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TAR Lazio, sez. I, 20/3/2014 n. 3046
Sull'annullamento del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avente ad oggetto l'acquisizione da parte di Italgas S.p.A. e di Acegas-APS S.p.A del controllo congiunto di Isontina Reti Gas.

La partecipazione alla singola gara in raggruppamento temporaneo non è sintomo sufficiente per ritenere sussistente un'intesa restrittiva della concorrenza.

Deve essere annullato il provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (n. 24320 del 17 aprile 2013), con cui la predetta Autorità ha vietato, ai sensi dell'art. 18, c. 1, l. n. 287/1990, la realizzazione dell'operazione di concentrazione consistente nel passaggio del controllo congiunto della società Isontina Reti Gas (IRG) da Eni S.p.a. (ENI) ed Aceagas-Aps s.p.a. ad Italgas S.p.a. ed Aceagas-Aps. Una strategia di razionalizzazione delle concessioni non [può] "tout court" assumere una valenza anticoncorrenziale; l'aggregazione tra gestori operanti al fine della razionalizzare dell'assetto societario, infatti, non costituisce di per sé una illecita modalità indicativa di finalità anticompetitive, ma si inserisce in una strategia di impresa tesa alla creazione di utili sinergie e riduzione dei costi in ragione di una politica di efficientamento comune alla totalità delle imprese presenti sul mercato. Non v'è dubbio, infatti, che la ricerca di sinergie con altri operatori ben può assumere una valenza lecita volta alla implementazione della efficacia ed economicità della gestione". Ciò anche alla luce delle peculiari caratteristiche del mercato del gas e della "problematicità dello stesso con riferimento ad elementi di rischio e di redditività che connotano l'assunzione della gestione; e non è il caso di porre in evidenza la presenza di un complesso di elementi - necessariamente intrinseci all'elaborazione di una strategia imprenditoriale - che possano aver indotto la (o, comunque, aver dispiegato rilevanza nella) ricerca di sinergie con altri operatori al fine del perseguimento di obiettivi - leciti - di implementazione dell'efficienza e/o dell'economicità della gestione". Inoltre, nel caso di specie, l'operazione di concentrazione non appare idonea a modificare la situazione attualmente esistente e nemmeno utile ad eliminare alcun profilo di illegittima anticoncorrenzialità in assenza dei presupposti di natura economica sul mercato di riferimento.

L'art. 34, c. 1, lett. d) del codice dei contratti non pone alcun limite all'utilizzo di raggruppamenti anche tra soggetti operanti nella stessa fase della filiera produttiva; la chiara lettera della norma, infatti, non pone dubbi in merito alla circostanza secondo cui le associazioni temporanee di imprese hanno sempre e comunque la facoltà di presentare offerte a gare di appalto di lavori pubblici senza necessità di dimostrare incrementi di efficienza nella gestione. Laddove il legislatore ha inteso impedire l'utilizzo improprio dello strumento del raggruppamento, dunque, lo ha indicato per il tramite di una espressa previsione normativa (cfr. art. 37, c. 7, codice dei contratti). Allo stesso modo la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che il raggruppamento orizzontale - anche sovrabbondante - non può di per sé costituire uno strumento illecito né "la partecipazione alla singola gara in raggruppamento temporaneo non è quindi sintomo sufficiente per ritenere sussistente un'intesa restrittiva della concorrenza in considerazione del fatto che quest'ultima deve avere un oggetto ben più ampio di quello riferibile alla singola gara e rappresentare al più una tessera di un ben più ampio mosaico indiziario dal quale inferire la sussistenza dell'illecito anticoncorrenziale".In tale prospettiva, dunque, non può non rilevarsi come la partecipazione in associazione temporanea di due o più imprese potrebbe essere sintomatica di una legittima forma di cooperazione tra concorrenti, utile ad accrescere il tasso di concorrenzialità del mercato, secondo la stessa ratio sottesa alle disposizioni normative che favoriscono la partecipazione alle gare degli enti plurisoggettivi. L'accordo associativo per tali ATI, come ogni rapporto tra privati, in realtà è neutro e, come tale, soggiace alle ordinarie regole sulla liceità e la meritevolezza della causa e non può dirsi di per sé contrario al confronto concorrenziale proprio dell'evidenza pubblica.

Materia: gas / disciplina

N. 03046/2014 REG.PROV.COLL.

N. 06151/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6151 del 2013, proposto da:

Soc Acegas Aps Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Gianluigi Tosato, Giuseppe Caia, con domicilio eletto presso Gianluigi Tosato in Roma, via Sallustiana, 26;

 

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

per l'annullamento

- del provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato prot. 24320 del 17 aprile 2013 recante il divieto di esecuzione di un'operazione di concentrazione, ai sensi dell'art. 18 co. 1 l. n. 287/90;

- di ogni atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, con particolare riferimento al provvedimento dell’AGCM, n. 24243 del 5 marzo 2013, di apertura dell’istruttoria conclusa con il predetto provvedimento.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2014 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con provvedimento n. 24320 del 17 aprile 2013, l’Autorità deliberava di vietare, ai sensi dell’art. 18, comma 1, L. n. 287/1990, la realizzazione dell’operazione di concentrazione consistente nel passaggio del controllo congiunto della società Isontina Reti Gas (IRG) da Eni S.p.a. (ENI) ed Aceagas-Aps s.p.a. ad Italgas S.p.a. ed Aceagas-Aps (di seguito “Parti”).

L’operazione, in particolare, consta di due fasi successive.

La prima fase è regolata da due distinti contratti preliminari di compravendita aventi ad oggetto la partecipazione di ENI in IRG; con il primo, ENI si impegna a cedere ad Italgas il 50% delle azioni possedute in IRG, mentre con il secondo, Eni si impegna a cedere ad Acegas-Aps il restante 20% delle azioni possedute in IRG.

La seconda fase è regolata da un Contratto Quadro stipulato tra Acegas-Aps e Italgas in data 10 dicembre 2012 (di seguito, “Contratto Quadro”).

Secondo quanto in esso previsto, successivamente all’esecuzione dei suddetti contratti di cessione delle partecipazioni, le Parti intendono conferire in IRG i rami d’azienda attualmente gestiti singolarmente e relativi agli affidamenti e alle concessioni di distribuzione del gas naturale nei Comuni delle province di Padova, Pordenone e Trieste nei quali Italgas e Acegas-Aps sono presenti, i relativi atti amministrativi e convenzioni, le reti, gli impianti, le dotazioni patrimoniali e gli altri beni strumentali di cui le due società sono titolari e le relative passività.

Per effetto dei conferimenti, il capitale sociale di IRG risulterà suddiviso come segue: il 49% sarà in capo a Italgas ed il 51% a Acegas-Aps.

Specifiche previsioni statutarie stabiliscono misure di governance finalizzate a conferire a Italgas e Acegas-Aps il controllo congiunto di IRG.

Le Parti prevedono altresì le seguenti ulteriori pattuizioni:

- due accordi di servizio tra IRG e, rispettivamente, Italgas e Acegas-Aps che attribuiscono a queste ultime la gestione (operativa e amministrativa) delle attività relative alla partecipazione alle gare e alla gestione delle concessioni eventualmente aggiudicate;

- la stipula di un contratto di affitto di ramo d’azienda tra Italgas e IRG avente ad oggetto;

- un patto parasociale tra Italgas e Acegas-Aps che prevede l’astensione di entrambe dalla partecipazione alle prossime gare nei sei Atem interessati.

In data 5 marzo 2013, l’Autorità ha avviato, ai sensi dell’articolo 16, comma 4, della legge n. 287/90, l’istruttoria nei confronti delle società Italgas e Acegas-Aps, ravvisando la possibilità che l’operazione conduca alla costituzione o al rafforzamento di una posizione dominante e, quindi, possa generare possibili effetti restrittivi della concorrenza nei mercati delle gare d’ambito per le concessioni della distribuzione del gas che si svolgeranno negli Atem di Padova 1, Padova 2, Padova 3, Pordenone, Trieste e Gorizia.

Nel corso del procedimento, Italgas e Acegas-Aps sono state sentite in audizione il 19 marzo 2013. Le stesse imprese hanno poi inviato memorie difensive il 19, il 25, il 28 marzo e il 10 aprile 2013 e hanno risposto in più occasioni alle richieste di informazioni dell’Autorità.

Le Parti hanno, inoltre, esercitato il diritto di accesso a tutti i documenti non confidenziali del fascicolo nelle date del 15, 22 e 28 marzo e del 5 e 8 aprile 2013.

In data 4 aprile 2013 è stata notificata alle Parti una Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (CRI) ed in data 11 aprile 2013 si è svolta l’audizione finale delle Parti davanti al Collegio.

Con nota del 5 aprile 2013, le Parti formulavano istanza di proroga di questi termini, rispettivamente al 15 e 16 aprile; questo in ragione del fatto che solo in quello stesso giorno 5 aprile esse avevano avuto accesso a documenti fondamentali per l’istruttoria.

La richiesta era tuttavia rigettata dall’AGCM con nota n. 23767 del 9 aprile 2013.

In esito alla istruttoria condotta dalla Autorità veniva assunto il provvedimento finale oggetto di impugnazione.

Il provvedimento, in particolare, parte dal presupposto che lo scopo dell’operazione posta in essere dalle Parti sia la partecipazione congiunta delle stesse alle prossime gare nei 6 ATEM indicati (Padova 1, Padova 2, Padova 3, Pordenone, Trieste e Gorizia); dunque, ad avviso della Autorità, l’operazione sarebbe da valutare alla luce degli effetti della stessa non già sull’attuale mercato della distribuzione del gas, bensì sui mercati rilevanti che si formeranno al momento della celebrazione delle citate gare d’ATEM.

Sulla base di questo presupposto, il provvedimento ravvisa che l’operazione sarebbe tale da creare una posizione dominante di IRG, idonea a ridurre significativamente la concorrenza nelle future gare relative a 4 dei 6 citati ATEM (Trieste, Gorizia, Pordenone e Padova 1).

L’Autorità giunge a tale conclusione postulando che, senza l’operazione, le Parti sarebbero tra loro potenziali concorrenti nelle future gare per i sopraindicati 4 ATEM. Vi sarebbe, cioè, l’effettiva probabilità che a tali gare non partecipi solo la parte già presente nell’ATEM con una quota di mercato rilevante ma anche l’altra parte.

Poiché alle gare per i suddetti 4 ATEM sarebbe invece da ritenere improbabile la partecipazione di altri operatori, ad eccezione di uno soltanto (F2i S.p.a.), l’operazione determinerebbe una restrizione della concorrenza significativa, sicchè se ne imporrebbe il divieto.

Con il ricorso in oggetto la ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento della Autorità n. 24320 del 17 aprile 2013 recante il divieto di esecuzione di un’operazione di concentrazione ai sensi dell’art. 18, comma 1, L. n. 287/1990, deducendone la illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

Si è costituita in giudizio l’Autorità deducendo la infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Alla udienza del 12 marzo 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è fondato.

Rileva il Collegio, preliminarmente, come l’attività di distribuzione di gas naturale, definita dall’articolo 2, comma 1, lettera n), del Decreto Legislativo n. 164/00 (c.d. Decreto Letta), come “il trasporto di gas naturale attraverso reti di gasdotti locali per la consegna ai clienti”, è riconosciuta quale “servizio pubblico” (articolo 14).

Ai sensi dell’articolo 15, comma 1, del citato decreto, il servizio di distribuzione del gas viene affidato dagli enti locali in concessione esclusiva tramite gara, per un periodo non superiore ai dodici anni. Gli enti locali che affidano il servizio svolgono attività di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attività di distribuzione, ed i loro rapporti con il gestore del servizio sono regolati da appositi contratti di servizio.

L’articolo 14, comma 7, prevede che gli enti locali avviino la procedura di gara non oltre un anno prima della scadenza dell'affidamento, in modo da evitare soluzioni di continuità nella gestione del servizio.

Il gestore uscente resta, comunque, obbligato a proseguire la gestione del servizio, limitatamente all'ordinaria amministrazione, fino alla data di decorrenza del nuovo affidamento.

Il comma 6 del medesimo articolo dispone poi che, nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza, la gara è aggiudicata sulla base delle migliori condizioni economiche e di prestazione del servizio, del livello di qualità e sicurezza, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale presentati dalle imprese concorrenti.

Ai sensi del comma 4, alla scadenza del periodo di affidamento del servizio, le reti, nonché gli impianti e le dotazioni dichiarati reversibili, rientrano nella piena disponibilità dell'ente locale.

Il legislatore ha altresì previsto che, al fine di rendere più efficiente l’attività di distribuzione del gas, oggi svolta da circa 248 operatori in 6.500 comuni, la stessa sia svolta su ambiti territoriali più ampi, con ciò favorendo la realizzazione di economie di scala.

In particolare, il combinato disposto dell’articolo 46 bis del D.L. n. 159/2007 convertito nella legge n. 222/200758, e dell’articolo 15, comma 1, lettera a-bis, del D.L. n. 135/2009, convertito nella legge n. 166/2009, prevedeva che la determinazione degli ambiti territoriali minimi per la distribuzione del gas (di seguito, ATEM) dovesse avvenire entro il 31 dicembre 2012 da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito, MISE) di concerto con il Ministero per i Rapporti con le Regioni, sentite la Conferenza unificata e l’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Il 1 aprile 2011 è entrato in vigore il decreto del MISE 19 gennaio 2011 di determinazione degli ATEM nel settore della distribuzione del gas (cd. Decreto Ambiti).

Gli ATEM individuati dall’articolo 1, comma 1, del decreto sono 177.

Con successivo decreto del 18 ottobre 2011 del MSE, di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e la Coesione territoriale, sono stati individuati i Comuni appartenenti a ciascun ambito territoriale.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, 27 gennaio 2012, del DM 12 novembre 2011 n. 226 (Regolamento sui criteri di gara) è stato completato il quadro normativo di riferimento per la realizzazione delle gare di riaffidamento del servizio di distribuzione del gas sulla base dei nuovi ATEM.

Poiché la maggior parte delle concessioni aveva una scadenza ope legis (al 31 dicembre 2010) non coincidente con il termine ultimo fissato per l’individuazione degli ATEM, molti Comuni, le cui convenzioni stipulate con i concessionari, originando da affidamenti diretti, scadevano il 31 dicembre 2010, hanno deciso di avviare le procedure al fine di indire le gare prima dell’emanazione del citato Decreto Ambiti, anche sulla scorta della giurisprudenza amministrativa espressasi nel senso di ritenere ammissibile una simile scelta.

In tale prospettiva assume valore prioritario la definizione di “mercato rilevante” che costituisce il necessario presupposto della analisi di compatibilità della operazione di concentrazione con la tutela della concorrenza.

Sotto tale profilo, la ricorrente lamenta la errata impostazione della AGCM in ordine alla individuazione del “mercato rilevante” avuto riguardo alla inidoneità del singolo ATEM ad incidere sulle dinamiche concorrenziali dei soggetti partecipanti dovendosi, al contrario, avere riguardo al mercato nazionale o comunque ad una nozione più ampia di quella meramente locale.

Osserva il Collegio come l'art. 6 l. n. 287 del 1990, nell'occuparsi del divieto di operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza, espressamente individua le stesse operazioni con riferimento alla costituzione ovvero al rafforzamento “di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza”.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, per mercato rilevante si intende quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza (cfr. Cons. St., sez. VI, 9 aprile 2009 n. 2206; Cons. St., sez. VI, 12 febbraio 2001 n. 652; Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2000, n. 1348).

Come è noto, la definizione del mercato rilevante implica un accertamento di fatto cui segue l'applicazione delle norme giuridiche così come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. La rilevanza del mercato, infatti, non impone una definizione geografica minima dell’ambito di riferimento, né la necessità che tale ambito risulti dalla estensione dell’intesa ad una pluralità indefinita di atti concorrenziali.

Sotto il primo profilo, la giurisprudenza ha osservato come anche una porzione ristretta del territorio nazionale possa assurgere a “mercato rilevante” laddove in essa abbia luogo l’incontro di domanda ed offerta in condizioni di autonomia rispetto ad altri ambiti anche contigui e, quindi, esista una concorrenza suscettibile di essere alterata.

Sotto il secondo profilo, ancora, le singole gare di pubblici appalti possono costituire, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, un mercato a sé stante, in quanto la definizione dello stesso varia da caso a caso in funzione delle diverse situazioni di fatto (Cfr. Cons. Stato, n. 926/2004 in tema di gara Consip per i buoni pasto; le gare per la fornitura di carburante indette da aziende comunali di trasporto pubblico, su cui ha deciso Cons. St., sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 548; le gare per la fornitura di prodotti per diabetici, su cui ha deciso Cons. St., sez. VI, 16 marzo 2006 n. 1397).

Tale operazione di contestualizzazione, peraltro, implica margini di opinabilità, atteso il carattere di concetto giuridico indeterminato delle nozioni delle quali deve farsi applicazione: le valutazioni che nelle singole fattispecie conducono l'organo competente all'individuazione del mercato rilevante non sono pertanto sindacabili nel loro merito intrinseco dal giudice amministrativo, al quale non è consentito sostituire le proprie valutazioni a quelle riservate all'Autorità.

Il giudice amministrativo, in sostanza, deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall'Autorità sia immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le norme giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate; laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice non può comunque sostituirsi nella definizione del mercato rilevante, se quella operata dall'Autorità è immune da travisamento dei fatti, da illogicità, da violazione di legge (Cfr. Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 896 e 14 luglio 2011, n. 4283; Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002, n. 2199; Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2004, n. 926).

Nel caso specifico, l'AGCM ha ritenuto (§ 71 del provvedimento impugnato), che “L’operazione in questione dispiega i propri effetti nei mercati rilevanti che si formeranno al momento della effettuazione delle gare d’ambito per il rilascio delle concessioni per lo svolgimento in esclusiva dell’attività di distribuzione del gas, e non nel mercato della distribuzione del gas nel suo attuale assetto. Infatti, sulla base di quanto sopra illustrato, il servizio di distribuzione del gas naturale è svolto in monopolio legale e l’unica forma di concorrenza possibile è quella relativa alla partecipazione alle gare per l’affidamento delle concessioni venute a scadenza (c.d. concorrenza per il mercato)”.

L'Autorità, dunque, ha valorizzato il contenuto del servizio oggetto di concessione - ovvero la distribuzione del gas naturale – rilevando che lo stesso è caratterizzato, dal lato dell’offerta, da condizioni di monopolio naturale e risulta svolto in monopolio legale dalle imprese di distribuzione.

Ha quindi ritenuto, alla luce dell'oggetto e della portata delle intese esaminate, che il mercato rilevante vada individuato nello stesso servizio con riferimento al singolo accordo relativo all’area geografica locale.

Secondo il ragionamento della Autorità, infatti, poiché le gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas si svolgono su base locale, il “mercato” dove si incontrano domanda ed offerta, sarebbe costituito anche dalle singole gare.

Tale ricostruzione non appare immune da vizi logici.

Rileva il Collegio come la possibilità che una porzione ristretta di territorio possa assurgere a “mercato rilevante” implichi pur sempre la necessità di una caratterizzazione dell'incontro di domanda ed offerta in condizioni di autonomia rispetto ad altri ambiti anche contigui.

Sotto tale profilo, dunque, la mera sussistenza di una situazione di “monopolio dal lato dell’offerta” non può in alcun modo caratterizzare l’ambito territoriale in oggetto che, infatti, non assume alcuna peculiarità rispetto ai numerosi mercati locali nei quali la domanda appare egualmente distribuibile ad opera dei medesimi operatori presenti sul mercato.

Né l’Autorità ha in alcun modo provveduto ad evidenziare – e dimostrare – che i servizi richiesti nei comuni di cui al ricorso avessero caratteristiche tali da far sì che la gara assumesse i caratteri di un mercato separato.

Del resto, la stessa AGCM ha riconosciuto la presenza, nell’ambito dell’attività di distribuzione del gas, di un potenziale mercato nazionale in considerazione del recente completamento del quadro normativo sulle modalità di effettuazione delle gare per ambiti sovracomunali (ATEM) [Cfr. AGCM, delibera C11695 - Cassa depositi e prestiti/ Snam - Provvedimento n. 23824 dell’8 agosto 2012 “73. Com’è noto, successivamente al recente completamento del quadro normativo sulle modalità di effettuazione delle gare per ambiti sovracomunali (ATEM), e alla previsione contenuta nell’art. 24, comma 4 del D.Lgs. n. 93/11 che inibisce l’ulteriore effettuazione delle gare comunali, il servizio di distribuzione del gas si trova alla vigilia della effettuazione delle gare per l’aggiudicazione della concessione in ciascuno dei 177 ATEM nei quali è stato suddiviso il territorio nazionale. Si tratta della prima vera applicazione della riforma stabilita dal D.Lgs. n. 164/2000, che prevede che il servizio di distribuzione venga affidato esclusivamente tramite gara per un periodo di 12 anni. 74. Le gare per le concessioni d’ambito si svolgeranno per scaglioni successivi nei prossimi anni. L’Allegato 1 del DM 12 novembre 2011, n. 226 46(“Regolamento sui criteri di gara”) individua, in particolare, i tempi massimi per l’avvio dell’iter per la realizzazione di lotti di gare di Atem, di sei mesi in sei mesi, di modo che la prima tornata di gare (relativa a 25 Atem) dovrebbe essere avviata entro breve e l’ultima entro nella seconda metà del 2016 (lo svolgimento delle gare avverrà quindi su un arco temporale complessivo di circa 4 anni) 75. Il mercato delle gare per l’accesso all’attività di distribuzione di gas è da ritenersi di dimensione nazionale in quanto, in un ristretto lasso di tempo, le gare interesseranno l’intero territorio nazionale e alle stesse parteciperanno principalmente gli operatori attualmente detentori delle concessioni”].

Il presupposto fondante il potere sanzionatorio della Autorità, dunque, appare pur sempre essere la rilevanza - quantitativa e qualitativa - del mercato di riferimento pur prescindendosi dalla singolarità del contesto competitivo ovvero dell’ambito geografico di riferimento [Cfr., ancora, Cons. Stato n. 5067/2012: “un pubblico appalto costituisce mercato rilevante se assume dimensione nazionale o riguardi comunque una parte rilevante del territorio nazionale: nel caso Consip, si è ritenuto che costituisse mercato rilevante la gara indetta da Consip per i buoni pasto, trattandosi di gara svolta a livello centralizzato, che ha concentrato gran parte della domanda proveniente dalla p.a. ed era idonea ad estendere l’ambito di operatività anche alla domanda di altri enti pubblici, che volontariamente potevano aderire all’offerta (…). La Sezione ha anche affrontato il caso, diverso da quello di una unica gara di dimensione nazionale (come le gare Consip), e più simile a quello odierno, di una pluralità di gare di appalto da parte di singole pubbliche amministrazioni (gare per l'acquisizione di servizi assicurativi, Cons. St., sez. VI, n. 1191/2001, cit.), arrivando a identificare, a causa delle caratteristiche e della specificità di una gara svolta nel settore assicurativo, il mercato rilevante con una singola gara. Ciò quando una singola pubblica amministrazione richieda un prodotto particolare, caratterizzato da standard e caratteristiche diverse rispetto a quelle di altri soggetti (c.d. differenziazione orizzontale del prodotto o del servizio)”].

Nella fattispecie oggetto del provvedimento impugnato, tuttavia, appare assente proprio il presupposto della rilevanza del mercato in considerazione del fatto che le gare in esame riguardano solo 4 ATEM e, conseguentemente, una minima quota del mercato nazionale.

D’altra parte, occorre anche rilevare che la strategia di razionalizzazione delle concessioni non assume di per sé una valenza anticoncorrenziale in quanto il concordamento suscettibile di essere represso ove si proponga finalità restrittive della concorrenza deve dimostrarsi, in ragione del programma che ne costituisce fondamento, suscettibile di incidere sulla corretta e fisiologica dinamica della competizione concorrenziale, dimostrandosi preordinato ad alterarne il normale sviluppo.

Se è quindi vero che la valutazione della consistenza degli effetti rileva esclusivamente sotto il profilo della graduazione della sanzione irrogabile (atteso che, a fronte di una più estesa attuazione del programma, in quanto idonea a determinare una accresciuta intensità degli effetti restrittivi, potrà trovare applicazione un più severo apparato repressivo), deve tuttavia affermarsi che rappresenta un carattere intrinseco della strategia anticoncorrenziale la programmata attitudine della stessa ad incidere sul mercato con valenza consistente, ovvero a produrre in maniera non circoscritta, né occasionale, né meramente sporadica quell’effetto di limitazione concorrenziale altrimenti inspiegabile ove gli operatori concordino condotte dettate dal solo intento di sviluppare sinergie o, comunque, forme di collaborazione che ben possono trovare legittimo fondamento giustificativo nella connotazione intrinseca di un particolare segmento di mercato, ovvero nella peculiare tipologia di una prestazione che essi siano chiamati ad offrire.

Vuole, in altri termini, sostenersi:

- che se la valutazione degli effetti – e, con essi, la “consistenza” della restrizione alla concorrenza – rilevano precipuamente con riferimento alla valutazione della gravità della violazione alle disposizioni repressive delle intese anticoncorrenziali;

- nondimeno la connotazione in tal senso del concordamento fra operatori economici è intrinsecamente caratterizzata, affinché sia suscettibile di assumere un rilievo antigiuridico, dalla presenza di un intento che, lungi dal trovare fondamento in un mero programma di collaborazione tecnicamente e/o economicamente giustificabile, è invece preordinato ad alterare il libero sviluppo delle dinamiche concorrenziali con carattere avente obiettiva rilevanza (rectius: consistenza) in un particolare settore o segmento di mercato.

Particolare interesse rivelano, nel quadro della valutazione del sottoposto thema decidendum, le indicazioni fornite dalla Commissione Europea in sede di elaborazione delle “Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 81 del trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale” (in G.U.C.E. C 3 del 6 gennaio 2001).

L’interpretazione fornita dall’organo comunitario:

- muove dalla constatazione che la cooperazione è di “natura orizzontale” quando forma l'oggetto di un accordo o di pratiche concordate che intervengono tra imprese che si situano allo(agli) stesso(i) livello(i) del mercato;

- osserva che “si tratta, spesso, di una cooperazione tra imprese concorrenti che può dar luogo a problemi di concorrenza qualora produca effetti negativi sui prezzi, la produzione, l'innovazione, o la varietà e la qualità dei prodotti”.

Purtuttavia dando atto che “una cooperazione orizzontale può anche comportare notevoli benefici economici qualora si tramuti in un mezzo per condividere i rischi, realizzare economie, mettere in comune il know-how e lanciare più rapidamente le innovazioni sul mercato”.

Se è vero che l’art. 81, paragrafo 1, del trattato CE si applica agli accordi di cooperazione orizzontale che hanno per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, va tuttavia rilevato – prosegue la Commissione – come numerosi accordi di cooperazione non abbiano per oggetto la restrizione della concorrenza; per essi imponendosi, conseguentemente, una concreta disamina dei loro effetti sul mercato.

In tale quadro ricognitivo, non è sufficiente che l'accordo limiti la concorrenza tra le parti, ma esso deve – ulteriormente – dimostrarsi suscettibile di incidere negativamente sulla concorrenza del mercato in misura tale da poter produrre effetti negativi sui prezzi, la produzione, l'innovazione, o la varietà e la qualità dei beni e dei servizi.

Tale spunto interpretativo consente alla Sezione di rilevare che la vocazione anticoncorrenziale dell’operazione richiede una programmazione che si proponga di incidere in maniera sensibile sul mercato.

Se, per l’effetto, l’attitudine dell'accordo ai fini della produzione di effetti negativi dipende dal contesto economico, “che deve essere esaminato tenendo conto, al contempo, della natura dell'accordo, del potere di mercato congiunto delle parti e di altri fattori strutturali”, la Commissione prosegue osservando delineando una categorizzazione di larga massima degli accordi, suscettibili di essere ripartiti fra:

- accordi che non costituiscono una violazione delle norme in materia di concorrenza (in genere per forme di cooperazione che non implicano un coordinamento del comportamento concorrenziale delle imprese nel mercato, quali: la cooperazione tra imprese non concorrenti, la cooperazione tra imprese concorrenti che non possono realizzare autonomamente il progetto o l'attività oggetto della cooperazione; o, ancora, la cooperazione avente per oggetto un'attività che non incide sui parametri della concorrenza presi in considerazione. Queste forme di cooperazione possono costituire una restrizione della concorrenza solo se riguardano imprese che hanno un potere di mercato significativo e se sono atte ad impedire ai terzi di accedere al mercato);

- accordi che costituiscono una violazione delle norme in materia di concorrenza (ovvero, accordi di cooperazione che hanno per oggetto di limitare la concorrenza fissando i prezzi, limitando la produzione o ripartendo i mercati o la clientela);

- e, da ultimo, accordi che possono costituire una violazione delle norme in materia di concorrenza (non rientranti nelle categorie summenzionate e che devono formare oggetto di un esame che verta sul potere di mercato e sulla struttura dello stesso).

L’analisi, ai fini ricognitivi di cui sopra, si trova dunque necessariamente condizionata dalla posizione delle parti all’interno del mercato interessato dalla cooperazione: e, quindi, dalla verifica se le parti possano, grazie all’intento “collaborativo” dalle medesime programmato, mantenere, acquisire o rafforzare il loro potere di mercato, vale a dire se abbiano la capacità di causare effetti negativi sul mercato in relazione ai prezzi, alla produzione, all'innovazione o alla varietà o qualità delle merci e dei servizi.

Dimostra, conseguentemente, dirimente rilevanza la definizione del mercato rilevante ed il calcolo della quota di mercato congiunta delle parti (in caso di esiguità di quest’ultima, dimostrandosi poco probabile che la cooperazione produca effetti restrittivi).

Osserva tuttavia la Commissione, nell’ambito del documento in rassegna, come possa risultare ulteriormente necessario prendere in considerazione, quali elementi suppletivi ai fini della valutazione degli effetti della cooperazione sulla concorrenza:

- il grado di concentrazione del mercato, cioè il numero e la posizione dei concorrenti;

- la stabilità delle quote di mercato nel tempo;

- le barriere all'ingresso;

- la probabilità di altri ingressi nel mercato;

- il potere di contrattazione degli acquirenti/fornitori o la natura dei prodotti (ad esempio, omogeneità, maturità).

Tali indicazioni consentono al Collegio di introdurre e risolvere uno degli elementi centrali della controversia connesso all’accertamento, ad opera della Autorità, della finalità della operazione di concentrazione ravvisata dalla Autorità nella partecipazione congiunta alle gare negli ATEM interessati per il tramite di un veicolo societario comune (IRG).

Secondo la prospettazione della Autorità (§§ 72-82), infatti, “Le Parti hanno implicitamente contestato tale definizione dei mercati rilevanti in quanto esse, come si è visto, affermano che le gare hanno una tempistica incerta ed in ogni caso, si realizzeranno non prima di quattro/cinque anni: l’operazione dovrebbe essere, pertanto, valutata in relazione all’attuale assetto delle concessioni. Inoltre, a favore di una valutazione riferita allo svolgimento dell’attività di distribuzione così come attualmente organizzata militerebbe anche il fatto che l’operazione sarebbe volta principalmente a migliorare l’efficienza operativa delle Parti, sin da subito, nelle attuali gestioni e, in futuro in quelle degli Atem interessati. 73. Al riguardo, si rileva che la mera gestione dell’esistente risulta un’attività in ogni caso limitata nel tempo e che le gare rappresentano l’unica occasione in cui le imprese dovranno concorrere tra loro per offrire le migliori condizioni del servizio di distribuzione del gas che sarà svolto in esclusiva nei successivi 12 anni. 74. Le gestioni esistenti, infatti, sono oramai scadute o in scadenza e, dalle risultanze istruttorie, emerge non solo che esiste certezza sulla effettuazione delle gare; ma anche che diversamente da quanto sostenuto dalle Parti nella fase finale del procedimento, le stesse potranno essere effettuate entro un periodo massimo di 15 mesi, pur effettuando una stima conservativa che tenga conto dei tempi massimi previsti dalla norma per ciascuno degli adempimenti sopra indicati. La scelta della stazione appaltante, in relazione alle gare che avranno luogo in cinque dei sei Atem in esame, è prevista per l’anno corrente (in un caso era prevista per l’agosto 2012 e dunque si è in una situazione di ritardo) e, pertanto, eventuali ritardi risultano ancora del tutto compatibili con i termini sopra indicati. 75. Tale valutazione, peraltro, risulta coerente con le informazioni inizialmente fornite dalle stesse Parti, a seguito della richiesta di integrazione da parte dell’Autorità, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, D.P.R. n. 217/1998; nonché con l’attività amministrativa in corso volta ad assicurare uno spedito svolgimento delle gare, quale ad esempio la delibera 113/2013/R/gas adottata dall’AEEG il 21 marzo 2013 al fine di standardizzare alcune delle procedure per l’adozione dei bandi di gara. 76. Va altresì sottolineato che l’intera operazione in esame è centrata sulle prossime gare d’Atem. Le stesse Parti hanno in più occasioni dichiarato che lo scopo dell’operazione è proprio quello di avvalersi del controllo congiunto di IRG, “…in vista della partecipazione alle gare per l’assegnazione delle concessioni o l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale negli ambiti di riferimento relativi al territorio delle province italiane di Padova, Pordenone, Trieste e Gorizia…”. 77. Tale obiettivo [omissis]. 78. Da ultimo, nel presentare all’Autorità i propri obiettivi strategici, nel corso del procedimento, Italgas ha illustrato uno stralcio di un piano aziendale che essa avrebbe presentato in un consiglio di amministrazione [omissis]. 79. A ulteriore conferma di ciò si osserva poi non solo che lo stesso perimetro delle cessioni di rami d’azienda dai soci la IRG è definito in funzione dei futuri ambiti territoriali d’interesse, ma anche che le Parti intendono addirittura ritirarsi dalla partecipazione alle gare nei sei Atem in questione attraverso il Patto di non concorrenza sopra discusso, individuando nella IRG l’unica modalità attraverso la quale operare nella distribuzione partecipando a tali gare. 80. Per quanto concerne, inoltre, i guadagni di efficienza invocati dalle Parti e il loro ruolo nella valutazione della presente operazione, si osserva, innanzitutto, che in casi come quello in esame in cui, come si dirà in seguito, l’operazione dà luogo ad una posizione di potere di mercato particolarmente significativa, può escludersi ogni incentivo da parte delle imprese a trasferire gli asseriti guadagni di efficienza ai consumatori finali, nel caso di specie tramite l’offerta di gara. Peraltro, al di là di alcune generiche affermazioni, le Parti non hanno mai fornito evidenze quantitative su quali siano gli effettivi guadagni di efficienza derivanti dall’operazione. 81. Sempre in relazione alla ratio dell’operazione, non può, infine, essere condiviso che, come sostenuto dalla difesa delle Parti, l’operazione consentirebbe di raggiungere gli obiettivi di maggiore razionalizzazione del settore, in coerenza con la ratio del D. Lgs. n. 164/2000 su cui si basa l’intera riforma del settore. Infatti, benché la riforma miri a ridurre il numero degli operatori, aumentando la dimensione media degli stessi, attraverso l’istituzione di ambiti territoriali più ampi, è tuttavia evidente che l’individuazione di ben 177 Atem sia funzionale a mantenere una pluralità di operatori che garantisca la concorrenza nella partecipazione alle gare. In tal senso l’operazione in esame, che vede due dei tre più grandi operatori nazionali nella distribuzione decidere la partecipazione congiunta tramite un comune veicolo societario a sei gare, non risulta certamente idonea a raggiungere l’obiettivo della norma che al più potrebbe essere perseguito attraverso la fusione di operatori di minore dimensione. 82. Da tutto quanto precede consegue, quindi, che la valutazione della presente operazione deve essere effettuata con riferimento alle dinamiche concorrenziali che ragionevolmente si realizzeranno nelle gare d’ambito future per le concessioni della distribuzione del gas naturale”.

Anche tale ricostruzione non appare immune da vizi logici.

Osserva il Collegio come le finalità dell’operazione siano state fin dall’inizio riassunte e rese pubbliche dalle Parti nell’ambito degli atti societari che hanno evidenziato i benefici derivanti da economie di scala e di miglioramento delle performance operative ed economiche indipendenti dalle gare di ATEM e dai tempi del loro svolgimento.

La riorganizzazione societaria, in particolare, consente di realizzare immediatamente un nuovo assetto operativo e di razionalizzare l’attività societaria con la previsione del trasferimento ad IRG dei rami d’azienda delle Parti negli ATEM di riferimento. Tale riassetto societario, peraltro, seppure in previsione della partecipazione a successive gare, assume una valenza immediata che appare prescindere dall’unicità di scopo ravvisata dalla AGCM nel provvedimento impugnato.

L’espletamento delle gare d’ATEM, infatti, si esaurirà in un periodo temporale relativamente lungo mentre la riorganizzazione societaria risulta immediatamente operativa e tale da garantire immediati e diretti miglioramenti delle performance operative ed economiche che propendono a far ritenere corretta la finalità dell’operazione volta alla riorganizzazione dell’assetto sociale in vista dalla ottimizzazione della performance.

Difettano, infatti, positivi riscontri atti a consentire di ricostruire – con la necessaria concludenza e fuori, dunque, da un quadro argomentativo fondato su indimostrati teoremi – una concertazione inter partes che, lungi dal limitarsi alla individuazione di ragioni di politica imprenditoriale rilevanti ai fini della congiunta partecipazione a singole gare, inquadrasse piuttosto tale collaborazione all’interno del perseguimento di un più ampio intendimento strategico, volto ad alterare e/o restringere il gioco della concorrenza sull’intero mercato rappresentato dall’affidamento delle future concessioni.

Sotto tale profilo, va ribadito che una strategia di razionalizzazione delle concessioni non possa “tout court” assumere una valenza anticoncorrenziale; l’aggregazione tra gestori operanti al fine della razionalizzare dell’assetto societario, infatti, non costituisce di per sé una illecita modalità indicativa di finalità anticompetitive, ma si inserisce in una strategia di impresa tesa alla creazione di utili sinergie e riduzione dei costi in ragione di una politica di efficientamento comune alla totalità delle imprese presenti sul mercato. Non v’è dubbio, infatti, che la ricerca di sinergie con altri operatori ben può assumere una valenza lecita volta alla implementazione della efficacia ed economicità della gestione.

E, a tale stregua, va rilevato come nelle considerazioni rassegnate dall’Autorità non sono rinvenibili convincenti argomentazioni che inducano ad escludere che la finalità aggregativa abbia, nella vicenda all’esame, trovato adeguati fondamenti giustificativi nell’esigenza, concordemente ravvisata dalle parti, di implementare l’economicità e l’efficienza della presenza sul mercato.

Sotto tale profilo, del resto, non può non rinviarsi a quanto già osservato in ordine alla peculiarità del mercato del gas ed alla problematicità dello stesso con riferimento ad elementi di rischio e di redditività che connotano l’assunzione della gestione; e non è il caso, nella presente sede, di porre in evidenza la presenza di un complesso di elementi – necessariamente intrinseci all’elaborazione di una strategia imprenditoriale – che possano aver indotto la (o, comunque, aver dispiegato rilevanza nella) ricerca di sinergie con altri operatori al fine del perseguimento di obiettivi – leciti – di implementazione dell’efficienza e/o dell’economicità della gestione.

Ciò in quanto, se è vero che l’utilizzo in chiave anticoncorrenziale di strumenti legittimamente posti dall’ordinamento a disposizione degli operatori (moduli contrattuali; forme di cooperazione e/o collaborazione) deve trovare adeguata emersione (e compiuto riscontro) nel perseguimento di un intento anticompetitivo, allora non può esimersi il Collegio dal rilevare come proprio l’Autorità, nel momento in cui ha assunto a fondamento dell’ipotesi dalla stessa formulata l’impiego discorsivo del R.T.I. quale strumento volto a finalità eminentemente ripartitorie (del mercato), avrebbe dovuto dare concreta dimostrazione delle ricadute effettuali di tale utilizzo.

Sotto altro profilo, del resto, il provvedimento impugnato deve ritenersi viziato.

Ad avviso della Autorità, infatti, l’operazione posta in essere dalle parti avrebbe per effetto di eliminare Italgas quale concorrente potenziale dell’incumbent Aceagas-Aps nelle future gare per gli ATEM Gorizia, Trieste e Padova 1 ed Aceagas-Aps quale concorrente potenziale dell’incumbent Italgas nella futura gara per l’ATEM Pordenone.

La pretesa concorrenza potenziale di Italgas e Aceagas-Aps, peraltro, è argomentata sulla base di tre elementi: a) la strategia di ciascuna delle parti; b) la presenza in ATEM limitrofi; c) la solidità finanziaria.

Rileva il Collegio come l’analisi delle dinamiche concorrenziali che si realizzeranno nelle gare d’ATEM (c.d. bidding markets) e l’impatto che l’operazione in esame potrebbe avere su di essi, è stata effettuata dalla Autorità ex ante, in base ad un’analisi necessariamente prognostica ma fondata su criteri di ragionevole certezza.

Trattandosi di gare future, infatti, non sarebbe possibile fare riferimento al classico concetto di concorrenza effettiva, che identifica la pressione competitiva esercitata dalle imprese già presenti nel mercato, dato che non si tratta né di un mercato attualmente esistente né perdurante nel tempo.

Secondo l’Autorità (§§ 85-89 del provvedimento impugnato), dunque, “Da ciò segue che l’analisi degli effetti della presente operazione fa esclusivamente riferimento alla concorrenza potenziale, ovvero alla pressione competitive esercitata dalle imprese che possono verosimilmente entrare nel mercato rilevante, ovvero, nel caso di specie, presentarsi alle gare d’ambito relative agli Atem interessati dall’operazione. L’analisi di tale concorrenza potenziale è ulteriormente complicata, nel caso di specie, dal fatto che si tratti di gare che si svolgono per la prima volta, senza che sia quindi possibile trarre indicazioni dall’esperienza di gare precedenti. 86. Tutte le imprese che soddisfano i requisiti formali per l’ammissione alla gara sono, in linea meramente teorica, concorrenti potenziali; questa qualificazione, tuttavia, deve essere affinata al fine di tenere conto di altri elementi (anche derivanti da condizioni oggettive esogene) in grado di influenzare l’effettiva probabilità che un’impresa partecipi ad una gara d’ambito e che eventualmente operano nella direzione di rendere asimmetrica la posizione dei partecipanti alla gara. L’obiettivo del market test svolto nel corso del procedimento istruttorio, anche alla luce della richiamata assenza di indicazioni desumibili da passate gare d’Atem, è stato proprio quello di individuare questi elementi con l’ausilio di un gran numero di imprese presenti nel settore della distribuzione del gas. In altri termini, il market test ha esplicitato quali sono le caratteristiche che possono differenziare in maniera cruciale i potenziali partecipanti in termini di aspettative di aggiudicazione, e che conseguentemente discriminano tra coloro che potrebbero astrattamente partecipare alla gara e coloro che invece godono di particolari incentivi a partecipare, dal momento che è alta la probabilità di aggiudicazione della gara (elemento che tende ovviamente ad abbattere i costi impliciti ed espliciti di partecipazione). 87. Tale esercizio, volto dunque a selezionare i potenziali partecipanti alla gara al fine di individuarne i più probabili, risulta in linea proprio con la giurisprudenza comunitaria – citata dalle Parti nei loro scritti difensivi – che richiede che la concorrenza potenziale sia definita sulla base di “considerazioni realistiche”, ipotizzando che l’ingresso su di un certo mercato risponda “ad uno sviluppo logico e prevedibile” delle attività delle imprese, non bastando una mera ”semplice possibilità teorica”. 88. Come indicato supra, gli elementi di discrimine tra i potenziali partecipanti evidenziati al market test sono: - la presenza pregressa significativa nell’Atem. In particolare, tutti i partecipanti al market test hanno indicato come miglior indicatore di tale presenza pregressa la quota percentuale di PDR detenuta (con l’indicazione che con percentuali di PDR in un Atem superiori al 50% si dovrebbe avere un notevole vantaggio nella partecipazione alla gara); - la solidità finanziaria per superare le barriere finanziarie; - la presenza pregressa significativa in Atem limitrofi; - la possibilità di costituire RTI. 89. Alla luce di quanto sopra detto si sottolinea che il numero di PDR attualmente serviti nell’Atem da ciascuna impresa, su cui si basa parte del ragionamento che seguirà nei paragrafi successivi, non deve essere inteso come equivalente ad una quota di mercato. Nei bidding markets, infatti, le quote di mercato non rivelano nulla sulla concorrenzialità della gara e sull’esito della stessa (al massimo esse rappresentano l’esito di gare precedenti, cosa non verificabile nel caso di specie). Le attuali percentuali di PDR sul totale dell’Atem rappresentano in realtà solamente l’indicatore di uno degli elementi sopra elencati – ancorché del più importante – ossia la presenza pregressa nell’Atem”.

Il market test, dunque, ha evidenziato come una significativa presenza pregressa nell’ATEM messo a gara costituisca il criterio decisivo su cui si fonda la scelta degli operatori in merito alla partecipazione o meno alla gara stessa.

Sotto tale profilo, infatti, risultano determinanti i vantaggi di carattere finanziario e gestionale di cui beneficiano gli incumbent sempre che detengano nell’ATEM una posizione di rilievo [Cfr. provvedimento AGCM n. 24320 del 17 aprile 2013 § 30: “L’importanza dei vantaggi conferiti dalla presenza pregressa in un Atem per la partecipazione alla gara relativa al medesimo Atem è stata messa chiaramente in evidenza dagli operatori del settore consultati nel market test. Tutti i distributori, infatti, hanno attribuito un peso particolarmente rilevante, nella scelta di partecipare alla gara in un determinato Atem, alla loro pre-esistenza in uno o più comuni di tale Atem. E’ emerso, infatti, che la posizione di incumbent rappresenta un elemento di indubbio vantaggio nella partecipazione alle gare, sia sotto il profilo finanziario che organizzativo. Tale vantaggio aumenta, ad avviso degli operatori, quanto più ampia è la presenza dell’incumbent, in termini di punti di riconsegna del gas (PDR)”].

In tale ambito, del resto, “i vantaggi, in termini finanziari e di economie gestionali degli incumbent, sopra evidenziati, soprattutto attribuibili alle imprese con una forte presenza in termini di PDR, consentono loro di presentare alle stazioni appaltanti offerte particolarmente competitive difficilmente replicabili soprattutto da parte dei distributori di piccola dimensione, che sono la grande parte degli operatori presenti nel settore della distribuzione del gas in Italia. 36. Alcune imprese hanno in particolare considerato la soglia del 50% di PDR in un Atem come quella sopra la quale si afferma la posizione di vantaggio dell’incumbent. In particolare, [omissis] ha affermato che “[…] appare, infatti, ormai consolidato tra gli operatori il concetto secondo cui una presenza significativa nell’ambito, almeno del 50%, ed un’adeguata disponibilità finanziaria necessaria ad indennizzare i gestori uscenti, costituiscano gli elementi fondamentali per avere possibilità di aggiudicazione della gara […]”. Analogamente, [omissis] ha confermato che in ambiti diversi da quelli in cui ha già una partecipazione significativa, le valutazioni in ordine alle partecipazioni non

potranno non tenere conto “[…] dell’assenza di un incumbent con partecipazione all’Atem significativamente superiore al 50% dello stesso […]”(Cfr. provvedimento AGCM n. 24320 del 17 aprile 2013 §§35-36).

Se tale è l’impostazione operata dalla Autorità, deve dunque escludersi, come sottolineato dalla parte ricorrente, qualsiasi pregiudizio alla concorrenza nella ipotesi di cui all’odierno ricorso:

- nell’ATEM Gorizia, infatti, Aceagas-Aps detiene una quota pari al 100%, nella essendo la presenza di Italgas;

- nell’ATEM Pordenone Italgas detiene una quota dell’85-90%, nulla essendo quella di Aceagas-Aps;

- nell’ATEM Trieste Aceagas-Aps detiene una quota pari al 95-100%;

- nell’ATEM Padova 1 Aceagas-Aps ha una quota del 65-70% mentre Italgas è del tutto assente.

Ne consegue, allora, che sulla base dello stesso criterio utilizzato dalla Autorità, Italgas non potrebbe comunque considerarsi concorrente potenziale di Aceagas-Aps negli ATEM di Gorizia, Trieste e Padova 1 e lo stesso vale per Aceagas-Aps rispetto ad Italgas nell’ATEM di Pordenone.

Deve, infatti, escludersi che Italgas possa rivelarsi un concorrente potenziale di Aceagas-Aps e viceversa nell’ambito degli ATEM considerati; ciò in quanto, se i vantaggi degli incumbent si considerano dirimenti già a partire dalla soglia del 50%, lo sono a fortiori di fronte alle quote del 70, 90 e 100% esistenti nella concreta fattispecie esaminata.

Da tali argomentazioni, dunque, deriva che l’operazione di concentrazione non appare idonea a modificare la situazione attualmente esistente e nemmeno utile ad eliminare alcun profilo di illegittima anticoncorrenzialità in assenza dei presupposti di natura economica sul mercato di riferimento [Cfr. anche le motivazioni delle Parti indicate nel provvedimento impugnato ai §§ 57-65 “Nella memoria del 19 marzo, le Parti hanno affermato che l’operazione non altera in alcun modo la struttura dei mercati delle gare nella quasi totalità degli Atem rilevanti, dato che essa avrebbe solo l’effetto di condurre alla sostituzione di un operatore con un altro. A supporto di tale affermazione, le Parti svolgono due analisi distinte che si basano su due diverse ipotesi. La prima, secondo cui gli unici concorrenti nei mercati delle gare d’ambito sono i distributori già presenti nei relativi Atem; la seconda, secondo cui i concorrenti potenziali sono invece rappresentati oltre che dalle imprese già presenti negli Atem interessati alla gara, anche da quelle presenti negli Atem ad essi confinanti. In tale ipotesi, le Parti assumono, inoltre, che sia dirimente, nella decisione di partecipazione alle gare da parte di ciascun distributore, che lo stesso detenga quote pari ad almeno il 25% dei PDR negli Atem rilevanti o in quelli confinanti. 58. Partendo dalla prima ipotesi, quella in cui i soli concorrenti sono i distributori già presenti nell’Atem rilevante, le Parti analizzano gli scenari concorrenziali, in ciascuno dei sei Atem interessati dall’operazione, nelle due diverse circostanze in cui si realizzi o meno l’operazione. Sulla base delle assunzioni effettuate, le Parti concludono che in entrambi i casi prima e dopo l’operazione il numero dei concorrenti rimarrebbe esattamente lo stesso. Le Parti pervengono a tale conclusione adottando un metodo di calcolo che esclude, alternativamente, Italgas e Acegas-Aps dal novero dei potenziali concorrenti negli Atem nei quali l’una o l’altra non detiene quote significative (sopra il 25%). In altri termini, secondo quanto sostenuto dalle Parti, ove non si realizzasse l’operazione comunicata, Italgas e Acegas-Aps non sarebbero tra loro concorrenti nelle gare d’Atem e, pertanto, la sola differenza nella struttura del mercato deriverebbe dalla presenza di IRG, in luogo, alternativamente, di Italgas o di Acegas-Aps. Più in particolare, in assenza dell’operazione: 1. Aceagas-Aps parteciperebbe solo alle gare negli Atem di Padova 1 e Trieste; 2. Italgas parteciperebbe solo alle gare negli Atem di Pordenone, Padova 2 e Padova 3; 3. IRG parteciperebbe alla gara nell’Atem di Gorizia. 59. Peraltro, nei due Atem di Padova 2 e Padova 3, Italgas e Acegas-Aps si troverebbero di fronte alla concorrenza di importanti operatori, con quote di PDR superiori al 25%, ossia le società Edison (a Padova 2) ed F2i ed Enerco Distribuzione (a Padova 3). Nei rimanenti Atem di Pordenone, Trieste e Gorizia, ad avviso delle Parti, sarebbero loro stesse ad occupare “[…] una posizione del tutto dominante (Italgas a Pordenone, Hera/Acegas-Aps a Trieste e Gorizia) […],” e, per tale motivo, l’operazione viene considerata, da un punto di vista concorrenziale “[…] del tutto irrilevante in quanto la situazione resta quella esistente”. 60. I medesimi criteri sopra indicati inducono le Parti ad affermare che anche considerando che la concorrenza nella gara provenga sia dagli operatori già presenti nell’Atem interessato, sia da quelli attivi negli Atem confinanti, l’operazione non avrebbe alcun impatto per gli Atem di Trieste, Gorizia e Pordenone, mentre potrebbe esserci un impatto poco significativo solo per le gare negli Atem di Padova 1, Padova 2 e Padova 3. Nelle gare relative ai primi tre ambiti, infatti, non ci sarebbe nessuna sovrapposizione tra le Parti e, in particolare: 1. Aceagas-Aps parteciperebbe solo alle gare dell’Atem di Trieste e degli ambiti contigui; 2. Italgas parteciperebbe alle gare dell’Atem di Pordenone e degli ambiti contigui; 3. IRG parteciperebbe da sola alle gare nell’Atem di Gorizia e degli ambiti contigui. 61. Nelle gare relative agli Atem di Padova 1, 2 e 3 e agli ambiti contigui, sarebbero, invece, presenti entrambe le Parti, sebbene mai contemporaneamente nello stesso Atem. Al riguardo, le Parti ribadiscono, tuttavia, che la partecipazione di Aceagas-Aps e di Italgas alle gare in Atem dove non sono incumbent risulterebbe un’ipotesi improbabile in quanto sarebbe ‘irragionevole in considerazione degli ingenti esborsi ai gestori uscenti che non consentirebbero alle società di presentare offerte competitive (…)’. Anche in questo caso le Parti sottolineano che gli Atem di Padova 1, Padova 2 e Padova 3 sarebbero quelli caratterizzati da un significativo numero di imprese, alcune delle quali “[… ] in posizione assolutamente dominante”, comprese le stesse Parti negli Atem di Padova 1 e Padova 3. Pertanto, la mancata partecipazione di un concorrente, a seguito dell’operazione in esame, modificherebbe in modo del tutto trascurabile la situazione concorrenziale esistente. Nei rimanenti Atem di Pordenone, Trieste e Gorizia, ad avviso delle Parti, sarebbero loro stesse ad occupare “[…] una posizione del tutto dominante (Italgas a Pordenone, Hera/Acegas-Aps a Trieste e Gorizia) […],” e, per tale motivo, l’operazione viene considerata, da un punto di vista concorrenziale “[…] del tutto irrilevante in quanto la situazione resta quella esistente”. 62. In altre parole, a detta delle Parti, l’asserita restrizione della concorrenza a seguito dell’operazione non potrebbe aver luogo, dato che esse per definizione non sarebbero concorrenti tra loro nelle gare per l’aggiudicazione del servizio di distribuzione nei sei Atem interessati. La descritta strategia di partecipazione delle gare da parte di Italgas e l’inattaccabilità della posizione delle Parti negli Atem in cui ciascuna di esse è dominante (in quanto incumbent) impedirebbero ogni tipo di concorrenza potenziale tra le stesse. Italgas, infatti, non sarebbe affatto incentivata, in assenza dell’operazione, a presentarsi come concorrente alle gare degli Atem in cui Aceagas-Aps è presente con un elevato numero di PDR, né Aceagas-Aps lo sarebbe negli Atem in cui viceversa Italgas è incumbent. 63. Al riguardo, come si è visto, Italgas ha sottolineato che l’impossibilità di partecipare a tutte le gare d’Atem (177 sull’intero territorio nazionale), anche partecipando soltanto a quelle negli Atem in cui è presente (con quote di PDR anche inferiori al 50%) deriva dal fatto che ciò richiederebbe, in caso di aggiudicazione, un esborso di 12,5 miliardi di euro, mentre l’aggiudicazione di Italgas soltanto negli ambiti nei quali detiene una percentuale di PDR uguale o superiore al 50% richiederebbe, invece, un esborso di 3,5 miliardi di euro. Tale cifra sarebbe, in ogni caso, così elevata, [omissis]. 64. Le Parti, dunque, contestano l’assunzione che le vedrebbe concorrenti potenziali nelle gare d’Atem. Al riguardo, sia nella memoria finale del 10 aprile che nel corso dell’audizione finale dell’11 aprile 2013, hanno ricordato che, alla luce dei criteri elaborati dalla giurisprudenza comunitaria, per definire due imprese come “concorrenti potenziali” è necessario dimostrare con elementi fattuali robusti e secondo un ragionamento logico basato su una probabilità significativa, la validità delle conclusioni in merito agli effetti della condotta delle imprese. Secondo le Parti, nel caso di specie, non è possibile dimostrare la possibilità effettiva e concreta che l’operazione determini una restrizione, ovvero che essa impedisca ad una delle Parti di concorrere autonomamente nelle gare relative agli Atem interessati dall’operazione. Al contrario, tale restrizione della concorrenza potenziale dovuta all’operazione sarebbero basata su mere possibilità teoriche, su ipotesi confutabili, non suffragate da elementi di fatto inequivocabili circa le strategie di partecipazione alle gare delle Parti, poiché non terrebbero conto dei vincoli finanziari e dei concreti modelli di business scelti per la crescita. 65. Per tutti i motivi appena descritti, le Parti ritengono che l’operazione meriti di essere autorizzata. Essa, infatti, avrebbe solo ed esclusivamente finalità di efficienza e, attraverso l’accorpamento dei due operatori, realizzerebbe gli obiettivi perseguiti dal legislatore con la riforma del settore del gas introdotta dal Decreto Legislativo. n. 164/2000, ovvero la razionalizzazione e, in ultima analisi, la riduzione dei prezzi per il servizio di fornitura del gas naturale”].

Né, del resto, assumono valenza determinante gli ulteriori criteri indicati dalla Autorità nell’ambito del provvedimento impugnato e sintetizzabili in:

- strategia di ciascuna delle Parti;

- presenza in ATEM limitrofi;

- capacità finanziaria.

Quanto al primo dei rilevati criteri, infatti, è sufficiente osservare che la strategia indicata nel provvedimento impugnato - e riferita, quanto ad Italgas, nella “opportunità di sviluppo nella Regione Friuli” e, quanto ad Hera/Aceagas-Aps nel piano industriale 2012-2016 - si ricollega alla complessiva operazione posta in essere dalle parti e non dimostra in alcun modo che, in assenza della operazione stessa, le società avrebbero potuto concretamente operare quali operatori concorrenti nelle gare d’ambito dove attualmente risultano presenti con una quota minima o nulla.

Quanto, poi, alla presenza in ATEM limitrofi, osserva il Collegio come dall’analisi degli atti depositati non emerge alcuna chiara indicazione degli operatori interpellati in merito all’ampliamento del concetto di ambito territoriale limitrofo, limitandosi le imprese ad indicare una potenziale area geografica di interesse con riguardo, tuttavia, all’ambito di concentrazione locale delle società, risultando, dunque, come la scelta della partecipazione in un qualsiasi ambito geografico appare in ogni caso determinata dalla presenza consolidata della società in uno o più comuni limitrofi rispetto all’ATEM considerato.

Sotto tale profilo, dunque, deve ritenersi corretta la valutazione operata dalla parte ricorrente in merito alla genericità delle risposte fornite alla Autorità dagli operatori interpellati nel corso del procedimento ed alla illegittima estensione dell’ambito territoriale geografico al fine della valutazione della operazione di concentrazione in oggetto.

Quanto, infine, alla capacità finanziaria, ad avviso della Autorità le Parti, in quanto appartenenti a gruppi molto importanti e di grandi dimensioni, potrebbero contare su di una disponibilità finanziaria superiore a quella accessibile alla maggior parte degli operatori del settore e, conseguentemente, sarebbero dei potenziali partecipanti alle gare di ATEM oggetto del procedimento, pur prescindendo dalla loro presenza pregressa.

Rileva il Collegio, preliminarmente, che se da un lato è corretto affermare che l’esame delle condizioni di concorrenza si basa non soltanto sulla concorrenza attuale tra le imprese già presenti sul mercato di cui trattasi, ma anche sulla concorrenza potenziale, al fine di stabilire se, tenuto conto della struttura del mercato e dei contesti economici e giuridici che disciplinano il suo funzionamento, vi siano possibilità che le imprese interessate si facciano concorrenza fra loro, o che un nuovo concorrente possa entrare nel mercato considerato e fare concorrenza alle imprese stabilite, è anche vero che tali possibilità debbano assumere le caratteristiche della “realtà e concretezza” (Cfr. sentenza del Tribunale I grado UE, sez. V, 29/06/2012, causa T-360/09, E.ON Ruhrgas AG, con sede in Essen (Germania), E.ON AG, con sede in Düsseldorf (Germania); sentenza della Corte del 28 febbraio 1991, Delimitis, C-234/89, Racc. pag. I-935, punto 21; sentenze del Tribunale del 15 settembre 1998, European Night Services e a./Commissione, T-374/94, T-375/94, T-384/94 e T-388/94, Racc. pag. II-3141, punto 137, e del 14 aprile 2011, Visa Europe e Visa International Service/Commissione, T-461/07).

Per stabilire, infatti, se un'impresa costituisca un concorrente potenziale sul mercato, occorre verificare se, in mancanza dell'applicazione dell'accordo di cui trattasi, vi sarebbero state possibilità reali e concrete che questa entrasse in detto mercato e facesse concorrenza alle imprese che vi sono stabilite.

Una dimostrazione del genere, in particolare, non deve basarsi su una semplice ipotesi, ma deve essere suffragata da elementi di fatto o da un'analisi delle strutture del mercato pertinente.

Pertanto, un'impresa non può essere qualificata un potenziale concorrente se il suo ingresso sul mercato non corrisponde ad una strategia economica efficace; ne discende necessariamente che, se l'intenzione di un'impresa di aderire ad un mercato è eventualmente pertinente al fine di stabilire se possa essere considerata un concorrente potenziale sullo stesso mercato, l'elemento essenziale sul quale deve basarsi tale qualificazione è tuttavia costituito dalla sua capacità di entrare in detto mercato (Cfr. Tribunale UE, sez. V, 29 giugno 2012, causa T-360/09, citata, §§ 86-87).

Nella specie, tuttavia, tale massiccio ingresso sul mercato anche con riguardo ad ATEM rispetto ai quali le Parti detengono quote inferiori al 50% non appare provato se non in relazione ad una asserita capacità finanziaria che, tuttavia, non appare sufficiente a supportare una tale conclusione.

Così come rilevato dalla parte ricorrente, infatti, per Italgas e le sue controllate, la sola partecipazione alle gare negli ATEM in cui esse sono presenti con almeno il 50% della presenza ed in quelli contigui “richiederebbe, in caso di aggiudicazione, un esborso di oltre 12,5 miliardi di Euro, cifra del tutto improponibile” (Cfr. pag. 20 del ricorso introduttivo).

D’altra parte, occorre anche osservare, così come indicato da parte della ricorrente, che la cerchia dei potenziali concorrenti delle future gare di ATEM non può essere limitato soltanto ad Italgas ed Aceagas, dovendosi estendere sia ai possibili operatori esteri, sia anche agli operatori locali di idonea capacità finanziaria.

Sotto tali profili, del resto, non può non darsi rilievo alla possibilità di costituire R.T.I. in grado di superare le barriere finanziarie all’ingresso nei nuovi ATEM.

In tale ambito, quindi, il Collegio non ritiene di condividere la posizione assunta dalla Autorità in merito alla ritenuta aleatorietà della possibilità di costituire R.T.I. al fine di aumentare il numero dei potenziali concorrenti

Occorre, infatti, osservare, come l’art. 34, comma 1, lett. d) del codice dei contratti non ponga alcun limite all’utilizzo di raggruppamenti anche tra soggetti operanti nella stessa fase della filiera produttiva; la chiara lettera della norma, infatti, non pone dubbi in merito alla circostanza secondo cui le associazioni temporanee di imprese hanno sempre e comunque la facoltà di presentare offerte a gare di appalto di lavori pubblici senza necessità di dimostrare incrementi di efficienza nella gestione.

Laddove il legislatore ha inteso impedire l’utilizzo improprio dello strumento del raggruppamento, dunque, lo ha indicato per il tramite di una espressa previsione normativa (cfr. art. 37, comma 7, codice dei contratti).

Allo stesso modo la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che il raggruppamento orizzontale – anche sovrabbondante – non può di per sé costituire uno strumento illecito né “la partecipazione alla singola gara in raggruppamento temporaneo non è quindi sintomo sufficiente per ritenere sussistente un'intesa restrittiva della concorrenza in considerazione del fatto che quest'ultima deve avere un oggetto ben più ampio di quello riferibile alla singola gara e rappresentare al più una tessera di un ben più ampio mosaico indiziario dal quale inferire la sussistenza dell'illecito anticoncorrenziale” (Cons. Stato, n. 5067/2012).

In tale prospettiva, dunque, non può non rilevarsi come la partecipazione in associazione temporanea di due o più imprese potrebbe essere sintomatica di una legittima forma di cooperazione tra concorrenti, utile ad accrescere il tasso di concorrenzialità del mercato, secondo la stessa ratio sottesa alle disposizioni normative che favoriscono la partecipazione alle gare degli enti plurisoggettivi.

L’accordo associativo per tali ATI, come ogni rapporto tra privati, in realtà è neutro e, come tale, soggiace alle ordinarie regole sulla liceità e la meritevolezza della causa e non può dirsi di per sé contrario al confronto concorrenziale proprio dell’evidenza pubblica.

Per i motivi esposti ed assorbite le ulteriori censure anche di carattere procedimentale, il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Sussistono giusti motivi, anche in considerazione della peculiarità della fattispecie e della novità della questione introdotta, per compensare fra le parti le spese di lite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Angelo Gabbricci, Consigliere

Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

Articoli: Compatibilità con il diritto della concorrenza di imprese comuni tra distributori di gas naturale per partecipare alle gare
di Laura De Sanctis

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