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Società partecipate da enti pubblici: nulla la clausola di prelazione statutaria prevista anche in favore di soci privati
di Sara Sileoni e Leonardo Archimi 3 ottobre 2016
 

SOCIETA’ PARTECIPATE DA ENTI PUBBLICI: NULLA LA CLAUSOLA DI PRELAZIONE STATUTARIA PREVISTA ANCHE IN FAVORE DI SOCI PRIVATI

 

 

Colpo di spugna sugli statuti delle società partecipate da enti pubblici.

Con la sentenza n. 4140 depositata il 28 settembre 2016 il Consiglio di Stato, sez. V, ha per la prima volta dichiarato la nullità delle clausole statutarie che prevedono la prelazione (anche) in favore dei soci privati.

La pronuncia origina dalla dismissione della partecipazione societaria di un Comune in una società deputata allo svolgimento di servizi pubblici, nella specie trasporto pubblico locale.

L’Amministrazione aveva indetto la procedura di gara nell’ambito del processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie imposto dall’art. 1, comma 611 e seguenti della L. 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di stabilità 2015), richiamando, comunque, il diritto di prelazione previsto nello statuto della società le cui partecipazioni erano offerte in vendita e, dunque, prevedendo che i soci, esercitando la prelazione, potessero essere preferiti rispetto all’aggiudicatario della gara.

All’esito della gara, due soci privati avevano esercitato la prelazione, ma il Comune aveva deliberato di cedere le azioni all’aggiudicatario della gara in quanto riteneva non validamente esercitata la prelazione sulla scorta del fatto che i prelazionari avevano dichiarato di non voler acquistare al prezzo emerso in gara, ma a quello che sarebbe risultato dalla perizia prevista dalla clausola statutaria.

Con la citata sentenza il Consiglio di Stato ha confermato che la partecipazione societaria deve essere ceduta all’aggiudicatario della gara, ma sulla base di motivazioni diverse e ben più penetranti rispetto a quelle addotte dal Comune. Il Collegio ha infatti ritenuto, accertato e dichiarato la nullità della clausola statutaria di prelazione, e la conseguente nullità degli atti di gara nella parte in cui la richiamavano e facevano salva.

Come premessa e presupposto, insormontabile e ineludibile, del ragionamento i giudici di palazzo Spada hanno richiamato il principio secondo cui la cessione da parte di un’amministrazione pubblica di una partecipazione in una società partecipata da altri soggetti privati deve avvenire necessariamente tramite l’espletamento di procedure ad evidenza pubblica, “procedure che resterebbero precluse laddove si consentisse l’operatività della clausola di prelazione invocata”. Ciò posto, la clausola statutaria di prelazione, nonché gli atti che ne hanno dato attuazione (delibera di indizione della gara e bando di gara che hanno fatto salvo il diritto di prelazione) sono nulli “per contrasto con i principi generali di ordine pubblico economico che postulano la messa a gara delle partecipazioni di società miste deputate (inter alia) alla prestazione di servizi”.

Il Consiglio di Stato rammenta che tali principi generali trovano consacrazione al comma 568-bis dell’art. 1 della L. 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), richiamato dall’art. 1 comma 611 della L. 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di stabilità 2015) che impone la razionalizzazione delle partecipazioni societarie pubbliche, e, più in generale, al comma 2 del D.lgs. n. 163/2006, ora trasfuso nel comma 9 dell’art. 5 del d.lgs. n. 50/2016, il cui ambito di applicazione “stante la sua evidente valenza di principio, non può ritenersi limitato - in senso, per così dire, “statico”  - al solo momento della costituzione della società mista, ma deve ritenersi altresì esteso alle ipotesi (quale quella che qui ricorre) in cui venga in rilievo l’alienazione di partecipazioni sociali detenute da un’amministrazione pubblica nell’ambito di una società che già risulti a composizioni mista.”

Ciò in quanto “L’obbligo di rispettare la regola dell’evidenza pubblica per l’alienazione delle quote sociali detenute in una società mista risponde ad un principio di ordine pubblico economico (anche di matrice eurounitaria) presiedendo al rispetto degli altrettanto generali principi di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione fra i potenziali concorrenti.”

Tali principi sarebbero inevitabilmente frustrati e violati se trovasse applicazione la clausola di prelazione. Essa, infatti, concreta una indebita posizione di vantaggio in capo al socio privato della società le cui partecipazioni sono poste in vendita dall’ente pubblico consentendogli, a differenza di tutti gli altri soggetti potenzialmente interessati all’acquisto, di non partecipare alla gara e pure di essere preferito all’aggiudicatario che ha offerto il prezzo più alto. E’ chiaro, dunque, che la previsione e l’operatività di tale clausola turba il principio della libera concorrenza e viola il principio del necessario rispetto della par condicio tra i concorrenti e della trasparenza, così come quello di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione. Tali principi verrebbero inevitabilmente contraddetti nel caso in cui potesse essere esercitata la prelazione statutaria poiché essa darebbe ingiustificatamente un titolo di preferenza ad un soggetto che non ha nemmeno partecipato alla gara, consentendogli di prevalere pure sul miglior offerente, in barba anche al principio di massimo rendimento ed efficacia dell’azione della pubblica amministrazione.

Ne consegue che, come ha concluso il Consiglio di Stato, i richiamati principi di ordine pubblico comportano non solo l’annullabilità degli atti con cui si sia eventualmente proceduto a dar corso all’esercizio della prelazione, facendo prevalere il socio privato prelazionario rispetto all’operatore risultato aggiudicatario della gara indetta per la dismissione della partecipazione, ma “più in generale, la radicale nullità dell’atto - della clausola statutaria di prelazione - per violazione di norme imperative di legge”.

Alla luce della pronuncia dovranno essere riconsiderati tutti gli statuti delle società partecipate da enti pubblici e, soprattutto, contrariamente a quanto sinora è avvenuto, le amministrazioni che procederanno alla dismissione delle loro partecipazioni, anche in ottemperanza a quanto previsto dal recente T.U. delle partecipate, dovranno escludere negli atti di gara qualsiasi riferimento alla prelazione statutaria.

In conclusione, si evidenzia che i principi sanciti dal Consiglio di Stato forniscono un imprenscindibile ausilio anche per interpretare correttamente quanto disposto dal comma 2 dell’art. 10 del D.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, secondo cui:

“2. L'alienazione delle partecipazioni e' effettuata nel rispetto dei principi di pubblicita', trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell’organo competente ai sensi del comma 1, che da' analiticamente atto della convenienza economica dell'operazione, con particolare riferimento alla congruita' del prezzo di vendita, l'alienazione puo' essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. E' fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto.”

Letta sulla scorta della pronuncia in commento, tale disposizione non fa altro che ribadire che:

-     la cessione delle partecipazioni societarie da parte degli enti pubblici deve avvenire necessariamente tramite l’espletamento di procedure ad evidenza pubblica;

-     che solo eccezionalmente possa derogarsi a tale precetto e che solo in tal caso, ossia solo nel caso in cui (come è la regola nel caso di cessione di partecipazioni da parte di un soggetto privato) vi sia stata negoziazione diretta con un solo acquirente e, dunque, non possa esservi lesione dei principi di concorrenza e parità di trattamento, possa trovare applicazione la clausola statutaria di prelazione.

 

di Sara Sileoni (s.sileoni@consulex.biz) e Leonardo Archimi (l.archimi@consulex.biz) - Studio Legale Consulex

 

 

 

Sentenza: Consiglio di Stato, Sez. V, 28/9/2016 n. 4014
Sulla nullità delle clausole statutarie che prevedono la prelazione anche in favore dei soci privati.
 Società partecipate da enti pubblici: nulla la clausola di prelazione statutaria prevista anche in favore di soci privati di Sara Sileoni e Leonardo Archimi

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