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Corte di Cassazione, SS.UU., 8/7/2024 n. 18623
Sull'affidamento in via diretta del servizio idrico integrato ad una società in house

L'art. 149-bis d.lgs. n. 152/2006, per come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa, esclude la possibilità di partecipazione di privati al capitale della società in house e, allo stesso tempo, legittima anche la possibilità della partecipazione dell'ente in via indiretta a mezzo di un soggetto terzo (nella specie l'EGATO) con funzione strumentale all'acquisizione da parte dei singoli Comuni delle quote del gestore unico.

Questo principio non può dirsi smentito dall'art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 201 del 2022, il quale prevede il divieto di partecipazione degli enti di governo ai soggetti incaricati della gestione del servizio.

Ciò perché, da un lato, trattasi di normativa inapplicabile in quanto successiva; dall'altro lato (in particolare), perché l'art. 33 del medesimo D.Lgs. n. 201 del 2022, al comma 1, espressamente dispone che "Ai fini della piena attuazione degli impegni contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'articolo 6, comma 2, non si applica alle partecipazioni degli enti di Governo dell'ambito del servizio idrico integrato di cui all'articolo 147, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152".


Materia: acqua / servizio idrico integrato

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente Aggiunto

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sezione

Dott. TRIA Lucia – Presidente di Sezione

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente di Sezione

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere Rel.

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

 

SENTENZA

sul ricorso 27549/2022 proposto da:

OMISSIS Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Parioli 180, presso lo studio dell’avvocato Sanino Mario, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Aicardi Nicola e Caia Giuseppe;

– ricorrente –

 

contro

ENTE DI GOVERNO DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO DELL’AMBITO 4 CUNEESE (EGATO), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cicerone 44, presso lo studio dell’avvocato Protto Mariano che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Comba Mario Eugenio;

CONSORZIO GESTORI SERVIZI IDRICI (CO.GE.S.I.) S.c.r.l., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Largo Messico 7, presso lo studio dell’avvocato Cogo Giampaolo Maria che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Geninatti SatÈ Luca;

PROVINCIA DI CUNEO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Di Porta Pinciana 6, presso lo studio dell’avvocato Collevecchio Marcello, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Rossi Michela;

– controricorrenti –

 

avverso la sentenza n. 149/2022 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 14/07/2022.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2024 dal consigliere ALDO CARRATO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Giuseppe Caia, Francesco Lettera per delega dell’avvocato Mariano Protto, Marcello Collevecchio e Giampaolo Maria Cogo.

 

Svolgimento del processo

1. – A seguito dell’avvenuta soppressione delle AATO ai sensi dell’art. 2, co. 186-bis della L. 23 dicembre 2009 n. 191, per l’ambito territoriale ottimale n. 4 Cuneese, in cui erano compresi i 250 Comuni della Provincia di Cuneo (raggruppati in Aree omogenee ed in Unioni montane), fu costituito l’apposito Ente di governo – EGATO 4, al quale furono assegnati i compiti di organizzazione del servizio idrico integrato (d’ora in poi SII) per l’Ambito stesso.

Nel previgente sistema, la gestione del SII, quando non svolta in economia da Comuni singoli o tra loro associati, era stata affidata a vari concessionari a capitale misto ed operanti in diverse zone dell’Ambito, tra cui la OMISSIS Spa (attuale ricorrente), la Alpi Acque Spa e la ALSE Spa, consorziate nella AETA s.c.a.r.l., corrente in Bra (CN).

La convenzione, stipulata tra quest’ultima e l’EGATO 4 in data 7 giugno 2006, stabilì, tra l’altro, la durata delle gestioni consortili fino al 31 luglio 2017. Tali gestioni furono poi conformate dal Piano d’Ambito approvato dall’EGATO 4 con la delibera conferenziale n. 2 del 28 dicembre 2006 (e vigente fino al 2026), nel senso che, tra l’altro, gli interventi e gli investimenti, che i gestori del SII erano tenuti ad effettuare, sarebbero stati finanziati grazie al gettito della tariffa del servizio stabilita da tale Piano. Poi, con delibera n. 1 del 2 luglio 2015, l’Assemblea generale degli enti locali partecipanti all’EGATO 4 fissò gli indirizzi per la rielaborazione del Piano d’ambito, anche al fine di riallinearne la vigenza alla durata ipotizzata della gestione unitaria del SII, da affidare fino al 2047. Pertanto, la Conferenza dell’EGATO dispose la rielaborazione del Piano stesso, l’individuazione del nuovo modello gestionale e la scelta del nuovo gestore unico. Nelle more, tuttavia e a decorrere dal 2012, il metodo di finanziamento degli investimenti non poté più essere garantito alle imprese gestrici del SII per quelli già compiuti o in via d’espletamento, in virtù del nuovo sistema tariffario recato dalla delibera dell’AEEGSI (poi, ARERA) n. 585 del 28 dicembre 2012 e via via aggiornato dall’Autorità per gli anni dal 2014 al 2019. Si provvide, quindi, ad una nuova convenzione, stipulata senza condizioni o riserve tra l’AETA s.c.a.r.l. e l’EGATO 4 il 16 ottobre 2016 e redatta in base alla convenzione-tipo AEEGSI, per adeguare la convenzione del 2006 inter partes alle nuove modalità di finanziamento dei gestori del SII.

L’AETA s.c.a.r.l. aveva più volte rappresentato (anche dopo la scadenza, in data 31 luglio 2017, delle precedenti gestioni e ben dopo la sottoscrizione della convenzione del 2016) gli effetti negativi del nuovo sistema tariffario sulla sostenibilità e l’ammortamento degli investimenti già effettuati in base alla precedente convenzione del 2006.

In realtà, la citata società AETA, all’inizio, fece presente all’EGATO esigenze alquanto generali di perequazione, chiedendo, di seguito, espressamente di provvedere al riequilibrio economico finanziario delle gestioni mediante l’estensione della loro durata (ossia fino al 31 luglio 2022), ormai resosi necessario a causa della diminuzione delle entrate tariffarie.

Tale richiesta fu, però, respinta dall’Ente con la delibera conferenziale n. 16 del 28 settembre 2017.

 Dal canto suo, la OMISSIS Spa rese nota l’emanazione di altra delibera conferenziale (la n. 3 dell’8 marzo 2018) recante l’approvazione del nuovo Piano d’ambito 2018/2047, la dichiarazione di sintesi e la conclusione positiva della procedura VAS sul piano stesso; con successiva delibera n. 4 del 28 marzo 2018, l’Assemblea degli Enti Locali partecipanti all’ATO n. 4 ebbe ad indicare le proposte sulla scelta della forma di gestione del SII.

 

2. Di seguito, la OMISSIS Spa impugnò dinanzi al TSAP tali delibere e gli atti connessi e con separati motivi aggiunti gravò anche la delibera n. 12 del 7 maggio 2018, riguardante la scelta sulle forme di gestione per l’affidamento del SII e la proroga tecnica fino al 30 giugno 2019, o alla data anteriore dell’effettivo subentro, delle gestioni in essere, deducendo in proposito vari tipi di censure.

Peraltro, nelle more dell’instauratosi giudizio, era intervenuta, in un primo momento, la delibera conferenziale n. 6 del 27 marzo 2019, con cui l’EGATO aveva disposto l’affidamento unitario e totalitario in house del SII per tutto l’Ambito e per tutti gli enti compresi ad un soggetto interamente pubblico (la CO.GE.S.I. s.c.a.r.l.) ai sensi del combinato disposto dell’art. 149-bis, co.1, 2 periodo, e co. 2, 2 periodo, del D.Lgs. n. 152/2006.

 

3. Con sentenza n. 149/2022, il TSAP – riuniti i ricorsi – li respingeva, rilevando, dopo aver affermato la sussistenza della propria giurisdizione, la correttezza dell’operato dell’EGATO nella definizione ed approvazione del Piano d’Ambito e la legittimità della decisione dello stesso Ente di Governo nell’aver adottato la gestione in house e nell’aver individuato il CO.GE.S.I. quale soggetto unico, secondo lo schema di cui al citato art. 149-bis del D.Lgs. n. 152/2006.

4. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, la OMISSIS Spa

Hanno resistito con distinti controricorsi la Provincia di Cuneo, l’Ente di Governo del Servizio idrico integrato dell’Ambito/4 Cuneese e il CO.GE.S.I. S.c.r.l.

Il P.G. ha concluso oralmente alla pubblica udienza nel senso del rigetto del ricorso.

Le difese di tutte le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, la ricorrente ha denunciato la violazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione tra operatori economici e violazione del parametro di cui all’art. 173 del D.Lgs. n. 152/2006 in tema di trapasso del personale in occasione dei subentri tra gestori del servizio idrico integrato, con riguardo ai provvedimenti dell’Ente di Governo del Servizio idrico integrato dell’Ambito/4 Cuneese che hanno posto a raffronto tre possibili modelli di organizzazione del servizio idrico integrato (affidamento a terzi con gara; affidamento a società mista con socio privato operativo scelto con gara; affidamento diretto in house), giungendo alla conclusione della maggiore convenienza del modello in house.

 

2. Con il secondo motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. n. 175/2016, dell’art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011, dell’art. 34, comma 20, del D.L. n. 179/2012 e dell’art. 192 del D.Lgs. n. 50/2016, avuto riguardo al procedimento da osservare ai fini dell’adozione, da parte del suddetto Ente di Governo, dei provvedimenti con cui era stato scelto l’affidamento in house del servizio idrico integrato e ne era stato disposto l’affidamento diretto in favore dell’individuata società in house, con particolare riferimento alla violazione dei connessi obblighi motivazionali.

 

3. Con il terzo motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011, per la mancata considerazione degli accantonamenti nei bilanci dei Comuni soci della società in house, affidataria della gestione del servizio idrico integrato.

 

4. Con il quarto motivo, la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 149-bis, comma 1, D.Lgs. n. 152/2016 e dell’art. 1, comma 1, lett. a), della L.R. Piemonte 24 maggio 2012, n. 7, in relazione all’ingresso dell’EGATO nel capitale del gestore in house, deducendo, a tal proposito, la violazione del principio della separazione tra le funzioni di organizzazione e di controllo e quelle di erogazione del servizio pubblico.

 

5. Con il quinto motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 149-bis del D.Lgs. n. 152/2006, in relazione all’affidamento del servizio al CO.GE.S.I., Consorzio non partecipato direttamente da tutti i Comuni dell’ATO e che non assicura l’unicità della gestione, prospettando, quindi, anche la violazione dei presupposti dell’affidamento in house con riguardo al difetto della condizione del controllo analogo dei Comuni affidanti sulla società “in house” affidataria del SII.

 

6. Con il sesto ed ultimo motivo, la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. n. 50/2016 e dell’art. 16 del D.Lgs. n. 175/2016, con riferimento alla mancanza, in capo al CO.GE.S.I., dei requisiti e dei presupposti necessari per la qualificazione come società in house.

 

7. A seguito della fissazione della trattazione del ricorso in adunanza camerale, con ordinanza interlocutoria n. 1930/2024, queste Sezioni unite hanno ravvisato l’opportunità di rimetterla alla pubblica udienza, essendo state, con le denunciate censure, dedotte – con riferimento all’importante settore del servizio idrico integrato – rilevanti questioni (sulle quali non constano precedenti specifici nella giurisprudenza di questa Corte) attinenti:

 

a) ai presupposti per l’affidamento in house quale forma di gestione del servizio idrico e all’individuazione dei limiti di esercizio del potere discrezionale degli enti locali ricadenti nell’ambito ottimale;

 

b) alla soggezione della relativa scelta al rispetto di un necessario obbligo di adeguata ed analitica motivazione (con il supporto di relazione tecnica e di piano economico-finanziario) circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano rispetto alle altre opzioni, dando conto – perciò – delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività derivanti dalla forma di gestione prescelta, con riferimento agli obiettivi di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché con riguardo all’ottimale impiego delle risorse pubbliche;

 

c) al se la costituzione in forma societaria del soggetto gestore in house o l’acquisto delle partecipazioni (nonché il loro mantenimento), affinché lo stesso sia interamente ed obbligatoriamente partecipato da tutti gli enti locali ricadenti nell’ambito ottimale, debba avvenire nel rispetto delle norme del Tusp (D.Lgs. n. 175/2016);

 

d) al se l’assetto organizzativo del soggetto in house gestore del SII debba rispettare le condizioni e requisiti richiesti per il “controllo analogo congiunto” (o pluripartecipato) da parte di tutti gli enti locali soci (quand’anche con partecipazioni di minoranza o minime) e per l'”attività prevalente” (previsti dal Codice dell’ambiente e dal Codice dei contratti pubblici).

 

8. In termini essenziali, quindi, si rileva che:

– che, con i primi due motivi, è stata prospettata – per un verso – la questione attinente alla confutazione della legittimità della scelta dell’affidamento diretto a società nell’ambito del settore del servizio idrico integrato e – per altro verso – si deduce la questione correlata alla necessità e all’adeguatezza del rispetto dell’obbligo motivazionale per tale tipo di affidamento, anche in dipendenza dell’asserita applicabilità dell’art. 192 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), sostenendosi l’erroneità del richiamo – ai fini dell’esclusione della necessità dell’esternazione della motivazione nella scelta dell’affidamento in house – all’art. 12 dello stesso codice, allegandosi, invece, l’applicabilità dell’art. 16, comma 7, del D.Lgs. n. 175/2016 (da estendersi indistintamente a tutti gli affidamenti a società in house e, perciò, anche agli affidamenti – secondo tale modello – nell’ambito dei servizi idrici);

 

– che, con il terzo motivo, si contesta la tesi – a cui ha aderito la sentenza impugnata – sulla sopravvenuta o meno abrogazione implicita dell’art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011 e sulla portata riconducibile a detta norma;

 

– che, con il quarto motivo, si denuncia, in relazione all’ingresso dell’EGATO nel capitale del gestore in house, la violazione del principio della separazione tra le funzioni di organizzazione e

 

quelle di controllo (spettanti allo stesso EGATO) e quelle di erogazione del servizio pubblico (che competono al gestore).

 

– che, con il quinto motivo e sesto motivo, vengono poste – da un lato – la questione sulla sussistenza o meno in capo alla società CO.GE.S.I. dei requisiti per la sua qualificazione come società in house dei Comuni dell’Ambito Cuneese e sulla idoneità a garantire l’unicità della gestione del servizio idrico integrato e – dall’altro lato – la connessa questione sulla riconoscibilità in capo alla stessa società dei requisiti del controllo analogo congiunto imposti ai fini dell’affidamento diretto in house.

 

9. Tutto ciò premesso, occorre farsi, innanzitutto carico, di alcune questioni preliminari.

 

9.1. In primo luogo bisogna dare atto che sia con la sentenza impugnata sia con gli atti di parte (sia nell’ambito del giudizio di merito che in sede di ricorso per cassazione dinanzi a queste Sezioni unite) non risulta essere stato rilevato d’ufficio né eccepito da alcuna delle parti l’eventuale difetto di giurisdizione del TSAP, ragion per cui la (implicitamente ritenuta sussistenza della) stessa deve ritenersi stabilizzata e non più controvertibile (non venendo, perciò, in rilievo – dovendo considerarsi ormai preclusa – una ipotetica questione di attribuzione della controversia alla giurisdizione amministrativa, ricadendosi nel caso di una controversia relativa all’impugnativa di delibera dell’Ente di governo sull’affidamento in house del SII, come in quello esaminato con l’ordinanza di queste Sezioni unite n. 18639/2022).

 

9.2. In linea pregiudiziale va, poi, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata da tutte le parti controricorrenti (circa la supposta violazione dell’art. 201 R.D. n. 1775/1933 e dell’art. 111 Cost.), perché, in effetti, con il ricorso si fanno valere specifiche violazioni di legge che concernono la motivazione della sentenza impugnata in relazione alla legittima applicazione della normativa e dei principi che regolano l’affidamento in house e, in particolare, dell’applicazione che ne fatto in concreto l’EGATO nella fattispecie dedotta in giudizio.

 

9.2. Deve essere, altresì, respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso – come formulata dalla controricorrente Provincia di Cuneo – per asserita carenza di interesse della ricorrente perché la questione circa la dedotta decadenza della stessa dalla concessione siccome scaduta il 31 dicembre 2017 (ai sensi dell’art. 172 D.Lgs. n. 152/2006) non risulta essere fatta valere nel giudizio di merito e, in ogni caso, l’eventuale illegittimità dell’affidamento del servizio idrico con la modalità in house appare, in ipotesi, lesiva dell’interesse della medesima ricorrente (anche in funzione solo eventualmente risarcitoria) che ha fatto valere l’insussistenza dei relativi presupposti, considerando, inoltre, che la stessa società OMISSIS continua a svolgere il servizio ancora in regime di “prorogatio”, senza che risulti essere stato risolto in concreto il rapporto concessorio.

 

9.3. È da accogliere, invece, l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dalla stessa Provincia di Cuneo avuto riguardo al suo difetto di legittimazione passiva, siccome non costituente né l’Autorità emanatrice degli atti impugnati e neanche soggetto avente funzioni di governo nell’ATO, essendo, in concreto, solo uno dei numerosi enti ad esso partecipanti, sul presupposto univoco che l’EGATO è ente autonomo e distinto rispetto a detta Provincia, perciò dotato di propria soggettività e personalità giuridica, non avendo – ovviamente – alcun rilievo che la sede dell’Ente di Governo si trovi materialmente presso i locali della medesima Provincia.

 

10. Tutto ciò premesso, si può passare all’esame dei proposti motivi.

 

10.1. Con il primo motivo – come detto veicolato mediante la prospettazione dell’asserita violazione dell’art. 173 del D.Lgs. n. 152/2006 (alla stregua del quale si dovrebbe ritenere garantito allo stesso personale in servizio alle dipendenze del gestore uscente del SII il passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore) – si confuta la sentenza impugnata nella parte in cui è stata ritenuta legittima la condotta dell’EGATO nella scelta del modello in house, preferendolo – e determinando, così, una supposta discriminazione – agli altri modelli previsti dall’art. 149-bis dello stesso D.Lgs.

 

10.1.1. Il motivo è infondato.

Da un punto di vista generale, si osserva che fin dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, poi trasfusa nella parte III del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. codice dell’ambiente, artt. 147 e ss.), il legislatore nazionale ha voluto superare la frammentazione delle gestioni comunali, valorizzando l’esigenza di provvedere all’organizzazione dei servizi idrici sulla base di ambiti territoriali ottimali, da delimitarsi a cura delle Regioni.

Il servizio idrico integrato deve essere inquadrato come l’insieme dei servizi pubblici diretti alla captazione, all’adduzione e alla distribuzione dell’acqua ad usi civili, nonché della fognatura e della depurazione delle acque reflue.

L’organizzazione del SII è attualmente enucleata nell’art. 147 del c.d. codice dell’ambiente, secondo cui i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle Regioni, alle quali compete anche l’individuazione degli enti di governo d’ambito, a cui è stato trasferito l’esercizio delle competenze in materia di gestione delle risorse idriche spettanti agli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale.

L’art. 149-bis dello stesso codice sancisce, inoltre, che l’Ente di governo dell’ambito, nel rispetto del piano di cui al precedente art. 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo procedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio in osservanza della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.

Più dettagliatamente, ai sensi dell’art. 150 del D.Lgs. n. 152/2006, spetta all’autorità d’ambito individuata dalla Regione la scelta, in via preventiva, circa la forma di gestione del servizio (comma 1), fra quelle di cui all’art. 113, comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000 (1. società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; 2. società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; 3. società cosiddette in house providing, cioè a capitale interamente pubblico, sulle quali gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, e che realizzano la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano), nonché, in via consequenziale, l’affidamento della gestione (commi 2 e 3).

 

Il D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce, quindi, che l’affidamento diretto può essere riconosciuto in favore di società interamente pubbliche, dotate dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale.

Come è risaputo, con la concessione in house providing viene a realizzarsi l’affidamento diretto da parte di un ente pubblico di un contratto di appalto o di concessione in favore di una società da questo controllata, senza ricorrere ad una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del contraente: si tratta, in sostanza, di una forma di “autoproduzione” da parte dell’amministrazione.

Le caratteristiche che presenta la società in house consentono che l’affidamento diretto non contrasti con i principi del Trattato e, in particolare, con il principio di concorrenza; la società, infatti, anche se dotata di autonoma personalità giuridica, è equiparabile ad una specie di “articolazione interna” dell’ente pubblico che l’ha costituita, ovvero ad una sorta di longa manus; il rapporto di alterità tra ente e società è, in effetti, solo di tipo formale. L’istituto trova origine nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (cfr., come riferimento tra i più recenti, Corte di Giustizia, sentenza 6 febbraio 2020, cause C-89/19 e C-91/19) ed è espressione del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche, alle quali è consentito di non applicare le direttive appalti e concessioni, con la relativa normativa nazionale di trasposizione.

Fatta questa opportuna premessa generale e ricordato che il TSAP – con la sentenza qui impugnata – ha ritenuto legittima la decisione dell’Ente di Governo del Servizio idrico integrato dell’Ambito/4 Cuneese di affidare il servizio idrico integrato seguendo il modello dell’affidamento diretto a società in house, la ricorrente OMISSIS Spa ha inteso denunciare – con il primo motivo – la violazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione tra operatori economici e la violazione del parametro di cui all’art. 173 del D.Lgs. n. 152/2006 in tema di trapasso del personale in occasione dei subentri tra gestori del servizio idrico integrato, con riguardo ai provvedimenti del citato EGATO che avevano posto a raffronto tre possibili modelli di organizzazione del servizio idrico integrato (ovvero quelli – già in precedenza riportati – dell’affidamento a terzi con gara, dell’affidamento a società mista con socio privato operativo scelto con gara e dell’affidamento diretto in house), pervenendo alla conclusione della maggiore convenienza del modello in house.

In modo più specifico, la suddetta ricorrente ha dedotto che, dapprima la preferenza e, di seguito, la scelta per il modello organizzativo in house sono stati motivati, in chiave comparativa rispetto all’affidamento con gara a operatori economici terzi (eventualmente anche in veste di soci privati operativi di una società mista), sulla base di considerazioni manifestamente discriminatorie per detti operatori.

 

La società OMISSIS ha, in proposito, sottoposto a critica la scelta dell’opzione in favore del modello in house, evidenziando che solo la società in house, a differenza degli operatori economici terzi, potrebbe: a) non distribuire utili ai soci (mentre gli operatori privati necessariamente mirano a ritrarre utili dall’attività svolta); b) garantire i livelli occupazionali (mentre una simile garanzia non potrebbe essere imposta agli operatori privati in sede di gara).

 

Quanto alla prima circostanza, ha osservato che la valutazione comparativa tra modelli gestionali diversi impone di adottare, per par condicio, criteri univoci, tali da neutralizzare eventuali benefici non estensibili a tutti i modelli comparativamente valutati.

 

Con riferimento alla seconda, ha posto in evidenza che essa risulta imposta a tutti i gestori, pubblici o privati, che subentrino a precedenti gestori del SII, in forza della speciale norma di cui all’art. 173 del D.Lgs. n. 152/2006, in virtù del quale tutto “il personale che, … otto mesi prima dell’affidamento del servizio, appartenga… (a aziende) che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto”.

 

Come già anticipato, la complessa censura è priva di pregio avuto riguardo ad entrambe le prospettazioni.

 

Quanto al primo rilievo, se ne rileva l’infondatezza sia perché la comparazione (per essere effettivamente tale) non può che tener conto di tutte le caratteristiche dei diversi modelli sociali e, dunque, anche delle possibilità che ciascuno di essi consente concretamente di adottare, sia perché dal quadro normativo e giurisprudenziale si evince che la società in house si conforma come una longa manus dell’Amministrazione di riferimento, con la necessaria conseguenza di dover rispettare nell’ambito della sua attività, i principi che informano la correttezza e la legittimità dell’agere amministrativo, e ciò anche con riguardo all’operatività di una delle deroghe più significative alla disciplina comune concernente la causa contrattuale (non) lucrativa, cambiando nella società in house il contenuto del diritto dei soci rispetto alla società di diritto comune, nel senso che al diritto di partecipare alla distribuzione degli utili si sostituisce il diritto a partecipare alla gestione di quel particolare interesse pubblico al quale è improntata la causa della società speciale.

 

In ordine al secondo rilievo, non si può non tener conto che il citato art. 173 debba essere interpretato conformemente al diritto europeo, ai sensi di quanto disposto dal Considerando 37 della Direttiva 24/2014/UE sugli appalti pubblici e conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti lesivo della concorrenza.

 

È opportuno, inoltre, aggiungere che – in conformità a quanto rilevato dal TSAP nella sentenza impugnata, secondo il quale l’art. 173 prevederebbe “un automatismo da interpretare secondo proporzionata ragionevolezza”- già il D.M. 22 novembre del 2001 includeva all’art. 8, tra i criteri che debbono essere presi in considerazione ai fini dell’aggiudicazione, il piano di riutilizzo del personale delle gestioni preesistenti, anche al di fuori dell’ambito dell’attività connessa allo svolgimento del servizio, ma pur sempre compatibilmente con le esigenze dell’aggiudicatario.

 

10.2. Con il secondo motivo è stata dedotta – nella sua essenza – l’elusione dell’obbligo motivazionale per l’affidamento in house, anche in dipendenza dell’applicabilità dell’art. 192 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), sostenendosi l’erroneità del richiamo – ai fini dell’esclusione della necessità dell’esternazione della motivazione nella scelta dell’affidamento in house – all’art. 12 dello stesso codice.

 

A tal fine la ricorrente pone in risalto che l’art. 16, comma 7, del D.Lgs. n. 175/2016 – da ritenersi applicabile indistintamente a tutti gli affidamenti a società in house e, perciò, anche agli affidamenti in house di servizi idrici – prevede che “resta fermo quanto previsto dagli artt. 12 e 192 del D.Lgs. n. 50/2016”. Il che – si sostiene – implicherebbe che l’applicazione del censurato art. 192 D.Lgs. n. 50/2016 debba intendersi estesa anche agli affidamenti in house nel campo dei servizi idrici, con la conseguenza che l’esonero di cui al citato art. 12 dello stesso D.Lgs. n. 50/2016 resterebbe valido solo per le forme di affidamento dei servizi idrici diverso dall’affidamento diretto in house, ovvero in relazione all’affidamento in concessione a imprese terze previa procedura ad evidenza pubblica.

 

In particolare, sul presupposto che il provvedimento dell’EGATO di scelta del modello organizzativo in house ha testualmente dichiarato che la decisione assunta è soggetta al “solo onere di ordinaria motivazione, peraltro relativo ad una scelta caratterizzata dalla discrezionalità”, la ricorrente, con il motivo in discorso, ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. n. 175/2016, dell’art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011, dell’art. 34, comma 20, del D.L. n. 179/2012 e dell’art. 192 del D.Lgs. n. 50/2016, avuto riguardo al procedimento da osservare ai fini dell’adozione, da parte del suddetto Ente di Governo, dei provvedimenti con cui era stato scelto l’affidamento in house del servizio idrico integrato e ne era stata disposta la gestione diretta in favore del citato CO.GE.S.I. in house, con particolare riferimento alla violazione dei connessi obblighi motivazionali.

 

Il TSAP ha respinto tale doglianza, osservando che l’art. 192 del codice dei contratti pubblici non sarebbe applicabile alla fattispecie “perché il precedente art. 12 esclude dal campo d’applicazione di detto Codice le concessioni aggiudicate per fornire reti fisse destinate a produzione, trasporto e distribuzione, nonché per alimentare tali reti con acqua destinata al consumo umano (e, dunque, per la gestione del SII)”.

 

10.2.1. Ritengono queste Sezioni unite che la censura in esame prima che infondata si appalesa inammissibile perché non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza del TSAP, con cui (v. pag. 17) è stata evidenziata l’accuratezza sulla scelta del modello in house, e ciò anche perché l’EGATO aveva comunque allegato alla deliberazione n. 12/2018 una relazione, che aveva individuato analiticamente le ragioni inducenti a preferire quel modello rispetto agli altri, allegando un Piano Economico Finanziario asseverato, mediante il quale erano state verificate la coerenza, la correttezza tecnica e, per l’appunto, l’accuratezza del Piano redatto dall’EGATO, sia nella fase precedente l’azione, che prima della sua approvazione.

 

Il motivo si profila, peraltro, in ogni caso infondato, dal momento che l’art. 12 D.Lgs. n. 50 del 2016, nell’escludere dal campo di applicazione del codice dei contratti le concessioni del servizio idrico, non può (per coerenza) che fare riferimento anche agli affidamenti diretti alle società in house posto che non si giustificherebbe il perché della inapplicabilità ai primi e non ai secondi.

 

Non risulta pertinente nemmeno il riferimento che la ricorrente fa all’art. 16, comma 7, D.Lgs. n. 175 del 2016, posto che – se è vero che tale articolo prevede che, per gli affidamenti a società in house, resta fermo quanto previsto dagli artt. 5 e 192 del D.Lgs. n. 50 del 2016 – è altrettanto vero che questa relatio deve essere coordinata con l’art. 12 del medesimo D.Lgs. n. 50/2016, il quale, come si è detto, esclude che le norme del codice dei contratti si applichino alla gestione del servizio idrico integrato.

 

10.3. Con il terzo motivo, la ricorrente – come già rimarcato – ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011, per la mancata considerazione degli accantonamenti nei bilanci dei Comuni soci della società in house, affidataria della gestione del servizio idrico integrato.

 

Il TSAP ha – con la sentenza qui impugnata – ritenuto:

 

– che il comma 1-bis dell’art. 3-bis, D.L. n. 138/2011 sarebbe da ritenere abrogato, perché, se è vero che l’art. 28, comma 1, lett. m) del D.Lgs. n. 175/2016 ha espressamente abrogato solo il comma 6 di detto art. 3-bis, il precedente art. 27, comma 2-bis del medesimo D.Lgs. n. 175/2016, mantenendo fermo quanto previsto dal comma 2-bis di detto art. 3-bis, avrebbe determinato la conseguente abrogazione tacita dell’intero art. 3-bis, ad eccezione del solo comma 2-bis;

 

– che, in ogni caso, detto comma 1-bis, ultimo periodo, non sarebbe applicabile alla fattispecie, perché il Piano d’ambito non ha previsto, in capo ai Comuni soci della società in house affidataria del SII, né “costi di gestione, né oneri di ricapitalizzazione”, ma “unicamente il conferimento pro quota del capitale iniziale”; inoltre, ove si verificasse “la necessità d’un aumento del capitale netto del Gestore in house”, l’impegno finanziario dei Comuni “sarebbe limitato all’eventuale aumento del capitale e non anche, o non per forza, per l’intero piano d’investimenti”.

 

Partendo da quest’ultimo rilievo, la ricorrente ha osservato, invece, che la norma intende prevenire qualsiasi rischio di insolvenza delle società in house, imponendo sempre e comunque gli accantonamenti da essa previsti, anche per le società che appaiano in grado di assicurare l’equilibrio della gestione senza il sostegno finanziario dei soci.

 

Di contro, l’EGATO ha replicato, osservando che il Piano di Ambito non ha previsto alcun obbligo di accantonamento per i Comuni.

 

10.3.1. Anche questo motivo non coglie nel segno e va, quindi, disatteso.

 

Va rilevato, in via generale, che – secondo la giurisprudenza amministrativa che ha avuto modo di occuparsi della materia – l’adozione del piano economico – finanziario asseverato non costituisce, invero, condizione “per l’affidamento in house del servizio che un Comune debba rispettare e dal cui mancato rispetto possa derivare l’illegittimità dell’affidamento diretto. Allo stesso modo non è condizione per l’affidamento in house l’obbligo di accantonamento (pro quota nel primo bilancio utile e successivamente ogni triennio di una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto per il triennio) previsto dal citato art. 3 – bis, comma 1 – bis, D.L. n. 138 del 2011, a carico degli enti locali proprietari che procedano ad affidamento in house; del mancato rispetto non può dolersi l’operatore economico che lamenti il mancato ricorso al mercato” (così, in termini, C.d.S., Sez. V, sent. n. 6460 del 2020).

 

In adesione a detta giurisprudenza consegue l’irrilevanza dell’esame della censura con cui si è inteso sottoporre a critica la tesi sostenuta nella sentenza del TSAP della sopravvenuta abrogazione implicita del comma 1-bis del citato art. 3-bis.

 

10.4. Con il quarto motivo, la ricorrente ha denunciato – come già posto in rilievo – la violazione e falsa applicazione dell’art. 149-bis, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 e dell’art. 1, comma 1, lett. a), della L.R. Piemonte 24 maggio 2012, n. 7, in relazione all’ingresso dell’EGATO nel capitale del gestore in house, deducendo, a tal proposito, la (supposta) violazione del principio della separazione tra le funzioni di organizzazione e di controllo (che spettano all’EGATO) e quelle di erogazione del servizio pubblico (che competono al gestore).

 

A tal proposito la ricorrente ha criticato la sentenza impugnata nella parte in cui è stato ritenuto che l’EGATO non aveva partecipato in forma stabile alla compagine societaria del soggetto gestore, osservando, in senso contrario, come non si riesca a comprendere per quale ragione il fondamentale principio di separazione tra funzioni di regolazione e compiti di gestione non debba essere rispettato anche nel periodo iniziale di avvio della nuova gestione del SII.

 

10.4.1. Il motivo si prospetta inammissibile poiché la ricorrente omette di confrontarsi con la sentenza impugnata nella parte in cui (cfr. pag. 17) ha ritenuto (richiamando Consiglio di Stato, sez. I, n. 2583 del 2018) che l’art. 149-bis D.Lgs. n. 152/2006 consente anche il controllo indiretto da parte del soggetto affidante.

 

In ogni caso, la doglianza – considerato che il D.Lgs. 152/2006 (codice dell’ambiente) rappresenta l’assetto di riferimento della disciplina del settore idrico (con particolare riguardo all’art. 149-bis per quanto concerne le forme di affidamento) – si appalesa infondata.

 

In proposito, si osserva che, pur essendo vero che l’art. 149-bis, per come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa, esclude la possibilità partecipazione di privati al capitale della società in house (Cons. St., sez. I, n. 1389 del 2019), è, però, altrettanto vero che lo stesso art. 149-bis nel prevedere che “L’affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale” (comma 1, nella parte finale) legittima (come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa) anche la possibilità della partecipazione dell’ente in via indiretta a mezzo di un soggetto terzo (nella specie l’EGATO) con funzione strumentale all’acquisizione da parte dei singoli Comuni delle quote del gestore unico.

 

Questo principio non può dirsi smentito dal richiamo contenuto nella memoria finale della ricorrente, laddove si invoca l’art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 201 del 2022, il quale prevede il divieto di partecipazione degli enti di governo ai soggetti incaricati della gestione del servizio.

 

Ciò perché, da un lato, trattasi di normativa inapplicabile in quanto successiva; dall’altro lato (in particolare), perché l’art. 33 del medesimo D.Lgs. n. 201 del 2022, al comma 1, espressamente dispone che “Ai fini della piena attuazione degli impegni contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’articolo 6, comma 2, non si applica alle partecipazioni degli enti di Governo dell’ambito del servizio idrico integrato di cui all’articolo 147, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

 

10.5. Con il quinto motivo, la ricorrente ha – come già sottolineato – lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 149-bis del D.Lgs. n. 152/2006, in relazione all’affidamento del servizio a CO.GE.S.I., quale soggetto non partecipato direttamente da tutti i Comuni dell’ATO e non assicurante l’unicità della gestione, con conseguente violazione dei presupposti dell’affidamento in house avuto riguardo al difetto della condizione del controllo analogo dei Comuni affidanti sulla società in house affidataria del servizio idrico integrato.

 

In particolare, la ricorrente ha inteso sostenere, in primo luogo, la violazione del citato art. 149-bis D.Lgs. n. 152 del 2006, posto che il suo comma 1 richiederebbe necessariamente che le società in house siano “comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale”, nel mentre nella fattispecie tale partecipazione, per molti Comuni, non verrebbe (o potrebbe non venire) a verificarsi mai.

 

10.5.1. La dedotta violazione è insussistente poiché, innanzitutto, lo statuto di CO.GE.S.I. prevede che la società è composta da tutti gli enti locali interessati dalla gestione del servizio idrico integrato, i quali possono partecipare sia direttamente che indirettamente alla società; dall’altro, la delibera dell’EGATO n. 6/2019 espressamente prevede l'”estensione progressiva della partecipazione” ai Comuni che “acquisiranno progressivamente partecipazioni direttamente o indirettamente (attraverso le società consorziate) del gestore unico affidatario del servizio”.

 

È, peraltro, opportuno osservare che, a fronte di un “soggetto a formazione progressiva”, la censura si fonda su una mera supposizione basata sulla circostanza che alcuni dei Comuni potrebbero non partecipare alla società in house (così rimanendo vanificato il principio di unicità della gestione).

 

Del resto, è all’evidenza difficile prevedere che, nella fase transitoria di gestione del servizio idrico, i circa 250 comuni del cuneese possano partecipare hic et nunc già alla fase di costituzione della società in house.

 

Questa interpretazione è avallata da precedenti giurisprudenziali amministrativi (cfr., in particolare, Consiglio di Stato, sez. V, n. 299 del 2010), con i quali si è sostenuto che fino all’effettivo subentro del nuovo gestore unico del servizio idrico integrato, individuato dall’Ente d’ambito, i singoli Comuni continuano legittimamente ad espletare il servizio attraverso le forme di gestione preesistenti e possono appaltare all’esterno servizi già svolti da ditte esterne nonché appaltare lavori di straordinaria manutenzione di cui le reti idrica e fognaria urgentemente necessitano.

 

Oltretutto, l’unitarietà della gestione del servizio idrico a livello di ambito non presuppone necessariamente l’unicità del gestore (cfr. Corte cost. n. 246 del 2009, nonché Consiglio di Stato, sez. V, n. 5080 del 2014).

 

Con il motivo in esame, la ricorrente deduce, altresì, che la configurazione organizzativa di CO.GE.S.I., tale per cui essa opera in modo stabile e continuativo avvalendosi delle società consorziate, sarebbe manifestamente elusiva dell’unicità della gestione.

 

Per questa parte, la doglianza si profila inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza che ha disatteso il rilievo osservando (v. pag. 21) che le consorziate sono “soggetti operativi da essa diretti e controllati” e che le “decisioni strategiche” spettano solo alla prima, di talché le seconde “non assurgono a sub-concessionari” e non sono “soggetti autonomi dal Gestore consortile unico”.

 

10.6. Con il sesto ed ultimo motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e dell’art. 16 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, in relazione alla mancanza, in capo a CO.GE.S.I., dei requisiti e dei presupposti necessari per la qualificazione come società in house, nella specie per difetto del requisito del controllo analogo.

 

In relazione alla censura proposta con il motivo in questione, il TSAP ha – nella sentenza impugnata – osservato che deve ritenersi consentito pure il controllo indiretto da parte del soggetto affidante e, addirittura, un controllo analogo congiunto tra gli enti per la cui configurazione e l’espletamento dell’effettivo esercizio non è necessaria l’unanimità dei soggetti controllanti.

 

Il TSAP ha soggiunto che, anzi, non vi sarebbe nemmeno bisogno che tutti i Comuni d’Ambito partecipino al capitale sociale del gestore unico (in realtà, per CO.GE.S.I. ciò avverrebbe), perché il controllo analogo congiunto è già assicurato, nella convenzione tra l’EGATO e il CO.GE.S.I., dalla conferenza dei Sindaci e del Presidente della Provincia di Cuneo, cui tutti loro sono ammessi.

 

A tale riguardo, la ricorrente ha replicato:

 

– che il controllo analogo può essere anche indiretto o congiunto, ma che, nel caso di specie, non risultano soddisfatti i requisiti del controllo analogo né indiretto né congiunto;

 

– che sarebbe erronea la ricostruzione operata nella sentenza del TSAP in ordine alla possibilità che il modello in house possa essere rispettato anche in mancanza di una partecipazione diretta o indiretta alla società;

 

– che dovrebbe considerarsi manifestamente in contrasto con la legge un’interpretazione delle norme sul modello organizzativo in house che reputi soddisfatto – come ravvisato dal TSAP – il requisito del controllo analogo indiretto e/o congiunto per effetto della mera circostanza che le amministrazioni pubbliche partecipano alla società in house indirettamente, tramite altre società partecipate, e/o congiuntamente ad altre amministrazioni pubbliche.

 

10.6.1. Anche quest’ultimo motivo è privo di fondamento e va rigettato.

 

Come evidenziato dalla conferente giurisprudenza amministrativa sul tema (v., per tutte, Consiglio di Stato, sez. I, 26 giugno 2018, n. 1645), ai fini dell’individuazione dell’in house sono richiesti tre requisiti: 1) controllo analogo; 2) oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante; 3) partecipazione totalitaria.

 

Nel caso di specie la difesa di parte appellante pone, in particolare, in discussione la sussistenza del primo, ossia la presenza effettiva di un “controllo analogo” (che, in linea generale, può essere esercitato sia “a cascata”, sia in modo “congiunto”, ossia con modalità plurifrazionata).

 

Tali definizioni si rinvengono nell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 175 del 2016 (testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) la cui lettera c) reca la definizione di controllo “a cascata” (laddove si afferma che: “Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante”), mentre la successiva lettera d) si occupa di “controllo congiunto” (laddove si prevede che per “controllo analogo congiunto” debba intendersi quella “situazione in cui l’amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”).

 

Nel caso di specie, viene in rilievo il controllo congiunto.

 

Va, in primo luogo, precisato che, quando si afferma che il controllo deve essere congiunto, ciò non implica che debba essere anche necessariamente “paritario”, essendo sufficiente che risulti nello Statuto la presenza di strumenti idonei ad assicurare che ciascuna P.A. controllante, assieme alle altre, sia in grado di controllare l’attività del soggetto controllato (si veda, a titolo esemplificativo, Corte di Giustizia UE, sentenza 29 novembre 2012, C-182/11, la quale ha precisato che, nel caso in cui le amministrazioni pubbliche detengano congiuntamene un soggetto in house cui affidano l’adempimento di una delle proprie missioni di servizio pubblico, il requisito strutturale del controllo analogo può ritenersi sussistente anche in caso di controllo congiunto, a condizione che ciascuno degli enti pubblici affidanti abbia di per sé la possibilità di influire, in maggiore o minore misura, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni rilevanti del soggetto strumentale, possibilità del resto assicurata dalle dinamiche di funzionamento degli organi consortili).

 

Una simile conclusione è inevitabilmente legata alla particolare dimensione naturale, organizzativa e funzionale degli ATO che sono costituiti da plurimi Comuni di varie dimensioni e, dunque, anche di diversa incidenza sull’assetto societario.

 

Occorre, infatti, valorizzare il presupposto di fondo che il servizio idrico implica in sé il concorso di più enti (allo stesso tempo deputati al controllo di eventuali soggetti in house). Da ciò deriva la piana applicazione del principio democratico della maggioranza dettato, altresì, da basilari esigenze di celerità ed efficacia dell’azione amministrativa.

 

In ultimo luogo, la specifica censura non tiene conto che le disposizioni statutarie del soggetto in house (il CO.GE.S.I.) fanno riferimento a diversi ed importanti modelli e momenti di coordinamento tra enti in vista proprio del “controllo analogo”.

 

Nel relativo statuto sono, in particolare, contenute le seguenti importanti previsioni (come riportate sia nel controricorso della stessa CO.GE.S.I., che in quello dell’EGATO):

 

– l’Assemblea è composta da tutti i soci (art. 12, punto 1);

 

– sono riservate alla competenza dell’Assemblea dei soci le decisioni sull’andamento e la gestione della società (art. 13);

 

– le decisioni più significative devono essere assunte con la presenza ed il voto favorevole dei soci che rappresentino almeno il 70% del capitale sociale. Quorum, questo, che garantisce l’esercizio della congiunta influenza dominante richiesta dall’art. 5 del D.Lgs. 50/2016, dal momento che ai sensi di quanto convenuto nei patti parasociali, ciascuno dei Comuni ricompresi nell’ATO4 Cuneese è titolare di una quota di partecipazione determinata sulla base del rapporto fra la popolazione residente nel singolo Comune e il totale della popolazione residente nella provincia di Cuneo (assumendo come riferimento i dati ISTAT al 1 gennaio 2018), mentre le società pubbliche socie sono titolari di una quota di partecipazione determinata sulla base del rapporto fra la popolazione residente nei Comuni che di esse sono socie e il totale della popolazione residente nella provincia di Cuneo (sempre assumendo come riferimento i dati ISTAT al 1 gennaio 2018).

Inoltre, lo Statuto contiene un articolo ad hoc (il 22) rubricato “Controllo analogo”, il quale prevede espressamente che i soci, tramite le riunioni assembleari e comunicazioni ai Soci, esercitino il controllo in tre forme: “ex ante”, “contestuale”, “ex post”, come richiesto dalle Linee Guida ANAC n. 7/2017.

Orbene, l’esistenza ed il funzionamento di tali specifici e plurimi meccanismi di controllo analogo non hanno formato oggetto di specifica contestazione ad opera della difesa di parte ricorrente.

Del resto, il controllo analogo congiunto deve ritenersi, in ogni caso, assicurato dall’esterno della società, attraverso la conferenza dei Sindaci e del Presidente della Provincia prevista dalla convenzione (cfr., al riguardo, Consiglio di Stato, sez. V, n. 5080 del 2014), alla quale partecipano tutti i Comuni compresi nell’ambito territoriale cuneese, anche se attualmente non partecipano al capitale sociale di COGESI (sul punto v. pure Consiglio di Stato, sez. II, n. 7476 del 2021).

Si profila, dunque, corretto affermare, come ha fatto il TSAP (v. pag. 17 della sentenza impugnata) che il controllo analogo può essere realizzato – indipendentemente dalla quota di partecipazione propria di ciascun ente locale – attraverso la costituzione, con apposita convenzione di diritto pubblico, di un ufficio comune, cui sia attribuito il compito di realizzare il coordinamento e la consultazione tra gli enti locali provvedendo all’approvazione degli atti fondamentali nella vita della società.

Risulta, infatti, evidente che lo strumento della convenzione, ai sensi dell’art. 30 TUEL indicato dall’art. 9, comma 3, della legge n. 36 del 1994 come tipologia di coordinamento per la gestione unitaria del servizio a livello di ambito ottimale, sia indirizzato a conseguire l’esercizio congiunto del controllo analogo sull’affidataria. Da qui deriva il consolidamento dei principi fissati per l’in house providing.

In questo contesto, le previsioni della convenzione tra Provincia e Comuni, consente di escludere la rilevanza risolutiva della partecipazione al capitale sociale di CO.GE.S.I. dei Comuni ricompresi nell’ambito territoriale, stante l’esercizio del controllo analogo congiunto operato dalla conferenza dei Sindaci e dal Presidente della Provincia.

Sotto tale aspetto è, quindi, da escludere che ricorra l’ipotesi prevista dalla Corte di Giustizia UE come elusiva dell’ipotesi del “controllo analogo congiunto”, e cioè quella in cui anche una sola amministrazione abbia acquisito nella società in house una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità di partecipare al controllo di tale entità (v. sentenza 29 novembre 2012, Econord, C-182/11 e 183/11).

Alla luce di quanto evidenziato va ravvisata la sussistenza di tutti gli elementi per ritenere adeguatamente realizzato nel caso in esame il modello del controllo analogo in caso di in house frazionato (o “pluripartecipato”), alla stregua delle seguenti circostanze:

a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti;

b) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata;

c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti.

 

11. In definitiva, alla stregua di tutte le argomentazioni svolte, il ricorso – conformemente alle conclusioni del PG – deve essere integralmente respinto.

In virtù dell’assoluta novità di molte delle questioni giuridiche trattate e della complessità della risoluzione delle stesse, sussistono le condizioni per disporre la compensazione per intero delle spese del presente giudizio di legittimità con riferimento a tutti i rapporti processuali instauratisi per effetto della proposizione del ricorso da parte della OMISSIS Spa

Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del presente giudizio in relazione a tutti i rapporti processuali.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Conclusione

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite, in data 23 aprile 2024.

 

Depositato in Cancelleria l’8 luglio 2024.

 

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