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Consiglio di Stato, Sez. III, 11/7/2024 n. 6211
Sugli enti del terzo settore: differenza tra attività di “interesse generale” e attività “diverse” e sullo scopo di lucro

Terzo settore – Onlus – Attività di interesse generale – Attività diverse – Distinzione - Scopo di lucro


In materia di enti del terzo settore, la distinzione tra attività qualificate di “interesse generale” da esercitare senza scopo di lucro, previste dall’art. 5 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (dirette al perseguimento di obiettivi di elevato carattere sociale, umanitario e culturale) ed attività “diverse” di cui all’art. 6, il cui esercizio è consentito a condizione che siano previste nell'atto costitutivo o nello statuto e che siano secondarie e strumentali rispetto alle prime, si basa su un criterio di diversità oggettiva e non teleologica, quale emerge dal raffronto con il catalogo di cui all’art. 5.



Terzo settore – Onlus - Attività di interesse generale – Attività diverse - Scopo di lucro - Attività strumentali e secondarie - Ammissibilità


In materia di enti del terzo settore, le attività di “interesse generale” di cui all’art. 5 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, ove svolte con lo scopo di lucro ovvero attraverso il conseguimento di un utile, non diventano per ciò solo “diverse” né richiedono quindi una specifica annotazione nell’atto costitutivo o nello statuto, ma possono essere esercitate come attività “secondarie e strumentali” ai sensi dell’art. 33, comma 3, purché nel rispetto dei criteri e dei limiti fissati dal decreto 19 maggio 2021, n. 107 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Fonte: giustizia-ammininistrativa.it

Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 11/07/2024

N. 06211/2024REG.PROV.COLL.

N. 01794/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1794 del 2024, proposto dalla società -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda A.T.I. con-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Migliarotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

la -OMISSIS- nella qualità di mandataria-OMISSIS- in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Marcello Fortunato, Dario Gioia e Federico Dinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
l’Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Arturo Testa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Quinta, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della -OMISSIS- nella qualità di mandataria dell’A.T.S.-OMISSIS-., dell’Associazione-OMISSIS--OMISSIS- -OMISSIS-e dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2024 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. La società -OMISSIS- ha impugnato dinanzi al T.A.R. per la Campania la delibera del Direttore Generale dell’A.S.L. Napoli 3 Sud n. -OMISSIS- con la quale è stata disposta la aggiudicazione in favore della ATI -OMISSIS- della procedura aperta per la conclusione di un Accordo Quadro, ai sensi dell’art. 54, comma 3, d.lvo n. 50/2016, per l’affidamento del servizio di noleggio di automediche dotate di autista e infermiere con posizionamento sul territorio aziendale, per una durata di 48 mesi ed un valore di € 26.696.598,32, da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 95 d.lvo cit..

Il ricorso conteneva anche l’istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a. per l’accesso integrale agli atti di gara, ivi compresa la documentazione amministrativa, la offerta tecnica e quella economica dell’aggiudicataria.

La ricorrente, che si era classificata nella graduatoria conclusiva della gara in seconda posizione, con punti 95,04, dopo l’aggiudicataria, che aveva conseguito punti 100, ha sottoposto all’esame del T.A.R. plurimi profili di doglianza, sia in sede introduttiva del giudizio che mediante i successivi motivi aggiunti, intesi a conseguire l’esclusione della controinteressata o, in via subordinata, la riedizione della gara per vizi afferenti alla composizione della commissione giudicatrice.

2. Il T.A.R., con la sentenza n. 6670 del 4 dicembre 2023, ha ravvisato l’infondatezza di tutti i motivi articolati e l’originaria ricorrente, con l’atto di appello in esame, contesta alcune delle statuizioni reiettive da essa recate, con il conseguente passaggio in giudicato di quelle non investite dai motivi di appello.

All’accoglimento dell’appello si oppongono la -OMISSIS- nella qualità di mandataria dell’Associazione Temporanea di Scopo “Apollo”, e le relative mandanti, nonché l’Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud.

3. La prima statuizione interessata dalla proposta domanda di riforma è quella concernente il motivo di ricorso sub V, con il quale la ricorrente, premesso che l’A.T.I. aggiudicataria aveva dichiarato, nelle giustificazioni, un utile da reinvestire per attività istituzionali, e che quindi il servizio di appalto, per espressa confessione della medesima, andava considerato attività secondaria e marginale, ai sensi dell’art. 6 del Codice del Terzo Settore, esercitabile dagli E.T.S., ai sensi della citata disposizione, solo se previsto espressamente nell’atto costitutivo o nello statuto, deduceva che, al contrario, le visure camerali delle Associazioni di Volontariato che componevano il RTI aggiudicatario consentiva di appurare che nessuna delle predette Associazioni si era avvalsa di tale facoltà, con la conseguente carenza in capo alle stesse dell’idoneità professionale necessaria per la partecipazione alla gara.

Allegava altresì la ricorrente che lo svolgimento del presente appalto quale attività secondaria era altresì incompatibile con i limiti quantitativi del D.M. n. 107/2021 (30% dei ricavi complessivi e 66% di costi) e avrebbe comportato la decadenza delle controinteressate dalla iscrizione nel Registro degli E.T.S..

La censura veniva ripresa, in termini sostanzialmente affini, con il III motivo aggiunto.

4. Il T.A.R. ha osservato, in chiave reiettiva, che “la tesi sostenuta nel ricorso (in ordine alla natura secondaria dell’attività oggetto di appalto) non può desumersi dalla dichiarazione resa dalla controinteressata circa la destinazione degli utili ad attività istituzionali; al riguardo, non può escludersi, infatti, che quella dedotta dell’appalto debba essere ascritta proprio alle attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. n. 117/2017 che, tra l’altro, ricomprendono, alla lett. b), gli “interventi e prestazioni sanitarie”. Sotto distinto profilo, la dichiarazione resa sul reinvestimento, in conformità alla disciplina di settore, degli utili nell’attività sociale appare coerente con le previsioni contenute nell’art. 8 del D. Lgs. n. 117/2017 secondo cui: a) “Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” (comma 1); b) “Ai fini di cui al comma 1, è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo” (comma 2)”.

5. Mediante il corrispondente motivo di appello, la parte appellante, premesso che, affinché una attività di interesse generale possa considerarsi svolta senza scopo di lucro, ai fini dell’art. 5 d.lvo n. 117/2017, la stessa deve essere eseguita a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, laddove quelle secondarie, di cui all’art. 6, sono tutte quelle idonee a generare utili da reinvestire secondo le previsioni dell’art. 8, e che, quindi, la differenza tra le attività di interesse generale (art. 5) e accessorie (art. 6) non è di tipo qualitativo, ovvero riferita all’oggetto dell’attività stessa, ma attiene alle modalità con le quali sono esercitare (a rimborso spese ex art. 5 o in maniera commerciale ex art. 6), come – a suo dire – confermato dalla Circolare del Ministero del Lavoro del 27 dicembre 2018, n. 20 (concernente “Codice del Terzo settore. Adeguamenti statutari”), deduce che le prestazioni da erogare ai fini dell’esecuzione dell’appalto oggetto del presente giudizio non sono né a titolo gratuito, né a rimborso spese, per cui esse non rientrano tra quelle di interesse generale ma, avendo natura commerciale, devono essere annoverate nell’ambito di quelle secondarie, di cui all’art. 6, potendo quindi essere esercitate solo se espressamente previste all’interno dello statuto, con la conseguente carenza in capo alla controinteressata del relativo requisito idoneativo.

6. La censura non è meritevole di accoglimento.

Va premesso che, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.lvo 3 luglio 2017, n. 117 (cd. “Codice del Terzo Settore”), “sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”.

Ai sensi del successivo art. 5, comma 1, “gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, le attività aventi ad oggetto:

(…)

b) interventi e prestazioni sanitarie”.

A mente dell’art. 6, comma 1, poi, “gli enti del Terzo settore possono esercitare attività diverse da quelle di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Cabina di regia di cui all’articolo 97, tenendo conto dell’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale”.

E’ pertinente altresì il richiamo all’art. 33, comma 3, in materia di disciplina delle organizzazioni di volontariato, secondo cui “per l’attività di interesse generale prestata le organizzazioni di volontariato possono ricevere, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, salvo che tale attività sia svolta quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui all’articolo 6”.

7. Tracciate le pertinenti coordinate normative, occorre preliminarmente rilevare che l’art. 5 del Codice reca un catalogo chiuso di attività qualificate di “interesse generale” alla cui realizzazione sono destinate, “in via esclusiva o principale”, gli Enti del Terzo Settore.

Trattasi di attività che, essendo dirette al perseguimento di obiettivi di elevato carattere sociale, sanitario, umanitario e culturale, a vantaggio soprattutto di persone in condizioni di fragilità economica, sociale o sanitaria, giustificano l’applicazione agli enti de quibus di una disciplina speciale, orientata a favorirne la nascita e lo sviluppo e, nel contempo, a vincolarne l’organizzazione e l’operatività a precisi limiti e condizioni, intesi a garantire la costante coerenza tra la loro azione e le finalità istituzionali, di carattere solidaristico, che li contraddistinguono.

Tra i vincoli all’operatività degli Enti in discorso, rientra quello connesso al “perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.

Trattasi di una connotazione del modus operandi degli E.T.S. attinente alla “forma” ed agli scopi della loro attività, che si aggiunge a quella di carattere contenutistico delineata dal legislatore sia in termini generali, nel senso della qualificazione come di “interesse generale” dell’attività da essi svolta “in via esclusiva o principale”, sia attraverso le concrete declinazioni operative catalogate dal citato art. 5, comma 1.

In conclusione di queste prime notazioni, va sottolineato, quindi, che l’opera di tipizzazione normativa degli Enti del Terzo Settore si svolge su due fronti, connessi funzionalmente ma oggettivamente distinti: da un lato il contenuto delle attività di “interesse generale”, tratteggiato essenzialmente in relazione agli interessi (di carattere sociale, sanitario, umanitario e culturale) che sono dirette a soddisfare, dall’altro la forma e gli scopi del loro svolgimento, i quali devono essere caratterizzati in senso non lucrativo.

Da tale precisazione deriva che, laddove l’art. 6 del Codice legittima gli Enti del Terzo Settore all’esercizio di “attività diverse da quelle di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale”, fa riferimento ad attività che, per i loro contenuti, non sono assimilabili alle tipologie di cui all’elenco recato dall’art. 5: ciò che trova conferma nel fatto che l’art. 2 del D.M. 10 maggio 2021, n. 107, destinato a precisare i “criteri e limiti” nel rispetto dei quali, ai sensi del citato art. 6, le suddette “attività diverse” possono essere esercitate, afferma che le stesse “si considerano strumentali rispetto alle attività di interesse generale se, indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate dall’ente del Terzo settore, per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo”.

La disposizione infatti, per un verso, nel fare riferimento all’“oggetto” delle “attività diverse”, pone l’accento sul contenuto dell’attività, con la conseguenza che la “diversità” non può che emergere dal confronto con l’elenco di cui all’art. 5, comma 1, per l’altro, nello stabilire che le stesse devono essere svolte “per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo”, senza ricalcare l’art. 4, comma 1, laddove fa riferimento anche all’assenza dello “scopo di lucro”, consente di affermare che questa non costituisce un connotato essenziale delle “attività diverse” - a differenza di quanto stabilisce l’art. 5, comma 1, per quelle di “interesse generale” - purché siano svolte nel rispetto dei criteri e dei limiti dettati dal predetto D.M..

Da tali considerazioni ricostruttive discende che, laddove l’art. 6 consente agli Enti del Terzo Settore di svolgere “attività diverse da quelle di cui all’articolo 5”, si basa su un criterio di “diversità” oggettiva e non teleologica, quale emerge appunto dal raffronto con il catalogo di cui all’art. 5, comma 1: con la conseguenza che è rispetto a tale attività, oggettivamente connotata, che deve ricorrere la condizione che “l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano”.

Tale conclusione trova conforto nel disposto del già richiamato art. 33, comma 3, in materia di disciplina delle organizzazioni di volontariato, secondo cui “per l’attività di interesse generale prestata le organizzazioni di volontariato possono ricevere, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, salvo che tale attività sia svolta quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui all’articolo 6”.

La disposizione infatti, nel prevedere la possibilità per le organizzazioni di volontariato di svolgere le attività “di interesse generale” di cui all’art. 5, comma 1, secondo modalità lucrative, ovvero ricavandone un utile, purché sia svolta “quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui all’articolo 6”, non afferma che essa debba considerarsi come una attività “diversa” (sì da dover essere prevista in quanto tale nello statuto o nell’atto costitutivo), ma prescrive solo che sia svolta nel rispetto dei limiti e dei criteri che ne assicurano il carattere “secondario e strumentale”.

Le conclusioni innanzi illustrate sono confermate dalla circolare ministeriale n. 20/2018, laddove chiarisce che:

L’esercizio di attività diverse rispetto a quelle di interesse generale ricomprese nell’elenco di cui all’articolo 5 è facoltativo; tuttavia, qualora l’ente intenda esercitarlo, esso è subordinato, ai sensi dell’articolo 6 del codice, a due condizioni: 1) che esse siano secondarie e strumentali rispetto a quelle di interesse generale (secondarietà e strumentalità dovranno essere valutate secondo i criteri e limiti che saranno definiti con decreto interministeriale, avente natura regolamentare); 2) che sia consentito (e quindi specificamente previsto) dall’atto costitutivo o dallo statuto”.

Si evince da essa, infatti, che le “attività diverse” emergono per differenza “rispetto a quelle di interesse generale ricomprese nell’elenco di cui all’articolo 5” e che sono le stesse, così oggettivamente individuate, a dover costituire oggetto di annotazione nell’atto costitutivo o nello statuto.

In conclusione, le attività di “interesse generale” di cui all’art. 5, comma 1, ove svolte con lo scopo di lucro (ovvero attraverso l’ottenimento di un utile), non diventano per ciò solo “diverse” né richiedono quindi, a differenza di quelle anche “oggettivamente” diverse, una specifica iscrizione nell’atto costitutivo o nello statuto, ma possono essere svolte come attività “secondarie e strumentali”, purché nel rispetto dei “criteri e dei limiti” fissati dal citato D.M..

Pertanto, non essendo contestato che le attività oggetto del presente appalto, nella loro oggettiva consistenza, siano previste nell’atto costitutivo della controinteressata (trovando corrispondenza l’oggetto dell’accordo quadro, relativo al “servizio di noleggio di automediche dotate di autista e infermiere con posizionamento sul territorio aziendale”, nel “trasporto degli infermi e dei feriti a mezzo ambulanza, anche in emergenza e urgenza, e noleggio con conducente di ambulanza per trasporto infermi”, quale risulta dalla visura camerale della Confraternita di -OMISSIS- O.D.V.), la censura in esame non può che essere respinta.

8. Quanto invece al profilo deduttivo, inteso a sostenere che lo svolgimento del presente appalto quale attività secondaria sarebbe incompatibile con i limiti quantitativi del D.M. n. 107/2021 (30% dei ricavi complessivi e 66% di costi) e avrebbe comportato la decadenza della controinteressata dalla iscrizione nel Registro degli E.T.S., deve osservarsi da un lato che lo stesso non è stato espressamente riproposto in appello – se non nella prospettiva, puramente argomentativa, che la mancata indicazione nello statuto della possibilità di esercitare attività secondarie sarebbe finalizzata ad eludere i limiti previsti dal predetto D.M. – dall’altro lato che l’eventuale sforamento, e la conseguente decadenza della qualifica di E.T.S., deriverebbe dall’esecuzione dell’appalto, collocandosi quindi in una fase successiva alla sua aggiudicazione, sulla cui legittimità non sarebbe quindi idoneo ad incidere retroattivamente.

9. Con il motivo di ricorso sub VII, la ricorrente deduceva in via subordinata un profilo di ritenuta illegittimità della composizione della Commissione di valutazione, in quanto il Presidente della stessa, dr. -OMISSIS-, aveva svolto per diversi anni l’attività di Medico Formatore del personale della -OMISSIS-, mandataria dell’A.T.I. aggiudicataria: tale circostanza avrebbe generato, ad avviso della ricorrente, una chiara situazione di conflitto di interesse, che non solo andava dichiarata, ma obbligava il dr. -OMISSIS- alla astensione, con conseguente violazione degli artt. 42 d.lvo n. 50/2016 e 6-bis l. n. 241/1990.

10. Il T.A.R. ha respinto la censura rilevando che, “alla luce della documentazione di causa, difetta la dimostrazione circa la concreta sussistenza del dedotto conflitto di interessi (non avendo la istante comprovato l’effettivo svolgimento di attività professionali da parte del Presidente della commissione in favore di società del raggruppamento aggiudicatario), così come richiesto dal consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, a cui il Collegio ritiene di aderire, in base al quale: “Nel settore dei contratti pubblici l’ipotesi del conflitto di interessi non può essere predicata in astratto, ma deve essere accertata in concreto sulla base di prove specifiche. Si richiede in altri termini che la minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione ex art. 42, comma 2, D. Lgs. n. 50 del 2016, in relazione alla causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 5, lett. d), del medesimo codice, sia dimostrata sulla base di presupposti specifici” (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5370/2020 e n. 2863/2020)”.

11. Deduce l’appellante, in senso critico, che attraverso il deposito in giudizio del decreto dirigenziale della Regione Campania, dal quale risultava che il Presidente della Commissione di gara aveva svolto il ruolo di medico formatore dell’Associazione -OMISSIS-, aveva offerto al T.A.R. sufficienti elementi dimostrativi della lamentata situazione di incompatibilità.

12. La censura - che si esamina subito seguendo l’articolazione numerica dei motivi di appello, sebbene espressamente formulata, come già in primo grado, in via subordinata - non può essere accolta.

Prevede l’invocato art. 42, comma 2, d.lvo cit. che “si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62”.

Dispone la norma richiamata che “il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza”.

13. Ciò premesso, la parte appellante fonda la dedotta situazione di incompatibilità del dr. -OMISSIS-- sul fatto che esso risulta nell’allegato A del decreto dirigenziale regionale n. 11 del 29 marzo 2018, con il quale la Confraternita -OMISSIS- è stata riaccreditata per lo svolgimento dell’attività di formazione in relazione all’utilizzo dei defibrillatori semiautomatici esterni, tra i formatori dell’Associazione.

Ebbene, deve ritenersi che la suddetta circostanza, oltre a non corrispondere ad alcuna delle situazioni che l’art. 7 d.P.R. n. 62/2013 indica quali rivelatrici di un conflitto di interesse, non è nemmeno caratterizzata – ai fini della integrazione della fattispecie residuale della sussistenza di “gravi ragioni di convenienza” – da profili di pregnante collegamento con l’Associazione controinteressata, tali da legittimare ragionevoli dubbi in ordine allo svolgimento della sua funzione giudicatrice nel pieno rispetto dei canoni di imparzialità ed indipendenza valutativa: ciò in mancanza di ogni più concreta indicazione attorea in ordine all’effettivo svolgimento dell’attività di formazione da parte del suddetto, alla sua durata, alla sua collocazione temporale rispetto allo svolgimento della gara ed ai vantaggi economici eventualmente conseguiti.

14. Invero, le Linee Guida ANAC n. 15 in materia di “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici”, approvate con Delibera del 5 giugno 2019, precisano che l’interferenza tra la sfera istituzionale e quella personale del funzionario pubblico si verifica quando decisioni che richiedono imparzialità di giudizio siano adottate da un soggetto che abbia, anche solo potenzialmente, interessi privati in contrasto con l’interesse pubblico: l’interesse personale dell’agente, che potrebbe porsi in contrasto con l’interesse pubblico alla scelta del miglior offerente, può essere di natura finanziaria, economica o dettato da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale con i soggetti destinatari dell’azione amministrativa.

Anche il Consiglio di Stato ha chiarito che “ai sensi dell’art. 42 comma 2, d.lg. 18 aprile 2016, n. 50, si ha conflitto di interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi - che, anche per conto della Stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato - ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale, che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione; in particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’art. 7, d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62” (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 luglio 2017, n. 3415).

Ebbene, applicando le citate coordinate interpretative alla fattispecie in esame, non può non rilevarsi che il mero svolgimento dell’attività di formatore per conto dell’Associazione controinteressata, in mancanza di ogni altra deduzione, non radica necessariamente, in capo al professionista, un interesse – economico o di altra natura – a favorire la medesima Associazione ai fini dell’attribuzione dei punteggi nella gara de qua: ciò tanto più in quanto la parte appellante non indica alcun profilo, desumibile dalle risultanze della gara, che indurrebbe ad ipotizzare che la valutazione delle offerte sia stata condizionata dal suddetta posizione del Presidente della commissione.

Il rapporto professionale è infatti contraddistinto da una posizione di reciproca alterità tra le parti, titolari di interessi che si mantengono distinti durante il suo svolgimento e successivamente alla sua conclusione, a meno che tra gli stessi si sia verificata una convergenza o commistione che è onere del ricorrente rappresentare e convincentemente dimostrare, non potendosi la situazione di conflitto di interessi, nell’ambito della gara, elevare a petizione di principio sulla scorta di qualsivoglia contatto intercorso tra i soggetti interessati.

15. Deve solo aggiungersi che, non essendo configurabile una situazione di conflitto di interesse, nessun obbligo dichiarativo né di astensione era configurabile in capo al suddetto.

16. Con il primo dei motivi aggiunti, la ricorrente esponeva che l’Associazione -OMISSIS- mandante del RTI aggiudicatario, aveva comprovato i requisiti di capacità economico - finanziaria mediante ricorso ad avvalimento con la Società -OMISSIS-: tuttavia, l’ausiliaria non era in possesso del requisito di idoneità professionale, pre-condizione per la ammissibilità e validità del “prestito”, non essendo iscritta alla Camera di Commercio per l’attività coerente con l’oggetto del presente appalto e, comunque, con il contratto di avvalimento, essendo il Consorzio iscritto unicamente per attività di consulenza per gestione di logistica aziendale.

Né, aggiungeva la ricorrente, varrebbe richiamare la presenza di tale attività nell’oggetto sociale, integrando esso una astratta potenzialità che, tuttavia, non ha avuto concreta attuazione, mediante la relativa iscrizione camerale dell’inizio di attività.

17. Ha rilevato il T.A.R. in senso contrario che “proprio con riferimento all’operatore ausiliario indicato dal raggruppamento aggiudicatario (Consorzio Nefrocenter), questo T.A.R. (Sez. V, n. 4771/2022) ed il Consiglio di Stato (Sez. III, n. 2246/2023), in riferimento ad altra procedura concorsuale, hanno dequotato analoga censura riferita alla presunta “incoerenza” dell’oggetto sociale con il settore dell’appalto. Per quanto rileva nel presente giudizio, si è osservato che occorre valutare il complesso delle attività risultanti dal certificato camerale (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 366/2022, n. 7846/2019 e n. 5257/2019; Sez. III, n. 5182/2017), dal quale emerge che l’attività “prevalente” del predetto operatore consiste nella “consulenza per la gestione della logistica aziendale” ma anche che “Il consorzio, con i propri mezzi e personale, ha per oggetto altresì lo svolgimento di attività, su tutto il territorio della Repubblica Italiana” di natura varia e diversificata, tale da coprire una gamma vastissima di prestazioni sanitarie e ad esse strumentali, tra le quali “trasporto sangue, organi e campioni biologici; gestione di presidi di primo soccorso e di infermeria aziendale; facchinaggio, trasporto farmaci e materiale sanitario e non; assistenza sanitaria domiciliare con personale qualificato ed autorizzato; il noleggio, escluso quello finanziario, di autovetture, motoveicoli, pullman, caravan e veicoli in genere e di altri mezzi di trasporto terrestri con e senza conducente”, attività che risultano anch’esse “coerenti” e contribuiscono ad integrare il possesso del requisito richiesto dal disciplinare di gara”.

Ha aggiunto il T.A.R. che “non è condivisibile quanto sostenuto nel ricorso circa la mancata attivazione di altre attività (sia pur coerenti con l’oggetto dell’appalto) indicate nella visura camerale. Vero che la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3495/2022) ritiene che oggetto sociale e attività effettivamente esercitata non possono essere considerati come concetti necessariamente coincidenti e che, ai fini del possesso del requisito di idoneità professionale, non è sufficiente la mera possibilità di esercitare in astratto un’attività in quanto ricompresa tra quelle elencate nell’oggetto sociale indicato nella visura camerale il quale - ancorché segni il campo delle attività che un’impresa può astrattamente svolgere, sul piano della capacità di agire dei suoi legali rappresentanti - non equivale, però, ad attestare il concreto esercizio di una determinata attività. Tuttavia, sempre in applicazione di tale approdo, occorre che vi sia congruenza contenutistica, tendenzialmente completa, tra le risultanze descrittive della professionalità dell’impresa, come riportate nell’iscrizione alla Camera di Commercio, e l’oggetto del contratto d’appalto, evincibile dal complesso di prestazioni in esso previste. Nella fattispecie in scrutinio si è visto che tale congruenza sussiste e, peraltro, dall’esame del contratto di avvalimento si evince che la impresa ausiliaria ha effettivamente svolto attività coerenti con l’oggetto dell’appalto (servizi sanitari erogati mediante mezzo mobile; cfr. fatturato specifico minimo di cui a pag. 2), afferendo al medesimo settore imprenditoriale e professionale di cui si controverte”.

18. Mediante il relativo motivo di appello, la parte appellante, dopo aver evidenziato le differenze esistenti tra la fattispecie in esame e quella oggetto delle sentenze richiamate dal T.A.R., deduce che l’art. 83 lett. a) d.lvo n. 50/2016 esige espressamente, per comprovare la propria idoneità professionale, la iscrizione camerale per le attività in concreto esercitate e non per quelle astratte risultanti dall’oggetto sociale, le quali sono solo potenzialmente esercitabili.

Essa conclude osservando che non solo l’ausiliaria è priva del requisito di idoneità professionale, ma anche che l’operatore economico ausiliato non è in possesso di un requisito di fatturato corrispondente alla quota di partecipazione al RTI, non potendo un operatore economico assumere una quota di partecipazione superiore alle proprie potenzialità ed alla propria qualificazione.

19. La censura non può essere accolta, sebbene per motivi diversi da quelli posti a fondamento della sentenza appellata: può conseguentemente prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità formulata, rispetto ad essa, dall’Associazione resistente.

Il contratto di avvalimento intercorso tra la mandante -OMISSIS- ha ad oggetto il requisito di cui al punto 8.2 del Disciplinare di gara (relativo ai “Requisiti di capacità economica e finanziaria”), ovvero:

FATTURATO SPECIFICO MINIMO per forniture analoghe (servizi sanitari erogati mediante mezzo mobile) a quelle del settore di attività oggetto dell’appalto, al netto dell’IVA, riferito complessivamente agli ultimi 3 (tre) esercizi finanziari approvati alla data di pubblicazione del presente Bando, pari ad un importo non inferiore al valore di seguito precisato”.

Esso, quindi, non ha ad oggetto il requisito di cui all’art. 8.1, lett. a) del medesimo Disciplinare (relativo ai “Requisiti di idoneità”), ovvero “Iscrizione nel registro tenuto dalla Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura per attività coerenti con quelle oggetto della presente procedura di gara”: ciò che, del resto, è coerente con la previsione di cui all’art. 9, comma 2, del Disciplinare (in materia di avvalimento), secondo cui “non è consentito l’avvalimento per la dimostrazione dei requisiti generali e di idoneità professionale di cui al paragrafo 8.1”, oltre che con il disposto dell’art. 89, comma 1, d.lvo n. 50/2016.

Poiché, quindi, non è contestato il possesso in capo alla suddetta mandante del requisito di idoneità professionale relativo alla iscrizione nel registro tenuto dalla Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura per attività coerenti con quelle oggetto di gara, né la maturazione in capo alla suddetta ausiliaria del requisito esperenziale oggetto di “prestito” a favore della prima, non resta che escludere ogni rilevanza, ai fini della legittimità dell’aggiudicazione, della sussistenza di un effettivo rapporto di “coerenza” tra l’attività prevalente per la quale il Consorzio Nefrocenter è iscritto alla Camera di Commercio ed il servizio posto a base di gara.

20. Quanto poi all’assunto secondo cui l’Associazione -OMISSIS-non sarebbe in possesso di un requisito di fatturato corrispondente alla quota di partecipazione al RTI, lo stesso viene formulato in via meramente consequenziale alla censura innanzi esaminata, per cui non può che risentire del medesimo esito reiettivo.

Diversamente, nell’impostazione difensiva di primo grado, la suddetta deduzione faceva da corollario ad un diverso ed autonomo profilo di censura, che si basava sulla dedotta differenza ravvisabile tra l’ammontare del fatturato specifico oggetto di avvalimento e la somma dei servizi analoghi pregressi indicati dall’ausiliaria: deduzione che, tuttavia, non è stata riproposta in appello.

21. L’appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto, mentre l’originalità dei temi trattati giustifica la compensazione delle spese del giudizio di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello n. 1794/2024, lo respinge.

Spese del giudizio di appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:

Michele Corradino, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore

Antonio Massimo Marra, Consigliere

Raffaello Scarpato, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ezio Fedullo Michele Corradino
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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