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Consiglio di Stato, Sez. VI, 12/9/2024 n. 7540
Sanzioni dell’Agcom per violazioni reiterate ad obblighi informativi da parte di società esercente attività di “corriere espresso”, già sanzionata per precedenti condotte analoghe

Materia: pubblica amministrazione / Autorità amministrative indipendenti
Pubblicato il 12/09/2024

N. 07540/2024REG.PROV.COLL.

N. 01355/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1355 del 2023, proposto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

la società BRT S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Scambiato, Emiliano Fumagalli e Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. IV-bis, 11 novembre 2022 n. 14678.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio della società BRT S.p.a. e i documenti prodotti;

Esaminate tutte le memorie difensive, anche di replica e gli ulteriori atti depositati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2024 il Cons. Stefano Toschei e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Beatrice Fiduccia nonché l’avvocato Andrea Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso (n. R.g. 1355/2023) l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. IV-bis, 11 novembre 2022 n. 14678, con la quale è stato accolto il ricorso (n. R.g. 187/2022), proposto dalla società BRT S.p.a., nei confronti dei seguenti atti e provvedimenti: (in via principale) a) della delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 381/21/CONS del 25 novembre 2021, concernente “Ordinanza ingiunzione nei confronti di BRT S.p.A. (Cod. Fisc. 04507990150) per la violazione della Direttiva Generale per l'adozione da parte dei fornitori postali di cui alla Delibera n. 413/14/CONS”; (ove occorra) b) dell'atto di contestazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 8/21/DSP del 28 giugno 2021, concernente “Contestazione a BRT S.p.A. della violazione delle disposizioni della ‘direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi' (Delibera n. 413/14/CONS)” e dell'allegata “Relazione sull'attività preistruttoria condotta ai sensi dell'art. 3 del regolamento in materia di procedure sanzionatorie, nei confronti della società BRT S.p.A. (AUG 156/2000) in ordine al rispetto della Direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi approvata con Delibera 413/14/CONS”; c) di ogni eventuale atto ad essi presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresa, ove occorra, la delibera n. 413/14/CONS recante “Direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi” ed il relativo Allegato A.

2. – Come si evince dalla lettura degli atti di causa (con riferimento ad entrambi i gradi di giudizio) e, in particolare, dalla ricostruzione “in fatto” operata dalla sentenza di primo grado qui oggetto di appello e dal(lo stesso) ricorso in appello, le vicende che hanno dato luogo al presente contenzioso possono essere così ricostruite:

- la società BRT S.p.a. è uno dei più importanti corrieri espresso nazionali, che svolge attività di autotrasporto merci per conto terzi, spedizione, deposito e logistica sotto il marchio “BRT Corriere Espresso”;

- in seguito ad un’attività di verifica nei confronti della predetta società, effettuata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (d’ora in poi, per brevità, AGCOM o Autorità), in ordine al rispetto della Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi, approvata con Delibera 413/14/CONS, l’AGCOM ha contestato a BRT l'assenza sul proprio sito web di alcune (ritenute rilevanti) informazioni: a) la descrizione dei servizi offerti con indicazione dei prezzi e degli standard di qualità di ciascuno [prevista all’articolo 8, comma 3, lettera a), dell'allegato A alla delibera n. 413/14/CONS]; b) la modulistica o formulario per proporre reclamo per il disservizio postale, per la eventuale domanda di conciliazione e per la risoluzione delle controversie dinanzi all'Autorità ai sensi della delibera n. 184/13/CONS (prevista all’articolo 8, comma 3, lettera f); c) i riferimenti ai servizi gratuiti per assistenza clienti; d) lo schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi previsti per ciascun prodotto postale in caso di disservizio (prevista all’articolo 8, comma 3, lettera g);

- ad avviso dell’AGCOM le suindicate carenze integravano una condotta illecita in violazione degli obblighi inerenti all'autorizzazione generale rilasciata a BRT ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 261/1999, potendo provocare l'irrogazione nei confronti della ridetta società della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'art. 21, comma 7, d.lgs. 261/1999 sicché, con atto n. 8/21/DSP del 28 giugno 2021, l’Autorità contestava alla società le violazioni delle seguenti disposizioni: 1) art. 8, comma 3, lett. a), della “Direttiva sulle carte dei servizi AGCOM”; 2) art. 7, comma 2, e 8, comma 3, lett. f) e g), della “Direttiva sulle carte dei servizi AGCOM”; 3) combinato disposto dell’art. 8, comma 3, lett. e), e comma 5, della “Direttiva sulle carte dei servizi AGCOM”;

- in particolare va detto che, nella relazione sull’attività preistruttoria del 21 giugno 2021, i competenti uffici dell’Autorità specificavano che “(c)on l’Ordinanza ingiunzione del 13 novembre 2018 Delibera n. 545/18/CONS, l’Autorità aveva ordinato all’operatore BRT S.p.A. … di pagare la somma complessiva di euro 180.000,00 (centottantamila/00) quale sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni accertate delle disposizioni previste dall’allegato A alla delibera 413/14/Cons recante “Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle Carte dei servizi” … In particolare, nell’Ordinanza ingiunzione, erano state accertate a BRT la mancata pubblicazione sul sito web di informazioni a tutela dei clienti, relative: - alla descrizione dei servizi offerti con indicazione dei prezzi e degli standard di qualità di ciascuno, - allo schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi per disservizi, - alla modulistica per reclamo, domanda di conciliazione e risoluzione delle controversie dinnanzi all’Autorità, - alla numerazione telefonica gratuita per i servizi di assistenza clienti”, facendo quindi presente di aver effettuato “in data 15.06.2021 una verifica sul sito web della Società all’indirizzo https://www.brt.it/it/home”, accertando che: “1. continua a permanere la violazione dell’art. 8, comma 3, lett. a), dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS, in quanto non è presente sul sito web un elenco dei servizi offerti con la descrizione delle caratteristiche di ciascun servizio, né sono riportate le tabelle comparative tra prodotti offerti, nonché l’indicazione completa dei prezzi e degli standard di qualità previsti per ciascuno di essi; 2. continua a permanere la violazione dell’art. 8, comma 3, lett. f) dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS, in quanto sul sito della società non viene fornita nessuna informazione esaustiva sul modulo di reclamo, sulle procedure di conciliazione e definizione delle controversie, né sono stati resi disponibili i relativi moduli per la presentazione delle istanze ed in quanto non risultano esplicitate in modo chiaro le procedure previste per la tutela dell’utenza, consultabili in maniera non esaustiva nella Carta dei Servizi (al punto 8) (cfr. all. n. 1 ); 3. continua a permanere la violazione dell’art. 8, comma 3, lett. g) dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS, per la mancata presenza di uno schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi previsti per ciascun prodotto postale in caso di disservizio per la mancanza della modulistica informativa; 4. continua a permanere la violazione del combinato disposto di cui all’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e) e comma 5, dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS, per non aver fornito sul proprio sito un numero telefonico gratuito per il servizio di assistenza clienti (cfr. all. n. 2)”;

- nel corso del procedimento la società presentava una memoria in data 28 luglio 2021, con la quale sosteneva di non essere assoggettabile a sanzione rappresentando che (all’epoca dei fatti per i quali si stava svolgendo il procedimento sanzionatorio): a) le violazioni contestate a BRT con la nota di contestazione n. 8/21/DSP del 28 giugno 2021 erano le medesime che avevano dato luogo alla contestazione n. 21/18/DSP e alla successiva delibera-ingiunzione n. 545/18/CONS 13 novembre 2018; b) tali atti erano stati impugnati da BRT con ricorso avanti al TAR Roma (RG n. 916/2019), deciso con sentenza n. 3767 del 3 aprile 2020, con cui il giudice amministrativo aveva in parte accolto le ragioni di BRT e, conseguentemente, ridotto la sanzione da 180.000 euro a 130.000 euro; c) detta sentenza n. 3767/2020 del TAR Roma era stata appellata avanti al Consiglio di Stato da BRT, che ne aveva domandato la riforma parziale (RG n. 7145/2020); d) al momento, con riferimento a tale contenzioso, risultava essere stata fissata l’udienza pubblica per il successivo mese di marzo 2022; e) pertanto, al momento in cui si stava svolgendo il nuovo procedimento sanzionatorio, la sanzione precedentemente irrogata era ancora sub iudice e non poteva dunque considerarsi definitiva, giacché era posto in discussione da BRT l’esercizio del proprio diritto, costituzionalmente riconosciuto, alla tutela giurisdizionale; f) di conseguenza appariva del tutto irragionevole che, nelle more della decisione di merito del citato giudizio, l’Autorità avesse avviato un procedimento sanzionatorio avente come presupposto le medesime asserite violazioni sottese al citato contenzioso invero non ancora definito; g) del resto, diversamente opinando si sarebbe preteso un adeguamento dell’attività di BRT a quanto previsto dalla delibera 413/14/CONS in materia di servizi postali e ciò pur se la sussistenza del relativo obbligo in capo a BRT avrebbe dovuto ancora essere definitivamente accertata, stante la pendente contestazione, da parte della società stessa, circa la riconducibilità della sua attività a quella (postale) disciplinata dalla predetta delibera, tenuto anche conto che un siffatto adeguamento - con tutte le conseguenze organizzativo-gestionali che esso comporterebbe per una società di così rilevanti dimensioni quale BRT - avrebbe potuto rivelarsi meramente temporaneo, se sol si considera che, come poteva essere auspicabile, il citato giudizio avrebbe potuto concludersi in modo favorevole alle ragioni di BRT stessa. Nella memoria erano comunque analiticamente riferite le ragioni che si opponevano alla contestazione dei comportamenti asseritamente illeciti che la società avrebbe posto in essere secondo la ricostruzione fatta propria dagli uffici dell’Autorità, che dunque andava considerata priva di giuridico e fattuale fondamento;

- l’audizione richiesta dalla società incolpata si è tenuta in data 29 settembre 2021;

- l’Autorità, accertata la reiterazione da parte di BRT delle violazioni delle medesime disposizioni della “Direttiva sulle carte dei servizi AGCOM” già sanzionate nei suoi confronti nel 2018, con la delibera n. 545/18/CONS del 13 novembre 2018 (con la quale era stata inflitta a BRT la sanzione pecuniaria di 180 mila euro) e ritenendo di non poter accogliere le giustificazioni e argomentazioni avanzate dalla società, adottava in data 25 novembre 2021 la delibera n. 381/21/CONS, con la quale irrogava a BRT, ai sensi dell’art. 21, comma 7, d.lgs. 261/19991, una sanzione pecuniaria di complessivi euro 300.000,00 per le violazioni accertate, ed in particolare: a) euro 100.000,00, per la violazione dell’art. 8, comma 3, lett. a), dell’allegato A alla delibera n. 413/14/CONS; b) euro 100.000,00, per la violazione dell’art. 8, comma 3, lett. f) e g), dell’allegato A della suddetta delibera; c) euro 100.000,00, per la violazione del combinato disposto dell’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e) e comma 5, dell’allegato A della stessa delibera.

3. - Nei confronti della delibera n. 381/21/CONS del 25 novembre 2021 e degli atti ad essa presupposti e connessi, ivi compresa, ove occorra, la sopracitata delibera n. 413/14/CONS ed il relativo Allegato A, la BRT proponeva ricorso al TAR per il Lazio, articolando quattro motivi di gravame (che qui si sintetizzano):

I) Violazione degli artt. 24, 97, 113 Cost. - Violazione del principio di ragionevolezza e della leale collaborazione fra amministrati e pubblica amministrazione - Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e irragionevolezza manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione - Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 8-bis l. 24 novembre 1981, n. 689, travisamento dei fatti – Violazione delle “Linee guida sulla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie”, Allegato A alla delibera AGCOM 265/15/cons – Contraddittorietà – Violazione dell’art. 6 e dell’art. 22 d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261. Ad avviso della BRT le violazioni contestate dall’Autorità non costituiscono reiterazioni di comportamenti illeciti, bensì rappresentano le medesime violazioni già sanzionate con il provvedimento già impugnato e con riferimento al quale si era in attesa, al momento della proposizione del (nuovo) procedimento sanzionatorio, della sentenza definitiva del Consiglio di Stato. Da qui la illegittimità del nuovo procedimento attivato nei confronti della società e del provvedimento irrogativo della nuova sanzione;

II) Violazione dell'art. 1 l. 689/1981, in relazione all'art. 6 d.lgs. 261/1999 nonché in relazione agli artt. 9 e 10 della direttiva 97/67/CE - Violazione degli artt. 41 e 97 Cost. - Eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, sviamento, ingiustizia grave e manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione - Violazione del principio di proporzionalità - Violazione dell’art. 6 e dell’art. 22 d.lgs. 261/1999. La società BRT esclude di svolgere l’attività di offerta al pubblico di servizi postali. Infatti l’offerta al pubblico, come definita dal codice civile, sarebbe caratterizzata da una platea indeterminata di consumatori, dalla presentazione di essa in termini standard e uniformi, dalla esclusione di alcun contributo dei destinatari all’individuazione dei contenuti del contratto. Invece i servizi offerti dalla BRT sono oggetto di contrattazioni specifiche per cui non esistono tariffe e condizioni contrattuali standard. In siffatto contesto negoziale il cliente non aderisce ad alcuna offerta al pubblico, partecipando ad una libera trattativa di mercato, con la conseguenza che il tipo di contestazione opposto dall’Autorità alla BRT non è aderente all’attività negoziale da questa svolta con la propria clientela e non ricade nella sfera di applicazione delle norme che si assumono essere state violate dalla società;

III) Violazione dell’art. 1 l. 689/1981, in relazione all'art. 2, comma 4, lett. c), all'art. 12 e all'art. 14 d.lgs. 261/1999, nonché in relazione agli artt. 9, 16, 19 e 22, comma 2, della direttiva 97/67/CE - Violazione degli artt. 41 e 97 Cost. - Eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, sviamento, ingiustizia grave e manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione - Violazione del principio di proporzionalità. La BRT, in via subordinata, ha dedotto che le violazioni a lei contestate sarebbero contrarie al principio di proporzionalità. Infatti, la direttiva europea 67/97 consente alla normativa nazionale di imporre alle imprese l’obbligo di autorizzazione generale per finalità essenziali, come la riservatezza della corrispondenza, la sicurezza del funzionamento della rete, la tutela dell’ambiente, purché l’obbligo sia proporzionato agli obiettivi perseguiti. Il mercato in cui opera la BRT, invece, non richiede la pubblicazione delle informazioni relative ai servizi offerti e ai relativi prezzi, essendo altamente competitivo. In realtà i contraenti deboli sarebbero proprio gli operatori che svolgono il servizio di consegna dei pacchi, trattandosi di un mercato orientato a soddisfare le esigenze dei clienti. Il regolamento europeo n. 644/2018 prevede la pubblicazione dei listini dei prezzi soltanto qualora disponibili. Anche l’obbligo di predisporre un servizio telefonico sarebbe sproporzionato. Analoghe considerazioni varrebbero per la mancata adozione della modulistica per reclami, conciliazioni e risoluzione delle controversie;

IV) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 l. 689/1981 - Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità - Eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, sviamento, ingiustizia grave e manifesta. Con l’ultimo dei quattro motivi di ricorso la BRT ha espresso considerazioni oppositive rispetto alla individuazione dell’entità della sanzione irrogata, attesa l’evidente violazione da parte dell’Autorità dei principi e dei criteri previsti dalla disciplina di settore e in particolare dall’art. 11 l. 689/1981, con conseguente illegittimità dell’importo della sanzione inflitta con l’ordinanza ingiunzione impugnata.

4. - Il TAR per il Lazio, con la sentenza 14678/2022 (qui oggetto di appello), ha ritenuto fondata la prima delle quattro censure dedotte da BRT, con la quale la società ricorrente ha sostenuto che la contestazione dell’Autorità sarebbe stata illegittima in quanto aveva ad oggetto non un comportamento legato ad una reiterata (e quindi autonoma) violazione di legge, ma quel comportamento si inserirebbe nell’ambito di una serie di identiche violazioni già sanzionate con un provvedimento adottato in precedenza (nel 2018) dall’Autorità che, peraltro, al momento dell’adozione del nuovo provvedimento sanzionatorio era oggetto di un giudizio annullatorio per il quale si era in attesa della sentenza definitiva del Consiglio di Stato; sicché, per tale ragione, sarebbe stata inapplicabile la previsione recata dall’art. 8-bis, comma 1, l. 689/1981, che punisce la reiterazione delle violazioni, non trattandosi di condotte distinte ripetute nel tempo, bensì della continuazione delle medesime violazioni già oggetto del provvedimento sanzionatorio del 2018.

Ha ritenuto, infatti, il giudice di primo grado che, quelli contestati (nuovamente) alla BRT erano comportamenti di natura pressoché sovrapponibile a quelli già sanzionati dall’AGCOM con l’ordinanza ingiunzione del 2018. Conseguentemente, tenuto conto che la disposizione recata dall’art. 8-bis l. 689/1981 “precisa che le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e sono riconducibili ad una programmazione unitaria”, stabilendo altresì “che gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo”, pare evidente (ad avviso del TAR) che nella specie “non si tratta della reiterazione delle condotte omissive già sanzionate con la precedente ordinanza ingiunzione, bensì di una condotta illecita permanente” (cfr., per le parti virgolettate, le pagg. 11 e 12 della sentenza qui oggetto di appello)

Puntualizza ancora il primo giudice, nel confermare la condivisibilità del primo motivo di censura dedotto in quel grado di giudizio dalla società ricorrente, che “(l)a reiterazione presuppone che sia stata perpetrata una nuova violazione degli obblighi imposti al destinatario della norma. L’illecito permanente, invece, consiste in un’unica condotta in violazione della legge, che permane nel tempo, senza soluzione di continuità e produce effetti ininterrottamente illeciti. Nel caso di specie, l’impresa sanzionata non ha adottato alcuna misura per porre termine alle omissioni già contestate e punite, per cui non ha commesso una nuova violazione delle norme già violate in una fattispecie precedente, ma si è astenuta dal porre termine alla condotta illecita già in corso” (così, testualmente, a pag. 12 della sentenza qui oggetto di appello).

Nella sostanza, puntualizza da ultimo il TAR, l’Autorità, al cospetto di ulteriori comportamenti violativi posti in essere da BRT, piuttosto che avviare un nuovo (e per questo illegittimo) procedimento sanzionatorio, avrebbe potuto inasprire la sanzione già irrogata in considerazione degli ulteriori (e non reiterati) illeciti perpetrati dalla società. In altri termini e posto che “l’Autorità vigilante” ha il potere di “adottare nuove misure sanzionatorie nei confronti del soggetto che persiste nella condotta illecita”, l’AGCOM avrebbe dovuto fare applicazione della previsione contenuta nell’art. 21 d.lgs. 261/1999, “che prescrive le sanzioni per la violazione delle regole del mercato dei servizi postali, in attuazione della normativa di diritto europeo, al comma 7 ter prevede che gli operatori postali che non ottemperano agli ordini e alle diffide dell’autorità di regolazione” e che vengono “puniti con la sanzione pecuniaria amministrativa da 10.000 € a 150.000 €. Pertanto, l’Autorità amministrativa resistente, qualora avesse voluto punire la ricorrente per la permanenza nella condotta illecita già oggetto dell’ordinanza ingiunzione del 13 novembre 2018, considerato che mediante la predetta ordinanza aveva già diffidato la società sanzionata, ai sensi dell’articolo 21, comma 7 ter, del decreto legislativo 261 del 1999, dal porre in essere ulteriori comportamenti in violazione degli obblighi inerenti la licenza individuale, avrebbe dovuto applicare la sanzione prevista dal più volte richiamato articolo 21 comma 7 ter, avendo riscontrato che la diffida non era stata ottemperata dall’impresa destinataria dell’ordinanza ingiunzione” (così, testualmente, a pag. 13 della sentenza qui oggetto di appello).

Ad avviso del giudice di primo grado, quindi, il primo motivo dedotto dalla società ricorrente andava condiviso, potendosi assorbire l’esame degli altri motivi dedotti, stante la portata travolgente che consegue all’accoglimento di detta censura su ogni ulteriore profilo di illegittimità ed essendo quindi sufficiente a provocare da sola l’annullamento del provvedimento sanzionatorio principalmente impugnato.

5. - Insorge nei confronti della sentenza del TAR per il Lazio n. 14679/2022 l’AGCOM, prospettando le due complesse traiettorie contestative qui di seguito sinteticamente riassunte:

I) Violazione degli artt. 8 e 8-bis l. 689/1981 e dell’art. 21 d.lgs. 261/1999. Falsa applicazione del principio del ne bis in idem. Errore di giudizio, motivazione carente, manifestamente illogica e contraddittoria nella qualificazione delle violazioni perpetrate. Dopo avere ricostruito i fatti che hanno dato luogo alla vicenda contenziosa qui in esame e avere riprodotto i passaggi salienti della sentenza del giudice di primo grado che ha accolto il ricorso proposto da BRT e annullato l’ordinanza ingiunzione n. 381/21/CONS del 25 novembre 2021, l’Autorità appellante lamenta che il TAR abbia errato nel non considerare il comportamento illecito imputato alla società oggi appellata come un fatto nuovo, frutto della reiterata violazione della disciplina di settore del tutto autonoma rispetto a quella già sanzionata nel 2018, tenuto conto della circostanza che la sanzione inferta nel 2021 è “riferita ad un fatto oggettivamente distinto, oltre che certamente più grave, rispetto a quello sanzionato precedentemente”, considerato anche che “la notifica della prima ordinanza ingiunzione (delibera n. 545/18/CONS) aveva determinato l’interruzione della condotta illecita tenuta fino a quel momento, con la conseguenza che l’ulteriore persistenza dalla condotta omissiva aveva dato luogo ad una nuova violazione dei medesimi precetti, autonomamente (e doverosamente) sanzionabile” (così, testualmente, a pag. 8 dell’atto di appello). Ne consegue, ad avviso dell’Autorità appellante, che “a partire da quel momento la mancata attivazione da parte della Società dei comportamenti doverosi imposti dalle norme ha integrato nuove violazioni dei medesimi precetti, autonomamente sanzionabili” (così ancora, testualmente, a pag. 9 dell’atto di appello), sicché si presenta evidente l’errore in cui è incorso il giudice di primo grado e la corrispondente legittimità dell’ordinanza ingiunzione annullata con la sentenza qui oggetto di appello;

II) Violazione degli artt. 8 e 8-bis l. 689/1981 e dell’art. 21 d.lgs. 261/1999 sotto ulteriore profilo e del suo comma 7-ter in particolare - Errore di giudizio in ordine alla portata della “Diffida” contenuta nella delibera n. 545/18/CONS - Illogicità della motivazione, errore di fatto in ordine alla persistenza ininterrotta delle condotte omissive oggetto della violazione - Violazione dell’art. 134, comma 1, lett. c), c.p.a.. L’Autorità appellante contesta poi l’irragionevolezza del ragionamento sviluppato dal primo giudice nell’ultima parte della sentenza qui oggetto di appello, laddove ha sostenuto il principio secondo il quale “allorquando un operatore del settore postale sia stato sanzionato una prima volta per una condotta violativa degli obblighi derivanti dalla licenza individuale, l’Autorità non potrebbe mai più sanzionare nei suoi confronti, nemmeno a distanza di anni, la reiterazione dell’analoga condotta violativa (applicando gli aumenti per la recidiva specifica infraquinquennale), ma solo ed esclusivamente la fattispecie sanzionatoria di cui all'articolo 21, comma 7 ter, del D.Lgs. n. 261 del 1999, così di fatto assicurando all’operatore medesimo, per le violazioni successive alla prima oggetto di sanzione, una sorta di impunità di diritto sine die” (così, testualmente a pag. 12 dell’atto di appello). In proposito l’AGCOM puntualizza che il TAR ha omesso di tenere in adeguata considerazione la fondamentale circostanza per cui la “diffida” contenuta nella delibera del 2018 null’altro è che un mero “formale richiamo” al rispetto degli obblighi inerenti alla licenza individuale genericamente intesi e quindi non poteva costituire una sicura base giuridica per procedere all’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 21, comma 7-ter, d.lgs. 261/1999. Sotto altro versante l’AGCOM contesta l’ulteriore valutazione espressa dal primo giudice nell’annullare il provvedimento sanzionatorio in quanto fondato sulla erronea qualificazione dell’illecito amministrativo, da cui consegue la determinazione dell’importo della sanzione in misura errata. L’Autorità rammenta, criticamente, che il giudice amministrativo, in materia di scrutinio sugli atti sanzionatori, è dotato di “giurisdizione estesa al merito”, sicché, semmai, al cospetto di una nuova qualificazione dell’illecito, piuttosto che annullare il provvedimento sanzionatorio, avrebbe dovuto rivedere la sanzione recta via, modificando così l’atto impugnato e quantificando l’importo dovuto dalla BRT. A ciò si aggiunga, tornando alla contestazione sull’asserita “prosecuzione” del comportamento illecito, piuttosto che della “reiterazione” dello stesso, che “la censura con cui BRT ha denunciato l’irragionevolezza di una nuova sanzione relativamente alle medesime violazioni contestate con delibera n. 545/18/CONS, provvedimento sub iudice all’epoca del ricorso, non può legittimamente fondarsi sulla asserita continuità del comportamento omissivo tenuto da BRT per un lasso di tempo così lungo (si ribadisce di ben tre anni) e nonostante dopo l’irrogazione della sanzione di cui alla delibera n. 545/18/CONS fosse intervenuta la sentenza del TAR per il Lazio n. 3767/2020 che aveva accertato la sussistenza delle violazioni contestate” (così, testualmente, a pag. 15 dell’atto di appello). In conclusione il significativo lasso di tempo trascorso dal compimento degli illeciti sanzionati nel 2018 e quelli che hanno provocato il nuovo provvedimento nel 2021, tenuto conto della natura del servizio offerto da BRT (consegna di pacchi) e in considerazione dell’aumento esponenziale della domanda del servizio determinato dalla situazione pandemica, costituiscono elementi tutti per dimostrare come non sia sostenibile affermare il principio di prosecuzione nell’illecito, come ha inteso fare il primo giudice.

L’AGCOM, quindi e in ragione di quanto sopra, chiedeva la riforma della sentenza di primo grado e la conferma della legittimità del provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti della BRT e annullato con detta sentenza.

6. - Si è costituita in giudizio la società BRT S.p.a., tornando a sostenere la illegittimità degli atti del procedimento e del provvedimento sanzionatorio adottato nei suoi confronti dall’AGCOM nonché la puntualità e la condivisibilità delle conclusioni alle quali è giunto il TAR per il Lazio con la sentenza qui oggetto di appello, peraltro in perfetta corrispondenza con quanto affermato dalla giurisprudenza. Di conseguenza la società appellata instava per la reiezione del mezzo di gravame proposto dall’Autorità.

Nello stesso tempo, posto che il giudice di primo grado, nella sentenza qui oggetto di appello, ha accolto le tesi sostenute dalla BRT raccolte nella prima delle censure dedotte con il ricorso, la società appellata ha inteso, in questo secondo grado di giudizio, riproporre i motivi e i profili di censura dedotti con il ricorso di primo grado e non scrutinati dal TAR per l’accoglimento del primo motivo di impugnazione sotto il profilo della illegittimità dell’ordinanza ingiunzione adottata da AGCOM nei confronti di BRT e principalmente impugnata per avere l’Autorità sanzionato la condotta della società incolpata per avere posto in essere “violazioni reiterate quelle che invece erano violazioni permanenti, già precedentemente oggetto di sanzione” e dunque sotto il profilo della violazione degli artt. 8 e 8-bis l. 689/1981. Non avendo il primo giudice, per le ragioni sopra riferite, completato l’esame del primo motivo di censura dedotto con il ricorso di primo grado, mancando di estenderlo agli altri profili che lo componevano, la BRT li ripropone all’esame del giudice di appello, così sintetizzandoli nei titoli di riferimento: a) “violazione dell’allegato A della delibera AGCom n. 265/15/CONS recante “Linee guida sulla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie”; b) “violazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione, posto che la pendenza del giudizio RG n. 7145/2020 di appello sulla sentenza n. 3767/2020 relativa alla prima sanzione irrogata da AGCom nei confronti di BRT (la delibera n. 545/18/CONS) avrebbe dovuto già da sé dissuadere l’Autorità dall’adottare una nuova sanzione”; c) “eccesso di potere per sviamento, posto che, a tutto concedere, onde promuovere l’adempimento degli obblighi della delibera n. 413/14/CONS in pendenza del giudizio di appello sulla sentenza n. 3767/3030, nel rispettoso delle garanzie di difesa e del principio di leale collaborazione tra amministrazione e amministrati, l’AGCom avrebbe al più dovuto far uso dei propri poteri autoritativi per pervenire all’ottemperanza della predetta sentenza”.

La società appellata ripropone quindi, in sede di appello, gli ulteriori motivi dedotti in primo grado e non esaminati dal primo giudice. Nello specifico:

- “3. Violazione articolo 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 in relazione all'articolo 2, comma 4, lettera c), all'articolo 12 e all'articolo 14 decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261, nonché in relazione agli articoli 9, 16, 19 e 22 comma 2, della direttiva 97/67/ce. Violazione articoli 41 e 97 della costituzione. Eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, sviamento, ingiustizia grave e manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione. violazione del principio di proporzionalità”;

- “4. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità. Eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, sviamento, ingiustizia grave e manifesta”.

Da qui la richiesta della conferma della sentenza di primo grado o comunque della dichiarazione di illegittimità del provvedimento sanzionatorio impugnato in ragione degli ulteriori profili e motivi riproposti nella sede di appello.

Nel corso del processo le parti hanno depositato ulteriori memorie e documenti confermando le conclusioni già declinate negli atti processuali.

7. – In via preliminare il Collegio ricorda che sui temi principali che costituiscono l’ordito giuridico sul quale si muove l’odierna vicenda contenziosa la Sezione si è già espressa con la sentenza 14 settembre 2022 n. 7980, intercorsa tra le odierne parti processuali e riferita ad una contestazione di illiceità di comportamenti assunti da BRT in un’epoca antecedente a quella presa in riferimento dall’AGCOM per giungere all’adozione dell’ordinanza ingiunzione n. 381/21/CONS del 25 novembre 2021, avente a oggetto “Ordinanza ingiunzione nei confronti di BRT S.p.A. (Cod. Fisc. 04507990150) per la violazione della Direttiva Generale per l’adozione da parte dei fornitori postali di cui alla Delibera n. 413/14/CONS”.

Detta pronuncia della Sezione, richiamata più volte negli atti processuali da entrambe le parti nel corso del presente giudizio, come è (quindi) ormai noto, ha ritenuto legittima l’ordinanza ingiunzione adottata dall’AGCOM nei confronti della BRT con delibera n. 545/18/CONS del 13 novembre 2018, concernente “Ordinanza ingiunzione alla BRT S.p.a. per la violazione delle disposizioni della Direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi (Delibera n. 413/14/CONS)”. In quella occasione l’Autorità aveva contestato alla BRT la commissione dei seguenti illeciti violativi della su richiamata delibera n. 412/14/CONS (recante la “Direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi”) riferiti all’assenza delle seguenti informazioni sul sito web della società: a) la descrizione dei servizi offerti con indicazione dei prezzi e degli standard di qualità di ciascuno [prevista all'articolo 8, comma 3, lettera a), dell'allegato A alla delibera n. 413/14/CONS]; b) la modulistica per proporre reclamo, per la domanda di conciliazione e per la risoluzione delle controversie dinnanzi all'Autorità (prevista all'articolo 8, comma 3, lettera f); c) lo schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi per disservizi (prevista all'articolo 8, comma 3, lettera g); d) la numerazione telefonica gratuita per i servizi di assistenza clienti [prevista all'articolo 8, combinato disposto dei commi 1, 3, lettera e) e 5]. Tali comportamenti ritenuti illeciti dall’Autorità, quanto alla loro commissione sotto il profilo temporale, possono essere collocati in un’epoca antecedente rispetto alla comunicazione della nota di contestazione degli stessi con la quale AGCOM aveva avviato il relativo procedimento sanzionatorio, vale a dire l'atto di contestazione n. 21/18/DSP del 16 luglio 2018.

La Sezione, con la sentenza n. 7980/2022 (che ha stabilito principi e orientamenti interpretativi delle norme di settore e sugli obblighi derivanti dalla normativa nazionale e eurounitaria, sotto diversi aspetti e profili, imposti agli operatori economici coinvolti, richiamati e confermati dalla successiva giurisprudenza della Sezione, cfr., ad esempio e tra le ultime, Cons. Stato, Sez. VI, 12 luglio 2024 n. 6248, 9 luglio 2024 n. 6075 e 17 aprile 2024 n. 3496), ha chiarito, con riferimento specifico agli obblighi degli operatori economici del servizio postale che discendono dall’applicazione della (più volte citata) delibera dell’Autorità n. 412/14/CONS, come:

- in via preliminare debba rammentarsi, con riguardo all’introduzione di norme eurounitarie nel settore, che “(l)o sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari - in precedenza sottratto alle norme di concorrenza e caratterizzato dalla presenza di monopoli legali verticalmente integrati - è stato avviato dall'Unione europea con la direttiva 97/67/CE (modificata con la direttiva 2008/6/CE), imponendo agli Stati membri l'abolizione (in via "progressiva e controllata") di qualsiasi forma di monopolio, di riserva e di diritti speciali nel settore e così intendendo armonizzare, tra di loro, gli ordinamenti degli Stati membri in detto settore”;

- sempre in via preliminare, vada poi rammentato che “(l)'attuazione della predetta direttiva 97/67/CE è avvenuta per il tramite del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261 (recante norme per l'attuazione della direttiva 97/67/CE e per il miglioramento della qualità del servizio) che, all'art. 1, comma 1, stabilisce il principio per cui la fornitura dei servizi relativi alla raccolta, allo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali nonché la realizzazione e l'esercizio della rete postale pubblica costituiscono attività di preminente interesse generale” e che, in particolare, “(s)u queste basi, nel d.lgs. 261/1999, vengono prefigurati diversi livelli di regolazione:” a) “in primo luogo sono previste attività in principio liberalizzate ma in relazione alle quali, per la particolare configurazione che presenta la realtà dei fattori del mercato con i relativi effetti, è necessario garantire il carattere comunque universale del servizio (art. 3);” b) “quindi sono previste attività liberalizzate che non richiedono l'imposizione di specifici obblighi di servizio pubblico (art. 6);” c) “viene prevista, anche, una riserva legale di attività per "esigenze di ordine pubblico" con riferimento alle attività di notificazione, a mezzo posta, di atti giudiziari e di atti di accertamento della violazione del Codice della strada (che successivamente è venuta meno, ai sensi dell'art. 1, comma 57, l. 4 agosto 2017, n. 124, a decorrere dal 10 settembre 2017)”:

- vada poi segnalato che “per quanto è qui di particolare interesse, va rammentato che l'art. 9, par. 1, della direttiva n. 67 del 1997 consente agli Stati membri di assoggettare le imprese del settore postale ad autorizzazioni generali per i servizi che esulano dall'ambito di applicazione del servizio universale, mentre il paragrafo 2, primo comma, del suddetto articolo, prevede la facoltà per gli Stati membri di introdurre procedure di autorizzazione per i servizi che rientrano nell'ambito di applicazione del servizio universale. Inoltre, l'articolo 9, par. 2, secondo comma, della citata direttiva elenca gli obblighi ai quali può essere subordinato il rilascio di autorizzazione, senza che sia possibile dedurre dal suo disposto a quale categoria di autorizzazioni (vale a dire quelle relative a tutti i servizi postali o quelle che riguardano solo i servizi che rientrano nell'ambito del servizio universale) si riferisce tale comma (cfr., in tal senso, Corte giust. UE, sentenza del 16 novembre 2016, in causa C-2/15). L'art. 2, punto 19, della medesima direttiva, prima di elencare dette esigenze in modo tassativo, le definisce come motivi di interesse generale e di natura non economica che possono portare uno Stato membro ad imporre condizioni in materia di fornitura di servizi postali”.

- entrando più nello specifico dell’esame della qualificazione giuridica dell’attività svolta da BRT e delle contestazione in merito all’applicabilità delle disposizioni di settore allo svolgimento di tale attività, in siffatto contesto normativo eurounitario e nazionale e successivamente alla dichiarazione di compatibilità della normativa italiana di settore espressa dalla Corte di giustizia UE con la sentenza 31 maggio 2018 in C-259/16 e C-260/16, debba essere confermata la legittimità dell'inquadramento del servizio di "corriere espresso" nell'ambito dei servizi postali, ai sensi della direttiva 97/67/CE e la sottoposizione di tale attività all'autorizzazione generale (atteso che “(a)lla luce della giurisprudenza dell'unione europea è ormai conclamato che, ai sensi dell'art. 2, punti 1-bis e 6, della direttiva 97/67/CE, un'impresa deve essere qualificata come "fornitore di un servizio postale", quando essa svolge almeno uno dei servizi (raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione) elencati all'art. 2, punto 1, della menzionata direttiva e il servizio o i servizi così svolti riguardano un invio postale, non dovendo tuttavia la sua attività essere limitata unicamente al servizio di trasporto. Ne consegue che le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali”);

- e quindi, con riferimento alle disposizioni della citata delibera n. 413 del 2014, recante la “Direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi”, debba essere sottolineato che dette disposizioni “mirano a tutelare l'intera e onnicomprensiva categoria degli "utenti", senza distinzione tra consumatori e aziende o tipologia di servizio; gli stessi doveri informativi e di trasparenza derivano da norme imperative comunitarie che si impongono in quanto tali a tutti gli operatori che esercitano servizi postali, in ossequio al principio di trasparenza e di tutela nei confronti delle categorie deboli a causa dell'asimmetria informativa rispetto gli articolati accordi negoziali tra operatori e imprese”;

- pertanto “gli obblighi previsti dalla direttiva in capo agli operatori (…) sono distinti ed attengono sia alla carta dei servizi che all'assistenza a favore degli utenti, la quale ultima si traduce nel rendere disponibili sul sito web una serie di informazioni e di strumenti di tutela dell'utenza medesima, ciò in considerazione che i destinatari degli invii postali, non essendo contraenti dei contratti di servizio stipulati con i propri clienti dal corriere-espresso, non possono conoscere tramite il documento contrattuale, rispetto al quale sono "terzi", le informazioni prescritte ex lege all'operatore per la tutela dei loro diritti. Sicché le regole previste dall'AGCOM costituiscono un ordinato e basilare concentrato di misure necessarie a garantire il rapporto con l'utenza, dettate in termini tali da risultare, nei limiti di sindacato predetti, pienamente sostenibili, specie in un contesto ormai pacificamente informatizzato quale quello in cui operano le imprese del settore, e pienamente coerenti ai parametri evocati di cui all'art. 14 d.lgs. 261/1999, dettati peraltro a tutela di tutte le parti del rapporto. (...) Ogni diversa organizzazione (...) non è compatibile con la disciplina settoriale vigente, il cui mancato rispetto provoca l'inevitabile intervento dell'Autorità. Il Collegio, dunque, condivide la valutazione di non conformità alla predetta disciplina della condotta accertata, nel senso che l'impresa non ha predisposto meccanismi idonei ad ottemperare ai seguenti obblighi: - la descrizione dei servizi offerti anche mediante tabelle comparative tra prodotti offerti, recante la descrizione completa delle caratteristiche di ciascun servizio con indicazione dei prezzi e degli standard di qualità di ciascuno; - i riferimenti dei servizi gratuiti di assistenza clienti; - il formulario per la presentazione del reclamo per il disservizio postale e il formulario per la eventuale domanda di conciliazione, nonché il formulario per la risoluzione delle controversie approvato con delibera n. 184/13/CONS; - lo schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi per disservizi; - la numerazione telefonica gratuita per i servizi di assistenza clienti”.

8. – Come si è già rammentato, il provvedimento ritenuto legittimo con la sentenza della Sezione 7980/2022 sanzionava BRT per non avere reso manifeste sul proprio sito web, sicuramente in epoca antecedente alla data di contestazione delle infrazioni rilevate (atto di contestazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 21/18/DSP del 16 luglio 2018), le seguenti informazioni: a) la descrizione dei servizi offerti con indicazione dei prezzi e degli standard di qualità di ciascuno [prevista all'articolo 8, comma 3, lettera a), dell'allegato A alla delibera n. 413/14/CONS]; b) la modulistica per proporre reclamo, per la domanda di conciliazione e per la risoluzione delle controversie dinnanzi all'Autorità (prevista all'articolo 8, comma 3, lettera f); c) lo schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi per disservizi (prevista all'articolo 8, comma 3, lettera g); d) la numerazione telefonica gratuita per i servizi di assistenza clienti [prevista all'articolo 8, combinato disposto dei commi 1, 3, lettera e) e 5].

Nel procedimento concluso con l’ordinanza ingiunzione dell’AGCOM principalmente impugnata in primo grado e annullata dal TAR con la sentenza qui appellata l’oggetto della contestazione si compendia nell’avere posto in essere, in un’epoca precedente rispetto alla data di comunicazione dell’atto di contestazione (comunicazione dell’AGCOM n. 8/21/DSP del 28 giugno 2021) le tre seguenti violazioni:

1) omessa pubblicazione delle informazioni relative ai servizi offerti e ai relativi prezzi e standard di qualità [art. 8, comma 3, lett. a), della “direttiva generale”];

2) mancata pubblicazione dello schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi per disservizi e della modulistica per reclamo, domanda di conciliazione e risoluzione delle controversie [artt. 7, comma 2 e 8, comma 3, lett. f) e g) della “direttiva generale”];

3) mancata indicazione del numero gratuito di assistenza telefonica per ottenere informazioni sul servizio offerto, che non risultano, peraltro, essere disponibili su canali alternativi non onerosi [combinato disposto dell’art. 8, comma 3, lett. e) e comma 5, della “direttiva generale”].

Ribaditi in punto di fatto i suindicati elementi e tenuto conto che la società incolpata ha sostenuto che la pressoché totale sovrapponibilità delle infrazioni costituisse elemento decisivo affinché l’Autorità non potesse contestare “nuove” violazioni ma, semmai, applicare il principio giuridico della “prosecuzione” del medesimo comportamento violativo e dunque non poter configurare la vicenda come disciplinata dall’art 8-bis l. 689/1981, che definisce “reiterazione” la commissione di un’altra violazione della stessa indole nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, in ciò ottenendo condivisione dal primo giudice, deve ritenersi che, ad avviso del Collegio, tale ragionamento ricostruttivo non possa nella specie essere condiviso.

9. - Va ricordato, sotto il profilo normativo, che (come è noto) con l’art. 8-bis, introdotto nella l. 689/1981 dall’art. 94 d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, nel quadro di un'innovazione più ampia facente riferimento all'istituto generale della “reiterazione delle violazioni” (che, in un certo qual senso, riprende la regolamentazione propria della recidiva rilevante nell'ambito penale), il legislatore ha inteso – in particolare con la previsione inclusa nel quarto comma della disposizione (che così testualmente recita: “Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria”) - conferire un rilievo diverso ed attenuato alla continuazione con riguardo a tutti gli illeciti amministrativi, disponendo che, nel caso di violazioni successive (alla prima), le stesse non sono valutate ai fini della reiterazione quando sono commesse in tempi ravvicinati e si prospettano riconducibili ad una programmazione unitaria. Esso non opera, dunque, quale elemento unificante ai fini della sanzione del precedente art. 8 a guisa di continuazione (art. 81 c.p., comma 2), e non ha modificato il principio generale espresso dal citato art. 8. Infatti “la previsione di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 8-bis, comma 4, relativa alle “violazioni amministrative (...) commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria”, è dettata al solo fine di escludere l'effetto aggravante che deriverebbe dalla reiterazione e non in funzione dell'unificazione della sanzione” (cfr., in termini e tra le ultime, Cass. Sez. II, 20 settembre 2023 n. 26895).

A ciò va aggiunto, per quanto qui rileva, che il primo e il secondo comma dell’art. 8-bis sopra citato stabiliscono quanto segue: “Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un'altra violazione della stessa indole. … Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità e caratteri fondamentali comuni (…)”.

La corretta interpretazione delle disposizioni sopra richiamate e riprodotte non consente di dare rilievo a comportamenti reiterati nel tempo e riconducibili nell’alveo di una stessa (e unica) strategia aziendale quale presupposto per l’applicazione del principio del cumulo giuridico delle sanzioni in caso di “concorso materiale” alle violazioni di legge punite con sanzioni amministrative pecuniarie, ostandovi il chiaro disposto delle norme che qui di seguito verranno ricordate e della loro consueta interpretazione da parte della giurisprudenza costante.

Infatti:

- l'art. 8 l. 689/1981 consente il cumulo giuridico delle sanzioni nel solo caso di “concorso formale” di illeciti amministrativi (unica condotta con cui si viola più volte la stessa disposizione normativa; ovvero, con la quale venga violata una pluralità di disposizioni normative); ma non anche nel caso di “concorso materiale” di illeciti amministrativi (sostanziato da più condotte con cui si violi più volte la stessa disposizione normativa, o con cui si violino più disposizioni normative);

- d'altro canto, lo stesso art. 8 (comma 2) consente di tener conto della "continuazione" (integrata dall'identità del disegno criminoso), nel caso di concorso materiale di illeciti amministrativi, solamente ove si verta in ambito di violazioni amministrative in materia di previdenza e assistenza obbligatorie;

- se, dunque, l'evidente intento ravvisabile nelle illustrate proposizioni normative è stato quello di non estendere il regime del cumulo giuridico delle sanzioni ad altre tipologie di illeciti amministrativi, va poi escluso che sia possibile l'applicazione in via analogica della disciplina penalistica in materia di reato continuato (art. 81 c.p.), attesa l'ontologica diversità tra illecito penale ed amministrativo e l'esistenza di una specifica disciplina della continuazione per gli illeciti amministrativi (per l'effetto difettando una lacuna dell'ordinamento suscettibile di essere colmata in via analogica);

- né, conseguentemente, sotto tale prospettiva si dimostra operante l'art. 8-bis l. 689/1981 (reiterazione delle violazioni), in quanto tale norma si limita a stabilire che "la reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce" senza tuttavia prevedere il cumulo giuridico delle sanzioni (così come, fin da tempo risalente continua a convenire la giurisprudenza con orientamento fermo - cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2006 n. 1271) circa l'inapplicabilità, in materia di illeciti amministrativi, ancorché annessi dal vincolo della continuazione, del cumulo giuridico delle sanzioni, consentito dal citato art. 8, comma 2, della legge 689/1981 solo nel caso di violazioni in materia previdenziale e assistenziale;

- a ciò va aggiunto, con specifico riferimento al caso in esame, che anche nell’ipotesi di violazioni che possa ricondursi ad un disegno unitario di strategia di impresa, tale scelta non può provocare una reductio ad unum delle condotte poste in essere, sì da refluire sulla commisurazione della sanzione in ragione dell'elemento della continuazione in esse ravvisabile.

10. - Per tornare al caso in esame risulta essere documentalmente incontestato che:

- il primo procedimento sanzionatorio avviato dall’AGCOM nei confronti di BRT riguarda il comportamento violativo posto in essere dalla società in epoca antecedente e comunque fino al 2018;

- la sanzione inflitta riguardava esclusivamente il suddetto comportamento e non si spingeva fino a dare prescrizioni per il futuro;

- il provvedimento sanzionatorio adottato nel 2018 ha dunque determinato una giuridica interruzione della condotta, rispetto al quale la società avrebbe dovuto immediatamente adeguarsi ed escludendo ogni considerazione in termini di permanenza dell’illecito delle successive ed eventuali condotte della stessa natura che la società avrebbe potuto porre in essere, trattandosi, di volta in volta, di nuovi illeciti, autonomamente sanzionabili;

- se è vero che nel 2021, quando è stata contestata nuovamente la condotta violativa a carico della BRT, pur se il contenzioso inerente all’impugnazione del provvedimento adottato nel 2018 non era ancora definito con sentenza passata in cosa giudicata, essendo all’epoca pendente l’appello, era però già stato definito in senso sfavorevole alla odierna società appellata il ricorso di primo grado e la relativa sentenza, sebbene fatta oggetto di appello, non aveva visto sospesa la propria efficacia, stante la reiezione della domanda cautelare proposta dinanzi al giudice di appello.

Non può dunque ammettersi che le norme sopra richiamate possano consentire ad un soggetto che ha violato precisi disposti di legge di poter continuare ad adottare comportamenti illeciti – punibili con sanzioni amministrative pecuniarie – nel corso del tempo e soprattutto ad una distanza di tempo rilevante, come ritiene (l’Autorità prima e ora) il Collegio che sia un arco temporale di un triennio dall’adozione del (primo) provvedimento sanzionatorio, seppure esso sia sottoposto alla verifica giudiziale. Tenuto conto poi della non indifferente circostanza che, laddove il giudizio impugnatorio nei confronti del (primo) provvedimento sanzionatorio confermasse in via definitiva la sua legittimità, non vi sarebbe alcuna ragione per ritenere illegittimo un secondo provvedimento inteso a sanzionare la reiterazione della condotta illecita, seppure già sanzionata.

Si possono dunque, anche in questo caso, come in altri analoghi definiti dalla Sezione (cfr., tra le ultime, Cons. Stato, Sez. VI, n. 3496/2024, cit.), ribadire i seguenti approdi interpretativi:

- l'art. 8, comma 1, l. 689/1981 limita l'applicabilità del "cumulo giuridico" alla sola ipotesi del concorso formale tra le violazioni contestate e quindi per le sole ipotesi di violazioni plurime, ma commesse con un'unica azione od omissione;

- il cumulo giuridico non può essere invocato con riferimento all'altra e diversa ipotesi del concorso materiale tra violazioni commesse con più azioni od omissioni;

- la pluralità di condotte, ancorché eventualmente animate da un'unica strategia di impresa, determina l'insorgenza di una pluralità di sanzioni distinte, una per ogni violazione accertata, mantenendo tutte una loro distinta autonomia sul piano giuridico (cfr., anche, Cons. Stato, Sez. VI, 31 marzo 2022 n. 2363);

Alla luce di questi principi consolidati e di tutto quanto già è stato espresso dalla Sezione in precedenti pronunce e, in particolare, nella sentenza n. 7980/2022 (per ampi stralci riprodotta ma alla quale è sufficiente fare qui riferimento per le ulteriori valutazioni di merito in quanto trasferibili nel presente contenzioso), correttamente l’Autorità ha considerato quali reiterazioni di valore autonomo le condotte contestate a BRT nel 2021, seppure simili se non in parte anche sovrapponibili rispetto a quelle contestate nel 2018.

11. – Le considerazioni che precedono (unitamente a quelle già riferite, come si è detto, nella sentenza della Sezione n. 7980/2022) conducono alla infondatezza del primo motivo di ricorso dedotto da BRT in primo grado, con particolare riferimento ai profili di censura con esso introdotti dalla predetta società ritenuti condivisibili dal primo giudice e alla conseguente riforma della sentenza di primo grado per dette ragioni.

Le medesime considerazioni sopra sviluppate conducono, poi, a ritenere infondati i profili attinenti al primo motivo di censura dedotto dinanzi al TAR e da quest’ultimo non scrutinati partitamente, per essere stata assorbita la loro valutazione dall’accoglimento dei profili contestativi diversi contenuti sempre nel ridetto motivo, atteso che dette considerazioni ne travolgono ogni possibile apprezzamento positivo in quanto:

a) con riferimento al primo profilo “ulteriore” riproposto dall’appellata (“violazione dell’allegato A della delibera AGCom n. 265/15/CONS recante “Linee guida sulla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie”) esso attiene ad una “interpretazione del concetto di azione od omissione” non condiviso dal Collegio per le ragioni sopra chiarite ampiamente;

b) analogamente si deve affermare con riferimento al secondo profilo “ulteriore” (“violazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione, posto che la pendenza del giudizio RG n. 7145/2020 di appello sulla sentenza n. 3767/2020 relativa alla prima sanzione irrogata da AGCom nei confronti di BRT (la delibera n. 545/18/CONS) avrebbe dovuto già da sé dissuadere l’Autorità dall’adottare una nuova sanzione”), la cui non condivisibilità è adeguatamente evidenziata nella richiamata non incidenza della pendenza di un giudizio contestativo, avverso un provvedimento sanzionatorio, sulla (ri)esercitabilità del medesimo potere sanzionatorio da parte dell’Autorità volto a punire nuove violazioni – seppur prevalentemente – delle medesime norme che hanno provocato l’adozione del provvedimento sanzionatorio sul quale è ancora pendente il giudizio di opposizione. Infatti, trattandosi di condotte giuridicamente separate e punite con ordinanze ingiunzione distinte e collegate a comportamenti giuridicamente diversi, non essendo (per quanto già detto) considerabile, in tali casi, rilevante la nozione di permanenza della condotta e dell’illecito, i provvedimenti sanzionatori ben possono essere oggetto di autonoma e separata opposizione giudiziale, di talché non si palesa alcuna violazione dei principi contenuti negli artt. 24 e 113 Cost., dal momento che la corretta applicazione, nel caso specifico, delle disposizioni contenute negli artt. 8 e 8-bis l. 689/1981 attiene ad una questione di merito del singolo giudizio di opposizione;

c) le appena riferite riflessioni trovano estensione con riferimento al terzo profilo “ulteriore” (“eccesso di potere per sviamento, posto che, a tutto concedere, onde promuovere l’adempimento degli obblighi della delibera n. 413/14/CONS in pendenza del giudizio di appello sulla sentenza n. 3767/3030, nel rispettoso delle garanzie di difesa e del principio di leale collaborazione tra amministrazione e amministrati, l’AGCom avrebbe al più dovuto far uso dei propri poteri autoritativi per pervenire all’ottemperanza della predetta sentenza”) .

12. – Restano da esaminare le censure riprodotte interamente dall’appellata e anch’esse non esaminate dal giudice di primo grado in ragione della capacità assorbente dei profili del primo motivo di censura dedotto in quella sede e ritenuti condivisibili dal TAR.

Il primo dei motivi interamente riprodotti corrispondeva alla terza censura dedotta in primo grado e così sintetizzata dalla stessa società appellata: “3. Violazione articolo 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 in relazione all'articolo 2, comma 4, lettera c), all'articolo 12 e all'articolo 14 decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261, nonché in relazione agli articoli 9, 16, 19 e 22 comma 2, della direttiva 97/67/ce. Violazione articoli 41 e 97 della costituzione. Eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, sviamento, ingiustizia grave e manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione. violazione del principio di proporzionalità”.

Con detta censura la BRT torna a contestare, sotto diversa angolatura rispetto ad altri casi precedenti, la “piena” applicabilità delle previsioni – e dei connessi adempimenti con essi imposti – contenute nella delibera n. 413/14/CONS dell’Autorità.

In particolare, per le specifiche attività svolte da BRT sul mercato dei servizi postali e per i comportamenti imposti alla medesima società da altre norme eurounitarie e nazionali, si presenterebbero superflui, ad avviso della società appellata, i seguenti adempimenti:

- la pubblicazione dei servizi offerti con relativa tariffa da parte di BRT, che non avrebbe alcuna utilità né a tutela del consumatore né della concorrenza;

- l’istituzione di una specifica modalità di comunicazione, come l’uso di un numero verde, che non è necessaria ai fini di un’effettiva tutela dell’utente, sicché risulta evidentemente una misura sproporzionata rispetto agli obiettivi di tutela del consumatore, capace di gravare di oneri impropri le imprese interessate, soprattutto allorquando queste ultime, come BRT, comunque garantiscano le medesime tutele con strumenti del tutto equivalenti (come è il servizio clienti gratuito messo a disposizione da BRT);

- la mancata adozione di una modulistica per reclamo, domanda di conciliazione e risoluzione delle controversie, ove l'Autorità vorrebbe imporre agli operatori postali la gestione dei reclami in forma scritta mediante l'utilizzo di uno standard form predeterminato, laddove invece, essa stessa, sul proprio sito web alla pagina 'Risolvi un problema con il tuo operatore postale' (https://www.agcom.it/risolvi-un-problema-con-il-tuo-operatore), comunica agli utenti del servizio che un eventuale reclamo può essere proposto, oltre che a mezzo posta o fax, addirittura anche per telefono, quindi senza necessità del rispetto di particolari formalità e solo ha cura di consigliare, in caso di utilizzo del mezzo telefonico, l'annotazione da parte dell'utente interessato del codice identificativo del reclamo.

Tali contestazioni, a ben vedere, sono state oggetto di puntuale esame in occasione dell’adozione della sentenza 7980/2022, sicché può agevolmente rinviarsi ai punti 13 e 14 di quella decisione per confermarne i contenuti e le statuizioni, in continuità di pensiero giuridico, anche con riguardo alle soluzioni alternative adottate dalla società.

13. – Il secondo motivo di censura reiterato in sede di appello dalla BRT attiene alla “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità. eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, sviamento, ingiustizia grave e manifesta”.

Anche in questo caso può farsi richiamo a quanto già evidenziato nella sentenza n. 7980/2022 della Sezione.

In quell’occasione (si veda il punto 15 della sentenza sopra richiamata) la Sezione ricordò che, in linea generale, i criteri di cui fare applicazione in sede di commisurazione delle sanzioni pecuniarie sono rinvenibili nell'ambito dell'art. 11 l. 689/1981, per il quale, nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.

Nel caso che qui viene sottoposto all’esame di questo giudice di appello nel provvedimento impugnato si legge che l’Autorità:

a) quanto alla gravità delle violazioni contestate, ribadendo che “la mancata pubblicazione sul sito web della Società delle informazioni prescritte dalle norme di cui è stata accertata la violazione rende più difficoltoso per gli utenti l’accesso al sistema di tutele prescritto dalla normativa europea e nazionale e non assicura la piena trasparenza delle condizioni di fruizione dei servizi” e che “con riguardo alla violazione dell’articolo 8, comma 3, lett. f) e g) dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS, (…) la condotta illecita, pur essendo unica (in virtù del cumulo giuridico delle sanzioni), riguarda l’omissione di una pluralità di elementi informativi che la Società avrebbe dovuto rendere disponibili agli utenti attraverso il proprio sito web, elementi informativi distinti, ognuno con una propria specifica rilevanza rispetto alla comune finalità di garantire agli utenti la necessaria trasparenza delle condizioni di offerta del servizio, con particolare riguardo alla possibilità di accedere alle procedure di tutela previste nei casi di disservizio”, pone l’accento sulla circostanza “che già nel 2018, con la delibera n. 545/18/CONS, del 13 novembre 2018, è stata irrogata alla Società una sanzione pari a 180 mila euro per la medesima tipologia di violazione, accertata nuovamente anche nel procedimento attualmente pendente”, valorizzando la significativa circostanza che il lasso di tempo trascorso tra le due condotte sanzionate (un triennio)“appare ancor più significativo (per il servizio offerto da BRT, ossia la consegna di pacchi) se si considera l’aumento esponenziale della domanda del servizio verosimilmente causato dalla situazione pandemica, con la conseguenza che le omissioni informative perpetrate hanno coinvolto anche una più ampia platea di utenti (rispetto a quanto considerato nella precedente vicenda sanzionatoria)”;

b) quanto all’opera “dissuasiva” svolta da BRT nel corso del procedimento sanzionatorio, non ha riscontrato alcuna iniziativa specifica da parte della società volta a eliminare o attenuare le conseguenze della violazione contestata;

c) quanto alla personalità dell’agente, constata che, a fronte di un’organizzazione interna di controllo, idonea a garantire il pieno rispetto del quadro normativo vigente, la società si trova a dover nuovamente rispondere per violazioni e illeciti in ordine ai quali era già stata sanzionata con la delibera n. 548/18/CONS;

d) quanto alle condizioni economiche dell’agente, più volte nel corso di pregressi contenziosi il giudice amministrativo ha avuto modo di acclarare e dichiarare le condizioni di solidità economica della società (si veda ad esempio l’ordinanza cautelare della Sezione 11 novembre 2020 n. 6653).

Ne consegue che, in ragione di tali presupposti, l’Autorità ha inflitto alla BRT la sanzione complessiva di 300.000,00 euro [100.000,00 euro, per la violazione dell’art. 8, comma 3, lett. a), dell’allegato A alla delibera n. 413/14/CONS, 100.000,00 euro, per la violazione dell’art. 8, comma 3, lett. f) e g), del citato allegato A e 100.000,00 euro, per la violazione del combinato disposto dell’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e), e comma 5, del ridetto allegato A]; che, quindi, ben poteva quantificarsi nel massimo previsto per ognuna delle singole violazioni.

Tenuto conto dei parametri normativi e dei criteri che si impongono alle Autorità al momento di quantificare la sanzione e di motivare gli esiti della procedura di calcolo della stessa, il Collegio ritiene che l’AGCOM non sia incorsa nei vizi di legittimità contestati dalla BRT e reiterati nella sede di appello, segnalando significativamente l'elevata qualificazione professionale del soggetto agente e la gravità della condotta, in considerazione, per quest’ultima, della reiterazione della stessa in un arco temporale rilevante rispetto all’adozione del precedente provvedimento sanzionatorio.

14. – In ragione delle suesposte osservazioni, si presentano fondati i motivi di appello dedotti dall’Autorità e infondati quelli riproposti dall’appellata, di talché va accolto il mezzo di gravame proposto e, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. IV-bis, 11 novembre 2022 n. 14678, va respinto il ricorso (n. R.g. 187/2022) proposto dalla società BRT S.p.a..

Va precisato che la presente decisione è stata assunta tenendo conto dell'ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), che ha consentito di derogare all'ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021 n. 6209 e 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono i presupposti per l’applicazione dei principi di cui all’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., in ragione della complessità e della peculiarità della vicenda contenziosa qui definita, per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, sull’appello indicato in epigrafe (n. R.g. 1355/2023), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. IV-bis, 11 novembre 2022 n. 14678, respinge il ricorso (n. R.g. 187/2022) proposto in primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 18 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

Roberto Caponigro, Consigliere

Giovanni Gallone, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefano Toschei Carmine Volpe
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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