed affidamento in quanto il Comune resistente si sarebbe impegnato a rimanere socio della Saprodir ed a gestire il servizio per almeno venti anni e la decisione di dismettere le relative quote sociali pregiudicherebbe l’affidamento della ricorrente e dei suoi soci, il tutto senza che l’ente locale abbia preventivamente valutato l’eventuale offerta della Saprodir (terza doglianza);
- la violazione degli atti della gara a doppio oggetto, l’eccesso di potere sotto vari profili e la violazione dei principi di correttezza, buona fede, legittimo affidamento, cooperazione e di leale collaborazione in quanto il Comune avrebbe deliberato la cessione della quota sociale “ignorando i vincoli assunti in seno al più volte citato PPPI e di cui esso non può disporre singolarmente” (pag. 32 del ricorso per motivi aggiunti: quarta doglianza).
I motivi in esame sono infondati in quanto entrambi muovono dal presupposto interpretativo per cui la gara a doppio oggetto, invocata dalla ricorrente, obbligherebbe il Comune di Fara Sabina a rimanere socio della Saprodir e ad affidare ad essa il servizio di gestione dei rifiuti.
Tale impostazione, però, non può essere condivisa come evidenziato in precedenza in riferimento alle analoghe prospettazioni contenute nel ricorso principale.
Con la quinta e la sesta censura la ricorrente prospetta:
- la violazione dei principi di cooperazione, di leale collaborazione, legittimo affidamento, correttezza, buona fede e l’eccesso di potere sotto vari profili in quanto il Comune di Fara Sabina rappresenterebbe un bacino consistente nell’ambito del servizio il che pregiudicherebbe in maniera significativa l’interesse della Saprodir che su tale servizio avrebbe fatto affidamento. Inoltre, “la Sindaca del Comune di Fara in Sabina coincide oggi con il Presidente della Provincia di Rieti ed è stata proprio la Provincia di Rieti a promuovere S.A.PRO.DI.R. quale società a capitale misto pubblico e privato per la gestione integrata dei rifiuti urbani nei Comuni soci” (pag. 33 del ricorso per motivi aggiunti: quinta doglianza);
- la violazione dei principi del legittimo affidamento, correttezza e buona fede e l’eccesso di potere in quanto gli atti impugnati disattenderebbero gli impegni presi dal Comune con la Saprodir senza evidenziare, a supporto della decisione, specifiche lacune o inefficienze della predetta società (sesta doglianza).
I motivi sono infondati; trattasi, infatti, di doglianze meramente ripetitive della seconda censura del ricorso principale e per la cui inaccoglibilità si rinvia a quanto in precedenza esplicitato.
Con la settima censura la ricorrente deduce la violazione degli artt. 3 e 21 quinquies l. n. 241/90 in quanto la delibera consiliare n. 67/23 revocherebbe la precedente delibera n. 21/11 nonostante l’intervenuto consolidamento della posizione delle parti e l’avvenuta conclusione del contratto e, comunque, si fonderebbe su una rivalutazione dell’interesse pubblico originario da ritenersi inammissibile avendo ad oggetto un provvedimento attributivo di vantaggi economici.
Il motivo è infondato.
L’art. 21 quinquies l. n. 241/90 non costituisce idoneo parametro alla luce del quale valutare la legittimità degli atti impugnati i quali sono stati adottati nell’ambito del procedimento di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche previsto dall’art. 20 d. lgs. n. 175/16 come obbligo per gli enti pubblici partecipanti e comportante una serie di possibili esiti tra cui figura anche la cessione delle quote sociali come espressamente indicato dal primo comma della disposizione.
Ne deriva che la “revoca” della delibera consiliare n. 21/11 non costituisce espressione del potere di cui all’art. 21 quinquies l. n. 241/90 ma è un mero atto consequenziale alla decisione di alienare la quota sociale assunta dal Comune all’esito del procedimento di razionalizzazione delle partecipazioni.
Con l’ottava censura la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 4 d. lgs. n. 175/16, 14 comma 27 d. l. n. 78/10, 200 d. lgs. n. 152/06 e della l.r. n. 27/98 nonché eccesso di potere sotto vari profili e violazione dei principi di efficacia, efficienza, economicità, buona fede ed affidamento in quanto il Comune avrebbe erroneamente ritenuto che la partecipazione nella Saprodir non sarebbe strategica e necessaria per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente locale; infatti, la società sarebbe stata costituita per la gestione dei rifiuti urbani che costituisce una delle funzioni fondamentali dei Comuni e consentirebbe il superamento della frammentazione del servizio auspicato dall’art. 200 d. lgs. n. 152/06 ed, inoltre, nell’allegato A alla delibera n. 67/2023 sarebbero richiamate sentenze non pertinenti rispetto alla fattispecie.
Il motivo è inammissibile in quanto volto a sindacare, in maniera non consentita, la valutazione di merito, di stretta pertinenza dell’amministrazione, relativa alla ritenuta strategicità, per l’ente locale, della sua partecipazione societaria nella Saprodir.
In ogni caso, la doglianza è anche, nel merito, infondata in quanto si limita a riprodurre le argomentazioni già esplicitate in riferimento al terzo e quinto motivo del ricorso principale per la cui infondatezza si rinvia a quanto evidenziato in occasione del relativo esame.
Con la nona censura e decima censura la ricorrente lamenta:
- un’ulteriore violazione degli atti della gara a doppio oggetto e l’eccesso di potere per travisamento e sviamento in quanto il richiamo del Comune alla sentenza del TAR Lazio – Roma n. 1392/15 sarebbe non pertinente (nona doglianza);
- l’eccesso di potere sotto vari profili ed, ancora, la violazione degli atti della gara doppio oggetto in quanto il regolamento comunale sulla TARI, che attribuisce all’ente locale la riscossione del tributo, non impedirebbe all’ente stesso di partecipare alla Saprodir (decima doglianza).
I motivi costituiscono la riproduzione della quarta (come espressamente dichiarato dalla Saprodir) e della sesta censura del ricorso principale già ritenute infondate dal Tribunale nella precedente parte della motivazione a cui si rinvia.
Con l’undicesima censura la ricorrente deduce la violazione degli artt. 3, 11, 17 e 26 d. lgs. n. 175/16 nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria, sviamento e travisamento in quanto non sussisterebbe il contrasto della partecipazione societaria del Comune con le norme del d. lgs. n. 175/16 richiamate nella delibera n. 67/23; in particolare, la Saprodir non sarebbe qualificabile come società a controllo pubblico in quanto la maggioranza del capitale sarebbe pubblica ma frazionata.
Il motivo è inammissibile in quanto ha ad oggetto un profilo motivazionale non esplicitato nella delibera n. 67/23 la quale pone, quale argomentazione principale a fondamento della decisione di cedere la quota sociale, la valutazione di non strategicità di tale partecipazione nella Saprodir avendo il Comune optato per altre modalità di gestione del servizio.
Con la dodicesima censura la ricorrente prospetta l’illegittimità dell’allegato A alla delibera n. 67/23, derivata dall’invalidità della delibera n. 39/23, e della relazione ex art. 14 d. lgs. n. 175/16 dalla prima richiamate ed impugnate con il ricorso principale.
Il motivo è infondato in quanto, come evidenziato in sede di scrutinio del ricorso principale, non sussistono le prospettate illegittimità della delibera n. 39/23 e della relazione ex art. 14 alla stessa allegata.
Per questi motivi il ricorso è inammissibile ed infondato.
La ricorrente, in quanto soccombente, deve essere condannata al pagamento delle spese del presente giudizio il cui importo è liquidato in dispositivo sulla base del d.m. n. 55/14, nella versione attualmente vigente, considerando la presente controversia come avente valore indeterminabile e, quindi, in riferimento ai valori fino a 260 mila euro, come previsto dall’art. 5 comma 6 d.m. n. 55/14, tenuto conto dell’aumento ex art. 4 comma 10 bis del medesimo testo normativo applicabile in relazione all’avvenuta proposizione di motivi aggiunti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definendo il giudizio, così provvede:
1) dichiara l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, secondo quanto evidenziato in motivazione;
2) condanna la ricorrente a pagare, in favore del Comune di Fara in Sabina, le spese del presente giudizio il cui importo liquida in complessivi euro novemila/00, oltre spese generali nella misura del 15%, iva e cpa come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Michelangelo Francavilla, Consigliere, Estensore
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Michelangelo Francavilla |
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Pietro Morabito |
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IL SEGRETARIO
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