Pubblicato il 14/11/2024
N. 06225/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01199/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1199 del 2024, proposto da: FEDERLAB ITALIA e ATI Laboratori Italiani Riuniti (L.I.R.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Arturo Umberto Meo e Luca Rubinacci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia ed eletto presso lo studio dell'avvocato Arturo Umberto Meo in Napoli alla Via Melisurgo n. 4;
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Rosaria Saturno dell'Avvocatura regionale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia ed eletto presso la sede dell'Ente in Napoli alla Via S. Lucia n. 81;
nei confronti
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli alla Via A. Diaz n. 11; FEDERFARMA CAMPANIA e A.S.SO.FARM CAMPANIA, non costituite in giudizio; Farmacia Cavour s.a.s. di Di Donna Francesco & C., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
A) del Decreto Dirigenziale della Regione Campania - Dipartimento per la tutela della Salute e il Coordinamento del sistema sanitario regionale n. 939 del 29/12/2023, pubblicato sul BURC n. 4 dell’8 gennaio 2024, recante “Accordi Attuativi delle prestazioni rientranti nelle attività della cd. “Farmacia di Servizi””, e dei suoi allegati, ovvero, e per quanto qui specificatamente interessa, Allegato 5 “Accordo Attuativo per la somministrazione di test per l'emoglobina glicata e il quadro lipidico” e Allegato 6 “Accordo Attuativo per effettuare screening oncologici”;
B) di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresi, ma solo ove mai lesivi dei diritti e interessi dei ricorrenti, la Delibera della Giunta Regionale della Campania n. 407 del 27.07.2022, con cui è stato approvato il documento “Attività di sperimentazione dell'erogazione di nuovi servizi nella farmacia di comunità nella Regione Campania negli anni 2022-2023 – Cronoprogramma”, e la Delibera della Giunta Regionale della Campania n. 682 del 13.12.2022, con cui sono state emanate le “linee guida sugli interventi di riordino territoriale della Regione Campania in applicazione delle attività previste dal piano nazionale di ripresa e resilienza recepite dal Decreto Ministeriale n. 77 del 23 maggio 2022”, entrambe richiamate nel provvedimento gravato sub a).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La FEDERLAB (ente esponenziale degli operatori della sanità privata nella branca della patologia clinica) e l’ATI Laboratori Italiani Riuniti (operante in Campania in regime di accreditamento con il S.S.N., nel settore dei laboratori di analisi) hanno impugnato il decreto dirigenziale n. 939 del 29/12/2023, con cui la Regione ha approvato e ratificato gli accordi con le Associazioni di categoria dei titolari di farmacie pubbliche e private convenzionate, per le attività della cd. “Farmacia di Servizi”, relativamente agli allegati 5 e 6, riguardanti la somministrazione di test per l’emoglobina glicata e il quadro lipidico e l’effettuazione di screening oncologici.
Sono articolati quattro motivi di ricorso, deducendo plurimi profili di violazione di legge ed eccesso di potere.
1.1. Al primo motivo si sostiene che vengono affidate alle farmacie prestazioni in favore di una troppo vasta platea di utenti, oltre il limite fissato dall’art. 1, co. 2, lett. e), del d.lgs. n. 153/2009 (“prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo”) che, come stabilito nel D.M. 16/12/2010 che ne dà attuazione, riguarda i pazienti in condizione di fragilità di non autosufficienza, che il farmacista deve previamente accertare.
1.2. Con il secondo motivo è avversata la previsione di effettuazione in farmacia di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare, ex art. 1, co. 2, cit., lett. e-ter), inserita dall’art. 1, co. 420, della legge n. 178/2020.
In primo luogo, è censurato che l’estensione non sia espressamente confinata all’ambito dell’autocontrollo e le nuove prestazioni non siano in tal caso subordinate all’individuazione di condizioni e limiti da parte di un D.M. (che, come detto, le confina all’ambito dell’autocontrollo e ai pazienti in condizione di fragilità di non autosufficienza).
Inoltre, viene posto in rilievo che, differenziando le prestazioni di cui alle ricordate lettere e) ed e-ter), si finirebbe con l’attribuire ai farmacisti compiti di diagnosi (come si desume dall’obbligo di refertazione previsto negli Accordi impugnati), in analogia alle funzioni delle strutture di laboratorio, che però devono dotarsi dell’autorizzazione ex art. 8-ter del d.lgs. n. 502/92 per svolgere l’attività.
È rimarcato a tal proposito che l’art. 8, co. 2, del d.lgs. n. 502/92, sui rapporti del S.S.N. con le farmacie, è stato modificato quanto all’effettuazione di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo (introducendo la lett. b-bis), n. 5, ad opera del d.lgs. n. 153/2009) ma, diversamente, la legge n. 178/2020 non ha inciso sulla norma del d.lgs. n. 502/92 e non ha così previsto che il prelievo di sangue capillare possa formare oggetto delle convenzioni tra il S.S.N. e le farmacie.
Sotto gli aspetti censurati, è chiesto che, subordinatamente, sia sollevata la questione di legittimità costituzionale o disposto il rinvio pregiudiziale alla CGUE, in relazione all’indicato art. 1, comma 2, lett. e)-ter del d.lgs. n. 153/2009, inserita dall’art. 1, comma 420, della legge n. 178/2020, nella parte in cui consente alle farmacie di eseguire “test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare”, senza prescrivere la necessità di acquisire l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio, ex artt. 8 e 8-ter del d.lgs. n. 502/92.
1.3. Il terzo motivo si rivolge alla previsione di effettuazione, in locali separati ed esterni alle farmacie, dello screening del tumore del colon retto, attraverso l’esame del sangue occulto nelle feci.
Si mette in luce che l’art. 2 dell’Accordo (“Utilizzo di aree, locali o strutture esterne alla farmacia”) è posto in relazione ai servizi sanitari di cui all’art. l, co. 2, lett. e-quater) del d.lgs. n. 153/2009 che, introdotta con la legge n. 52/2022 di conversione del D.L. n. 24/2022, riguarda servizi ben diversi, facendo espresso, specifico ed esclusivo riferimento alla somministrazione di vaccini per il Covid e antinfluenzali.
È affermato che, come per le prestazioni analitiche di prima istanza, l’attività debba invece essere svolta nei locali della farmacia, vigendo anche in tal caso le prescrizioni dettate dal D.M. 16/12/2010 per l’assistenza ai pazienti nell’ambito dell’autocontrollo, che impongono spazi separati dagli altri ambienti interni alla farmacia (per la manutenzione e conservazione delle apparecchiature e l’osservanza della normativa in materia di protezione dei dati personali: art. 4), l’obbligo di esposizione nei locali della farmacia delle tipologie di prestazioni analitiche disponibili (art. 6), demandando all’accordo collettivo nazionale la definizione dei principi e dei criteri sui requisiti minimi di idoneità dei locali (art. 8, co. 2).
Contestano a questo riguardo che l’Accordo regionale, nelle more del rilascio dell’autorizzazione in caso di ampliamento dei locali, consente l’attività sulla base della mera comunicazione di adesione della farmacia al programma di screening oncologico.
Osservano le ricorrenti che il D.M. 11/12/2012 ha stabilito che, sino alla definizione con l’accordo collettivo nazionale dei requisiti minimi di idoneità dei locali, debba farsi riferimento a “quelli previsti dalle vigenti disposizioni di legge”, intendendosi non ammissibile l’esercizio di attività senza autorizzazione, in assenza della quale non possono dirsi rispettati i requisiti minimi di idoneità.
1.4. Nell’ultimo motivo si lamenta che le prestazioni sono remunerate con tariffe eccedenti quelle stabilite per le strutture accreditate, in spregio a principi concorrenziali e attuando una distorsione del mercato delle prestazioni, peraltro a vantaggio di farmacisti meno qualificati rispetto ai biologi o ai chimici.
Viene osservato che il già citato D.M. 11/12/2012 ha fissato il principio del “rispetto dei principi di parità di trattamento e non discriminazione tra farmacie pubbliche e private inserite nel Servizio sanitario nazionale, nonché tra operatori economici pubblici e privati” (art. 1, co. 2), ugualmente demandando alla contrattazione collettiva nazionale la fissazione dei criteri per la remunerazione (art. 5), laddove negli impugnati protocolli di intesa non è fatta menzione dell’accordo collettivo nazionale e non è dato comprendere in base a quali dati istruttori siano state previste tariffe di remunerazione per le farmacie di gran lunga superiori a quelle applicate alle strutture ambulatoriali accreditate (€ 15 oltre Iva per il test dell’emoglobina glicata ed € 20,00 per il quadro lipidico, superiori alla metà e oltre, rispetto alle tariffe praticate per i laboratori di analisi: rispettivamente, € 7,41 ed € 3,27).
È al riguardo formulata un’istanza istruttoria, per l’acquisizione degli atti contenenti i criteri della fissazione di tariffe di remunerazione diverse, rispetto a quelle applicate per le medesime prestazioni alle strutture accreditate.
2.- Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Salute e la Regione, quest’ultima producendo memoria difensiva.
Alla camera di consiglio del 17 aprile 2024 la parte ha rinunciato alla domanda cautelare ed è stata fissata l’udienza per la trattazione del ricorso nel merito.
Le ricorrenti hanno prodotto memoria e, all’udienza pubblica del 25 settembre 2024, il ricorso è stato assegnato in decisione.
3.- Con le censure esposte è contestato il contenuto degli accordi della Regione con le Associazioni di categoria dei titolari di farmacie pubbliche e private convenzionate, per l’effettuazione di prestazioni rientranti nella cd. “Farmacia di Servizi”.
Come ricordato, le contestazioni si rivolgono agli allegati 5 e 6 al decreto dirigenziale impugnato, riguardanti rispettivamente la somministrazione di test per l’emoglobina glicata e il quadro lipidico e l’effettuazione di screening oncologici.
3.1. Giova ripercorrere l’excursus normativo che ha condotto all’introduzione del nuovo modulo organizzativo delle farmacie pubbliche e private convenzionate con il servizio sanitario nazionale, assegnandovi nuovi compiti, rientranti nella cosiddetta “farmacia di servizi”.
L’art. 11, co. 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, “finalizzati all’individuazione di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche e private nell’ambito del Servizio sanitario nazionale”.
Dai principi e criteri direttivi indicati è enucleabile l’intento del legislatore di dotare le farmacie di un nuovo ruolo nell’attività di prevenzione e cura delle malattie, superando il tradizionale assetto di dispensatrici di farmaci e favorendone, quali presidi di prossimità, una più compiuta integrazione nelle funzioni di welfare del sistema sanitario pubblico, attraverso l’erogazione di servizi di primo livello, rivolti all’intera popolazione (collaborazione a programmi di educazione sanitaria e a campagne di prevenzione: lett. b) e c) del cit. art. 11, co. 1) e di secondo livello, concretantesi in prestazioni a favore dei pazienti che le richiedano.
Oltre all’assistenza domiciliare e alla prenotazione di visite ed esami specialistici (lett. a) e d) dell’art. 11 della legge-delega), nell’ambito della realizzazione delle “campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale” è prevista la possibilità di effettuare nelle farmacie anche “analisi di laboratorio di prima istanza nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l’attività di prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe” (lett. c), citata).
In attuazione della delega è stato emanato il d.lgs. 3 ottobre 2009, n. 153, con il quale è stato disposto che: “I nuovi servizi assicurati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto di quanto previsto dai Piani socio-sanitari regionali e previa adesione del titolare della farmacia, concernono: […] l'effettuazione, presso le farmacie, nell'ambito dei servizi di secondo livello di cui alla lettera d), di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell'ambito dell'autocontrollo, nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l'attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti” (art. 1, co. 2, lett. e)).
Il Ministro della Salute ha emanato in data 16 dicembre 2010 il D.M. recante la “Disciplina dei limiti e delle condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell'ambito dell'autocontrollo ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera e), e per le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n. 153 del 2009” (in G.U. 10 marzo 2011, n. 57; in pari data è stato adottato il D.M. ad oggetto: “Erogazione da parte delle farmacie di specifiche prestazioni professionali”, in G.U. 19 aprile 2011, n. 90).
Il D.M. riguardante le prestazioni analitiche di prima istanza effettuabili in farmacia, ex art. 1, co. 2, lett. e), del d.lgs. n. 153/2009, stabilisce che:
- “Ai fini del presente decreto, per prestazioni analitiche di prima istanza mediante l'utilizzo di dispositivi per «test autodiagnostici», devono intendersi test che in via ordinaria sono gestibili direttamente dai pazienti in funzione di autocontrollo a domicilio, ovvero in caso di condizioni di fragilità di non completa autosufficienza, possono essere utilizzati mediante il supporto di un operatore sanitario, presso le farmacie territoriali pubbliche e private” (art. 1, co. 1);
- “È vietato l'utilizzo di apparecchiature che prevedano attività di prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti, restando in ogni caso esclusa l'attività di prescrizione e diagnosi” (art. 1, co. 2).
L’art. 2 definisce le prestazioni analitiche di prima istanza, effettuabili con test autodiagnostici: “test per glicemia, colesterolo e trigliceridi; test per misurazione in tempo reale di emoglobina, emoglobina glicata, creatinina, transaminasi, ematocrito; test per la misurazione di componenti delle urine quali acido ascorbico, chetoni, urobilinogeno e bilirubina, leucociti, nitriti, ph, sangue, proteine ed esterasi leucocitaria; test ovulazione, test gravidanza, e test menopausa per la misura dei livelli dell'ormone FSA nelle urine; test colon-retto per la rilevazione di sangue occulto nelle feci”.
3.2. Venendo ai contestati Accordi della Regione con le Associazioni di categoria dei titolari di farmacie pubbliche e private convenzionate, si è ripetuto che le ricorrenti censurano quanto contenuto negli allegati 5 e 6, riguardanti la somministrazione di test per l’emoglobina glicata (HbA1c) e il quadro lipidico (QLip) e l’effettuazione di screening oncologici.
È comune agli Accordi la premessa che muove dalla menzionata normativa e, indicando le finalità perseguite, configura il ruolo della farmacia di servizi.
Allo scopo di realizzare “campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolte alla popolazione generale e ai gruppi a rischio”, nonché di attuare “programmi di screening oncologici”, si congiunge la considerazione secondo cui “le Farmacie di Comunità convenzionata, grazie alla loro capillarità sul territorio, si configurano come un luogo privilegiato per l’arruolamento della popolazione eleggibile alla somministrazione di test volti alla prevenzione secondaria del rischio cardiovascolare, da esplicarsi attraverso il dosaggio dell’Emoglobina Glicata (HbA1c) e del Quadro Lipidico (QLip)”, ovvero per “partecipare agli screening oncologici”.
Ciò posto, va riconosciuto alle ricorrenti che le stesse non sconfessano né contrastano le finalità perseguite, tant’è che (come risulta dall’esibito articolo, pubblicato su quotidianosanità.it) “Fofi, Fnob, Federfarma e Federlab esprimono piena condivisione sullo sviluppo evolutivo della farmacia dei servizi e del ruolo del farmacista. A tal fine, dopo un positivo confronto, Fofi, Fnob, Federfarma e Federlab hanno convenuto sull’opportunità di promuovere una più stretta sinergia tra farmacisti e biologi, nell’ambito delle diverse e specifiche competenze, per ampliare l’offerta delle prestazioni diagnostiche, di primo e secondo livello, da eseguire nella “Farmacia dei servizi””.
Invero, la contestazione delle ricorrenti si rivolge a quelle parti degli Accordi reputate lesive delle prerogative dei biologi e chimici, con censure che possono essere così riassunte, sotto i diversi profili sottoposti all’esame del Tribunale, quanto a:
a) platea degli assistibili dalle farmacie;
b) possibilità da parte di queste ultime della possibilità di effettuare il prelievo di sangue capillare;
c) utilizzo di locali separati dalla sede della farmacia;
d) tariffe praticate.
Prima di passare alla disamina dei motivi, premette il Collegio che non è predicabile l’assimilazione che le ricorrenti suppongono sia stata (sostanzialmente) introdotta tra farmacie e laboratori di analisi.
Ciò in quanto divergono la natura delle strutture, la funzione assolta e la conformazione dei loro compiti, esplicantisi in ambiti diversi.
Tale evidenza dei fatti è stata posta in luce dalla giurisprudenza, all’indomani dell’emanazione dei decreti ministeriali del 16 dicembre 2010, chiarendo (con riferimento al coevo D.M. in tema di erogazione di prestazioni specialistiche, dall’impianto omogeneo) che “il termine di riferimento è una struttura aziendale che svolge attività meramente commerciale di acquisto e rivendita di prodotti farmaceutici, che in detta attività trova la sua ragion d’essere, che neppure in via residuale svolge attività di diagnosi e terapia medica, che all’occorrenza può svolgere non di propria iniziativa ma su istanza dell’interessato un’attività di aiuto materiale nell’utilizzo di prestazioni terapeutiche che di regola il paziente deve essere in grado di gestire da solo. […] Priva di qualsiasi fondamento è la tesi delle ricorrenti secondo cui la “strategia ministeriale”, perseguita con l’impugnato decreto ministeriale, sarebbe quella di trasformare fittiziamente le farmacie in veri e propri poliambulatori liberalizzati, capaci di erogare una vastissima gamma di differenti prestazioni sulla base di regole semplificate rispetto a quelle vigenti per le strutture ambulatoriali accreditate. E’ agevole opporre che l’obiettivo semplificatorio, legittimamente e lodevolmente perseguito, è stato rigorosamente limitato a prestazioni che per la loro semplicità e per essere oggetto di autocontrollo non giustificano affatto il ricorso ad una struttura sanitaria qualificata per lo svolgimento in via primaria di diverse e ben più delicate funzioni, le sole che possono giustificare un pesante onere economico per il paziente” (TAR Lazio - sez. III-quater, 22/2/2012 n. 1792; conf., 20/2/2012 n. 1704 e Cons. Stato - sez. II, 4/1/2021 n. 111).
Posta questa premessa, si può passare a esaminare le circostanziate censure.
3.3.1. Platea degli assistibili dalle farmacie.
Il protocollo di intesa prevede che le farmacie, previa comunicazione all’ASL, possono somministrare i test per il dosaggio dell’Emoglobina Glicata (HbA1c) e del Quadro Lipidico (QLip), dopo aver accertato l’identità del richiedente e acquisito la tessera sanitaria, nonché ricevendo il suo consenso informato e valutando l’idoneità a sottoporsi ai test (Allegato 5, art. 1).
A carico delle farmacie è posto l’impegno a registrare sul software regionale l’esito dei test (art. 2).
Le stesse prescrizioni e analoghi adempimenti sono dettati per lo screening oncologico (Allegato 6, artt. 1 e 3).
Con il primo motivo le ricorrenti rimarcano che il menzionato D.M. 16 dicembre 2010, all’art. 1, ha stabilito che, per prestazioni analitiche di prima istanza mediante l’utilizzo di dispositivi per test autodiagnostici, “devono intendersi test che in via ordinaria sono gestibili direttamente dai pazienti in funzione di autocontrollo a domicilio, ovvero in caso di condizioni di fragilità di non completa autosufficienza, possono essere utilizzati mediante supporto di un operatore sanitario, presso le farmacie territoriali pubbliche e private”.
Da ciò traggono il convincimento della necessità che il farmacista accerti la condizione di non autosufficienza del richiedente la prestazione, in mancanza del quale la stessa non può essere erogata.
Censurano quindi che l’Accordo siglato dalla Regione non contenga alcuna disposizione sulla somministrazione delle prestazioni HbA1c (emoglobina glicata) e QLip (quadro lipidico), solo ed esclusivamente in favore dei soggetti di cui sia stata preventivamente accertata la condizione di fragilità di non autosufficienza.
Per le ricorrenti tale deficit di disciplina configura un difetto di attribuzione, essendosi estesa la platea dei richiedenti oltre i confini tracciati dalla normativa di riferimento, travalicando i limiti segnati dai criteri stabiliti a livello nazionale, che la giurisprudenza costituzionale ha qualificato in termini di principi fondamentali in materia di tutela della salute.
Il motivo non si presta a favorevole considerazione.
Osserva il Collegio che la prospettazione di parte ricorrente assegna a quanto disposto dal D.M. 16 dicembre 2010 il valore di principio fondamentale della materia, ancorché tale valenza non possa essere riconosciuta all’atto di natura non regolamentare.
Esso si differenzia dagli atti normativi, non si inquadra tra le fonti di diritto ed è inidoneo a innovare l’ordinamento giuridico; pur non costituendo un atto amministrativo, ne mutua la sostanza per le disposizioni contenute, atte a regolare l’attività delle Amministrazioni destinatarie e l’operato dei soggetti interessati.
È in ogni caso indubitabile che atti di tal natura non assurgono al rango di fonti normative, costituendo strumenti di regolazione della vita pubblica “dalla indefinibile natura giuridica” (C. Cost. n. 116 del 2006).
Va da sé che non può essere dunque predicato il difetto di attribuzione dell’Accordo censurato, per contrasto con insussistenti principi fondamentali della materia, che deriverebbero dal predetto decreto ministeriale di natura non regolamentare.
Venendo al merito della questione va detto che il D.M., laddove assegna alle farmacie la possibilità di erogare prestazioni analitiche di prima istanza mediante l’utilizzo di dispositivi per «test autodiagnostici», “in caso di condizioni di fragilità di non completa autosufficienza”, non pone in capo al farmacista la supposta inderogabile necessità di accertare l’esistenza di tali condizioni.
L’art. 1 del D.M. definisce i test autodiagnostici, “gestibili direttamente dai pazienti in funzione di autocontrollo a domicilio”, ai quali si può far ricorso con l’ausilio del farmacista, qualora sia difficoltoso usarli personalmente.
Pertanto, la condizione di fragilità di non completa autosufficienza non denota uno stato di salute di cui occorra accertare la ricorrenza, prima di procedere all’erogazione della prestazione, trattandosi invero di una situazione di fatto in cui versa il paziente che, incontrando difficoltà ad autosomministrarsi il test, faccia ricorso al farmacista che lo aiuti nell’operazione materiale occorrente (cfr. TAR Lazio, cit.).
Inoltre, la somministrazione dei test è posta in stretta correlazione alla campagna di prevenzione del rischio cardiovascolare e, in quest’ottica, l’apporto delle farmacie si mostra ausiliaria ai pertinenti e specifici compiti del servizio pubblico sanitario, sotto un versante del tutto differente dall’attività delle strutture laboratoriali.
In ragione di quanto esposto, il motivo va dunque disatteso.
3.3.2. Possibilità da parte delle farmacie di effettuare il prelievo di sangue capillare.
Il secondo motivo si incentra sul richiamo, contenuto in premessa nel decreto dirigenziale, all’art. 1, comma 2, lett. e-ter), del d.lgs. n. 153/2009, introdotta dall’art. 1, co. 420, della legge n. 178/2020 e relativo alla “effettuazione presso le farmacie da parte di un farmacista di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare”.
Le ricorrenti sospettano lo scarso coordinamento tra la sopravvenuta modifica al d.lgs. n. 153/2009, ad opera della legge n. 178/2020 posteriore al D.M. 16/12/2010, rispetto alle altre disposizioni del decreto legislativo adottato in attuazione della legge delega n. 69/2009.
È addotto un contrasto tra la lettera e) e la nuova lettera e-ter) dell’art. 1 del d.lgs. n. 153/2009, nel senso che la prima consente le analisi nell’ambito dell’autocontrollo (in base al D.M. 16/12/2010, limitate alla condizione di fragilità di non completa autosufficienza e con esclusione delle attività di prescrizione e diagnosi), mentre la lettera e-ter), introdotta con la legge n. 178/2020, non reca analoga fissazione di limiti e garanzie, non individua quali test diagnostici da prelievo capillare possono essere eseguiti in farmacia, a quali condizioni e con quali limiti, e nemmeno disciplina le responsabilità del farmacista e i controlli da parte delle Regioni o delle Aziende sanitarie territorialmente competenti.
A detta delle ricorrenti, dalla lacuna si trarrebbe l’intento di riconoscere ai farmacisti non solo l’esecuzione di test di autocontrollo “autodiagnostici”, ma anche “diagnostici”, eseguibili da prelievo capillare.
Obiettano che tale scelta legislativa abbia riflessi sotto il versante autorizzativo.
Ciò in quanto i test di autocontrollo, ai sensi della lettera e) dell’art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 153/2009, escludono l’attività di diagnosi, laddove al contrario le prestazioni di cui alla lett. e-ter) contemplano l’elaborazione del campione da parte del farmacista, attinente alla diagnosi (come si evince dagli Accordi impugnati, ove è previsto un obbligo di refertazione da parte del farmacista: art. 6 del Protocollo n. 5, per i test di emoglobina glicata e quadro lipidico; art. 7 del Protocollo n. 6, per gli screening oncologici).
Contestano tale scelta, in quanto vengono attribuite alle farmacie funzioni di elaborazione e diagnosi proprie delle strutture di laboratorio, per le quali è necessaria l’autorizzazione ex art. 8-ter del d.lgs. n. 502/92.
Confermano le proprie conclusioni nell’evidenziare che:
- è stato modificato l’art. 8, co. 2, del d.lgs. n. 502/92, in tema di rapporto con le farmacie pubbliche e private, inserendo al n. 5) la lettera b-bis), riguardante le prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo, che sono effettuabili nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto ministeriale di natura non regolamentare, espressamente escludendo l’attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti (art. 2, co. 1, lett. b), del d.lgs. n. 153/2009);
- lo stesso art. 8, co. 2, del d.lgs. n. 502/92 non è stato invece inciso dall’art. 1, co. 420, della legge n. 178/2020.
Traggono da ciò il convincimento che il prelievo di sangue capillare di cui alla lettera e-ter), inserita all’art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 153/2009, non possa formare oggetto di convenzione triennale tra farmacie e SSN, ma debba rientrare nelle funzioni sanitarie e socio-sanitarie assoggettate ad autorizzazione, ex art. 8-ter del d.lgs. n. 502/92.
Le censure di parte ricorrente sono accompagnate dalla richiesta, in via subordinata:
a) di sollevare la questione di legittimità costituzionale del predetto art. 1, co. 2, lett. e-ter), del d.lgs. n. 153/2009, per contrasto con gli artt. 3, 32 e 117, co. 3, della Costituzione, “nella parte in cui consente alle farmacie di eseguire “test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare” senza prescrivere che in tal caso le stesse farmacie sono tenute ad acquisire l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio ex art 8 e 8 ter del Dlgs 502/1992 […] giacché attribuirebbe alle farmacie, e in particolare al solo farmacista (non anche ad altre figure sanitarie qualificate operanti all’interno della farmacia), l’effettuabilità di una serie indefinita di esami diagnostici senza subordinarla a requisiti e limiti di sicurezza, di attendibilità, di igiene e di garanzie di riservatezza, e senza prevedere alcun controllo da parte della Regione, anche sotto il profilo della compatibilità con il fabbisogno”;
b) di sottoporre alla CGUE, per gli stessi aspetti, la questione di compatibilità della norma con il diritto dell’Unione Europea.
L’articolato motivo non può essere condiviso.
Va ribadito che la prospettazione di parte ricorrente muove da una non condivisibile ricostruzione, che tende a omogeneizzare prestazioni differenziate.
Dalla consultazione dei siti specialistici è agevole ricavare che il prelievo ematico capillare è finalizzato all’acquisizione di una goccia di sangue, attraverso strumentazione c.d. “pungidito”, è indicato nel monitoraggio di condizioni patologiche (tra cui la glicemia) e i test vengono effettuati per mezzo di strisce reattive, senza coinvolgere il laboratorio, fornendo una rapida misurazione.
Diversamente, il prelievo di sangue venoso è una procedura attraverso cui si raccoglie un campione di sangue, al fine di indagare lo stato di salute, il cui esame è effettuato in laboratorio.
Per i farmacisti resta fermo il divieto di “attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti”, ai sensi dell’art. 1, co. 2, lett. e), del d.lgs. n. 153/2009 e dell’espressa previsione dell’art. 1, co. 2, del D.M. 16/12/2010 (“È vietato l'utilizzo di apparecchiature che prevedano attività di prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti, restando in ogni caso esclusa l'attività di prescrizione e diagnosi”).
Alcuna “invasione di campo” può quindi desumersi dalla previsione di legge, che non sottrae affatto ai laboratori autorizzati le funzioni ad esse spettanti e disimpegnate con figure professionali specifiche, quali biologi e chimici.
La possibilità di effettuare il prelievo di sangue capillare si lega alla raccolta del dato sanitario, consentendo al farmacista il prelievo di sangue capillare, con un dispositivo che emette lo scontrino con i valori riportati.
Come già detto sopra, la somministrazione dei test è posta in stretta correlazione alla campagna di prevenzione del rischio cardiovascolare e, in quest’ottica, l’apporto delle farmacie si mostra ausiliaria ai pertinenti e specifici compiti del servizio pubblico sanitario, sotto un versante del tutto differente dall’attività delle strutture laboratoriali.
Va così intesa la “refertazione” a cui è fatto solo incidentalmente riferimento negli Accordi, che affidano al farmacista i compiti di registrare il paziente sulla piattaforma informatica, effettuare il test e refertarlo, conservando la documentazione (Allegato 5, art. 6; Allegato 6, art. 7).
Quanto esposto rende priva di rilevanza la dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 1, co. 2, lett. e-ter), del d.lgs. n. 153/2009, palesandosi peraltro privi di fondatezza i rilievi critici sulla norma che si assume contrastante con il dettato costituzionale o incompatibile con il diritto europeo.
3.3.3. Utilizzo di locali separati dalla sede della farmacia.
Con il terzo motivo è censurato l’art. 2 dell’Accordo per l’effettuazione di screening oncologici (tumore del colon retto, attraverso l’esame del sangue occulto nelle feci), il quale prevede che: “Ai fini dell'offerta di servizi sanitari da parte delle farmacie di cui all'art. 1, comma 2, lettera e) quater del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, i soggetti titolari di farmacia possono utilizzare aree, locali o strutture separate dai locali ove è ubicata la farmacia”.
È specificato che: “In caso di ampliamento dei locali per le attività previste dal presente protocollo la farmacia è tenuta, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione di cui all'Allegato l, a presentare domanda di autorizzazione all'autorità competente. Nelle more del rilascio dell'autorizzazione l'attività può essere svolta in ragione della comunicazione di cui all'Allegato 1”.
Per le ricorrenti la previsione si risolve in un’indebita estensione di quanto previsto dal richiamato art. l, co. 2, lett. e-quater) del d.lgs. n. 153/2009, riguardante servizi ben diversi (somministrazione di vaccini per il Covid e antinfluenzali), vigendo per ogni altra prestazione quanto stabilito dal D.M. 16/12/2010.
Tanto premesso, osserva il Collegio che l’inclusione della censurata previsione dell’art. 2 nel contesto dell’Allegato 6 debba essere intesa nel senso di consentire l’utilizzo di aree esterne alla farmacia, per gli screening oncologici che formano oggetto dell’Allegato.
Ciò ancorché sia pacifico che la richiamata lett. e-quater) del d.lgs. n. 153/2009 non vi attenga.
Infatti, detta lettera (inserita dall’art. 2, co. 8-bis, del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52) concerne la somministrazione presso le farmacie, “di vaccini anti SARS-CoV-2 e di vaccini antinfluenzali […], nonché l’effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo, da effettuare in aree, locali o strutture, anche esterne, dotate di apprestamenti idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza”.
Per le altre prestazioni, il D.M. 16/12/2010 stabilisce che: “Le farmacie pubbliche e private, per l’effettuazione delle prestazioni e l’assistenza ai pazienti che in autocontrollo fruiscono delle prestazioni di cui agli articoli 2 e 3, utilizzano spazi dedicati e separati dagli altri ambienti, che consentano l’uso, la manutenzione e la conservazione delle apparecchiature dedicate in condizioni di sicurezza nonché l’osservanza della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in base a linee guida fissate dalla Regione” (art. 4).
Nelle prestazioni di cui ai richiamati artt. 2 e 3 è incluso il “test colon-retto per la rilevazione di sangue occulto nelle feci” (art. 2, co. 1).
Ciò posto, l’indicazione secondo vadano utilizzati “spazi dedicati e separati dagli altri ambienti” (art. 4, cit.) non può essere altrimenti riferita che a locali interni alla farmacia, non autorizzando l’applicazione di quanto diversamente previsto dall’art. 1, co. 2, lett. e-quater), del d.lgs. n. 153/2009.
Esclusivamente in tali casi è consentita l’effettuazione delle prestazioni “in aree, locali o strutture, anche esterne, dotate di apprestamenti idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza”.
In questi termini, la censurata possibilità di utilizzare spazi esterni alla farmacia, per la somministrazione del test colon-retto per la rilevazione di sangue occulto nelle feci, si mostra allo stato priva di copertura legislativa e insuscettibile di essere introdotta con un atto amministrativo.
Sul piano dell’interesse che muove le ricorrenti, va precisato che tale possibilità ne lede le prerogative, in quanto invasiva delle funzioni dei laboratori di analisi, disimpegnate in strutture dotate dei requisiti impiantistici e strutturali, mentre sono assenti per le farmacie prescrizioni che assicurino l’idoneità dei locali (e che, inoltre, garantiscano il corretto equilibrio della rete delle farmacie).
Risulta dalla bozza circolante del DDL Semplificazioni (“Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese” che, come da comunicato stampa n. 75 reperibile sul sito della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata licenziata dal Governo nella seduta del 26 marzo 2024) che sia in atto l’ampliamento delle misure volte a promuovere il ruolo della “farmacia di servizi”, con varie modifiche al d.lgs. n. 153/2009 e, per quanto qui interessa, stabilendo che per l’erogazione dei servizi sanitari di cui all’art. 1 i titolari della farmacia possano utilizzare locali separati da quelli della sede (art. 23, co. 2, della bozza del DDL).
È tuttavia stabilito che tale possibilità è soggetta alla previa autorizzazione da parte dell’amministrazione sanitaria territorialmente competente, che accerta i requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali, verifica che questi ultimi ricadano nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza prevista in pianta organica e che siano situati a una distanza non inferiore a 200 metri dalle altre farmacie e dai locali di loro pertinenza (co. 3).
Tali previsioni non si sono tradotte in norme di legge ed è riscontrabile, nell’assenso rilasciato alle farmacie con l’Accordo impugnato (per l’utilizzo di locali separati per la somministrazione del test del colon-retto con la ricerca del sangue occulto) un’indiscriminata possibilità, che trascende dalla doverosa verifica di specifici requisiti, assentendo nelle more dell’autorizzazione di effettuare la prestazione sulla base di una mera comunicazione.
Per questi profili il terzo motivo del ricorso va accolto e, conseguentemente, va annullato l’impugnato decreto dirigenziale n. 939 del 29/12/2023, per ciò che concerne l’Allegato 6 - “Accordo Attuativo per effettuare screening oncologici”, limitatamente all’art. 2 (“Utilizzo di aree, locali o strutture esterne alla farmacia”).
3.3.4. Tariffe praticate.
Come innanzi riassunto, con l’ultimo motivo le ricorrenti lamentano che i censurati Accordi prevedono la remunerazione di tariffe superiori a quelle stabilite per le strutture accreditate, in spregio a principi concorrenziali e attuando una distorsione del mercato delle prestazioni, peraltro a vantaggio di farmacisti meno qualificati rispetto ai biologi o ai chimici.
È richiamato il D.M. 11/12/2012 (in G.U. 20 marzo 2013, n. 67), principalmente laddove ha fissato il principio del “rispetto dei principi di parità di trattamento e non discriminazione tra farmacie pubbliche e private inserite nel Servizio sanitario nazionale, nonché tra operatori economici pubblici e privati” (art. 1, co. 2).
Viene inoltre invocata la pronuncia dell’8/5/2023 n. 2806, in tema di accesso all’accreditamento da parte dei cc.dd. newcomers, con cui questa Sezione ha ritenuto (in estrema sintesi) che, anche nel contesto di un mercato non liberalizzato come quello sanitario, è doverosa l’introduzione di elementi concorrenziali.
In concreto, adducono le ricorrenti che gli impugnati protocolli di intesa non permettono di comprendere la ragione della fissazione di tariffe di remunerazione per le farmacie di gran lunga superiori a quelle applicate alle strutture ambulatoriali accreditate (€ 15 oltre Iva per il test dell’emoglobina glicata ed € 20,00 per il quadro lipidico, superiori alla metà e oltre, rispetto alle tariffe praticate per i laboratori di analisi: rispettivamente, € 7,41 ed € 3,27).
Formulano un’istanza istruttoria, per l’acquisizione degli atti contenenti i criteri seguiti dalla Regione.
Il motivo va disatteso.
Non rileva quanto stabilito dal richiamato D.M. 11/12/2012, titolato “Criteri in base ai quali subordinare l’adesione delle farmacie pubbliche ai nuovi servizi, di cui all’art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 153/2009”, che ha un ambito di applicazione limitato “a tutte le farmacie di cui sono titolari i Comuni” (art. 1, co. 1), nei cui confronti dispone la parità di trattamento rispetto alle farmacie private e agli altri operatori economici pubblici e privati (co. 2).
Neppure giova il richiamo alla menzionata pronuncia di questa Sezione, riguardante i rapporti tra strutture private accreditate e, dunque, tra operatori economici inseriti nello stesso mercato concorrenziale.
Viceversa, nel caso di specie va ribadita l’illustrata differenziazione tra le prestazioni della “farmacia di servizi” e dei laboratori di analisi, che ne esclude l’equiparazione.
Per il finanziamento della sperimentazione riguardante le prestazioni erogate dalle farmacie di servizi – attuata in 9 Regioni (cfr. art. 1, co. 404, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che risulta avviata in Campania nel 2020) – è stata autorizzata la spesa di € 6 miliardi per l’anno 2018, € 12 miliardi per l’anno 2019 e € 18 miliardi per l’anno 2020, a valere sulle risorse di cui all’art. 1, co. 34 e 34-bis, della legge n. 662/1996 (art. 1, co. 406, legge cit.).
Trattasi dunque di una forma speciale di finanziamento, che rende incomparabili le situazioni rappresentate, privando le ricorrenti dell’interesse a contestare la remunerazione di tariffe che scaturiscono dall’applicazione di una disciplina alla quale esse sono estranee (a prescindere dalle differenti condizioni, in termini di costi, posti in luce dalla Regione nell’esibita nota della Direzione Generale dell’11/4/2024 prot. 185996).
Ne discende la reiezione del motivo, non rinvenendosi la necessità del compimento dell’attività istruttoria richiesta dalle ricorrenti.
4.- Per le motivazioni che precedono il ricorso va dunque accolto in parte, come innanzi chiarito, e per il resto respinto.
Per la novità delle questioni trattate e, altresì, per la prevalente soccombenza della parte ricorrente, sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione per intero delle spese di giudizio tra tutte le parti costituite, non essendovi luogo a provvedere sulle spese nei confronti delle altre parti, non costituitesi in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, come chiarito in motivazione, e per l'effetto annulla il Decreto Dirigenziale della Regione Campania - Dipartimento per la tutela della Salute e il Coordinamento del sistema sanitario regionale n. 939 del 29/12/2023, per ciò che concerne l’Allegato 6 - “Accordo Attuativo per effettuare screening oncologici”, limitatamente all’art. 2 (“Utilizzo di aree, locali o strutture esterne alla farmacia”).
Compensa per intero le spese di giudizio tra tutte le parti costituite; nulla sulle spese di giudizio nei confronti delle altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Giuseppe Esposito, Consigliere, Estensore
Pierangelo Sorrentino, Primo Referendario
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Giuseppe Esposito |
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Vincenzo Salamone |
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IL SEGRETARIO
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